Fine secolo - 13-14 aprile 1985

FINE SECOLO * 36 K.S. OL ERA DUNQUE UN RAGAZZO -------------------------di Wlodek GOLDKORN _______________________ __. S crivere "Solik" deve essere costato a K.S.Karol un prezzo altissimo. Lo si sente in ogni pagina di questa bella au– tobiografia che è anche un gran romanzo e un gran libro di avventure, nonché un testo che~ spiega magistralmente come funzionava (come funziona) la società sovietica, e che cosa era l'URSS di Stalin. E fa capire i mutamenti nella società dopo la vittoria contro il nazismo, il crescere della fiducia della gente in se stessa e la conseguente reazione staliniana: il Gulag si riempie degli ex-combattenti che rivendicano una vita migliore e più democrazia. Solik, ancora, rivela, tante cose sulle donne so– vietiche e sulla forza reale che incarnano, no– nostante non ci siano donne nel Politburo. Dopo i comunismi un ragazzo Ma Solik è anche, per usare una parola grossa, un libro eroico. Eroico perché K.S.Karol la– scia la saggistica, si spoglia della maschera del– l'intellettuale occidentale severo e progressista (e, diciamo la verità un po' antipatico) e ci rac– conta di Solik: un ragazzo polacco di simpatie comuniste nel vortice della grande Russia dei primi anni quaranta. Dopo aver sperimentato e propagato, per poi rimanerne deluso, tutti i comunismi possibili, da quello cinese a quello cubano, giunto alla soglia dei sessant'anni, saggio ed esperto del mondo, Karol tenta quel genere letterario difficile e pieno di insidie il cui grande precursore è stato Victor Serge. È difficile stabilire se le "Memorie di un Rivolu– zionario" siano state il modello che ha ispirato "Solik", ma leggendo il libro di Karol non si può fare a meno di rievocare quel testo. Con– fronto temibile, cui pure "Solik" regge, così per il piacere della lettura come per quello che se ne impara. Lasciate le teorizzazioni e le ideologie (non se ne trova traccia nel "Solik") Karol si rivela come un grande narratore ed osservatore dell'universo sovietico. Un'ulterio– re prova di queste sue capacità l'ha fornita nel– la serie degli articoli apparsi pochi mesi fa sul Manifesto, che per l'acutezza sono paragona– bili al "Viaggio in Russia" di Joseph Roth. È impossibile riassumere le disavventure del piccolo Solik nella grande Russia. Qui si pos– sono invece accennare alcune considerazioni in margme. "Sii polacco" Non a caso il titolo parla delle "peripezie di un giovane polacco nella Russia in guerra". Esse– re polacco è connotato determinante non solo del ragazzo Solik, ma anche della vita matura dell'intellettuale di sinistra K.S.Karol. "Badz Polakiem", sii polacco, dice suor Kune– gunda che cura il giovane Karol ferito nel '39, quando egli si avvia verso l'avventura in Rus– sia. E inevitabilmente, come tante persone cre– sciute negli ambienti di sinistra in Polonia, Ka– rol coglie l'ambiguità di questa frase. Di più, questa ambiguità la vive, fino in fondo. Dap– prima per rigettare il dover "essere polacco". Perché in realtà che cosa vuol dire? Vuole dire essere differente dai russi? Ma gli ufficiali, i soldati, la gente polacca non sono poi tanto differenti da quella gente, da quegli ufficiali, che Karol incontra in Russia. 11 sottufficiale polacco, sadico e idiota, che ordina alla conta– dina di soffocare il bambino per paura che lo sentano i piloti della Luftwaffe tedesca che mi– tragliano dall'alto i profughi, è tanto differente dal sottufficiale sovietico pronto a fare una cosa simile in simili circostanze? E poi Karol è E il ragazzo, Solik, scampato ai comunismi, si presenta ora, imprevedibilmente, in un bel libro che rompe le righe. Le righe dell'ideologia, della saggistica oggettiva, perfino del nobile cosmopolitismo della diaspora polacca ed ebraica. "Solik" è stato pubblicato in italiano da Feltrinelli, nella traduzione di Rossana Rossanda. -~ ; t>'./~~ C?Jfl~~Itl . )~y,,•:,x . . . • • ,V'(......,, . . t.: '# .. ,. . ~- • _,.1•••:::;t: 1 ,•: 1 :1:;1:iir:';::•1<~: . \ :\i~ . ... . . . .•.•.•.•. •·•·•··· ... •·•· ;. In unaseriedi cartoline– foto_grafie, si vedono: in alto, il Gothade_gli intellettualipolacchiprima dellaSecondaguerra mondiale ( J ulianTuwim, MariaDambrowska,Karol Szymanowski,Wladyslaw Broniewski, Stefan Banach, J an Kiepura,Xawery Dunikowski). Al centro,immaginidi vita quotidiana e di successi produttivi deglianni'30. In basso,manifestazioni contadine or.raie nel 1936- 37, e i ritrattideicapidel partitocomunista,Julian Leszczynski-Lenski StanislawDubois,Norbert Barlicki,AdamProchnik, tuttiuccisipoi nellaRussia stalinista. ·- m ... ◄ ~l ~ -~ polacco ma è anche comunista, e volentieri si integra nella società sovietica. (Karol deve anche ricordare di essere ebreo. Lo capisce nel momento preciso in cui appren– de - dapprincipio senza crederci, ma nessuno ci credeva, neanche coloro che ne avevano le pro– ve - che gli ebrei vengono sterminati dai nazi– sti.). Itaca, o anche· solo Parigi Il giovane polacco finisce per "scordarsi" di essere polacco e diventa sovietico, entra nel Komsomol e si arruola nell'Armata Rossa. Finché arriva al Gulag. E qui torna a. essere polacco. Alla luce della saggistica dell'adulto K.S.Karol risulta quasi incredibile che nel Gu1ag il giova– ne Solik non cerca consolazione nell'idea che un giorno ci sarà un comunismo diverso, ma si ritrova a sognare Itaca: la Polonia. Uscito dal Gulag Solik torna nella Russia "profonda", addirittura si sposa con una ra– gazza cosacca, ma è irrimediabilmente estra– neo al mondo sovietico. L'estraneità di Solik non è però soprattutto politica, conseguente all'esperienza del mondo concentrazionario. Più ancora conta la consapevolezza che oltre la vita di tutti i giorni (in cui pure la storia d'a– more con Klava e l'amicizia con Kolos sono di una bellezza straordinaria) c'è quella Itaca. Dove Karol vuol tornare. Ma Karol non è Ulisse, e qui veniamo alla "parte non scritta" del libro, e tuttavia "pubblica" in quanto l'au– tore è un personaggio pubblico. La Polonia non è Itaca. (Ancora poche setti– mane fa un altro polacco ed ebreo di sinistra, Seweryn Blumsztajn, ex-fondatore del KOR e attivista di Solidarnosc, è stato rispedito dalla Polonia in Francia mentre tentava di rientrare dall'esilio parigin~ ). E così dopo pochi anni polacchi e dopo aver constatato che la Polo– nia, quella della suor Kunegunda ("sii polac– co"), e quella di sua madre, socialista infelice, non c'è più, e che quella che c'è rischia di asso– migliare all'URSS, Karol se ne va in Occiden– te. Cerca un'altra Itaca: "il comunismo vero". E in questo, nonostante le apparenze, anzi contrariamente alle apparenze, rimane polac– co. "Che bestemmia", direbbero i polacchi anti-comunisti, "Karol da noi è stato sempre giudicato un cattivo polacco, tanto è vero che ancora pochi anni fa ha difeso Rosa Luxem– burg contro Pilsudski in una rovente polemica con Adriano Sofri, e quando suor Kunegunda diceva "sii polacco" intendeva: "non diventare comunista", e Karol invece lo è diventato eri– masto". Si potrebbero continuare in infinito le variazioni sul tema della "polonità". Qui è im– portante rilevare due cose. La prima, che il se– vero intellettuale progressista parigino K.S.Karol appartiene a un assai nobile filone di rivoluzionari polacchi che a partire dall'Ot– tocento uscivano da quello che appariva loro l'angusto angolino delle (auto-)celebrazioni patriottiche per tentare la strada di un "uni– versalismo cosmopolita". Un eroico luogo comune La seconda invece, che il polacco ed ebreo Ka– rol descrivendo .così come ha fatto la vita di Solik, rompe le righe di questo filone (e per questo il libro è "eroico") e dopo trentacinque anni si ricon.cilia pubblicamente con suor Ku– negunda. Constatato che Itaca è solo uh mito si ridiven– ta polacchi (ed ebrei) coscientemente. E si è ca– paci di scrivere un libro così bello.

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