Fine secolo - 23 aprile 1985

,, (foto Paola Agosti) stato capace di aprire una scatola, an– che con l'apriscatole; sì, so sturare le bottiglie). So scrivere, nel senso letterale che conosco l'alfabeto e so muovere la penna così da tracciare;·te.,parole; ~ so - oggi almeno - scrivere :a macchina, anche se le mie naturali limitazioni mi costringono a scrivere con due sole dita, una per mano (la mia dotazione di mani è regolamentare). Mi bastano fogli di carta in numero bastevole, una penna o una macchina per scrivere, ed ecco che non sono più il ragazzo e l'uomo che non sa legarsi le scarpe, sono uno che scrive; a questo punto, bisogna sempli– cemente insistere: e con il tempo, 'uno che scrive' diventa uno 'scrittore': una parola invece di tre, non è chi non veda i vantaggi; ma debbo riconoscere che passare dalla condizione di 'uno che scrive' a quella di 'scrittore' non è cosa facile: perchè lo scrittore è un signore che fa cose di dubbia moralità, e le fa in modo sistematico, per professione. Tro– va gente che stampa quei fogli che ha scritto, e anche gente che gli dà dei sol– di, non molti, ma tenuto conto che non ha mai imparato a allacciarsi le scarpe, non può lamentarsi. Soprattutto, fa un lavoro che non richiede nessuna capa– cità manuale, tolta quella elementare di tracciare le lettere, o di battere i tasti della macchina. È per di più un lavoro ehe vuol essere eseguito in solitudine, e un signore frustrato naturalmente evita gli assembramenti, le folle in mezzo alle quali le sue manchevolezze diventereb– bero patenti e intollerabili. Dunque, posso offrire questa risposta: perchè non ho mai imparato ad allacciarmi le scarpe. Mi rendo conto che questo del sapere allacciarsi le scarpe è un bivio che nella vita bisogna affrontare: chi impara ad allacciarsele, può ragionevol– mente sperare in uria vita che gli psico– logi chiamano 'realizzata'. Farà fami– glia, avrà una carriera forse brillante: generali, ministri, sociologhi, progetta– tori di strade vengono reclutati tra colo– ro che hanno risolto il problema nel modo giusto. E gli altri? Gli altri fanno appunto gli scrittori, gli astrologhi, gli alchimisti, e altri mestieri ugualmente furbi, disonesti e che si sottraggono a qualsiasi valutazione. Perchè questa è una qualità importante: abituato ad es– sere severamente giudicato, e consape– vole di meritare ogni sorta di biasimo, lo scrittore - come l'astrologo o l'alchi– mista - si è scelto una prof essione - di– ciamo per pura beffa - di cui nessuno può dare una valutazione. Esiste il 'bra– vo' astrologo? Esiste l'alchimista 'com– petente' e 'aggiornato'? Allo stesso modo, uno scrittore non ha idea, e nes– suno può averla, delle proprie eventuali qualità: esiste il buon scrittore? Gente che vuol scrivere ma vuole anche lavo– rare ha inventato le storie letterarie, nel– le quali si afferma che il tale scrittore è bravo e il tale lo è di meno o di più. Tut– te affermazioni campate in aria, perchè lo scrittore è appunto come l'alchimista o l'astrologo, un tale che imbroglia fab– bricando macchine mentali che nessuno può giudicare. 'Un tale che imbroglia' ho detto: ma chi imbroglia? Qui l'astuzia dell'imbroglio– ne gli si ritorce contro; perchè, come l'alchimista · e l'astrologo, lo scrittore imbroglia in primo luogo se stesso. Si è spesso detto che genio e follia sono parenti stretti: naturalmente la parola genio è una soperchieria, una invenzio– ne di un tale che voleva intimidire il prossimo, essendo del tutto consapevole di non aver né modo né diritto di inti– midire chicchessia. Non ho dubbi, colui che ha inventato tale parola è un tale che non sapeva allacciarsi le scarpe: in breve. uno scrittore. Ma qualcuno - un tale che aveva imparato ad allacciarsele - osservò pacatamente che quel t.ale po– teva magari essere un genio, ma che aveva alcuni caratteri tipici del matto. Il matto viene prima dello scrittore, dell'a– strologo, dell'alchimista; in qualche modo, è la figura archetipica,.l'esempio che costoro imitano. È ovvio che non si valuta un matto: non si dice, costui è un matto 'bravo', non ci sono matti miglio– ri di altri; un matto è un capolavoro inutile, e non c'è altro da dire. L'impos– sibilità di giudicare il matto affascina chiunque non sia capace di allacciarsi le scarpe; ma il matto non può giudicare neanche se stesso, e questo è un altro problema. Lo scrittore non può non avere l'oscura sensazione di essere nien– te altro che - che cosa? No, non saprei. Diciamo, una voce trascritta, una chiac– chiera su carta. In tutti gli scrittori, gli alchimisti, gli astrologi si nasconde l'in– vidia, la brama di essere come il matto. Qualcuno ci riesce; qualcuno non ci rie– sce e ne muore di dolore; qualcuno si ras~egna, e continua a scrivere. È un la– voro, ho detto, non del tutto nobile, ma lo si può fare da soli, con poca carta e una penna o una macchina da scrivere. Un lavoro che è impossibile giudicare. Un lavoro non dissimile da quello che fanno alchimisti e astrologi: una furbi– zia, una matt~ria. Ho detto che era una domanda -'perchè scrivete' - buffa e sconvolgente; ma la risposta buffa non è diversa dalla risposta sconvolgente. Ecco: ho scritto queste righe. Dunque sono 'uno che scrive'. Più esattamente, uno che non ha imparato ad allacciarsi le scarpe. Ho imparato a non allacciar– mele? Temo di no. GoffredoParise. Io stesso me lo chiedo. Francesca Sanvitale Bisogna accettare di non sapere del tut– to perchè si scrive. C'è una linea d'om– bra oltre la quale non si deve e non si può andare. Ciò che scrivo viene anche da quella zona, oltre il limite dell'io co– nosciuto. Di qua dalla linea? Per natu– rale propensione, per piacere, per pro– fessione. Scrivere è un bisogno, una mo– dalità per cercare di conoscere se stessi e comprendere il mondo riorganizzando– lo nella fantasia; per comunicare con gli altri. È una scelta di vita. Ogni romanzo attrae come un viaggio da noi verso la storia in cui viviamo. Finisce sempre in uno scacco, nel riconoscere che si tratta di un'illusione di potenza. Ma ogni vol– ta, sconfitta, l'illusione si ripresenta. LeonardoSciascia La risposta che mi viene immediata e che sembrerà senz'altro evidente e bana– le, ma che è anche la più veritiera, è la seguente: perchè mi piace scrivere. E mi piace scrivere perchè così facendo ci si vede vivere e ci si sente vivere oltre che esistere. Si tratta di uno sdoppiamento, ma anche di un raddoppiamento. Certo si possono dare molte altre risposte. Ma KENYA Ngugi Wa Thiong'o La prigione politica, la rifles– sione e il disincanto hanno dato un talento di saggista a questo romanziere originario, nato a Limutu nel 1938. Weep nor child, il suo primo testo, fu anche il primo romanzo in lin– gua inglese pubblicato -nel 1964- da uno scrittore africa– no. FINE SECOLO * MARTEDI' 23 APRILE per me sono tutte subordinate a quella. Per attraversare la nebbia che è nel mio cuore e nella mia testa; per capire le for– ze naturali e sociali che danno forma alla mia vita, e dunque alla vita umana. Io voglio capire la vita che scaturisce dalle lotte degli esseri umani contro la natura e fra di loro. La mia scrittura fa parte integrante di quelle lotte. l_!lparti– colare, la mia scrittura fa parte delle lot– te del popolo kenyano contro il colonia– lismo e oggi ù neo-colonialismo - in una parola, l'imperialismo. L'imperialismo che era britannico all'origine e che è oggi un imperialismo multinazionale oc– cidentale, diretto dagli Stati Uniti, ha continuato a insanguinare operai e con– tadini del Kenya. L'imperialismo multi– nazionale occidentale, diretto dagli Stati Uniti attraverso una minoranza parassi– ta e schiavista, ha cercato di soffocare la loro vita, di vuotarla della sua umanità essenziale, combattiva, mutevole, creati– va. Ma i kenyani hanno rifiutato di di– ventare degli schiavi e, per anni, hanno combattuto con tenacia, coraggio ed eroismo per affermare la loro dignità umana. Io scrivo per celebrare questa umanità creativa, vigorosa, mutevole e dinamica del popolo kenyano. Il sudore e il sangue delle sue lotte produrranno dei bei fiori coi sette colori dell'arcoba– leno. Il neo-colonialismo sarà vinto e l'Africa sarà realmente libera. La mia scrittura prende parte a queste battaglie ideologi– che per la libertà. LIBANO Adonis Nato nel 1930 in una famiglia miserabile di contadini siriani. Oggi un pinto di riferimento centrale della poesia araba (Canti di Mihyar di Damasco) Iò scrivo per fare eco a ciò che Dio ha detto e non ha scritto.

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