Fine secolo - 23 aprile 1985

FINE SECOLO * MARTEDI' 23 APRILE E devo dare il meglio che posso in que– sto mestiere. Io mi sento privilegiato per essere quello che riceve messaggi inter– mittenti e spesso alterati. A un livello più profondo, non posso sapere perchè scnvo. La coscienza non me ne viene che fram– mento a frammento, come i pezzi di un puzzle che non si può mai vedere e com– prendere per intero. Poichè se si potesse vedere la Grande Immagine, che biso– gno ci sarebbe di metterne insieme labo– riosamente 1 pezzi? Joan Didion Sulla costa Est c'è Susan Son– tag, e sulla costa Ovest c'è lei, che è romanziera prima di es– ser saggista e non viceversa. Romanzi, articoli, saggi. La forza della parola in una regio– ne che non sogna che immagini di celluloide. Come parecchi scrittori, ho cominciato a scrivere quando ero bambina, per noia e per vanità; è diventata una mania e ho continuato. E' una specie di intos– sicazione perchè lo spirito dello scrittore smette poco a poco di funzionare se l'autore non scrive; ignoro se sia pigri– zia, atrofia, o una sorta di apatia, ma so che sono assolutamente incapace di pensare se non lavoro. Ed è per questo che scrivo. Ciò che non è una risposta molto perti– nente. Ci sono altri fattori, naturalmen– te -mi piace giocare con le parole, mi piace il ritmo della lingua, mi piace fab– bricarmi un mio mondo proprio nel quale vivo per un certo tempo, mi piace la capacità che ho di far vedere agli altri quello che io ho visto -più (ancora) un po' di noia, un po' di vanità- e tuttavia la scrittura è soprattutto, per me, una disciplina, un modo di pensiero. J olln Gregory Dunne Omonimo del poeta inglese del XVII secolo. Un'opera assai segreta, tenuta in alto pregio dalle riviste letterarie della co– sta Est. Quanto à lui, vive in– vece dall'altra parte, a Los An– geles, ma poicbè cerca · di non scrivere come gli altri, percbè non vivere in disparte? Io scrivo per chiarificare il mio pensie– ro, per spiegare a me stesso il senso di ciò che ho visto. Le parole impongono un ordine allo spirito, che è essenzial- . mente disordinato. SVEZIA Birgitta Trotzig Nata nel 1929, senz'altro la ro– manziera svedese più celebre all'estero. lo sono romanziera e poeta. I miei scrit– ti sono lunghe poesie, le mie poesie sono narrazioni più concentrate e viste sotto un diverso angolo. Il tutto alla ricerca di un 'immagine (un arcobaleno di immagi– ni) dell'anima mundi. Molto giovane, alla stessa domanda ho risposto: scrivo per prepararmi alla morte. Bambina, nel giardino, costruivo delle città (di pietre, di frammenti diver– si, di muschio) e, sulla tavola della mia stanza, dei paesaggi in cui avvenivano delle storie -la scoperta del polo Nord (un tovagliolo spiegazzato era il mare di ghiacci) o l'assalto a una carovana da parte dei briganti (la bambola di Dale– carlie fu trasformata in principe arabo). Più tardi, le pietre, le bambole ecc. furo– no sostituite dalle parole, solo daile pa– role. La scena è diventata interamente immaginaria -ma le parole hanno con– servato per me il concreto {il sapore, il tocco) che avevano un tempo gli ogget– ti. la parole sono per me esseri viventi. Esseri in stato di divenire, esseri-meta– morfosi in via di trasformarsi senza so– sta, enigmaticamente, da oggetti-in-sè in segni-che-rappresentano, che influisco– no e che congiurano. Questo vuol dire primato dell'immagine o primato della lingua? Nè l'uno nè l'altro. Ma qualcosa come la ricerca di una sintesi. L'istinto di in– carnarsi -il bisogno di uno psichismo di– viso e frammentato di crearsi un'unità, la ricostruzione del mondo attraverso il linguaggio. Il bisogno infantile e primi– tivo di un moodello di mondo, un mi– crocosmo-gioco dove col tramite delle parole si entra in dialogo col mondo di prima della scissione, prima della scelta. Il mondo nudo e crudo -prima della morale, della politica ecc.- in cui il bene e il male nascono inestricabilmente in– trécciati come il grano e l'erbaccia nella Bibbia. Io non posso provarlo, ma sento che la zona di immaginazione, e il suo matri– monio con le parole, questa zona libera in cui il sogno còlonizza e sottomette il linguaggio è il nostro quartier generale di difesa contro la morte (contro la morte mentale e dell'individuo e delle società) -un rito essenziale per far vivere la vita. SVIZZERA Friedrich Diirrenmatt Figlio di pastore, nato riel 1921 nel cantone di Berna, ha stu– diato filosofia e pensato di de– dicarsi alla pittura. E' la domanda più difficile che ci sia. E' così difficile che si risponde sempre con uno scherzo. Io scrivo perchè non sono diventato pittore, e non sono diventato pittore perchè scrivo. E' una domanda bizzarra per me, è come se si domandas– se a un pesce rosso "perchè nuoti?" Scrivo perchè sono uno scrittore. Potrei dire "per guadagnare soldi", ma ci sono altre professioni in cui si possono gua– dagnare soldi più facilménte. La que– stione è allora: ''perchè ho scelto un la– voro così duro?" Non lo so. Perchè è una passione. Quando scrivo, sono da– vanti a una catastrofe, ho sempre l'im– pressione di essere un dilettante, di non saper scrivere, di non sapere il tedesco, di non avere alcuna immaginazione, di essere davanti al nulla. Ma è una passio– ne. Max Frisch Nato a Zurigo nel 1911, l'ar– chitettura è stata il suo primo mestiere. Poi ha costruito ro– manzi. Ha ricevuto nel 1958 il premio Georg Biichner. La risposta più semplice è quella di Faulkner: per guadagnarmi la vita. E' la questione delle motivazioni e ce ne sono parecchie che sono parallele. Prima di tutto quella di giocare: come un bambi– no che gioca nella sabbia o con un fil di ferro, un bambino che trova un fil di ferro e si diverte ad attorcigliarlo. Un'altra motivazione sarebbe di "dipin– gere il diavolo sul muro", di bandire così ciò che può essere inquietante, una disperazione, un'ansia. I pittori preisto– rici hanno esorcizzato sul muro l'anima– le di cui avevano paura. Ci sono molti suicidi nella letteratura e gli autori non sono sempre suicidi. La rappresentazio– ne di una cosa vi permette di non farla. Un 'altra motivazione: realizzare nella fantasia un desiderio che non si può rea– lizzare nella realtà. Quando ero bambi– no. avevo l'idea fissa che se fossi riusci– to a immaginare con una grande preci– sione una ragazzina della mia età lei mi sarebbe appartenuta. Non ha mai fun– zionato. Un'altra: noi viviamo il mondo come un mondo che passa e abbiamo il desi– derio di fissarlo. E' certo una delle più vecchie motivazioni. Quando mi trovo in un luogo che non vedrò più, lo de– scrivo. Fisso scrivendola· una cosa che ho vissuta, per esempio la dichiarazione di guerra nel '39, se no andrebbe perdu– ta. Un 'altra ancora: il desiderio e il bisognò di comunicare. Solo in ultimo luogo, la motivazione della responsabilità di fronte alla so– cietà. TAIWAN Huang Chun-Ming Nato nel 1939 a Taiwan, ha la– sciato presto la casa paterna, fuggendo a una matrigna che lo maltrattava, ed è passato da una scuola all'altra prima di laurearsi. E' il più radicato de– gli scrittori di Taiwan. Penso che ogni scrittore abbia i propri modi di esprimere i suoi sentimenti ver– so il proprio popolo e gli avvenimenti particolari della propria cerchia. Da molti anni, scrivere è stato il mio unico modo e mezzo per esprimere i miei sen– timenti verso questo pezzo di terra, Tai– wan, in cui sono nato. Per tutto ciò, se non potessi scrivere, diventerei inquieto e sconfortato. UNGHERIA GyorgyKonrad Nato nel 1930. É stato critico letterario e lettore in una casa editrice. Dal suo secondo ro– manzo non pubblica più nell'e– ditoria ufficiale ed è diventato una delle figure centrali del- 1' opposizione ungherese di cui è il rappresentante più noto in Occidente. La scrittura per me è allo stesso tempo un gioco, una riflessione filosofica, una delizia e l'esercizio della mia libera vo– lontà. Attraverso la scrittura, cerco di scoprire come devo vivere. Sono libero di pensare e di scrivere ciò che voglio. In fondo, la scrittura corrisponde a una lettura: il mio spirito si scontra con qualcosa, ne fa un testo, lo addomestica e, per un istante, l'assurdità del mondo si addolcisce. Grazie alla calligrafia, la contemplazione si trasforma in un atto fisico. Scrivere mi fa bene, mi procura del denaro e non nuoce ad altri. É un la– voro artigianale; sono seduto davanti alla macchina da scrivere altrettanto a lungo che una dattilografa, ma con mi-, nori assicurazioni di lei, perchè batto i miei stessi testi. Il mio mestiere, è dubi– tare e confessare la mia incertezza. Via

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