Fine secolo - 23 marzo 1985
FINE SECOLO e SABATO 23 MARZO 24 fii~ìtflJ!!ltl\llt~i~r&~wlili~litr~\t~}l&r,l~ltfr~~lti;i,1ìi~Jl~ittll[!llli~lfiil~~-,,~ti~Jil~iiìi~~,1l:iili11ilt:fliW!fìiitt&ì Qui accanto, Ettore e Andromaca secondo De Chirico. Sotto, la suonatrice di timpano. Fabbricata nella seconda metà del sec. XVIII anch'essa da un orologiaio, Kintzning, e da un ebanista, Roentgen, suonava musiche di Gluck, il musicista prediletto da Maria Antonietta. Qui la suonatrice é nuda; la·regina la faceva rivestire di suoi abiti e parrucche. Accantonata dalla rivoluzione, la suonatrice fu ripescata e restaurata , in pieno '800, quando la meccanica tornò a spodestare la politica. Qui sotto, Mr. e Mrs. Woodman, di Man Ray. A destra, la stupenda bambolina in avorio trovata nel I889 nel centro di Roma, nella tomba di Crepereia Tryphaena, una fanciulla dell'epoca di Marco Aurelio. Le bambole di oggi stanno pretestuosamente e brevemente nelle mani dei bambini, per tornare rapidamente, dopo una più o meno avventurosa peripezia marina, alle spiagge colme di detriti cui sono destinate, e di cui formano l'ornamento più caratteristico. Al centro della pagina,una "bella e la bestia" londinese, J 933. A destra, in alto, l'ingegner Reffel con la creatura meccanica radiocomandata, "Eric", da lui costruita, e ideata da W.H.Richards, 1928.– ,, Aspirazione sublime del costruttore d'automi é sfuggire alla propria morte: per questo costruisce un figlio (secondo metodi e principii che si é dato da sé); e lo costruisce perché sia eterno. L'automa é più forte delle malattie e della morte: sfugge ai sentimenti, alle passioni e al dolore: é una creatura - artificiale, ma a pensarci altro non é se non vita allo stato flnro"(G.P.Ceserani, "I falsi Adami"). sotto . la celebre Barbarella,di Jean-Claude Forest: il suo partnerrobot riconosce modestamentedi "avereancoraun che di meccaniconei movimenti". consiste nel rintracciare il Budda dentro ogni macchina. Non c'è separazione tra 11oi e le macchine che costruiamo come estensione di noi stessi: l'uomo e la macchina formano un·entità unica e interdipendente, la vita non si puòridurre solo a materia organica. Se ci si di– mentica della presenza del Budda n"lle auto– mobili che abbiamo creato, questo errore cau– serà incidenti o inquinamento». Kenji Ekuan, anche lui fervente designer e buddista, sostiene che «gli utensili c.0n un'ani– ma disciplinano gli uomini, mentre gli uomini con un'anima sottomettono gli ute11.:.ili, e que– sto avviene perchè tra tutti due c'è bisogno di rispetto e di cortesia». Ancora: dall'incontro dello spirito dell'uomo con quello dell'utensile viene, secondo la tradi– zione giapponese, I' «illuminazione», che rom– pe i muri artificiali innalzati dalla coscienza uma na tra i diversi stati dell'esistenza. A.ll' entratà del «teatro dei robot», padiglione Fuyo (Canon, Nissan, Nippon Kokkan, Fuji Bank, birra Sapporo ...) i bambini sono accolti da Marco e Mirai (Man Robot, Corr. _nicazio– ne e Miracolo di Interfaccia), due «robot genti– li» dai contorni sinuosi e dai colori- brillanti, disegnati da un designer di orgine italiana, Luigi Colani. Dotati di un sistema di ricono– scimento vocale. e di voci sintetiche, «comuni– cano» con i ragazzini e obbediscono ag!: ordini dei visitatori. «Sono~dei robot felici che posso– no giocare con voi come i vostri amichetti» dice la pubblicità del padiglione che presenta uno spettacolo di una trentina di androidi. Al– cuni calciatori, altri che si alimentano da soli quando le loro batterie sono scariche. Il mes– saggio è sempre lo stesso, quello che pervade Tsukuba: i robot sono dei simpaticoni. , Secondo gli specialisti nel 2000 ci saranno più di un milione di robot, in Giappone. Il paese, già ora, è quello che ne possiede di più, e che ne fabbrica di più. «È importante convincere l'opinione pubblica che i robot sono degli aiu– tanti dell'uomo, non sono suoi avversari», scri– veva nel 1981 Kuni Sadamoto, in un saggio sull'economia giapponese. Nello stesso tempo, i robot escono dall'infanzia ed entrano nell'a– dolescenza:; Tsukuba è per loro come il ballo delle debuttanti. · Il professor Mori, responsabile dei robot di Fuyo, è inesauribile, quando gli si chiede dei suoi ragazzi. «Tutti i miei robot hanno una propria personalità, alcuni dirigono, altri se– guono; hanno l'istinto della fame - sanno an– dare a ricaricare le batterie da soli, quando la corrente cala. Si può riconoscere la loro origi– ne, per esempio un robot dell'università di Wa– seda non è certo uguale ai miei. Un robot giap– ponese è meglio rifinito, più raffinato di quelli americani,etc ..» Potrebbe aggiungere, il profes– sore, che la popolazione robotica è divisa in classi: c'è un mondo degli operai da catena di montaggio' separàto ~ai genii. musicali come Wabot che, a domanda dei visitatori, ricono– sce uno spartito di Bach da uno dei Beatles ... «Prossimamente, sàranno sempre più diversi gli uni dagli altri. La cultura di ogni paese si esprimerà attraverso i suoi robot». E anche Kenji Ekuan pensa che «presto o tardi la speci– ficità della cultura giapponese trasfomerà la concezione dei robots». Una evoluzione che potrebbe essere acèelerata dalla apparizione, di fianco ai robot funzionali dell'industria, dei robot «di piacere», sempre più numerosi, dei quali quelli di Tsukuba non sono che i prototi– pi. Sono robot guida, interpreti, robot musici– sti o compagni di gioco, robot casalinghi, ne– cessariamente sempre più umanizzati. Con i progressi della tecnologia; dice Mori tari, l'inte– razione tra macchine e cultura diventerà sem– pre più importante e i giapponesi, per la loro tradizione nei confronti degli utensili e le mac– chine, saranno in posizione superiore rispetto agli altri popoli, e si potranno meglio adattare alla nuova era. È un'evoluzione inevitabile che impone, secon– do il professor Mori, una nuova riflessione sui rapporti tra uomini e macchine, tra spiritualità e tecnologia. «L'atteggiamneto mentale della persona che deve trattare con un· robot deterr mina la relazione tra i due: conflittuale o ar– moniosa»., spiega il professore, fresco di un film finanziato dalla Honda per chia_rire l'ap– proccio ideale ai colletti di acciaio nell'azienda. Ora il professore ha smesso di interessarsi di robot per dedicarsi interamente alla ricerca'.dei mezzi per arrivare all'armonia completa tra uomo e macchina. «Una volta, quando le mac– chine non esistevano ancora, noi abbiamo trat- to una profonda esperienza estetica e filosofica dalla cerimonia del tè. Io vorrei arrivare, oggi, a stabilire l'equivalente della cerimonia del tè per i robot e i calcolatori ...» · Nella sala di Tsukuba destinata ai «kakrakuri ningyo» (gli automi delicati) gheise meccaniche vestite dai seta e broccati, (come si costruisco– no a partire dal 18esimo secolo in Giappone),• servono il tè agli invitati che si dirigono verso di loro con una tazza in mano. Si fermano, si inclinano con grazia e rispetto dopo che l'ospi– te ha preso la tazza proposta, aspettano che la tazza sia riconsegnata, vuota, e ripartono ver– so il loro padrone. Qualche metro più in là, al padiglione Midori Kan, una dozzina di «com– panions», hostess, vi danno il benvanuto all'in– finito, perfettamente sincronizzate con sorriso forzato ma allo zucchero e una vocina graziosa che vi affibia un piccolo cerimonioso. Ogni due minuti, si piegano in due, poi riprendono meccanicamente la stessa solfa. Sono r_obot o esseri umani? La distinzione diventa diffreile. Quanto al vecchio prete della cerimonia delle. automobili, lui la sera torna a casa, dentro il tempio di Tsukuba. In un piccolo appartamen– to ricoperto di calligrafie buddiste e di fotogra– fie di campioni di lotta giapponese, il vecchio dialoga con il suo persona! computer sotto l'immagine di Budda. Tiene i conti della chie– sa, ma nello stesso tempo prepara i depliants per i turisti. «Lavora bene», dice aprendo una bocca sdentata e con una pacca sul suo vecchio complice. Anche Budda è lì; dietro lo schermo.
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