Fine secolo - 13-14 aprile 1985

-- ANGOLA Jose Luandino Vieira Nato nel 1935 in una bidonville di Luanda,non potevadimenti– carsenequando,condannatoa quattordicianni per aver ap– poggiato la decolonizzazione, si scoprìromanziere.Per aver– gli assegnatoun premio,la So– cietà degli scrittori portoghesi fu sciolta nel 1965. Ho cominciato a scrivere molto giova– ne, perchè avevo la sensazione che qual– cosa di essenziale mi mancasse. Assolu– tamente. Voglio sapere che cosa è. Dun– que, scrivo. Non capisco profondamente la realtà se non nell'atto della scrittura di invenzio– ne. E solo in quell'atto mi scopro. E in esso mi nascondo. Quando scrivo, non sento alcuna man– canza: etica, politica, affettiva. Niente. Al di fuori dell'atto di scrivere, di crea– re, sono un perenne frustrato. Scrivo per sentirmi vivo. Per vivere. ARGENTINA Silvia Baron-Supervielle Nata a BuenosAires nel 1934, vive a Parigi, traducendo e scrivendo, in francese, poesie (La distance de sable). Per trovare una terra. Adolfo Bioy Casares Vecchiocomplicedi Borgescol qualeha scritto, con vari pseu– donimi, romanzi polizieschi e criticheletterarieimmaginarie, è l'inventore dell'Invenzione di More/, in particolare.Borges, si sa, non ha biblioteca:utiliz– za quella, favolosa, di Bioy, in cui si trova più o meno tutto quello che si è mai scritto in fatto di letteratura. Io scrivo perchè probabilmente somiglio a un barbiere di Tom Jones: quando ve– niva a conoscenza di una bella storia, la doveva raccontare. Io le invento con fa- cilità, e le racconto con piacere. Credo che prima di conoscere la letteratura il ' mio modo di riflettere e di commentare i fatti che mi colpivano fu di immagina– re delle storie: scrivendole o no, a secon– da delle circostanze. Dopo la scoperta della letteratura, stordimento che mi folgorò verso i 12 o 13 anni, provai a raccontare una storia che potesse pro– vocare presso il lettore la fascinazione che suscitavano in me certi romanzi: Robinson Crusoe, La Chartreuse de Par– me, La Maquina del tiempo, la /lustre Casa de los Ramirez, Du coté de chez Swann. Questa febbre, forse infantile, di creare una malia, continua a possedermi e a incitarmi a inventare e a scrivere me– glio che posso. Amo il cinema nelle mie sere e i sogni nelle mie notti, perchè mi raccontano delle storie. J.L.Borges (foto Paola Agosti) J orge Luis Borges Nato nel 1899 a BuenosAires, si consideracome un uomo del XIX secolo, e più volentieri an– cora del XVIII, se non del me– dioevo delle saghe nordicheo della Grecia omerica. Il meno latinoamericano dei latinoame– ricani.Non avràmai il Premio Nobel. Io non potrei smettere di scrivere. Ho sempre saputo che il mio era un destino letterario di lettore e, imprudentemente, di scrittore. Io scrivo per rispondere a un'urgenza, una necessità interiore. Se fossi stato Robinson Crusoe nella sua isola, o Edmond Dantès del Conte di Montecri– sto, non avrei mai scritto. Fino ai 30 anni, ho letto quello che scrivevano su di me. Poi, ho smesso. Quando pubblico un libro, i miei amici sanno che non de– vono parlarmi di quel che ho scritto. Dunque pubblico un libro e non so niente della critica, buona o cattiva, giu– sta o ingiusta. Nè della vendita del li– bro. Può interessare il libraio o l'edito– re: non lo scrittore. Io non scrivo nè per i pochi nè per i tan– ti. Lo faccio quando ne avverto la ne– cessità. Non vado in cerca dei soggetti, sono i soggetti che vengono prima o poi a trovarmi ... e posso anche respingerli. E se insistono davvero, allora scrivo per poter passare ad altro. Mi ricordo dei versi famosi di Kipling in If: "Saper affrontare l'insuccesso e il successo e trattare allo stesso modo que– ste due imposture". Perchè nessuno ha tanti successi e insuccessi quanti crede. Nemmeno rileggo quello che ho scritto. Càpita che la gente mi domandi: "Ma che vuol dire quella/rase, in quel raccon– to?". Io rispondo: "Ho scritto quel rac– conto a suo tempo, e poi non l'ho mai ri– letto". Si scrive un racconto in un mo– mento dato, poi arrivano persone che hanno tutto il tempo di rileggerlo, e alla fine quel racconto appartiene più al let– tore che all'autore. Io credo che sia malsano pensare al pas– sato, credo che sia malsano pensare agli annh:ersari. Mi sforzo di vivere in avan- · ti. Penso a quello che scriverò, non a quello che ho scritto. In questa casa, cerchereste invano un · mio libro, non ne trovereste, salvo uno, un inoffensivo libro sul buddismo che abbiamo fatto, Alicia Jurado e io, e che è tradotto in giapponese. Io cerco di proteggere la mia biblioteca. Chi sono io per paragonarmi a Voltaire o a Montaigne? Se, d'un tratto, pen~o che sta per succe– dere qualche cosa, mi metto in situazio– ne, mettiamo, di passività, e aspetto ... Allora qualcosa mi arriva, una specie di vaga rivelazione, la parola è pretenzio– sa, dirò_meglio che intravvedo qualcosa, che puo essere un poema, un racconto, una pagina di prosa, questo mi si rivela più tardi. Cerco di intervenire il meno possibile in ciò che scrivo. E dal momento che non ho opinioni costituite in materia, per esempio, di etica o di politica, cerco di non lasciare che le mie opinioni inter– vengano in quello che scrivo. Kipling diceva che può succedere a uno scrittore di scrivere una favola, senza che perciò gli sia dato di conoscerne la morale. Egli è cioè depositario di un'immagina– zione, e la lettura che in seguito ne viene fatta è differente. Così un'opera intera può prendere un valore che va ben al di là dell'intenzione dello scrittore. Un va– lore che gli è estraneo. Ecco qualcosa che corrisponde all'anti– co concetto delle Muse, d~llo Spirito Santo -o anche a quello della nostra moderna mitologia, che non è altrettan– to bella, e che si chiama subcosciente. RicardoPiglia Appena40 anni,e in Argentina gli editoriche non lo pubblica– no lo citano come l'autoreche vorrebberopubblicare. Perchè il mondo dell'invenzione mi in– triga: la circolazione delle storie i trave- . ' stimenti della lingua e il potere di crede- re. La letteratùra è il laboratorio del possibile: un luogo in cui si può speri– mentare, fare il vecchio col nuovo. Scri– vo perchè la letteratura è la forma pri– vata dell'utopia.

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