Fine secolo - 6 aprile 1985
FINE SECOLO * SABATO 6 APRILE A destra:Berlino,la Porta di Brandeburgo, in unafoto del 1930. Sotto: La Porta di Brandeburgo, oggi (foto A.Pepe 1 Grandangolo). Le foto di Ench Graf sono cli ,.\.ndreas Schroth. Ma se ti soldato va all'orfanotrofio solo quan– do ha vent'anni, l'orfano va in caserma a tredi– ci anni e mezzo, nel mio caso, e quando sei preso in quella mola a quell'età impari a cono– scere un sistema di sensi unici e controsensi e pP.rversità che il normale èittadino incontra solo molto più tardi, e un ragazzo che ha fatto quella scuola guarda il mondo che ha intorµo con occhi molto risentiti ma anc~e bene aperti. Dopo questo battesimo venne la seconda ma– cina, l'appren<'istato detto anche "avviamento al lavoro". Lì non si andava tanto per il sottile per decidere: quali' possibiltà ha il ragazzo? Quale verso gli vogliamo. dare? Si procedeva per atti d'ufficio: il padre era mastro sellaio presso il reggimento degli Ussari Neri di Dan– zica? allora mandiamo il figlio a imparare a ferrare i cavalli... Ma in questo modo l'uomo logico sa che, su 100 orfani che vengono man– dati a imparare il mestiere, 20 forse si adatta– no, ma gli altri 80 matemàticamente si trovano spostati, e da questi spostamenti matematici prendono il via frane, valanghe e cataclismi umam. Un fabbro mancino E su questo punto io posso solo dire: quando il Max Reinhardt, che mi aveva osservato tanto spesso, andò ·da mia madre e le disse Frau Graf il ragazzo è sveglio e lo prendo io sotto tutela ... ecco, purtroppo mia madre morì trop– po presto. Ora vedete, per quel mestiere la mano destra è indispensabile. Avete mai visto un fabbro mancino? Ci sono forme, per esempio, che ci si può lavorare solo di destra. Io in quanto man– cino ero categoricamente negato alla professio– ne di fabbro ferraio. Cosa vuol dire la vità cominciò con la fuga? Avrei potuto anche adattarmi magari a ferrare cavalli di mancina, a cosa non ci si adatta, ma avevo quel rovello, quell'istinto che mi diceva: no, questo no, questo non puoi farlo. Anche il mastro mi sconsigliava del resto, diceva Erich ci sono tante professioni, hai appena 15 anni, prova in un altro ramo. E per non ritornare all'orfanotrofio, un giorno tagliai il ramo, cioè, la corda. Così cominciò la mia fuga, il mio apprendistato di uomo-fuga attraverso la storia mondiale. Il raxazzo è in giro Da Paderborn a Berlino a piedi, riuscite a im– maginarvelo? come lio fatto a sopravvivere non lo so... di regali e donazioni ho vissuto. Allora era mille volte diverso da ora, oggi un ·• . . . h · , - 1 d , . come un sogno, un giorno v1cma, un giorno 1agazzo c e gira cosi per 1 mon o o e un tun- 1 t C' • • 11 fi d , l sta o è un criminale, nessuno lo prende sul se- on a~!· 1 ~rny~i a a me, ma n~n uro mo - · r d · · f: Il d r t • 1 to e gia commc10 la nuova tragedia del genere no, g i icono ~n~u one. e mquen ,e_va1 .a a- umano. Ero appena strisciato fuori dalla mia vorare. Allora s1diceva: z/ ragazzo e zn gzro, e t d. i. r, d · d t 1 t d. · questo era già quasi un mestiere, anzi una vo- rage I ia Ec-1-i~ sp o on att en. ro a ragie 1t~um- . I 1 •, •fi • versa e. 10, m quan o giovane se va 1co e caz1one, a gente era moto pm pac1 1cae genti- tt t •, lt 'b'l t· l , . . . . . . sco a o, ero g1amo o sensi 1e a cer 1 mecca- e, non erano cosi cupi e mcatt1v1tIcome oggi . . Ad • d f • 1 t d t dopo due guerre mondiali, allora si diceva il ~f rm: ogm mo O m arruo a O e man a 0 ragazzo è in giro, questa era la formula di ri- a a guerra. spetto) e i carrettieri si fermavano per strada: dove vuoi andare? dove stai andando? Dai, Condanna a morte monta su! · Così sono anche capitato dal contadìno. Devo dire, non che io fossi un anti-contadino, e lui mi avrebbe anche tenute (come forza-lavoro a buon mercato, è chiaro), per lui avrei potuto starci fino a cent'anni. in quel campo di patate ai confini del mondo. Ci stetti anche per un po' di tempo. Ma poi cominciai di nuovo a sentire quel pu~golo, quella nostalgia - e anche una certa antipatia per quell'ambiente. Una matti– na me ne sono andato. Berlino, senza motore, senza bicicletta, senza ferrovia, era come dire l'altra parte del mondo– ...passa_vano le stagioni e Berlino diventava Verdun fu la mia prima destinazione. E la pri– ma missione di guerra: dovemmo raggiungere una fortificazione dove, ci dissero, i francesi avevano fatto esplodere sotto terrà un deposi– to di munizioni. Dopo venimmo a sapere un'altra verità, l'esplosione era stata causata _dainostri propri ufficiali che in una casamatta avevano organizzato un festino e bevuto e fu– mato. In ogni caso lì sotto c'era stata una stra– ge spaventosa, per giorni e giorni tirammo fuori braccia gambe e teste, riempimmo un'in– tera trincea di queste membra umane e poi murammo tutto con la calce. Questa fu la mia guerra e il mio grande spavento. Un'antipatia ce l'avevo anche prima, ma questo ...-. No, mi– litarismo e ammazzamenti non mi entravano dentro, c'era una incompatibilità. Scappai. / C'era un sanitario che avevo conosciuto a Ver– dun, un buon amico. Gli dissi, guarda, io di qui me ne vado. E lui: Erich, che dici, ti am– mazzano. Ma quando vide che io me ne anda– vo anche a piedi mi diede di nascosto un certi– ficato del lazzaretto, e con quello salii su un treno e passai attraverso tutti i controlli fino a Berlino, dicendo sono malato, vado a Berlino in ospedale. A Berlino mi stavano aspettando. Mi portaro– no prima alla· caserma del Maggiolino nella Chausseestrasse, c'è ancora, poi mi trasferiro– no a Francoforte sull'Oder: tribunale di guer– ra, condanna a morte per diserzione. Se la -condanna fosse stata eseguita sarei morto da più di sessant'anni, allora ne avevo venti. Mi lasciarono cuocere a fuoco lento nella cella, _ognitanto passavano sbattendo il mazzo delle chiavi, "ora veniamo a prenderti" dicevano. Io con quel trattamento diventai duro come un mattone e del tutto indifferente alla mia sorte.
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