Fine secolo - 13-14 aprile 1985
DANIMARCA SvendAge Madsen Nato nel 1939, questo roman– ziere combina una forma di scrittura moderna con una im– maginazione alla Hugo o alla Walter Scott, ciò che permette alla sua opera di conquistare un numero crescente di lettori. Un uomo stava sulla piazza e racconta– va una storia che induceva la gente in– torno ad ascoltare, muta, tanto ne era catturata. Ma nel gruppo ce n'era uno sordo, e domandò: perché parli? Gli uditori risero ma il narratore che non era -del tutto insensibile al fasci~o di quella curiosità, rispose: perché lo do– mandi? Henrik Nordbrandt Riconosciuto come uno dei più grandi talenti lirici della sua generazione (é nato nel 1945), accetta che la sua poesia abbia un piccolo pubblico scelto piut– tosto che un immenso successo popolare. E' difficile immaginare uno scrittore che non si sia posto spesso la vostra doman– da. Avere una risposta pronta, o im– provvisarne una, fa per così dire parte del mestiere, e mi é toccato spesso ·di farlo. Per esemplificare: scrivo semplice– mente perché mi piace. Scrivo perché non mi piacerebbe fare un mestiere qua– lunque. Scrivo perché non posso fare al– trimenti. Tuttavia, benché per quel che mi riguar– da queste osservazioni siano in parte vere, nessuna fra loro lo é del tutto, e di conseguenza non mi sembrano corri– spondere a niente di serio. E' più facile rovesciare la cosa e parlare delle ragioni per le quali di certo non si scrive. Io potrei per esempio dire in per– fetta onestà: per quanto sia uno scritto– re professionista non scrivo per guada– gnare dei soldi. Non scrivo per far pia– cer~ ai miei lettori, perché non penso mai a loro quando scrivo. Non ho l'illu– sione che i miei scritti facciano minima– mente progredire il mondo. Non scrivo neanche perché mi fa piacere: serivere é un'attività solitaria, spesso dolorosa e di rado gioiosa. Ma é inteso che nessuna somma di ri– sposte negative, per numerose che sia– no, può esaurire la questione. La mia sola risposta, se la si può chiamare una risposta, é questa: se sentissi un giorno che occorresse porre a me stesso la do– manda che voi mi avete posto, ciò po– tr:ebbe ben significare; credo, che la ra– gione stessa che ho di scrivere si sarebbe perduta. Ma natuuralmente, niente mi permetterà mai di esserne sicuro. Perché io non mi porrò la domanda. Kirsten Thorup Nata nel 1942, dopo aver sta– bilito la sua reputazione sulla poesia, é diventata romanziera rispettata con "Baby" (1973) e "Himmel og helvede" (Cielo e inferno). Perché scrivo? Perché no? Qualcuno deve fare lo sporco lavoro di raccontare le storie del nostro tempo. Di denuncia– re l'iqgiustizia sociale; la crudeltà e la follia della nostra società gerarchizzata. Di parlare dei poveri che non hanno niente e dei ricchi che hanno tutto. E delle sporche guerre che uccidono gli in– nocenti._ Dell'accumulazione della po– tenza di questo mondo e dei pazzi che prevedono di far saltare la terra intera ... E' alt~e~t~nto necessario che avere degli S?~z_zimm una società che si pretende civi!izzata. Allora perché non io (fra gli altn). Io sono una persona come le al– tre. Io me ne sto seduta nel mio appar– tamento e scrivo. Attorno a me, in altri appartamenti, officine, uffici, stazioni, aeroporti, supermercati c'é gente che la– vora, che si dedica a ogni sorta di atti– vità. La mia occupazione é di scrivere. Qualcuno deve fare il piacevole lavoro di raccontare le storie della vita quoti– diana. Di parlare dell'amore e della gioia. Della battaglia umana per un av– venire migliore. EGITTO Tewfik al-Hakim La sua nascita nel 1899 ne fa il dinosauro delle lettere egizia– ne, contemporaneo di Taha Hussein e Ahmad Amin. Quello che mi interessa nella storia della mia vita é che ogni pensiero mi ha dato godimento. Esaurire un soggetto é stato il mio solo violon d'lngres. Ma sacrifi– care tutto per pensare promana senz'al– tro da qualcosa di antinaturale, dal mo– mento che l'uomo non cerca che il pia– cere e la felicità. Ciononostante io non scrivo che per un solo fine: far pensare'il lettore. Dopo cento volumi, prendo atto che le mie opere sono state inutili. Yusuf ldris Nato tra il 1926 e il 1928, "pa– dre odiato" di tutta la nuova generazione, ha scoperto il ge– nere in cui la letteratura araba contemporanea si sarebbe di– spiegata, il racconto. Il suo ca– risma ne fa un caposcuola. Scrivo perché vivo e continuo a scrivere perché voglio vivere meglio. Edouard al-Kharrat Nato nel 1927, la prosa diffici– le, la modestia e la cultura co– pta ne fanno un autore meno noto in Egitto che nel resto del mondo arabo. S~rivo p_erc?éauspico che il mio paese mtllenano sia alla fine liberato da un'in– giustizia secolare e da una oscurità me– dievale: é possibile? Non potrei rispon– dere che con la scrittura, anche se non é una risposta. Scrivo spinto dal fatto di amare: una parola così banale e così nuova, e dal fatto che il male é la nostra sorte· che . ' non sia almeno il nostro idolo ... Scrivo come spaventato e rapito dal mondo-enigma, la donna-enigma e l'uo– mo, mio fratello, enigma, un nocciolo duro che mi porto nel cuore, un enigma per sempre irrisolto e sempre preso d'as– s~lto da uno spirito inquieto, da un atto violento e tenero d'amore: scrivere. Naguib Mahfouz Nato nel 1911, ha fondato il romanzo arabo moderno cioé realista, naturalista, e beninte– so socialista. E' al passato che devo fare riferimento per trovare una risposta. Perché mi sono messo a scrivere? Per il piacere– ...Per soddisfare la forza oscura ...Niente di esteriore mi spingeva a farlo. Più tardi nuove ragioni vennero a suf– fragare questo voler scrivere. Il deside– rio di caricarmi di un peso ...Di parteci– pare della grandezza ...Di essere retribui– tro per l'opera ...Di mostrare all'Altro i principi che si elaborano lungo una ri– cerca ...Di essere letto puramente e sem– plicemente. Oggi, io non distinguo più tra vivere e scrivere. FINLANDIA Bo Carpelan Poeta di lingua svedese, nato nel 1926, viaggiatore in Fran– cia, in Inghilterra e negli Stati Uniti. Scrive anche in prosa, e nel 1977 ha ricevuto il premio letterario del Consiglio nordi– co. Scrivo perché é l'unico modo per impa– rare delle cose sul mio conto e, grazie a questa conoscenza, comprendere il mondo che mi circonda. Con la descri– zione di questi due mondi, interno ed esterno, spero di dare al mio lettore sco– nosciuto un occhio nuovo, dei sensi che non possedeva, e l'amore per quella luce che si scorge nell'oscurità. FJNESECOLO* SABATO 13/ DOMENICA14 APRILE FRANCIA MauriceBlanchot Nato nel 1907, l'autore di "Thomas l'obscur", di "La part de feu", di "L'oeuvre à venir" e di "L'écriture du désa– stre" é un uomo fiero, che ren– de conto di sé solo alla scrittu– ra. Certo, la domanda é tradizionale. La mia risposta non sarà originale. La prenderò in prestito dal dottor Martin Lutero, quando, a Worms, pronunciò la propria dichiarazione di irriducibilità: "Sono qui dritto, non posso fare altri– menti. Dio mi venga in soccorso". Che io tradurrei modestamente: "Nello spa– zio della scrittura, scrivendo, non scri– vendo, sono qui curvo, non posso fare altrimenti e non mi aspetto alcun soc– corso dalle p9tenze favorevoli". Antoine Blondin Nato nel 1922 a Parigi, figlio della poetessa Germaine Blon– din, si é distinto in romanzi ("L'Europe buissonnière", "Un singe en hiver", "M.Jadis ou l'école du soir") i cui eroi fanno giochi di parole. Sono nato in una casa in cui i libri proli– feravano come foglie di cavolo. Mio pa– dre coltivava una biblioteca inesauribile che mia madre contribuì ad arricchire penna alla mano, quando io ebbi rag~ giunto l'età di due anni. La letteratura,' sotto forma di rimandi e citazioni, non smetteva mai di volteggiare attraverso la casa -le chiamate domestiche ne veni– vano trasportate. Io finii per cavarne un maligno piacere, che mi allontanava dal minimo tema. Si annunciava già un'e– poca strana in cui si può dire di uno scrittore: "Che volete, una scrittura troppo fine". Che dire allora di quelli che scrivono fin troppo. Il genio è una lunga pazienza ... per gli altri. Non so in qual misura i miei geni– tori vedessero germogliare in me le pro– messe di tutto ciò che contavano di otte– nere. So che davo ipocritamente l'im– pressione di voltar loro le spalle. Certo, 31
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