Fine secolo - 13-14 aprile 1985
FINE SECOLO* SABATO 13 / DOMENICA 14 APRILE 22::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::<::::::::;:;:::::;:::::::::::::::::::::::::::::::::. Breyten Breytenbach Nato nel 1939 nella provincia del Capo, Breytenbach si è fat– to conoscere dapprima con la sua pittura, poi con poesie: La confessione di un terrorista al– bino, racconto della sua prigio– nia per fatti di resistenza, ha avuto una larga eco internazio– nale. Io scrivo: e la scrittura ha un senso, una decodificazione possibile di ciò che ci circonda, una simbiosi con ciò che é al– tro, un arrangiamento amichevole con la materia. E' una cabala: la via verso il labirinto, il labirinto stesso, la de-scrizione del labi– rinto e con essa il filo che nullifica il la– birinto. Si scrive per mettersi in grado di inventare un io attraverso cui passi la sopravvivenza e la moltiplicazione delle parole; per dar forma a una verità; per erigere dei castelli di sabbia contro il di– lagante silenzio del mare; per trovare la conchiglia dell'amnesia. Incinto d'inchiostro (come il mare) scri– vo perchè la scrittura è un gioco futile e primitivo, ma anche perchè è condotta di coscien– za strutturante la coscienza, una meta– morfosi, una comunione della lotta eter– na per la giustizia. Infine, per capire che ogni vita è morte vissuta e la morte semioticamente viven– te; e meritare finalmente questo silenzio segreto parola a parola. ' Nadine Gordimer (foto Paola Agosti) Mazizi Kunene Nato nel 1930, Zulù, scrittore in zulù e traduttore lui stesso delle sue poesie. Ha imparato da sua nonna che "la conoscen– za appartiene agli antenati". Militante antiapartheid, pro– fessore di letteratura africana negli USA. Un fine conoscitore della letteratura. Soprattutto, poeta. Scrivere è qualcosa che sta dentro il mio sistema. Qualcosa che non posso inter– rompere neanche se ne ho voglia. Quan– do ho cercato per la prima volta di scri– vere poesia, ho sentito di essere preso, come un potere può impadronirsi di un uomo. Non ero in grado, di spiegarlo. Mi sono semplicemente trovato a scri– vere. Non sapevo neanche che era il po– tere-della'.scrittura che mi sommergeva. Ero molto giovane allora. Ogni volta che scrivo, é come se uno spirito mi stes– se ordinando di scrivere. A volte, anche, scrivo perchè voglio sapere di che cosa tratta la scrittura o il messaggio. Corro realmente, fisicamente, per ricevere quel messaggio prima che scompaia dal mio spirito. Sono certo che il mio poema, in– titolato ai Canti dei decenni mi ha colto quando ero un uomo così. Erano molte le cose che non sapevo ancora quando ho cominciato a scrivere quel poema epico completato con la conoscenza e la comprensione. Avevo ancora davanti a me un'esperienza profonda di apprendi– stato con la ballata epica intitolata L'Imperatore Shaka il grande. Era, come ho detto fino alla stanchezza, la storia del popolo raccontata con le sue parole. Posso dire semplicemente che la mia conoscenza del soggetto era assai li– mitata prima che mi sedessi ad ascoltare il messaggio creativo. Sono di fatto poe– mi che ho scritto come se avessi una conversazione. E' come se due amici molto intimi, uno seduto fuori dalla casa e l'altro seduto dentro, fossero molto vicini l'uno all'altro e si parlasse– ro. Quello, o quella, che sta fuori rac– conta ciò che vuole. Quello che sta al– l'interno assorbe e ripercuote ciò che l'altro osserva o vede. Quello che sta dentro spiega e interpreta continuamen– te che cosa significa ogni cosa. E' lui, o lei, che spiega ciò di cui tratta la mano che scrive. La verità del metodo è che la scrittura per me proviene insieme dallo spirito e dal cuore. I due si congratula– no reciprocamente. Non è solo il cuore che è implicato. Se è implicato solo il cuore, fa degli errori. La cosa si conclu– de in un modo infantile e è travolto dal proprio entusiasmo, ma se è accompa– gnato dallo spirito, è controllato da una certa ragione che vincola i suoi movi– menti a quelli della testa. Naturalmente, è lo spirito che è tutto, è lo spirito che comanda, è lo spirito, anche, che possie– de l'occhio cosmico dell'uomo di teatro. ALGERIA Rachid Boudjedra Nato nel 1941, "infanzia sac– cheggiata". Due romanzi trau– matici (Il ripudio, L 'insolazio– ne) hanno imposto la veemen– za di questo scrittore e provo– cato nel suo paese degli scom– pigli politici. Vive tra Parigi e Algeri, e dichiara di scrivere ormai in arabo e di tradursi in francese. Mich,aux diceva che scriveva per rende– re inoffensivo il reale. Ma il sufi Ibn Arabi scriveva già nel IX secolo che la scrittura e,ra essenzialmente un atto ses– suale: "Sappi, che Dio ti preservi, che tra lo scrivente e lo scritto si produce sempre un'operazione di ordine sessuale. E' così che la penna che incide la carta e l'inchio– stro che la impregna giocano lo stesso ruolo del seme maschile che inonda le vi– scere della femmina e le penetra profon– damente per lasciarvi i contrassegni del divino" (Le Conquiste della Mecca, II viaggio). Perchè scrivo? E' fra queste due affer– ~azioni che mi colloco. Io scrivo per non avere freddo, dunque per aggirare la morte e il gelo. Le parole sono la lana delle persone del mio genere. Scrivo perchè, maldestro davanti agli elementi della vita, ho bisogno di un sostegno per agganciarci le mie idee fisse, le mie ossessioni, i miei fantasmi, le mie con– vinzioni politiche, insomma: la mia vi– sione del mondo in quanto movimento del corpo e dell'intelligenza. Come Al– gerino, ho subìto tre ferite simboliche (cfr. Bruno Bettelheim). Prima di tutto la guerra d'Algeria che ho vissuto bam– bino e adolescente. Poi la mutilazione (castrazione, direbbe Freud) che ho vis– suto nella prima infanzia quando sono stato circonciso. Infine, quella della per– dita di un fratello maggiore, adorato. che non aveva trovato di meglio che sui– cidarsi a vent'anni. Donde quest'ossessione del sangue nei miei libri, a causa della guerra, e del ses– so! Perchè, alla stregua di Ibn Arabi, io cerco di sopravvivere, erigendo la pro– vocazione sessuale e politica a sistema per reagire contro l'ipocrisia della so– cietà arabo-musulmana e salvarmi la pelle ricadendo, come il gatto di Proust, su uno spazio poetico che si chiama di solito letteratura. Così, io scrivo per avere del piacere e per darne. Non sta qui la definizione dell'atto sessuale in sè che quel pazzo della letteratura che fu Ibn Arabi non potrebbe mai negare?
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