La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 40 - 8 ottobre 1961
Pag. 2 LA FIERA LE~~ERARTA Domenica 8 ottobre 1961 di Alberto Bevilacqua; « Do– po• di Renato Codicè; e «Poesie• di Lelia Cremante e infine la presenza in con– corso di 1m'overa in dialet– to, la racco!1.1 • Poesie i11 ,•of– ::.nrc • del romagnolo Aldo Spalticci. Il pr=mio per 1111 roma11:.o, anch cssç di u,1 milioue, è stazo invece assègnàto a Na– talia Gin:.burg per e la voce della sera• editare Ei11audi. davvero un ottimo ,.acco1110- lungo the speriamo riveli al pubblico w1a delle nostre pifl brave scrittrici. A parte la mlidità delle opere premiate, 1 concorreuti erano soltanto tmdici dì cui alctmi 11011 hanno potuto es– sere presi i,, c~msiderazio11e perché /u111110 p1·ese11tato rac– colte di 110\ 1 elle, m1 gen.!re \folto probabit111e11te questo premio r:ltc era alfa sua pri– ma edi:.io11:! non si rif]eteni. r.011 f}revisto dal baudo I premi al giornalismo souo sttllÌ divisi in ragio11edi ce11- tomila lire ciascuno a Guido Farolfi.del ..Giornale del Mat– tino•: a Piero Castro dì• Ore dodici-., a Marco Marchini per • Il Tempo• di Roma e Ugo Reale per• La Giusriz.ia •· Rassegna delleriviste u ESAME di Renan co– me Morico e poeta è fatto da Frcscaroli su Letterali/re Moderne. Qui so– no presi in considerazione anche il 1empcramcnto, le esperienze e l'istinto dello scrittore francese • In que– slo so11ofondo c'è tullo un uomo• scri\'e Frescaroli. • La razza bretone, il mo1-c, la landa con le sue cappelle e i suoi ricordi. il sangue e tutta la poesia delle races celtiques un'immaginazione ebbrn d'infinito e di asso– luto •· Renan diceva c.hc la poesia è nella poesia del– l'uomo che delle sue soffc– ren7e, dei suoi dubbi, delle incertezze del ,;;uo destino riesce a dare un nuo,·o or– dine di emozioni. Della sag– geua poetica di Renan è inoltre tipo11ato un breve colloquio fra alcuni uomini e alcune donne. Perché - di– cono le donne - correre sempre? Perché questa è la dura legge della vita, rispon– dono gli uomini, e noi \'O– gliamo sapere ciò che c'è al di I~ della collina. E' bello sapere molte cose, rispondo– no le donne, della luce e delle stelle. Ma vorremmo anche sapere chi ha impara– to ai fanciulli a succhiare il seno della loro madre. A noi solo questo interes– sa. E gli uomini: - Tutto dobbiamo i n vece sapere. L'uomo è fatto per essere sapiente. Non bisogna te– mere gli dei. E le donne: - Sl, signori felici saran– no quelli, ma pensiamo che ancora i bambini piangeran– no, i vecchi si curveranno e il sole si coprirà di nubi. Nel Rinascimento spagnolo il poema cavalleresco era più diffuso che mai e Que,·edo aderì anch'egli a questa for– ma letteraria con un'opera satirica, l'Orlando E11a111ora- do, do,·c i Paladini di Carlo Magno furono impegnati nel– le loro imprese eroicomiche. Caravaggi si sofferma con un ampio studio su questo poema cavalleresco dell'autore spagnolo. La natura cd il paesaggio in arte assumono due aspetti totalmente distinti. La pri– ma è inie.sa come generatri– ce di a7ioni e di idee, il se– condo come momento rive– latore dei sentimenti umani nei momenti di contempla- 1..ione. Questa è la tesi so– ::.tcnuta da Mollia che citan– do come indicazione estrema il famoso brano della radice nella Nausea di Sartre inten– de che la natura può essere concepita come problema esistenziale e metafisico. • 11 rapporto che corre tra na– tma e paesaggio può essere dettato dal rapporto tra at– h::giiiamento filosofico e sen- ------------------------------ :i~nc~~e~~tic~;n~~h•fa Mi1= Libri come arredamento tura può essere concepita come forza, il paesaggio è umano semp1-c, perché lirico o per ispirazione opposta, di– sumano soprattutto quando è tradotto come simbolo di una particolare vis i o o e del mondo•· (Conlinu~ pag. 1) guerra, incon::,olabilmente. C'era un'altra persona. in ca– sa, una sol:l: la domestica. Dunque, la sorvegliò - mi disse - con i I cauto sosJ)-.!t– to con cui in ufficio avreb– be :en11to d·oc.::hio il colle– ga che vole~.ie largli le sca1·– pe, insidiargli un còmpito o una funzione. Diamine, i li– bri di casa propria avrebbe dovuto leggi!rli lui. Tornò la costola azzurra e ne spar'I una rossa. Control– lo facile, onnn.i: la costola rientrata era quella di un Melville, La nave di vetro. Dovette leggersi il libro e, leggendo, si domandava che Kf:1~-Hf~t1~se lc~~~~e car~~~et~~ Ma capì lui qualcosa, tanto che corse dal libraio ad ac– quistare Moby :Jick. Ne ri– mandò la lettura perché, in– tanto, era tomaia a posto la costola ro:;su. Era la :\.le.– dea di Se=ieca; e finì come con le cìli~g1e. L'amico com– prò lutto Seneca, non senza turbamenti coloristici e crisi tonali, giacché doveva ricor– rere ad altre collezioni. Se lasciassi le cose a que– sto punto (potrebb'essere una perfida civetteria di scrittore), \ i porreste alme• no due problemi: come sia possibile che una domesti– ca quasi analfabeta leirn::i Melville, S::nec:i e il resto (poiché leggeva 1.utto, anche i libri che vennero poi); e quale collezione fosse code– sta, che presentava in .az– zurro Melville, e Seneca in rosso. Al primo quesito, non sa– prei come rispondere: non 10 breve, certamente. Dovret scomodare la psicologia e ia peaagogia, ;nentre oggi ho ,,oglia di <;cherza1-c.Dirò tut– tavia che spesso ho avuto modo di accertare che le domestiche sono le leurici più misteriose, rispetto alle scelte che fanno: un certo tipo di domestiche che, our di leggere, arraffano qua– lunque cosa \lenga loro a mano. Si d:mno a sdip.'.l– narc le1terc e parole, Dio sa come pronunciate intima– mente, o come collocale nd– la memoria, dopo che le hanno tolte da frasi incom– prensibili. Ad ogni buon conto, l'ai:nico pietosamente cominciò :-id acquistare per lei libri di contenuto ade– guato, e la domestica gliene tu grata come se Ciii le aves- 5e procunto uno sposo. L'altro qu~ilo, di natu· ra poliziesca, non 1ichiede molla fatica. Qui basti rac– contare il séguito dei fatti. L'amico, che prima non si era dato pena di conoscere né gli autori né l'editore dei propri libri, in poche set– timane divenne un'autorità nel campo particolare delle collezioni universali. Una se– ra che andammo a trovarlo, invece che delle solite be– ghe ministeriali, si mise a parlare delle benemerenze di un'editoria che mira a rin– francarci (disse propno co– sl} dallo sfinimento in cui versano tulle le culture na– zionali. Disse che l'uomo og– gi tende a una sorla di nuo,•o enciclopedismo e so– prattutto a una :,intesi spi– rituale tra le più diverse cul– ture. •Sintesi! ,. gridava. • e se tu non ne senti il biso– gno, ogni singola cultura li lascia insoddisfatto o incu– rioso, com'ero io prima che l'incidente ancillare mi av– viasse a interessi mondiali-.. Non eta quello il 1ono con cui in ge,1erc si parla di problemi culturali, ma rap– presentava in lui una novi– tà così graia e stupefacen– te, da indunni a liele con– siderazioni sulle vie scelte dalla Provvidenza per il mi- i1/~s~~~torio ~ 1 ~f: 1~Fer~~~ si mondiafi. spedficando poi quant'uggia emani ormai da una cultura Jimitata, mc– cHo-europea. classicheggiante, Yerniciata di tedio scolasti– co, mentre il mondo si fa piccolo, e al !11~desimo ta– volino, anche ministeriale, bisogna discutere con uomi– ni del Ghana o della Cina, con giapponesi o argentbi. slavi, turchi e iracheni, ai quali nessuno potrà far ca– pire argomenti trattati con una forma mentis casalin– ~a. Questa di sentir anac– care i ,•cechi studi umani– stici come ciambelle fatte in casa, buone soltanto per un ristretto numero di pa13Li, mi tolse ogni voglia d1 con– trobattere. O forse mi pa– reva giusto perdonare co- ::fi'!a~c~e:ii i1i reti!~a e~~= tamente positivo, che ani– mava l'amico. Il quale mi– trascinava dinanzi agli scaf– fali ora numerosi, vantando hbri piovuti Jà sopra da tutti e quattro i v:mli, e carez– zando con speciale tenerez– za la collezione primipara dei suoi in1ercssi culturali. • Son iià quasi sessanta volumi. Vuoi occuparti del- l'Americ.:1? ecco Tocquevil– le e Thistlcthwaite. Del co– munismo? Gurian. Della Ci– na? Latoul'ette; e, se vuoi passare dal Risorgimento italiano all'unificazione pa– cilìca del mondo, ceco Men– de e le sue Frontiere del do– mani, le Lellere di patrioli o Il Confortatorio di Ma11- tova. Ti piace il teatro? puoi saltabeccare da Betti a Mo– lièrc, da S::=nèca ai drammi del Risorgimento: Doglio, Downcr, Lalou, Pullini ti informeranno sulla dramma– turgia francese, americana, italiana - non aspetteremo <t lungo i russi, i tedeschi e tutti gli .:1ltri -, perché nel tuo spirito si collochi me– glio qucst 'unico mago dal!~ molle vite•· Avrete capito che alludeva al teatro, sen– z.'\ forse sapere che codesto mago, datore sì di molte vi– te succedanee o surrogate, quanto a se medesimo ago– nizza. Eppure, nscoltando lo amico, ero coslrc.tlo a pen– sal'e che i neofici e il loro entusiasmo potrebbero l'a\'– vivare la gr3n vecchiezza del mago, meslio degli spcci:'l.– listi. • E non potrai dirmi limi– tato, se legg.:i con identico in1eresse / segreri dell'ar– cheologia, Il Iib"o del ia:.:., la Storia delle Olimpiadi o 1I Mercato Comune. Trala– scio la sezione delle lette– re e delle ani. dove è più facilr. trovare adunati capo– Ja,•ori... m;1 la scienza, l'ato– mo, Einstein? la croce e la delizia, il terrore e la spe– ranza dd tempo nostro, co– me non sforzarsi di capirli?-.. Co:-a facile, a sentir lui. quando specialisti e guide 1 csponsabili - un Benzi. una Baroni, un lppolito - ti prendono garbatamente pe1· man::> e ti conducono nell'affascinante giardino di quesle venefiche fioritur~. Perché non passasse in 1~ssegna lutti e sessania 1 \'Olumi, gli chiesi da bere. A questo prnposito cadde in contraddizi=>ne, vantandomi il pregio di un \/in santo ~"UO compaesano in termini, fran– camente, sciovinistici; ma tornò sùbito a concludere il primo discorso con una mo– ralità non priva di effelli secondari anche in ascoltato– ri di diversa e ,11eno 1Umul- 1uosa cultura. Disse: • Quan– to cammino, dai fuochi d'ar- tificio cinesi, alla super- bomba H •· Già, quanto cammino. Ne compissero al– treuan10 le idee e la filoso– fia morale, il sentimento del do,·ere e quello del diritto. La collezbne comprende an– che una Vira di Gesil, cd è nata a Bologna (l'editore è Cappelli), città studiosa e grande dcposi~.iria dell'inter– pretazione giuridica. Come non pensare che l'uni, 1 ersa- lità perseguita dall'amico compratore di collezioni universali, i}Otrcbb'esscre la premessa di una concorde ricerca da atlh 1are dove che sia, ma liberal:l dalla risso– sità politica dei Palazzi di Vetro? 1 quali ,mche ci vo• gliono, ma non più dei co,1- venti ove si :ittenda insieme agli s1udi disinteressati, e non più de~li sgabuzzini an– cillari, donde il libro toma al datore di lavoro, come un arredamento dello spirito. Debbo ooi dar atto all'ami– co, di avermi fallo capire che le Collezioni Universali alla1gano i confini della sti– ma e dell'amore per gli uo– mini. VLADIMIRO CAJOLI Nella consueta presenta– zione di curiosità epostolari, l'Osservatore letterano pub– lica delle lettere inedite di D'Annunzio ad Augusto Fcr– rero, raccolte da Dino Pro– venza!. Le lellere si riferisco– no alla collaborazione del Poe1:1 sulla Tribuna della quale il Ferrero era vice di– re1torc. Esse rivelano l'am– mirazione e la simpalia che D'Annun?.io ebbe per l'opera le1teraria del Ferrero. Aacora curiosità, questa volta su un amore giovaaile del Manzoni, riferitoci da Tilla Rosa. Si lratla di rap– porti del Manzoni con una cameriera di una sua zia. Questa amore ancillare è te– stimoniato da una lettera dello stesso Manzoni, rive– latrice della relazione, al– l'amico Pagani. 11 Manzoni usa un tono distaccato nel parlare della sua amica. Sulla Civiltà Cattolica Ales– sio Floridi SJ. prende lo spumo da un libro di Au– gusto Livi e da articoli di Erenbrug per dissertare sul– la condizione spirituale della gioventù sovietica. on ltll– ti i giovani diplomali nel– l'URSS ad esempio, possono scegliere l'occupazione che vogliono. La loro libertà è condizionata alle esigenze dei piani economici. Debbono pa– gare così il loro debito alla societa che li ha mantenuli agli studi. Ma molti di loro rifiutano il posto statale di– mostrando che il regime col– lcttivis1ico, come dice Flo– ridi, nonostante la sua tre– menda invadenza, non riesce a soffocare del tutto gli in– dividui. HeniingUJay (Contlnu~a pag. 1) deve affrontare ogni gior– no l'eternità o l'assenza di eternità:., E questo è. ap– punto, l'insegnamento de • 11 vecchio e il mare'"· Questo pescatore che per tutta la vita ha sognato una preda enonne e che. a'I"rivato quasi alla fine dei suoi giorni. cattura un pe– sce di dimensionì fa.volooe non isitnbòléMia forse lò uomo dì fronte a'! mondo ed alla &Ua più intima ve– rità? Dibattet'ISi con l'ani– male per ore e giorni. fin– ché le forze ti abbandona– no. lasciarùo fuggiTe un momento pE.r poi raggiun– gerlo di nuovo con fa bar– ca. a,nrware infine a ,..,m– cere questa foc-.t.a bestiiale. e rimorohiaire Ja preda verso .riva. ecco :il simbo– lo stesso del combattimen– to che quotidianamente dobbiamo affrontare. La giornata e la ,notte rono st.ate lunghe e assai dure. .Ed ecco l'ora del trionfo. Ma gli dei vigila– no a che l'uomo non abbia se non passioni foutili. Morso a morso gli squarli di·vorano il mostro, e H vecchio non riporterà a ri– va ohe una c&tt"Cassascar– nificata, mentire sooge una alba I indifferente. V i può essere qualcosa di più amaro di questa conclusione di libro calla quale, per la prima e !"ul– tima volta. Hemingway ha voluto esprimere a pie– na voce H proprio inse– gnamento condensando in un racconto tutta la sua esperienza? Pure, il vecchio non è vinto. perchè si è rifiutato di esserlo. Questo dispe– rato stoicismo sgorga in un totale silenzio. Non vi è in Hem.ingway an.,,~ia metafisica I problemi reli– giosi sono assentì da.I-lasua opera: fo essa non resta che l'uomo con la sua mu– ta iprotesta contro il de– &tino. Tutta l'opera dello sorit · tore riflette fedelmente la sua vita appassionata da •Nel nostro tempo, (1925) ad • Addio alle armi :., a e I torrenti di primavera:. a e Le veccti colline d'Afri– ca •. a e L'Uomo che ere· deva nella propria for– tuna :., ad e Avere e non avere:. (nella cui riduzio– ne cìnemato~a!ica Hum– phrey Bogart. questo atto– re davvero tatto per incar– nare i personaggi di He- Erosi Hcmlngway mingway, formò con sua moglie Laureen Baoai!ù una e oppi a jndirnenti<:abile). fmo ai • Dieci Indfani • e a 1 e Paradiso perduto :.. quantunque sia passi-bile che la posterità attribui-sca ,più importanza e valore ad uno pìuttosto ohe ad un altro dei suoi racconti e romanzi. Lo c.-elebrità di Ernest Hemingway. accresciuta dàl cinema. era divenuta leg– gendaria. cosa che non im– pediva tuttavia che egli su– bi&e delle critiche proprio nel suo paese. dove la na– scente generazione di scrit– tori. la •Beat Generation.– trequentatr..i<:e assidua del caffè di Saint-Germain des Près e del Greenwich Vil– lage come la generazione pc..rduta lo era di quelli di :\fontparna e. considerava !o scrittore come un mae– stro che aveva, in certo senso, tradi1o. Perchè. a suo modo, egli era rimasto fedele alla let– teratura. ad un certo ro– mantioismo della azione; perchè non era ardvato fino al ptmto di distrug– gere l'uomo di dentro; per– chè testimoniava in favore della soldbudine ma anche dell,impegno, della mocte ma anche della gioia di esistere, i Beatnik:s, questi en.fants perdus dell,Ameri– ca d'oggi, lo giudicavano un tardo romantico. E cer– tamente. romantico egli lo fu. alla sua maniera ma– SC'hia e provocante. Ma. non è forse vero che tutta una vit~ piena di strepito e di furore. votata alla guerra, alla caccia, alla tauroma– chia, alla !orte ebbrezza dell'alcool. tutta questa vo– lontà d,azione si è conclu– sa con un definitivo gesto di ribellione e non di ras– segnazione? L'insegnamen– to di Hemingway è che l'uomo (che la fraternità salva da se stesso ma non dalla solitudine) dice di no alla morte. Ed è allora che essa lo ghermisce. Il colpo d'arma da fuoco eh~ ha messo fine alla vita di Hemtng\vay assume al– !ora il valore di un atto sublimamente simbolico. E' l' ultimo lampeggiamento prima del silenzio defini– tivo al quale tendev.ano tutta UT1avita ed un'ope– ra. Un i-solato colpo di ar– ma da fuoco? No di certo. Esso fa parte della salva d'onore lancia1:a contro un cie-lo ,rooto dagli uomini convinti dell,inutflità del destino. non foss'altro che per festeggia.re i1 loro bre– ve passaiggio su!d.a terra. RENE' VARENNE Piccola biblioteca Fiabe irlandesi L A noV'Cllistica popolare è un fertile terreno per la scoperta delle origini dei popoli poiché i sugge~ sLivi racconti di antichi riLi e tradizioni che :c,itramanda– no di generazione in genera– zione, narrati nella pcnom: bra di un focolare o ne, lunghi viaggi in mare nel– l'attesa di trarre le reti, o prima della lotta con il ca– podoglio, più che nella p~– gina scritta rivelano le on– gini del costume e del sen– timento di un popolo. La leggenda o la fiaba ~p– prescntano una esprcss1oi:ie arlistica che pur creata m Zebio (Jotal (Continua da pag. 1) vitalità. Còtalè uno scon– fitto (non per debolezza, ma per miseria, per abbandono) che non accetta la sconfitta, è un solitario che non ac– cetta di esserlo: un despota, infine, che è despota proprio perché non \luo\e essere né sconfillo né solitario. Ora il capolavoro di Ca– vani è proprio qui: nell'esser riuscito a mettere al mondo un ·personaggio contadino nel quale la • carogneria • (tan– to per sinteti1.zare in una brutta parola tutte le carat– teristiche negative di Ze– bio) sgorga da un comples– so di esigenze positive dege– nerate in negative a causa della distanza sconfinata che separa il personaggio-conta– dino dalla vita sociale. Per Intenderci: Zebio Còtal è un uomo libero: ma questa li– ber1à si trasforma in abban– dono, in solitudine. Egli cer– ca di reagire alla solitudine, e nell'impeto della reazione si fa au1oritario fino alla crudeltà. Nella morsa di que– ste contradditorietà Zebio Còtal accusa delle proprie disgrazie il fato, rinuncia quindi a vi\'ere. ed è finito. Abbiamo detto che questo romanzo va situato nella tra– dizione narrativa contadina. Certo, i confronti che si pos– sono (che si dovrebbero} fa– re sono moltissimi, ma te– niamo conto almeno di due, per quanto. in apparenza estremamente dissimili. Il Panzini de e li padrone sono me• e il Fedcrigo Tozzi del racconti e dc • li podere•· L'uno e l'altro di questi ro– manzi rispecchiano una pre– ,•cnzione sociale strcllamente conness.i- alle ideologie ilalia· ne originate fin dal Risorgi– mento. L'ignorante perversi– tà dei contadini, quale fu ritratta in certa letteratura borghese è l'eredità della m.tncata connessione tra i mo,•imenti contadini e i mo– vimenti borghesi dcll'Ot10- cen10 e del primo Novecento. La disponibilità delle masse contadine alle mene della reazione antirisorgimcnlalc ottocen1csca, e poi la minac– cia che parvero rappresenta– re i contadini con i loro moti per l'Unità italiana, s.ia– bilirono sulle differcnzazioni di classe una autentica di– scriminazione moralistica, per cui l'esosità contadina o an– che la semplice rivendicazio– ne economica dei contadini apparve, assai più che non la rivendicazione operaia, una minaccia morale oltre che materiale per la società bor~hese. 11 romanzo di Ca– vani supera nett.tmcnte que– sta concezione: e non certo altra\'crso una populistica ri– \ralutazione del personaggio conladino, ma anzi. attra– verso la drammatica esposi– zione dei suoi pcrvet1imcnti. GIAN FRANCO VENE' passato da creature ::.pcsso primitive, si tramandano per rappresentare attraverso il simbolismo mitoloJico una documentaLione spirituale e tradizionale delle onaini d1 un popolo. Piu che ad un ::.ingoio autore il racconto popolare appartiene ad un intero w:ruppo di i.nd1vidui affini per caratteristiche re– ligiose e sociali. Margherita Guidacci. a cui dobbiamo una precedente iaccolla di antichi racconti cinesi, ci oflrc oggi per i tipi di Cappelli una raccolta della novcllis1ica popolare :~::~~~!f l~pc;~mli '6r~~~;~ mite questa raccolta n r– landa nvcla le !tue ongani religiose e popolan, sempre a contatto con la natura ed in particolar modo con il mare con cui i pescatori so– no continuamente impegnali in un colloquio di vita o di morte, come in molte si– tuazioni della leueratura nordica. 1 soggeui di queste fiabe sono molteplici a seconda delle varie regioni o,c pre– sero origine. Restano però alcune ambientazioni comu– ni che permettono di riunire e catalogare per gruppi le \'ane no\'elle. Alcune situa– zioni sono comuni alle fiabe di tutti i paesi: il senso della superstizione e l'affanno del– lo scongiuro; le fate, qui chiamate dagli irlandesi • la buona gente•, strano no– mignolo in \'crità per degli esseri abituali ad essere ma– ligni e vendicativi; le meta– morfosi chi.: subiscono uo– mini cd animali; il merM 1 i– glioso mutarsi della natura. Altre non disdegnano l'apo• logo per definire una situa– zione sociale e per mostrare la lotta cd i compromessi degli uomini oppressi dagli s1enti. A tal proposito è in– dica1i,1a la storia di GrClzia O'Co1111or, che vagava per le campagne con l'inutile spc– ran7,a di smerciare qualche scampolo di lana, uccisa dal– la fame; o della Contessa O'Shea. Nella sua contea dei mercanti facevano animi af– fari acquistando le anime dei poveri: questi erano co– stretti a vendersele per di– fendersi dalla miseria. La contessa l"iu::.cla ,·endcre la proptia anima cd a distri– buire cosl il denaro ricavato ai poveri che non si vendet– tero più ai demoni. Altre storie traggono lo spunto dai piaceri a cui ::.i dedicano i protagonisti: i godimenti della buona ta– vola e del buon vino. C'è in– \'ece da rimaner sorpresi co– me questi piaceri epicurei e la presenza di qualcosa di ultraterreno sostituiscono un altro fattore della no,·ellisli– ca popolare che qui non è affatto il lei1-motiv delle varie vicende: l'amore. Le figure femminili bril– lano per astuzia e intelli– genza e al confronto con gli uomini non possono essere che le vincitnci. Ne La lcfi– genda di K11ockmar,y, che n– corda molto da ,•icino certe fiabe italiane. è la storia ~f11\;~al~t~a frrÌg~~: f~~~tL nilc che con l'astuzia salve– rà j\ compagno dalla furia del pili forte riv.tle. Anche il denaro non è quj uno degli clementi più si– gnificativi (forse · a causa della scarsa conoscenza che ne a\'evano allora): subisce strane 1rasformnz1oni nelle mani dei suoi amministrato– ri: a \IOile diventa e pan di Un <locnmenla,-io sul Mantegna La rubrica tclevisi:va e Arti e Scienze• di giovod\ 28 sct– tembrt, ha dedicato un am– pio servizio alla grande di 0 ~il~a~~I ~=~~n~· dTr~t~~~ re della rubrica stessa. Oltre ad una rassegna dell'opera fi'°rath 1 a sono sta1i sentiti pareri del pub– blico e dei responsabili della mostra. ;,cnzcro •. a \Olle s1 trasfor– ma in foglie di pianta. Un.1 fot1e nota d'ambien– te sia sociale che paesaggi– stico \i è nel fantastico la gabbia delle anime. Il pesca– tore Doghcrly abita,,1 in un luogo selvaggio della cos1a. lontano dalle abitazioni dc:gli altri uomini, in aue..,a delle tempeste che faccs\Cro fra– cassare le navi sulla scoglie– ra per far poi bottino di tabacco. co1onc. e barili di rum. Ma oltre a lui \·i è an· che un tritone che allendc le tempeste: con lo scopo di catturare le anime dei ma– rinai annegati e tenerle con– servate nel fondale marino. A~li <;tes<;iclementi si rifa il Funerale di Ca111iflon. Le antiche famiglie irlande-.i erano attaccatissime alle lo– ro tombe gentili:;,ie. In una tempesta la tomba dei Can- 1illon fu sommen.a dall'Atlan– tico. Da allora, quando qual– cuno della famiglia morirn era consucludine di portare la bara O\'C le onde del mare potessero ra5J:giungcrla e ri– po·r1arla negli abissi. Lo spirito brillante dei personaggi umani. per la più parte pescatori. contadini e ,cnditori ambulanti, dona ad essi una vh·acità di caraucre e una ragione omana alle fantastiche vicende. Essi M>– no pieni di complica7ioni umane: ora sprezzanti. ora paurosi, ma sempre pronti a reagire in qualche modo alla sorte a\'\'ersa e ai loro an1agonis1i anche se di or– dine soprannaturale. GIANFRANCO .\1EZZAS0.\1A del progresso e il disfaci– mento sociale dei valori mo– rali. Un mito che, in que\ti ~~rii~ 1 d?1'aBe~i~~~oa ba) Fabbro che ha avulo la buo– na idea di pubblicare in un volumetto (editore Ferriani collana de e fl 1arabuso •l le l~tlere a un provinciale scritte a Milano nel 1943 e dedicata a Flavio D. \.I. li mito della •provincia,. in que~te undici lettere ci ,·iene incontro in una forma ormai classica e codificala: nella forma cpis1olare che 1rova precedenti nella Nuo– va Eloisa. nelle Ultime let– tere dt Iacopo Orlls, nelle /.tatsons dangereuscs e che ~1 presta bene a rappresen· iare il mondo della provin– cia. '\elle pagine di Dal Fab– bro, Inoltre, questa • pro– vincia,. ball.a e guizza mali– .-io"ia, semplice e infantile, incantala e ossessionata, in sequenze rapide nelle quali, attravérso una documenta- 1.ione spietata, l'autore cerca di raggiungere una esemplifi– cazione simbolica. Le prime lettere rifleuono un'ansia impetuosa di dire, di descri\'ere e di documen- 1are: iniziano alla rinfusa senza un discano precosti– tuito, in un \Ulcanismo ir– requieto teso a \'enire \'ÌO– lcntcmente alla luce. Poi le lellcre. perdono questo caraltere dispcrsi\'O e acquistano il tono piu \'elo– ce e pronto della satira: di una satira amara, buttata a\anti sen7.a pietà, con l'in– dice puntato da pubblico ac- Let lere ~~;:i[g~ ue:: 0 sautr:::j:jhce ti~i Fabbro non cerca minima- • • , • mente di ammorbidire, di P ropin ClQ l, addolcire, di conlornarc di fiori convinto com'è lo -;crit- Ci sono miti che nascono torc della urgenza interiore da una determinata circo- della polemica moralizzatri- stanza, che dh•cntano una ce e inno,•atricc. L'esempio moda stagionale e che fini - forse il più indicativo - scono presto nel cimitero è: nella lettera 1erza quando delle cose consumate. E. sono scri\'e che Sotto il mome i miti-comete che appaiono Serma mcoronato di nuvole, in una notte di S. Lorenzo per la Lista/unga, al riparo e che, poi, fatalmente Ira· dei portici, tulio si s,·olge montano. come in tl/1 dimostrati\•o Ci sono, al contrario, miu f}alcosce11ico d1 correrte:..za che, pur prendendo spunto sentimentale e {a111iliare; i da una occasione. portanu 111arit1 passeggiano accanto il segno inconfondibile del- fe mogli, le raga:.ze acca11to l'eterno e sono destinati a ai /oro promessi, i parenti perpetuarsi nel tempc., al- e gli amici, a gruppi, proce- tra.verso le generazioni. E. dono secondo il loro grado sono i miti-stelle che resta- di co11sa11gui11itit e d'amici– no nel ciclo, con la luna e :.ia. con gli sputnil,, a fissare Dalla quinta lettera gli imperterriti la terra. eepisodi e i fatti della pro· Non è facile indi\'iduare vincia \'engono maggiormen- :,ubito e diagno!tticare a qua- te analizzati e spesso da so- le delle due categorie appar- li fonnano l'oggetto di ogni 1cn3a un...-mho per evidenti singola epistola (Il miraco- difficolt~ ma, per nostra lo, la libreria, i pittori) e fortuna. con il fa\'ore e Dal Fabbro. con bravura, l"aiuto del rncabolario e del- riesce a parlarne con un au- la storia, ci è possibile rico- sto ambtzioso e interessante noscere i mili-stelle. E uno che ,;;i salva sempre dal ba- di questi mili, onnai rego- nale e dal petlegolo, in una larmente imentariato, è. misura elegante: da ~alotto senza dubbio, quello cosid- di classe. detto della e provincia•. FRANCESCO CR1S1 E" un mi10 che non ha,---------- ~~~j~t~toch~n~a ~~~\~ ~~e~~= Ancora sul Premio ~~~~ig1~t\t~~n:~ti~io~1~è << Po11teSisto» !.lato dalla leucratura di cr~c~o~:a p!~ 1 ~ J?~~riffic~~ ~~~:e.'eCfr~a~e~ìte°~~i ;~;~l; quanto contenuto nello scor- • provincia, è inadeguata a ~o numero riguardo al Pre- conscgnat-c nella sua com- mio di Poesia e Ponte Sisto•, plessilà questo mito. cd è a suo tempo bandito d.t quc- proprio il caso di dire. in ste colonne., Accrocca dichia· questa occasione, che la pa- ra che quel premio ,•enne ar- rola impiarisce il pen~iero e ianiuato dall'editore O. G. limita Ja prospettiva. Paguni e non da lui. che I greci lo canlarono acca- • avrebbe soilanto dovuto rali con Tirteo. i romani mc- giudicare, con gli altri mem- lodiosamente con Catullo, le bri della aiuria, i manoscritti Corti rinascimentali con le inviati al domicilio dell'orga- melanconiche pastorali, i ninatore •· Pertanto i parte- francesi pedagogicamente con cipanti. o quanti ,·olessero Rousseau, i tedeschi diabo- a\ ere nolizic del premio. so- licamentc con Goethe, e og- no pregati a 11011 rivolgersi gi questo mi10 della • pro- ad Accrocca (come da aoi vineia• trovo. significativa ingenuamente proposto) che espressione nei Mann, nei si dichiara come noi al- Proust, nei Morton, nei Buz- l'oscuro dell'alluale indirizzo zati, nei Calvino e cosl via. dell'editol"C Paguni • resosi Come si vede si traua di irreperibile in seguito alla un mito importante, prescn- chiusura della sua casa edi- te nella tematica letteraria, 1rice •· e che ha rappresentalo. Chiediamo dunque scusa spesso, un rifugio tranquillo al collega per il disturbo che e ospitale contro la frenesia sta,·amo per arrecargli. I dive1 11 timenti di Lemmonio (Continua da pag. 1) che non era consentito dal– la natura stessa delle azio– ni che andava compiendo per rimettere a posto le cose. Soffici sostiene che lo faceva e a guisa di di– lettante: per divertimen– to:.. E dunque la critica avrebbe dovuto consentir– gli. come all'amico Palaz– zeschi. di divertirsi a suo beneplacito? e Io non vo– levo nulla. Non mi ero pro– posto, scrivendo quel li– bro, alcun problema cen– trale. Avevo voluto dar forma e vita artistica a una mia fantasia. a un mio concetto di ,1?iustizia popo– larmente; e basta. E l,ave– vo fatto. prima di tutto per il mio piacere. per diver– tirmi, se volevano; poi rper procurare, con quelle 9e0r– ribande attraverso il no– stro bel paese e quelle vi– vaci avventure. qualche diletto e divertimento an– che ai miei lettori,,, .Niente problema centrale. iPerché annoiare se stesso e J:?:li altri? Ma la richiesta ba– stò a freddargli la 'fantasia e a fargli dismettere il !progetto di aggil.JJl..gere un lungo -seguito al l)rimo vo– lume. Daremo percOO torto al Vita-Finzi di non essersi lascia:o persuadere e ap– pagare da una così disin– volta spiegazione? Per un diplomatico della sua sor– ridente quatità. quello del Lemmonio squadrista e è un fenome:no che merita d'essere studiato :. E bi– sogna conv-enire che nelle avventure del Lemmonio Borea (critiche. beffe, in– vettive, bastonate e sfa– sciamenti). in quel loro essere lanciate e commesse e a fini nazionali,,, rim– piazzando il cauteloso in– tervento governativo con !"azione personale imme~ diata. c'è quanto basta per impegnare un critico nella ricerca del • problema centrale,, di tutte quelle avventure. E il Vita-Finzi dice il _!?iusto osservando (e documentando con acu– tezza) che Ardengo-Lem– monio. quantunque sprov– veduto di scienza ,politica. e per quel suo savonarolia– no ritratto dell'Italia gio– littiana :.. dovette trarre ispirazione e mordente dalle critiche severe degli amici della Voce, oltre che da conoscenze ed esperien– ze parigine. così dalle teo– rie di Sorel come dalle gesta dei Camèlots du Roi.. e Soltanto che alla ribel– lione delle masse e al mito dello sciopero ~enerale:. sostituì e l'azione diretta di un piccolo gruppo ben or– ganizzato e deciso,,_ Riletta con equilibrato senso storico. l'opera do- vrebbe oggi interessare. Ma forse è proprio l'accen– tuarsi del senso storico (del resto, richiamato e accentuato nella presenta– zione della, terza edizione) a farla spacciare per bel– l'e condannata. E, se si vuole leggere una mezza paginetta discreta ed équa– nime intorno al Lemmonio Boreo. bisogna procurarsi A Sliort llistory o/ ltalian Literat1,re (Penguin Books, 1960) di J .H. \Vhitfield. (A parte l'assurdità di col– locare tra i prodotti della cletteralura futurista:. una opera. in fondo, cosi tra– dizionalistica da sembrare. nelle successive espressio– ni. piuttosto reazionaria. Cfr. L. Russo: Compendio storico. della Letteratura italiana, 779 [D'Anna, 196ll). Eppure. ristampato nel '21 e nel '43 ed ora una quarta volta (1959) nella raccolta delle Opere (in cOrso presso la casa Val– lccchi) è ne 11' ordinato riaggruppamento autobio– grafico dall'Ignoto toscano (1909) all'Itinerario innle– se (1947), che il Lemmo– nio, attraverso l' Arlecchi- no (HH4). La aiostra dei sensi. (1919) e Satti nel tempo (1939), dovrebbe ri– trovare. e ri,:?odere. alme– no un poco di quella auto– nomia artistica. che. pur senza esigere di essere so– pravvalutata. diede modo al Dc Robertis. nei tratti più liberi. di sceglierne un bel .e:ruppetto di -pagine e di ornarne !"inizio del F"ior fiore (Vallecchi. 1937) in onore dell'amico Turchini del Diario napoletano. ì-Ia chi si è accorto che delle Opere di Soffici sono _!?iàuscili tre grossi tomi? L'atlt?nzione è rivolta alle zozzeric che ,più compia– centi editori sfornano a tutto spiano Ed ora non si aspetta che l"apparizione del romanzetto di una se– dicenne: I raani rosa di certa Martìne Stark. I for– tunati che son già riusciti a leggerlo, non credevano ai propri occhi. Lo scan– dalo e .e-arantito. Cosl pure il successo. Ombra di Lem– monio. dove sei? Squadri– smo a parte, ci sarebbe del buon lavoro da compiere nel brago pseudoletterario. ENRICO FALQUI HAì reo DI SANTO SPIRITO DIREZIONE CENTRALE E SEDE: Roma, Via del Corso, 173 TUTTE LE OPERAZIONI ED SERVIZI DI BANCA, BORSA, CAMBIO EMERCI LETTERA D NAPOLI * RICORIH E. A. ~JRIO e O\' E.. \ .. \t..\Rto. morto :c~~~~//~1~i~~n~suP~~ nente della poesia dialettale ~:ft~et 1 ~;:ra~~li~. d_\_~~\1:rr~ (p,cudommo d1 Gto,anm Gaeta) non lu ..,o]o l'~utore ispiralo di innumerevoh me– lodie. ma il poeta. che. nella lingua parlata d '\apoh (do– \'e nacque il 1~8-41 nc~rca\a le ragioni della ~u;:i 1sp1ra– .-ione. Fu poeta J1 ,.oça:11~ne i,;;tinti,·a e profond_<1,che•. m– "icmc a Ch1urazn e ~1co– lardi .. cppe conferire alle ~1ruuure del ,ernacolc na- 11olctano un·anda1ura p1u ,ciolta e moderna, meno m· cline alle esiiC01'C ed . alle richieste di un"artc sena .e .:Ompasc;ata il cui filone on– ;,dnano ris~lc a Giambanista Basile. La lingua napoletana ebbe la maggiore diffusion.e pn– ma della raH1Unta unità na: 7ionale. E nel So,·cccnto 51 ebbe la fioritura di una let- 1eratura. che a '\'apoli, ca– pitale del \.tezzog1orno, tro– ,·a,a la sua sede naturale Gia ,i era fatto co~oscere Di Giacomo con i suoi brevi Poemetti. nei quali ~rep1ta,a un mondo popolato di gente umile e semplice. A Di Gia– como si accodarono Russo. .\lurolo. Galdieri, BoYio e, su una direzione di\·ersa anche \'iviani. Capurro e Postiilionc. che donai:ono all'idioma dialettale una inu– sitata forma artistica. Era il tempo in cui la poesia cre– puscolare, spogliando la lin· gua da oa:ni accentua7.ione re1orica che pote,·a nuocere alla forza 1menti\ a ed alla economia espressh"a. a,·e\a ins1aura10 mo\·enze e atteg– giamenti di una sempliclla C!,emplarc. Commcia\ano a tradursi i piu rapprcsentat_i– "i scrittori europei. La poesia dialettale napoletana. dopo la ...:aduta del Regno delle due Sicilie. a, eu introdollo sul piano della cultura na– zionale un'arte in cui face– ,·ano capolino personaggi ti– pici e paradigmici, veri por• talari di quell'ansia e di quell'ispirazione che sono connaturale alla genie me– ridionale. In un momento in cui i modelli del romanzo realistico ot1occntcsco erano seguiti cd imitati, la J?OCSia napoletana ebbe il mefl;tO di ranh·are i suoi quadn im– maginativi: reclutando mou– \'i che erano espressi dal seno del popolo, ,·encndo a guadagnare. in tal guisa. una piu concreta piauaforma ispiratha cd una più P.ro· fonda pro5petm a stanca. Senza mai cs1enuarsi, ma sempre articolandosi m n– ,·oli di canto melodico, la poesia napoletana, negli an– ni a\'anti la prima guerra mondiale, ave\'a acquistalo un posto di enorme con<.i– derazione nel prospetto del– le esperienze poetiche del ovecento. che pure ha vi– sto al suo orizzonte sorgere e dh·a.mpare i corruschi ba– gliori di impor~a~ti mo,i– menti a,·anguard1st1. Nel periodo più propizio al sorgere di nuovi esperi– menti letterari, quando an– cora l'Italia era, fra le due grandi guerre. alla ricerca di moduli pseudo-classici, E. A. Mario si affaccia,,a al– la nballa della , ila poetica. I suoi primi componimenti risentivano dell'influsso del– In poesia rr:mcese. Nacquero i poemetli: Confessione, Ctm– {iette, 'A 111or1c, nel quale erano a\·vertite chiaramente moven7.e che facevano pen– sare al Russo. La novità introdoua dal Mario era da ravvisarsi in una libertà metrica ch'egli usa,ra \'erso le forme 1radi· 7.ionali del dialct10. Talvolta erano riflessioni sulla ,·ita e ricordi storici che gli urge– ' ano nel petto e che cerca– vano una soluzione sulla pa– gina. Di questo periodo è il poemetto • Masaniello•· Mol– te volte a raggelare la spinla ispirativa, l'impianto stesso delle poesie era un accentua– to proposito letterario, che si accompaana\'a alla rifles– sione e trapassava nel tes– suto immaginativo, appesan– tendo il mo\'imcnto delle cadenze e delle strofi. Si ve– da ad esempio questa poesia intitolata • Male cun7lglie •• contenuta nclJa raccolta • Ac– qua chiara •: e Ouanno s1 gruosso, vedarraje, pè che– s10, / ca ll'onestà dà troppo pene ... e costa! / Ma tu - che ce vuò fa? - fà ll'ommo onesto!•. 1\fa dove il poeta riusciva a liberarsi dalle occasioni di ripie$amenti concettuali, si sprigionava una limpida vo– ce di canto: • U'autunno sta venenno... Mm'ò figuro / comm' 'a nu vicchianello / ca, muro muro, / va scar– pcsanno / cu è scarpe rot– te... • (• Ll'aulUnno •). 1\ilario fu anche autore che amava ispirarsi alla storia. Le sue cose migliori. quelle che conservano una notevo– le forza di penetrai.ione e d1 urto, sono dettate da ag– ganci realistici trasfigurati dall'intervento fantastico. I motivi più schieui egli li fissarn nella nomenclatura irripetibile della ~ioia e del pianto dc~li abitatori di Na– poli. Mano ha creato una poesia con un interiore mo– , imcnto ritmico: la musica sale da profonde scaturigini umane, i versi sono forniti dallo scabro linguaggio del popolo. Sono nate, cosl, le sue poesie più note. Tulle posseggono una carica, che non è appena di umana na– poletani1à: somiglia ad una verità intravista nel fondo di un'anfora di vetro, sia essa orrenda, amara o spie- l~:~ita~irt~a ri~anc,~~t.esca. ELIO BRUNO
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