Fine secolo - 2 marzo 1985

FINE SÉCOLO SABATO 2 MARZO 1985 2 Fig. 1 Nelta foto a sinistra, la «parete del Guidoriccio» come appariva fino al 1979. Sotto il «Guidoriccio», ai lati sono due affreschi cinquecenteschi del Sodoma. Al centro, sulla pare,e Fig. 2 intonacata, è appesa una tavola di Guido da Siena, con una l\1 adonna. . . Nella foto a destra, la parete come è oggi. Fra i due affreschi dd Sodoma, il nuovo affresco venuto aUa luce, che in alto va sotto lo strato aggettante del «Guidoriccio». di cui è dunque certamente più antico. Esso misura m.Z.23 di altezza e m.3,78 di larghezza. affresco: 1314, castelfo di Giuncarico. Nel gennaio 1982, "Prospettiva", la rivista di storia dell'arte dell'Università di Siena, di– retta da Giovanni Previtali, pubblica sulla questione ponderosi articoli di Seidel e Bellosi, che la ritengono per il momento esaurita. Tuttavia nel frattempo sono successe altre cose, ad agitare le acque. Intanto nel 1981 Moran ha trovato l'aiuto deciso di un'autorità come Federico Zeri, che in un vivacissimo articolo sulla "Stampa" pren– de le difese dell'outsider, scherza su "Ric– ciarello da Panforte", e irride alla chiusu– ra accademica. (Lo schieramento anticipa in un certo senso la complicata partita giocata intorno ai falsi Modigliani). Sulla scia dell'intervento di Zeri, anche la firma insigne (e a Siena, che gli ha dedicato il "Mangia d'Oro", riveritissima) di John Pope-Hennessy scende seccamènte in campo, sul Burlington Magazine, a favore di Moran. Sullo stesso versante é schiera– to Briganti, che ha appena ribadito le sue tesi su "Repubblica", e che é convinto che la mano di Simone stia nell'affresco nuo– vo. Ma é a Siena che la polemica si incattivi– sce. Più esattamente, viene buttata in poli– tica. Il Comune rosso, rossa la facoltà di Storia dell'arte, c'é chi ritiene che l'avver– sione a Moran sia 4n episodio di ortodos– sia comunista e di antiamericanisnio. Pre– vitali reagisce con sarcasmo: il PCI é il mio partito, dice, ma ne ho cavato più di– spiaceri che piaceri. Piuttosto, aggiunge, si guardi alla potenza dell'altra parte, che dispone di giornali come La Stampa, Re– pubblica, l'Europeo, e del nuovo organo del partito dei mercanti, il Giornale del– l'arte, con tanto di segretario politico. Gonzales Palacios, e presidente ad hono– rem. Zeri. Quali che siano i lupi, e quali gli agnelli, a Siena i "conservatori" ,inizialmente i più scandalizzati per gli arrembaggi di Mo– ran, ne diventano presto gli alleati, contro una sinistra che si tiene caro il vecchio Si– mone. (Non mancano pareri diversi, come quello del c.omunista Duccio Balestracci). Impropriamente accusata, forse, la sini– stra replica altrettanto impropriamente che Moran ha dalla sua Comunione e Li– berazione, ciò che non può migliorare né peggiorare le sue ragioni. Quanto a Zeri, i suoi avversari fanno notare che in fondo si é pronunciato solo con un articolo gior– nalistico, che poi non ha nemmeno ripub– blicato nella raccolta di Longanesi, "Mai di traverso". Forse ci ha ripensato. Ci ha ripensato, Zeri? "Neanche per sogno, e tornerò sul caso, anche se al convegno non mi sogno di andare. Chiunque sia l'autore del nuovo affresco, Simone o Duccio o chi si voglia (per me, é probabil– mente Simone), se si ammette che sia dei primi del '300, come si può credere che appartenga alla stessa generazione -appe– na quindici anni di differenza- dell'autore del pasticcio di sopra? Fra i due c'é un abisso, per qualità tecnica, per immagina– zione visiva: ba&taguardare le palizzate. Il vecchio affresco é per lo meno di l 00 anni più tardo, sarà stato dipinto intorno al 1420, da una mano simile a quella di un Martino di Bartolomeo; Moran é stato svillaneggiato, per provincialismo, per na– zionalismo, e per paura di tutto ciò che non é scontato. Figuriamoci se potrebbe– ro mai ammettere che le storie di san Francesco ad Assisi non sono di Giot– to!" IL FAZZOLETTO DI DESDEMONA Di lì in avanti, l'insofferenza per Moran rischia di condizionare la ricerca e le con– vinzioni scientifiche. Più impazientemen– te, come l'impulsivo Previtali, o più rasse– gnatamente, come il gentile Bellosi, sono in molti ad averne abbastanza della storia. Tutti con utÌ solido curriculum accademi– co, e con molte cose da fare, e magari an– che con qualche gelosia di corpo e attac– camento alla reputazione, non possono passare il resto della propria vita intorno al cappuccio e aglt speroni di Guidoriccio. Si capisce. Moran, quanto a lui, sembra proprio vo– lerlo fare. E' stato chiamato, con scadente fair play, pa:zy:o,monomaniaco, paranoi– co. Anch'io gli ho chiesto, confidenzial– mente, se non sia un po' paranoico. Mi ha detto di no. Del resto, mettetevi nei panni dell'Amico americano. Cresci nel culto dell'arte italiana; studi la pittura trecente– sca toscana, accompagni cento volte i tuoi ospiti nella Sala del Mappamondo, e spie– ghi loro che quel Cavaliere Ideale é il cul– mine di una fioritura artistica miracolosa -e d'improvviso ti trovi al centro di una vicenda che fa traballare il Cavaliere dal– l'ambio metafisico, e fa scoprire nuovi fio– ri di quella straordinaria stagione: ce µ'é abbastanza. E poi, senza una dose di ten– tazione paranoica, é difficile fare scoperte dove tutto é già conòsciuto. Moran si é comportato col Guidoriccio come il gelo– so Otello con la buona Desdemona. Può· darsi che alla fine si scopra che, con l'ac– qua sporca di ridipinture e anacronismi, Moran abbia proposto di buttare via an– che il vero Simone, o il vero Guidoriccio, o comunque un vero dipinto trecentesco; ma non c' é dubbio che i dettagli, come il fazzoletto di Desdemona, non avrebbero fatto le loro ambigue rivelazioni a chi non li avesse guardati con occhio sospettoso. Più probabile é che succeda a Moran, come per ogni forma di conoscenza so– spettosa, di riuscire bene a scorgere i punti deboli, e di stentare poi a suggerire ipotesi alternative, e a ricostruire un quadro d'in– sieme. Moran sembra più attrezzato, nella sua fluviale irruenza, .a raccogliere senza troppo ordine tutti gli elementi che metto– no in forse la versione tradizionale, anche quando é difficile metterli d'accordo fra loro. A volte questa diffidenza sembra esagera- ta, descrive documenti sottratti, microfoni staccati, righe censurate, .altitudini di ca– stelli falsificate... (Moran può ricordare quel simpatico tipo antropologico che era nei nostri anni '60 il trotzkysta entrista nell'imminenza del congresso del PCI, · sempre pieno di fogli, mozioni, appelli, querele, documenti, lettere, e sempre an– sioso di cogliere l'occasione e certo di es– serne impedito; con la gran differenza che oggi c'é la fotocopiatrice, e allora no). A volte si può temere che Moran e Mallory (un suo collaboratore che insegna storia dell'arte a Brooklin) finiscano per mettere su una ditta di Ghostbusters dei falsi d'ar– te. Tuttavia, é difficile che una piccola mania di persecuzione vada senza una ef– fettiva piccola persecuzione. Ho letto coi miei occhi un car~eggio fra Moran e una, certamente seria, rivista d'arte. Lettera di Moran che propone un lungo articolo suo e di Mallory. Risposta della direzione: l'articolo é troppo lungo. Moran brontola perché nella rivista ne compaiono di più · lunghi, ma lo taglia, e lo rispedisce. Ri– sposta: sulla rivista non si pubblicano ar– ticoli così polemici, adatti caso mai alla forma di una lettera al direttore. Moran riscrive il tutto nella forma di una lettera al direttore. Cortese e finale risposta: la nostra rivista non pubblica lettere al diret– tore. CHE COSA DIRANNO DI NOI AL– L'ESTERO? Giornali del calibro dell'Economist, Ne– wsweek, ecc., vanno presentando il mon– do dell'arte italiano come una corporazio– ne intollerante e censoria. "Fin dall'inizio -scrive Newsweek, ricordando la faccenda Modigliani- Moran é stato denunciato dall'establishment artistico italiano in ter– mini scorretti: é stato definito agente della CIA, monomaniaco, paranoico". Non é bello. Simili accuse non saranno certo at– tenuate dalla notizia che nel prossimo convegno su Simone gli organizzatori, e lo stesso sindaco di Siena -persona di cui é difficile immaginare un gusto per la cen– sura- hanno negato a Moran l'invito a te– nere una delle-molte relazioni in program– ma. La questione -gli si é detto- é sostanzialmente chiusa~ e nel convegno si discuteranno argomenti nuovi. Ma la que– stione non é affatto chiusa, tant'é vero che ora, più ragionevolmçnte, il programma ha inserito un pomeriggio con la relazione sulla "parete di Guidoriccio" di Piero Torriti (che argomenterà in sostanza la sua convinzione tecnica della datazione trecentesca del Guidoriccio ). Non solo la questione non é chiusa; non solo molti oc– chi profani seguiranno con curiosità vigile l'andamento del convegno; ma, soprattut– to, questa può diventare l'occasione per una sdrammatizzazione e un rimescola– mento delle carte, con gran beneficio di tutti. Se per esempio lo stesso Torriti arri– vasse al convegno coi risultati di nuo\. 1 saggi "a carota" in punti marginali degli altri affreschi, lungo le cornici, o sullesu– perfici a tinta unita, cosa che può esser fatta rapidissimamente e senza danni per le opere già note, questa sì potrebbe essere una novità. (Da tempo un esame ecografi– co ha rivelato che esistono intonaci al di sotto degli affreschi adiacenti, fino a 4 strati, e anche sotto la parte destra del "Guidoriccio"). Viceversa, é difficile che una posizione arroccata di studiosi e auto– rità pubbliche possa alla lunga sfuggirea un 'esito livornese. CHE COSA C'E' SOTTO E' vero che oggi si é più cauti di qualche anno fa sull'opportunità di staccare gli af– freschi. Ma é anche vero che in un paese in cui si scassa allegramente la pavimenta– zione di piazza della Signoria a Firenze, e si apre, a ragione o a torto, un cantiere ar– cheologico in via dei Fori Imperiali, non sono molte le ragioni per non andare a ve– dere -con una sufficiente certezza di non danneggiare nessuno, e tantomeno il vec– chio Guidoriccio- "che cosa c'é sotto" nella Sala del Mappamondo. Quanto alle spese, qualunque giapponese comprereb– be a peso d'oro i diritti televisivi...(11col– mo é che, essendo stati ricoperti per seco– li, gli affreschi come quello ritrovato sono gli unici immuni da restauri e manipola– zioni -anche se é possibile che siano stati martellati per far aderire l'intonaco suc– cessivo). UNA POLEMICA AD ALTO RI– SCHIO Irrigidita com'é, la polemica é ad alto ri– schio. Sorprese possono venire non solo dalle pareti. Siena é un paradiso di archivi e documenti. Nuove fonti possono saltar fuori, tanto più che l'interesse appassiona– to per la questione ha moltiplicato energie e competenze. Giuliano Catoni, archivista e storico illustre, mi ha segnalato per esempio il ricco e largamente inesplorato filone dei resoconti di viaggiatori stranieri a Siena, già nella seconda metà del '600, e più numerosi nel '700. In questa situazio– ne, occorre disporsi a modificare opinioni che sembrano incrollabili. D'altra parte, anche a non consideràre Moran, quanti sono i pareri, e quanto diversi? Il nuovo affresco é di Simone per Zeri e Briganti. E' certamente di Duccio per Seidel e Bel– losi. Non può essere di Duccio per Deu– cher e Stubblebine. E' di Memmo di Filip– puccio per Carli. E' più bello di Memmo di Filippuccio per Previtali: che con Carli l'ha studiato (Simone Martini sposò la fi– glia di Memmo, e forse provenne dalla sua bottega). E' di Pietro Lorenzetti per Brandi. Non può essere di Simone per Ca– stelnuovo, che non vede come, nonostante la sua grande bellezza, possa essere venu– to (come sarebbe se rappresentasse Gui– doriccio) dopo la Cappella di San Marti– no ad Assisi, o la Maestà. Un labiriuto appassionante. •

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