Fine secolo - 9 marzo 1985
Di fatto, l'incremento della produzione di bovini nel Cen– tro America si accompagna in genere alla riduzione del con– sumo di carne bovina da parte della popolazione locale, dal momento che il commèrcio esterno tende ad elevare i prez- zi. · · Nel Costarica, la produzione di bovini è raddoppiata tra il 1959 e il 1972, mentre il consumo pro capite di carne bovina è ca– duto da 30 libbre a meno di 19. In Hon– duras, la produzione bovina è cresciuta circa del 300 per cento tra il 1965 e il 1975, mentre il consumo nazionale pro ca– pite si è abbassato da 12 libbre a 10. Il maggior importatore di bovini dall'A– merica Centrale sono gli Stati Uniti. Il Ministero dell'Agricoltura degli Stati Uni– ti assicura una rapida circolazione della carne. Ciascun paese esportatore ha il proprio sistema di ispezione della carne chè, una volta certificata ·dal Ministero Usa dell'Agricoltura, può autorizzare la carne alla spedizione al nord. Le norme degli Stati Uniti riguardano so– prattutto le scorie chimiche, e la sicurezza che la carne provenga davvero dai bovini. Si è scoperto qualche volta che le spedi– zioni di bovini negli USA contenevano carne di canguro. La carne é congelata e spedita in aereo a Miami. E' una categoria relativamente povera di carne -ironicamente, dato che é saporita e probabilmente superiore, nutri– tivamente, alle più grasse bistecche USA– e finisce in parte nelle catene di fast-food. Nessuno sa quanta, perché il ministero non tiene registrazioni dopo l'arrivo nel paese, e le compagnie di fast-food _sono piuttosto seccate delle accuse di contribui– re alla spoliazione del Centro America. Dopo che dimostranti hanno picchettato i ristoranti Burger King negli· scorsi mesi, molte catene hanno fatto sapere di non impiegare carne del Centro America. Ambientalisti ed ecologisti vedono il pa– scolo di bovini come l'uso probabilmente peggioredella terra: ne derivano non solo erosione e deforestazio~e, ma l'estinzione di specie il cui ·habitat é distrutto nel di– sboscamento. Inoltre molti economisti spiegano che esso produce ben poco cibo per il consumo locale, e quel poco in modo inefficiente, poiché le proteine pos– sono essere prodotte molto meno costosa– mente e più rapidamente coltivando ce– reali. Alcuni proprietari di terra scelgono deliberatamente di allevare bestiame inve– ceche raccolti, perfino in perdita, solo per ragioni di maggior prestigio. "Si guada– gna più status da tre vacche magre che da un paio di ricchi campi di grano", osserva Garrison Wilkes, un biologo dell'univer– sità del Massachussetts. Per qualcuno, l'allevamentoé più un hobby che un affa– re. Joe Tosi, che lavora al Centro di Ri– cercain scienze tropicali a San J ose spie– ga:"Non c'é un solo avvocato di successo a San Jose che non abbia un ranch. Ogni ex-presidentedel Costarica ha un ranch, ogni banchiere ce l'ha, ogni medico ce l'ha". La compagnia di stato per l'allevamento in Nicaragua é gestita da Ricardo Coro– ne},membro di una famiglia di allevatori cheha combattuto con i sandini_sti. Egli sostieneche l'allevamento di bovini sta nel "cuore della società" e definisce una "proporzione sana" i 2,3 milioni di capi per una popolazione umana di circa 3 mi– lioni. LA GUERRA. E L'AMBIENTE La guerra contribuisce alla distruzione dell'ambiente in una misura che pochi ca– piscono. Parte del danno é diretto e ovvio: il conflitto armato ha tolto la vita a mi– gliaia di persone e né ha mandate altre mi– gliaia nei campi profughi e in esilio. Ha anche pregiudicato la capacità della terra di produrre le cose di cui la gente che ri– mane ha disperatamente bisogno: ha stroncato alberi, distrutto raccolti, fatto a pezzi il suolo e inquinato i corsi d'acqua. Da questo punto di vista, ciò che sta acca– dendo in Centro America somiglia alla guerra del Vietnam. In Vietn~m, defolian– ti e napalm e bombardamenti massicci hanno prodotto danni in una misura an– cora non conosciuta appieno. Tuttavia c'é un'altra conseguenza della guerra in Ame– rica Centrale, più indiretta, più psicologi– ca, ma in fin dei conti non meno distrutti– va. L'America Centrale é piena di gente "che vive per l'oggi", povera gente che lotta per sopravvivere, gente ricca che cerca di arraffare quanto può finché può, e anche governi che cercano di far quadrare i con– ti di quest'anno lasciando che quelli del prossimo vadano alla deriva. La mentalità del tempo di guerra. La guerra e i suoi simboli sono dappertut– to. Nelle capitali del Guatemala e di El Salvador c'é un soldato armato a ogni an– golo di strada, e davanti a ogni edificio pubblico una pila di sacchetti di sabbia con un soldato dietro il mirino di una mi– tragliatrice, e blindati che circolano senza sosta nelle strade. Nelle montagne del Guatemala e nel rurale Salvador, gli uo– mini armati sono guerriglieri. In Hondu– ras una buona parte sonQ soldati USA. In Nicaragua sono giovani uomini e donne dell'esercito sandinista. Nello stesso Co– starica, un paese senza esercito e con una fiera, e perfino virilista, devozione alla pace e alla neutralità, c'é preoccupazione per le· notizie dal vicino Nicaragua, e per l'opposizione al coinvolgimento in quella che vien vista come la guerra della Cia contro i sandinisti. L'unico tema che può concorrere con la guerra é l'economia. I giornali sono pieni di resoconti sul debito nazionale e i saggi di interesse. Anche questo contribuisce a una mentalità del "vivere alla g~ornata". Il bisogno di introiti esteri é c~sì disperato che l'idea di pianificare per le generazioni future guadagna al massimo un omaggio retorico di tanto in tanto. Anzi, nel Centro America di oggi, la pace é ecologicamente distruttiva quanto la guerra. La gente comune che cerca cibo è legname devasta la terra come un esercito. Una volta la gente poteva trovarsi un pezzo di foresta da disboscare, e poi lasciarla di nuovo alla foresta. Ora molte regioni sono così affollate che non si può più aspettarsi che gli alberi ricrescano. I Noi dobbiamo pensare a una politica este- ra ecologica, non per preservare la vita selvatica, ma per ripristinare la elementare produttività della terra. Se vogliamo dav– vero giustizia e prosperità per l'America Centrale, la nostra strategia deve immagi– nare qualcosa come un Piano Marshall ecologico. Le tecniche sono disponibili, e ci sono programmi già pronti, anche se af– fatto sproporzionati alla dimensione-,del problema. Il ripristino ecologico costéreb– be del denaro, ma non molto. L'ingre– diente principale é l'informazione. Pur– troppo, né il nostro governo n~ quelli dell'America Centrale stanno consideran– do· un simile progetto di vasto raggio. UNA NUOVA TEORIA DEL DOMINO Sebbene la lotta contro il comunismo resti la direttrice della politica USA verso il Centro ·America, chi é cosciente dei pro– blemi ecologici di quella regione sta co– minciando a sospettare che gli Stati Uniti stiano seguendo la teoria del domino sba– gliata. Per la teoria classica del domino se un paese cadeva sotto una rivoluzione co– munista, quelli adiacenti l'avrebbero ine– vitabilmente seguito. Ma nel Centro Ame- FINE SECOLO * SABATO 9 MARZO 1985 rica c'é un altro· tipo di processo in atto: altrettanto minaccioso, e molto più facile da dimostrare. Si tratta del dilagante col– lasso ecologico. I seg_nisono più chiari nel Salvador, la na– zione più sovrappopolata e devastata eco– logicamente. Essa ha "esportato" i suoi effetti per decenni. Un recente rapporto sul Salvador dell'Agenzia USA per lo Svi– luppo parla di "problemi ambientali di enorme ampiezza, che comprendono la pressoché completa deforestazione, la massiccia erosione del suolo e perdita di fertilità, l'insabbiamento che minaccia la potenza idrica, l'estinzione su larga scala di flora e fauna, la riduzione delle acque sotterranee, il deterioramento della qua– lità dell'acqua, e la diffusissima polluzione atmosferica". La migliore terra agricola non é usata per produrre cibo di consumo domestico, ma per coltivare prodotti di esportazione come il caffé, lo zucchero e il cotone. El Salvador era un tempo per più del 90 per cento foresta. Oggi, le foreste coprono meno del due per cento del territ~rio, e ancora per poco. Uli effetti umani sono terribili. Il 74 per cento dei bambini sotto i 5 anni sono sot– tonutriti. Uno dei risultati, prevedibilmen– te, é che la gente se ne va. I contadini sal– vadoregni, per esempio, vanno nel vicino Honduras, che ha una densità di popola– zione relativamente bassa, e più foreste. Nel 1969 il governo dell'Honduras espulse i salvadoregni, e scoppiò la guerra. Dopo la "Guerra del Pallone", cosiddetta perché giornalisti stranieri la videro come l'esito di una rivolta nata da una partita di calcio- El Salvador dovette far posto a 130.000 rifugiati senza terra. Ma il movi– mento attraverso i confini continuò, e ci sono ancora squatters salvadoregni in Honduras. La gente che resta in Salvador deve trova– re nuove fonti di vita. Il legno da ardere é una risorsa essenziale alla vita nel Centro America. E' l'unico ·combustibile da .cuci– na per la gran maggioranza, e a mano che la popolazione cresce e la foresta scompa– re, esso dev'essere importato. El Salvador importa legna dall'Honduras. Il governo ~ll'Honduras si oppone a questo com– mercio, e quindi la maggior parte del le– gno entra nel Salvador illegalmente, pas– sando dal Guatemala. Insomma, quando i sistemi di alimentazione di un paese sono così seriamente danneggiati come quelli del Salvador, i contraccolpi sulle regioni vicine sono inevit~bili. Anche se per alcu– ni paesi del Centro America l'idea di di– ventare importatori di legname appare stravagante come quella di importare pe– trolio in Arabia Saudita, quella é la pro– spettiva. Possiamo aspettarci ribellioni politiche e pressioni maggiori per riforme agrarie, ma non possiamo''aspettarci che i mut~menti politici districhino le forze ecologiche ed economiche -coinvolte. I comportamenti del socialista Nicaragua coincidono in lar– ga parte con queJli del liberale Costarica e del conservatore Guatemala, compreso l'uso di buona parte della terra agricola per far crescere raccolti di esportazione con cui incamerare valuta straniera. Le pedine del domino sono tutte pron– te.
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy