Fine secolo - 23 aprile 1985
FINE SECOLO* MARTEDI' 23 APRILE competenza specifica, oppure a quel sa– pere più generale che chiamano "espe– rienza della vita". Non è il desiderio d'insegnare agli altri c,iò che so o credo di sapere che mi mette voglia di scrivere, ma al contrario la coscienza dolorosa della mia incompetenza. Il mio primo impulso sarebbe dunque di scrivere per fingere una competenza che non ho? Ma per essere in grado di fingere, devo in qualche modo accumulare informa– zioni, nozioni, osservazioni, devo riusci– re ad immaginarmi il lento accumularsi d'un'esperienza. E questo posso farlo solo nella pagina scritta, dove spero di catturare almeno qualche traccia d'un sapere o d'una saggezza che nella vita ho sfiorato appena e subito perso. Giorgio• Caproni Perchè scrivo? Ma è "semplice": per lo stesso preciso impulso che muove voi a chiedermelo. Indagate e riflettete su tale vostro impulso, visto che vi piace il gio– co dei perchè, e avrete la mia risposta. Una risposta, dunque, già implicita (in– capsulata) nella domanda. Il guaio è, però, che tale impulso, nonostante la gi– randola di saputi rimandi e riferimenti culturali cui può dar luogo (da Gorgia a...Lacan, e oltre), resta, nella sua essen– za, ineffabile. Se è abbastanza facile, in– fatti, physiologia adiuvante, rispondere a un "perché mangi", a un "perché dor– mi", a un "perché fai all'amore" eccete– ra, già meno facile sarebbe rispondere a un "perché suoni-il violino, anche quan– do sei solo e nessuno ti ascolta": do– manda dove il bisogno organico entra soltanto di scancio, mentre tante altre "ragioni", molto più tentatrici dal lato della vanità, potrebbero essere sbandie– rate (naturalmente senza venire a capo di nulla, o quasi). Scribo ergo sum? Scri– vo per cercar la mia identità? Frasi, an– che queste. Posso soltanto dire, prou– stianamente, che per me lo scrivere è una pratica igienica che mi dà salute. Quando non scrivo, soffro, anche se lo scrivere, accanto alla gioia, mi dà soffe– renza. Piuttosto: perché pubblico ciò che scrivo? Per lucro? Per...filantropia? O forse perché l'uomo è un personaggio di teatro, e ha sempre bisogno di una platea? In definitiva, dovrei magari de– cidere se "nell'esercizio della scrittura", come "nell'esercizio" di ogni altra arte, si sia più dalla parte di Narciso o più dalla parte di Pigmalione. Probabilmen– te, il discorso dovrebbe partire di qua. Ma preferisco restare in sala d'aspetto e perdere il treno. (foto Agenzia Contrasto) UmbertoEco Prima di tutto: io non scrivo, ho scritto - una volta. Questo non vuol dire che scriva abitualmente. Abitualmente io faccio solo una cosa strana che consiste nel tracciare delle parole su di un· fo$lio - ma evidentemente questo per voi non è scrivere, è fare come Aristotele, Kant, Cartesio (curioso, il vostro sistema delle arti ...) Comunque. Quella volta là ho scritto perché i miei figli erano diventati grandi e non sapevo più a chi raccontare delle storie. Allora, mi sono detto, eccetera eccetera. Carlo Frutteroe I Franco Lucentini All'inizio, per disperazione, a causa di quella situazione tragica in cui tanti gio– vani si trovano e si sono sempre trovati (testimone Valéry) di non essere "nè ric– chi nè celebri". D'altra parte ogni mez– zo per diventarlo ci sarebbe sembrato buono, all'epoca. Il mestiere di scrittore in fondo è stato un male minore. Avremmo preferito di gran lunga diventare grandi piloti auto– mobilisti, o anche ciclisti; soprattutto per le ragazze che vi portano i fiori e ab– bracciate teneramente quando vincete. Ma non disponendo, ahimè, della right stuff; abbiamo dovuto contentarci della glÒ~iolaletteraria e dei redditi in fin dei conti moderati che vi assicurano delle buone tirature in edizione normale, più i pocket (in cui non si guadagna quasi niente) e le traduzioni all'estero (in cui mediatori e fisco ingooiano quasi tutto). Dopo di che, che fare se non tirare · avanti? In parte per inerzia e in parte, beninteso, nella speranza di "far me– glio", di arrivare alle 300.000 copie di ti– ratura, alle 500.000 o oltre. Ma anche forse, in ultima istanza, perchè si è pre– so un qualche gusto al mestiere: raccon– tare storie (cioè, per noi: presentare e ri– solvere degli enigmi), è una cosa che ci fa compagnia. GiorgioManganelli Perchè io scrivo? Confesso di non saper– lo, di non averne la minima idea; e an– che che la domanda è insieme buffa e sconvolgente. Come domanda buffa, avrà certamente delle risposte buffe: ad esempio. che scrivo perchè non so fare altro; o perchè sono troppo disonesto per mettermi a lavorare. Rammento G.B.Shaw: 'Troppo stanco per lavorare, scrivevo libri,'. Scrivere è certamente un modo astuto per evitare di 'fare'; intor- (foto Agenzia Contrasto) no a me la gente si preoccupa di vivere, ha famiglia, percepisce stipendi, si am– mala e muore. Oh, anch'io percepisco stipendi, ma si può chiamare stipendio quanto si ottiene in cambio di 'scrivere'? Via, non diciamo sciocchezze. Probabil– mente scrivere è il modo di frodare che tiene chi è nato ladruncolo o truffatore, ma non ha abbastanza coraggio per de– linquere su grande scala. Se fossi one– sto, fabbricherei monete false - deve es– sere un lavoro da grande artista - o ri– catterei facoltose coppie ·con figli scape– strati, o semplicemente aspetterei di notte il rientro di gentiluomini affezio– nati alla vita: 'O la borsa o la vita', vec– chia e nobile sentenza, piena di oscure allusioni filosofiche, e forse progettata e dettata da una intelligenza non ignara del divino. Ma io sono vigliacco e clau– strofobo: non posso tollerare la prospet– tiva della galera, luogo tradizionalmen– te chiuso; soprattutto, avrei paura delle mie vittime. lo derubare - chi? Dovrei trovare una vittima più indifesa e codar– da di me: sono certo che sarebbe uno scrittore; ma non si può mica sperare di incontrare sempre e solo scrittori. Ci sono anche bancari, ingegneri, muratori e sarti; stavo per scrivere 'alchimisti': ma non sono certo che costoro non sia– no una variante dello scrittore, anch'essi frodolenti e fatui. Se un paziente indagatore dell'anima mi ponesse una domanda siffatta, perchè mai io scriva, e insistesse a chiedermi perchè mai io abbia deciso e quando di far cosa tanto esigua e un poco ignobile, io risponderei: non credo d'aver mai de– ciso di scrivere, tuttavia è possibile ri– trovare qualche ricordo, qualche indizio che suggerisca una risposta alla doman– da. Se scavo nella mia adolescenza, anzi senza nemmeno scavare, questo ricordo di me: che non sapevo annodare i lacci delle scarpe; oh, sì, facevo i nodi corret– tamente, a mio avviso; solo che, entro dieci minuti, i nodi erano tutti sciolti, e io incominciavo a inciampare nelle stringhe pendule. Era una cosa umilian– te: parenti e amici affettuosamente irri– devano quel giovanetto - risibile parola, come ero io - _chenon sapeva legarsi le scarpe. In realtà, io non ho mai impara– to a legare i lacci in modo adeguato: tanto che ho dovuto adattarmi a calzar mocassini, che lacci non hanno, anche in età adulta e già decidua. Ma la mia incapacità a far cose semplici era ovvia e considerata assai divertente: uscivo di casa con i pantaloni sbottonati, non sa– pevo fare il nodo alla cravatta, mi ta– gliavo facendomi la barba, e man mano che crescevo trovavo via via altre cose che non sapevo fare. Ma il ricordo più drammatico resta quello che ho citato per primo: non sapevo allacciarmi le scarpe. Ora, non solo non è impossibile ma del tutto ragionevole supporre che allora sia nata quella che potrei, per puro divertimento, chiamare la vocazio– ne dì scrittore. Le cose che non sapevo fare, che non so fare, sono innumerevo– .li: insomma, sono la vita; pertanto, do– vevo fare qualcosa che mi compensasse della mia palese inettitudine. Non so al– lacciarmi le scarpe? Bene, scriverò libri. Da questo punto di vista - il risarcimen– to di un giovanetto frustrato dall'inca– pacità di allacciarsi le scarpe - credo che scrivere sia una soluzione furba e sotti– le, un 'marchingegno' potremmo dire in italiano, una 'drittata', cioè una cosa astuta inventata da un signore di pochi scrupoli. Bene, avrà detto la mia anima, o quella qualsiasi macchina d'aria che ho dentro la pelle, io non so fare niente; mi si slac– ciano le scarpe, eh? Benissimo, io farò qualcosa che non esige nessuna abilità manuale (dimenticavo, non sono mai
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