Fine secolo - 23 marzo 1985

• Me ne vàdo, frustrato di averlo trovato a ·ripo- so, e continuo la mia corsa alla caccia degli og- getti del futuro. Corridoi grigi dopo corridoi verdi, terzo piano, sottosuolo, un fossato inon– dato dalla luce al neon. Un ricercatore-coscien– zioso e solitario é alle prese con 64 micropro– cessori. Li ha messi insieme per tentare di evitare i guasti nel pilotaggio ,di un grande braccio articolato: quest'ultimo riordina, su una tavola, dei cubi decorati di tre lettere, M.E.L. (Mechanical Engineering Laboratory). Il nostro uomo ha l'aria triste. Tsukuba alimenta le voci più diverse. "Mecca della ricerca fondamentale e dell'avvenire tecno– logico", "Nippon Si/icon Valley" per gli uni, o guscio gremito di strumentazione, ma vuoto di materia grigia per altri. · "Ci sono attualmente 6.500 ricercatori a Tsuku– ba. Duecento o forst: trecento fra loro conduco– no ricerche interessanti": Tetsuzo Kawamoto é un po' il signor Tsukuba, quello che ha fatto in modo, nel corso degli ultimi anni, che il sogno estatico della città scientifica gravida del futu– ro divenisse realtà. Avventuroso, egli si é già imbarcato in una nuova esperienia, quella del– la ricerca presso degli industriali, del cosidetto ''Consorzio". Ma non molto tempo fa era an– cora il capo del "Centro degli Istituti", l'orga– nismo incaricato della gestione di tutto ciò che si muove intorno alla città scientifica. L'occhio del maestro coordinatore sulle. membra disper– se. Kawamoto, volontarista e sicuro di sè, viola l'abituale riserbo gi;ipponese. Mi riceve in una piccola stanza con dei simpatici divani e, uomo che sa vivere, mi offre subito una bottiglia di vino Tsukuba. "Non ne beviamo più, ormai abbiamo adottato il vino di Bordeaux per le nostre piccole scappate. É migliore. Qui non abbiamo modelli, si è detto che abbiamo co– piato Akademgorodok, la città scientifica- co– struita dai sovietici vicino a Novosibirsk. Ma è falso!" Di fatto, la cittadella sovietica ·è stata concepita essezialmente per svil~ppare le risor– se naturali della Siberia, installando una serie di laboratori di ricerca fondamentaJe e appli– cata. "Se noi siamo qui, è perchè è stato neces– sario decentrare". In Giappone, la maggior parte degli Istituti di ricerca installati a Tokyo erano vetusti e alle strettè. La grande idea di spedirli ad espandersi altrove e tutti insieme 1 è affiorata agli inizi degli anni '60. Nel '63 è sta- r to acquistato il terreno attuale, a cavallo di sei comuni. Il prefetto di Ibaraki ha gettato tutto il suo peso sulla bilancia e si raccorHa ancora delle scabrose operazioni immobiliari che fiori- , rono. Non troppo lontani nè troppo vicini alla· capitai~ i luoghi non avevano ancora nome, nè rilievo: una piana di pini neri. La montagna vicina, grosso cammello sdraiato, ha imposto la sua sigla: da allora in poi si parlerà di Tsu- · kuba. C'è chi pretende di decifrarvi un signifi– cato grandioso, "il posto degli eroi", ma la maggior parte delle persone interrogate non ne sanno niente. Sono piuttosto colpite di non avere mai visto il nome scritto nei buoni vecchi .a FINE SECOLO e SABATO 23 MARZO 21 A sinistra, i~solista d'organo di Tsukuba. A destra, la-solista di clavicembalo (1780). La Suonatrice di clavicembalo, col Disegnatore e lo Scrivano, forma il trio di_automi forse più celebre della storia. Li hanno fabbricati due svizzeri, padre e figlio Jaquet-Droz- sulla cui · genialità non mancò di rovesciarsi l'accusa di stregoneria. La Suonatrice di clavicembalo non "mimava" il movimento corrispondente alla musica di un rullo, ma produceva davvero il suono battendo sulla tastiera con le dita, mentre gli occhi ne seguivano l'andamento, e il petto si alzava e si abbassava nef respiro. I tre automi, che suscitarono , ammirazioni sfrenate in folle di spettatori, svolgevano esattamente i compiti che svolgono i primattori di Tsukuba. Qui, oltre al grande concerto per organista, coro e orchestra, c'é il Ritrattista -più versatile ma meno elegante di quello dei Jaquet-Droz, che eseguiva ritratti solo di grandissimi personaggi- e lo Scrivano -ma àlsuo antenato aveva una personalissima grafia manuale. Il Settecento ITi secolo d'oro d~gli automi. La filosofia e la scienza sono persuase di poter smontare il meccanismo del corpo umano vivente, e artisti meccanici lo rimontano nei loro stupefacenti congegni. Dagli aut~mi più elaborati ai deliziosi uccellini mobili e cinguettanti, alle ballerine da carillon, gli automi invadono ed entusiasmano la buona società. Nella fine secolo XVIII gli automi sono di casa. Condillac si era figurato una "statua psicologica", nel cui marmo fossero infusi i sensi del tatto, del gusto, dell'odorato. Fra tutti gli automi, comunque, l'Anatra qui riprodotta é il più famoso. Costruita nel 1738 dal grandissimo Jacques Vaucanson, l'anatra artificiale "in rame dorato, beve, mangia, si spiuma, starnazza nell'acqua, e compie la sua digestione come un'anatf'.a viva". Attraverso il rame traforato gli spettatori potevano assistere al processo chimico della digestione- evidentemente percepita come il clou del processo vitale. Ammirata da Voltaire, esaltata da un pubblico enorme a Parigi, l'anatra, già esausta e malconcia, fu vista quasi mezzo secolo più tardi da Goethe. Nel secolo XIX l'anatra fece definitivamenteperderele sue tracce. In genere, fra le prerogativepiù ammiratedei pupie delle bambole meccaniche(ma anchedei bambolottidei nostri giorni) era la capacità di fare la pipì. Tecnicamentestimolati da,I frequenteimpiego cii congegni idraulici,gli automiche sbattono gli occhi, gonfiano il torace, dicono mammae papà- soprattuttofanno la pipì, inondando i vestiti degli astanti che gridanodi scandalo e di piacere. Più che la parola, o l'espressioneintelligente, la pipì sembraessere il contrassegnopiù suggestivo della vitalità, e perfinodell'umanjtà.Cartesio non avevaforse descritto l'uomocome una specie di mulinoidraulico? · caratteri kanji: Tsukuba è decisamente moder– no. garantiscono le statistiche, di imbattersi in una persona direttamente legata alle attività scien– tifiche, ricercatore, insegPante o studente. L'alba grigia vista dall'hotel Da'ichi, non asso– miglia affatto ad una cartolina postale. Nè ci– liegi 'in fiore, nè templi shintoisti. Dovunque, il cemento degli immobili in costruzione. Un po' più a ovest, oltre i vasti parcheggi e i boschetti di pini scampati, si è agitato 'Jn cantiere febbri– le di 5.000 operai: i'EXPO. Impossibile sfuggi– re alla sua pubblicità, essa si incolla sui porta– bagli dell'aereoporto internazionale di 1'Tarita, autoaderisce alle porte del metro di Tokyo, s: posterizza un po' dovunque. Nel 1970 una legge ufficializza la realizzazione dell'immenso complesso scientifico e universi– tari6. Nei due anni precedenti, violente mani– fes.tazioni hanno scosso Tokyo. Gli studenti si oppongono in particolare al trasferimento del– l'università dell'Educazione, qualcosa come la Scuola normale superiore, con un decentra– mento che coincide con una riorganizzazione ultra conservatrice. Dieci anni più tardi, tutto è compiuto. Lo yen è scorso a fiumi, almeno l .300 miliardi, più di l 0.000 miliardi di lire. Quarantasei organismi di ricerca sono impian– tati, oltre all'università. Si trova di tutto, in questo grande magazzino della scienza: fisica delle particelle e fisiologia vegetale, robotica e sismologia, sperimentazione sul baco da seta e .costruzione di laser... Sonoi-insediati trenta Istituti nazionali, che rac– colgono circa la metà dei ricercatori, e il 45% · dei ·fondi di cui dispongono i novanta istituti dello stato. Le tre grandi centrali dell'ordine scientifico e tecnico giapponese sono lì accan– to: ·agenzia della scienza e della tecnologia, di– rettamente legata al Primo Ministro, il Mon– busho (Ministero dell'educazione, della scienza e della cultura) che spende la metà del bilancio della ricerca pubblica in Giappone ed infine il celebre MITI (Ministero del commercio estero e dell'industria). ,.__ La città conta oggi 136.000 abitanti. E facen– doci due passi, si ha una possibilità su quattro. La pubblicità rende Tsukuba popolare, ma è la città, fatta per durare, che resterà custode del nome. L'EXPO, che durerà sei mesi, ha il do– vere di essere un successo e di lasciare un buon ricordo. "Ci si aspetta da lei che dia un nuovo impulso alla città che non ha ancora raggiunto la sua maturità", ricorda Masao Matsui, at– tuale direttore del centro degli Istituti. Sulla carta, nessun dubbio: la città è grandiosa, ac– cumulazione di vasti edifici su una lingua di terra di 18 chilometri di lunghezza. Ma per ar– rivarci si è faticato non poco. L'infaticabile Kawamoto si ricorda "del tempo in cui la maggior parte dei responsabili degli Istituti erano ostili alla città, perchè non ave– vano nessuna voglia di' spostarsi fin qui". Li si capisce, qui c'è veramente aria di estrema pen– feria. "Ma la loro· ostilità era· perfettamente inutile perchè tutto era stato deciso nel Comi-

RkJQdWJsaXNoZXIy