Fine secolo - 23 marzo 1985
L'interprete degli interpreti Con la spedizione su Kalgan (una cittadina situata sulla carovaniera della Mongolia) si concluse il periodo delle rappresaglie e delle grandi manovre. Dopo la presa di Pe– chino, non esisteva quasi più un nemico in armi, ciò no:– nostante imponenti forze erano state mobilitate per l'oc– cupazione del Chili (l'attuale Hopei, teatro della guerra), utile soprattutto a pesare sulle trattative diplomatiche. L'avanzata degli eserciti fu contrastata solo sporadica– mente; il resto ·della campagna militare si risolse pertanto in rapidi attacchi ad alcuni punti fortificati della costa, in spedizioni punitive e in varie imprese che, per dirla con l'ironjco p. Geroni, mai "fruttarono un po' di quella glo– ria che ci eravamo. attribuita in sogno". Fruttarono, inve– ce, molti disagi, compresi, a volte, "le uo-va coi g,hiaccioli dentro, i polli duri e gelidi, le frutta immangiabili e perfi– no il vino gelato nelle borracce!", come scrisse un guar– diamarina, dopo essere rientrato a Pechino da un "lonta– no villaggi6 dell'est". Intanto fra gli uomini si diffond~vano l'insofferenza e la consapevolezza che non vi era "alcuna brillante prospettiva che compensasse dei disagi subiti": disagi dovuti agli spostamenti continui, agli acquartieramenti di fortuna, alle marce improvvise e, il più delle volte, inutili. Era quanto avveniva nelle nume– rose piccole spedizioni di· cui fra i tanti esempi, il più di– vertente lo dobbiamo a Barzini, il quale ci introduce an– che nel mondo defilato degli interpreti ufficiali. Secondo Barzini, gli orientalisti venuti in Cina al seguito delle truppe se la cavavano poco e male con la lingua ci– nese e, a loro volta, avevano bisogno di un interprete. Egli conobbe uno di questi "interpreti degli interpreti" (come li' chiamava), che fu l'unico capace di ·spiegargli non solo le parole, ma anche il significato di alcune con– suetudini dei Cinesi. Gli altri, convinti di essere perfetti conoscitori della lingua, "si trovavano, tuttavia, vera– mente imbarazzati in tre casi, tre soli easi, e cioè: quando dovevano parlare il cinese, quando dovevano ascoltarlo, e quando dovevano leggerlo". E, proprio nelle marce im– provvise, quando l' "interprete dell'interprete" non era a portata di mano, potevano succederne delle belle. Fu il caso di una spedizione partita all'alba da Pao-_ting-fu e diretta a liberare una pattuglia .assediata dalle truppe ci– nesi, non si sapeva bene dove. Era normale: "Invece del nemico - spiega Barzini - circolavano delle voci: Si dice– va, mettiamo, che un distaccamento europeo era circon– dato da forze soverchianti, che si difendeva eroicamente fra le colline della Grande Muraglia, e a tale notizia par– tiva una spedizione di soccorso, con cannoni, piena di munizioni e di ardimento". Anche quella mattina la dina– mica fu la stessa. I soldati uscirono dalla città e marcia– rono verso la campagna, ma nel corso dell'azione fu avvi– stato un fuoco. Si pensò a un caso di spionaggio: i Cinesi facevano segnali. Fu distaccato un plotone e due contadi– ni che nei pressi attingevano acqua, furono presi, legati e condotti davanti allo Stato Maggiore. Fu chiamato l'in– terprete, "un vecchio letterato bolognese, caduto in biso– gno, che aveva fama di orientalista e che, per l'ami.cizia di Ferdinando Martini, aveva ottenuto quel posto". Alla ri– chiesta di interrogare i prigionieri rispose con aria solen– ne: "É inutile!". "Perchè?". "Perchè: o non sanno niente, e allora non dicono niente; o sanno qualche cosa, e non dicono niente lo stesso. Conosco i Cinesi, io! Oh, se li co– nosco! Bugiardi, simulatori". Era un modo per cavarsi d'impiccio, ma alla fine, quando l'interprete bolognese non potè più sottrarsi al suo compito, emise suoni indefi– niti e i prigionieri, di rimando, pronunziarono qualche monosjllabo lamentoso. L'orientalista ascoltò e, tornato alla lingua madre, concluse con tono sicuro: "Che dicevo io? Pretendono di non sapere niente. Fingono di non ca– pire! Simulano un'ignoranza completa! Lo sapevo!". Il calcio liberatore Ma la controprova si ebbe con la fine della storia, che svelò da che parte stessero i simulatori; Quando non si seppe più cosa fare dei prigionieri - che nel frattempo, fra le baionette, avevano seguìto la colonna - l'interprete f I . • f. ..... «J+»iL a· i l:a:7._• . \.f ....... .....)~ -~- .. . -~~,-,...._ ....,.,,. ebbe l'incarico di spiegare loro che potevano andare. Egli parlò, ma i disgraziati continuarono a non capire il senso delle sue parole: a questo punto, Ja loro simulazione ri– sultava "mostruosamente irragionevole".· Continuarono a rimanere immobili, inebetiti, ascoltando. Si allontana– rono di corsa solo dopo che alcuni soldati fecero fare loro un brusco dietrofront e diedero consistenza alle pa– role con un calcio, che fu il primo vero annuncio di li– bertà. Il nemico, comunque, non fu rintracciato e, la stessa sera, la spedizi~me rientrò a Pao-ting-fu. Morte del colonnello York I soli veri nemici dei soldati erano rimasti, dunque, pro– prio le spedizioni e, di conseguenza, le marce~ come ri– sultò alla fine chiaro, dopo l'esperienza di Kalgan. A metà novembre era giu_ntanotizia di un ~oncentramento di truppe cinesi nei dintorni della città: il comando inter– nazionale decise la spedizione soprattutto a seguito delle pressioni tedesche e dello stesso colonnelli> York, che co– mandò la colonna d'operazione e che, sia detto per inci– so, mori durante una sosta, nottetempo, per le esalazioni di un braciere di carbone. 575 uomini di truppa e 24 uffi– ciali italiani (insieme a un forte reparto tedesco e a pochi marinai austriaci) partirono da Pechino per farvi ritorno dopo tre settimane e una marcia eccezionalmente lunga e faticosa: un percorso complessivo di circa 490 km., su , strade quasi sempre disastrate, talvolta pessime, con un clima rigidissimo che divenne intollerabile nelle zone montuose. ·La regione attraversata -era in primo tratto piana ma sabbiosa e, per di più, battuta da un forte vento di nord che, sollevando nembi di polvere, torméntò i sol– dati quasi continuamente: le nostre truppe erano le uni– che sprovviste di occhiali colorati. Le tappe furono forza– te e la sola distanza Pechino-Kalgan di circa 180 km., yenne superata con sette marce, di cui sei di media gior– naliera tra i 22 e i 26 km., e una di oltre 40. Nè meno fati– coso fu il rientro da Kalgan, che accolse senza resistere le richieste del nemico. La spedizione rientrò a Pechino il 4 dicembre quando una mor·s.a d i gelo a veva o~m~i stretto il Chili, l'esperienza di Kalgan ave.va evidenziato finuti– lità di altre spedizioni e le Potenze stavano per raggiunge– re finalmente un primo accordo circa le condizioni preli– minari di pace. Tutti motivi che permisero ai soldati di occupare definitivamente i loro quartieri d'inverno e ini– ziare una normale vita di guarnigione: la campagna di Cina si poteva considerar~ virtualmente conclusa. Fine d'anno a Pechino A dicembre la Pechino europea mostrava già alcuni segni di normalizzazione. Una festa grandiosa ~naug~rò la nuova sede del circolo internazionale per gli ufficiali ("cercle international" era la scritta, a lettere d'oro, posta FINE SECOLO e SABATO 23 MARZO , " sull'ingresso), la più occidentale delle importazioni all'in- terno della Città tartara. Il Natale venne solennemente festeggiato con una temperatura di 17° sotto zero che le– gittimo, sembra, il battere di mani e di piedi, un po' trop– po esuberante, dei bersaglieri, dei fanti e dei marinai col– locati intorno all'altare: un piccolo altare da campo, dono di un'aristocratica famiglia torinese, che era stato addossato a una pagoda cadente. Dopo la messa e il di– scorso, vi fu la distribuzione della posta e dei doni arriva– ti dall'Italia: i soldati apprezzarono gli indumenti di lana, i dolciumi, i vini e i liquori ma, soprattutto, i sigari tosca– ni che resero quel giorno, effettivamente, il "più solenne e benedetto dell'anno". Verso la .fine di dicembre venne or– ganizzata persino una partita di caccia, a cui partecipò un buon numero di ufficiali. Ma dei cento cavalieri, molti (come era avvenuto, ironia della sorte, in ben altre spedi– zioni) si smarrirono ed errarono tutto il giorno per la campagna prima di far ritorno, all'ora convenuta, sul gran piazzale del Tempio del Cielo .. Il 31 dicembre, per finire l'anno in allegria, fu org1nizza– ta una rappresentazione teatrale in una grande pagoda. "Sopra un palcoscenico improvvisato, alcuni ufficiali in– glesi cant3:rono un'operetta composta da loro stessi su vecchi temi musicali, mettendo in ridicolo la Cina, i Cine– si e in special modo la Corte e Uoro sovrani, la guerra che si stava facendo e quelli che la facevano, la politica, il militarismo, la inorale. Fu una serata allegrissima - scrive il guardiamarina R. Borghese - che si ripetè a Tien-tsin". Il 1900 era finito. Il graduale ritiro delle truppe venne de– ciso dal Comando alleato nel giugno successivo, e il 31 luglio il primo scaglione italiano partiva dalla Railway Station of the Tempie of Heaven, l'inviolabile Tempio del Cielo trasformato nelle nuova stazione ferroviaria di Pe– chino. 1901 Tutti a casa ( tranne ~.morti) Il 190 l fu, in qualche modo, l'anno della "vittoria": Vit– torio Emanuele III partì da Racconigi p~r porgere perso– nalmente il suo "saluto di soldato e quello della Patri~" ai reduci che sbarcarono a Napoli il 12 settembre. Solo cinque giorni prima era stato firmato il trattato di pace: l'Italia aveva ottenuto una riparazione in denaro (di circa cento milioni di lire) e una Concessione a Tien-tsin. Era la più piécola delle Concessioni straniere lì ·presenti, di circa 1/2-kmq. di superficie, disseminata di tombe da ri– muovere e fittamente popolata di indigeni. Per risiste– marla ci sarebbero voluti tempo e denaro: la Concessio– ne, comunque, non conobbe mai quello sviluppo commerciale che molti avevano ipotizzato e rimase un modesto centro di piccoli traffici, fino a quando nel 1945 cessò di esistere anche giuridicamente. In ogni caso, la vittoria c'era stata e venne enfatizzata an– che attraverso le ricompense al valore, distribuite genero– samente da Vittorio Emanuele; tanto generosamente che lo stesso ministro Salvago Raggi (che pure aveva parteci– pato all'assedio) si sorprese nel vedersi riconosciute una - promozione e l'eccezionale "commenda dei SS. Maurizio e Lazzaro". Le medaglie alla memoria furono, invece, poche; i morti in combattimento erano shti in tutto 19, nè le decorazioni potevano essere attribuite ai 39 marinai e ai circa 30 soldati morti, durante il rf!sto della campa– gna, per malattia o per "disgraziato accidente", categoria nella quale rientrarono anche quattro casi di suicidio. Ma forse questi fatti, da soli meriterebbero un'altra sto– na. UJ:Za versionepiù ampia del saggiodi Maria ClaraDonato sulla partecipazioneitaliana alla repressionedella rivolta dei Boxers apparirànel numero 2 della « Rivista di Storia Contemporanea»,di prossimapubblicazione.Il numero 1, attualmente in vendita, della stessa rivista, è dedicato in buonaparte a temi di storia delle donne,con aJticolidi M. Salvati, A. Rossi Doria, M. Bigaran, C. Antonini - M. Bu– scarini,L. Lanzardo. Lo stesso numero contieneanche un articolodi G. Crainz su «Il fascismo al colosseo». _ Per questo, come per ogni articoloin "Fineseéolo ", titoli, sottotitoli e pre~·entazione sono esclusivamenteredazionali.
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