La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 8 - 19 febbraio 1961

Domenica 19 febbraio 1961 1L NOSTRO E' TEMPO DA MARZIALE * Invito ali' epigramma * ,li E111lllCO FAUll.'I Il fortuito coincidere della pubblicnionc d1 due raccol– te di ep1~rammi e il gustoso trascorrere dall'una all'altra. unitamente allo scartabellare storie e antoloJ;:ic (da quella greca del Bignonc e latina del Piazza a quelle italiane del )tazzoni e del Rabizza– ni ). ci ha trasportato 1n un ordi ne di considerazioni che, r.er nostra e altrui comod1tà, si p 0s"I0no ria"lsumerc in una serie di domande. Perché, fra tanti premi letterari. non ce n'è uno sul– la poesia satirica'! E che cosa aspeuano per ~tudiarne e bandirne uno, in particola– re, i-ull'epigramma satirico? Piacerebbe. dh-ertircbbc. ed 1,;truirebbc. Invece di di– <iperdersi in chiacchiere e barzellette, non sarebbe più p:-oficuo, e certamente più dicnito!lo, in tempi co~i di– sordinati, cimentarsi nella ;:ara epigrammatica? Un e~ercizio del j:!enere. con la ~:sitfree~r~~~~cac,onnc~~a g~~= e ben ebbero anch'es•i la loro importanza, tanta fu la ar~uzia di cui fecero s(os:– gio nel lanciare strali con– tro • falli e personaggi della Napoli ol\ocente<;ca •.' Nulla di eccezionale: roba da ca(– re. da salotto, da redazione. da cireolo. da corridoio pu– lamentare: ma di una mor– dacità co~ì efficace, di una moralità CO"iÌ risentita da far non a vuoto domandare al Consiglio i!iC Duca e Marche– se non possano .. aspirare a due sin,tolari posti tra i n1111oresdel nostro Ottocen– to, non ricco di penne ar– Jtute ... E difatti. capitanati dal Croce. J::li specialisti di <:toria municipale parteno– pea, memori della 1radizione dell'abate Galiani, non i:tlieli le,;inarono nel pantheon citladino (Cfr. S. Caetani: A pud Nenpolim, 10-1-11I). • Immortali ne rende e ne mol!iplica, / <:enza dubbio, la gloria che ci onora: / delle patrie batta~lie i no– stri reduci, / invece di ~cemar. crcc;cono o_cnoro•. Come non con<:entirc? po· troppo. Lo ta senza odio ne ira ne . liz1.a, nell'àmbito di una ..morale casalinga ... troppo spesso e troppo a torto ripudiata. Quello del Piermarini non ~ar:\ un ecce-lso esempio di ~trinJ:ato epigrammista, e ancor:i. meno d1 rovente epi– gr11mmista satirico, stante la prevalente discorsività stes– <:a del linguaggio di cui si trova a disporre in rispon– denza alla tristezza di sen– tirsi solitario e alla soddi– s(azione di sapersi tenere a freno. Ma, pur alla buona, contribuisce a far risentire, per dirla col Croce, • il bi– soino di compor~i un'armo– nia interiore •. un po' do– lendoci e un po' rallegran– doci della ,,ita. • Sapersi contentare / fa .~empre gua– daJ:nare. / Giochi e "inci: che i;:1oia ! / Vincendo a,,rai più ,i:ioia. / O smetti di gio– care: / sarà un ottimo af– (a re. / Col riso e col sorriso j eccoti il Paradiso ... / Ma chi lo può mai fare?• In– tanto, il Piermarini. Senon– chC il riso epigramma1ico da noi sollecitato come toc– ca<ana è quello grazie al quale • l'Cpigramme plus libre. l'n son tour plus bor• ne, / n·est qu'un mo1 de deux rimes ornè •: quello che scatta, afferra e stringe come una morsa. LA FIERN LRTTERARIA Simonetta Bardi: • Giovannino • Pag .. , NARRATlVA OPERl?. PRJME * Ragazzi di fuoco e libri di cenere * di IJ.IIHElfTfJ ,Il IRl 1 4RDI La letteratura cinedica. In Italia. salvo rare ecce– zioni di nessun rilievo. morto Guido da Verona. dannunziano di deprecata memoria. convertito Pili– grilli. anche se non con effetto retroattivo._ sem– brava ristagnare ai margi– ni di una sottoletteratura o velarsi delle ragioni del– l'arte. certo. mai co!-i !-fron– tatamente se stessa da e~– sere mostrata a dito fuori di ogni possibile dubbio critico. Dopo la fioritura neo– realista di una pseudonar– rativa d'impianto tutto let– terario. r immoralità pc-r l'immoralità sembra diven– tata il pepe necessario ad invogliare i debilitati sto– machi di ·un certo genere di lettori incancreniti di decadem.a borghese. I qua– li. stuzzicati dagli odori della Putrerazione. com– prano tali libri. marcando cosi un successo di cas~t– ta che gli editori vorreb– bero far pa!ò=sareanche per successo letterario. E che certa c1;tica abbia la responsabilità di questi sot– toprodotti neorealisti non sarà difflcile dimostrare. appena dimostrato l'abba- gllo in cui è caduta. di– chiarando narrativa quelle visto::.e prose documentarie a pretesa stilistica. ma&ari antiletteraria. il cui docu– mento è un dato psicologi– co che non riesee mai a superarsi in un intellettu;1- lismo d'ordine. almeno. so– ciologico. Ma. veniamo al fatto. an– che !-e non sarebbe da parlarne. per mettere il di– to sulla piaga. Piergiu.;eppe :\iurgia ha pubblicato. quale sua ope~ ra prima. per Sugar Edi· tore. Milano. JI rapoz::o di fuoco. senza alcun sottoti– tolo. tanto che potremmo anche non cono;iderarla opera autobiografica. se il titolo non ci autorizzas. .. e Invece a chiamarlo " ro– manzo». :\1entre. nonostan– te. opera narrativa non è. ma piuttosto materia p.;i– cologicamente autobiografi– ca anche se I tatti possano risultare tutti inventati. poiché la loro descrizione resta chiusa nelrambito di una esperienza ~~.,;uale. più che psicologica. addirittu– ra fisiolo~ica. zioni intern,... si cade. per incapacità organizzatrice. immediatamente nell"irra– zionale: " Sempre m1 sono ~nt1to un personaggio. qualche cosa di tenebroso. Idea molto idiota ma era cosi e ave"'a fondo anche• (p. 12). La spezzettatura i:relata dell'espressione. dà appun– to nmpotenza espressiva di un assente signifkato che proven1;a dalla subco– scienza. mentre per la sua patinatura gergale le dà un senso di scioltezza e di ele– gante noncuranza tutta let– teraria che. a lungo an– dare. ingenera insopporta– bile monotonia. ma che m un primo momento mo– schera la sua mcongruen– za di un qualche s1gnifl– cato spirituale. E questa e runica. u.--ii:à letteraria del lib:-o. che rappresenta la con\'enieme unità stilhtica d1 contro alle infinite ripetizioni del– lo :.te.;so atto fhiologico nella pesante ~rdità dei suoi mgredienti :.e.ssuali che. neces.:;arlamente. non cambiano mai. Cambiano soltanto i nomi delle rem· mine. ma la monoi.onia del loro succeder,;i è pari alla lunghezza della listo di cui ~i compiace l'Autore. verebbc anche al riassorbi– mento della dilagante pro– fo;,;;ità dalla quale è OJ:?~iaf– fi111a_ tanta poc ia, <:in quat;1 a far rimp1an,:?.ere l'ap~ pena trucor,;;a laconic1tn ermetica? Impegnerebbe. compromellercbbe. E anche que,;;to non sarebbe ,•anta,:?.– ~io<:o d1 fronte al furbe!lco ter!:?i\·er'l.are di ch1. dopo an~r dello. vuol disdire e <:empre' darla a intendere, <:econdo personale con,•e– nienza? La mancan7a di una ep)i;rammatica ,;;;,itirica_.pro– prio quando sarebbe più ne– ce<:<:ario. per il bene pub– blico, Il -suo quotidiano pronto intervento. non in– dica e quasi denunzrn una specie d"indifferenza che. a luni:?o andare. potrebbe tra– mutar<:, in iirna,•ia? Quante volle t;entiamo decantare la • attuaht.à ~ <:atirica di un epi_i!ramma antico, come ri– prova della _sua J::1ustez1a, oltre che storica. anche mo– rale, e dunque non escJuc.i– \"amente appropriata ad una speciale <:ituazione o \'icenda o fiJ::ura, ben<:1 ri– oortabile al ricorrere pro– luni::ato di una biasimevole condizione dello spirito e del co<:tume? Ma chi lamenta la scanezza di odierni epi– crammi satirici. ri\·olti al con1rollo e al biasimo di certa a11ualità con più di– retta e tagliente precisione di quanto non riesca a:;?li antichi, fatalmente le1tati ad altri frangenti? Si dice e si ripete che l'uomo. nell'inti– ma e!'iscnza, rimane c;emprc lo ste'l.!1-0: ma. considerato che c'è chi fa risalire 1 primi epigram mi alretà preomerica (e ! '3.rà es_agcra: zione e baster a i;pmJ::er<:1 •ino al VII secolo a\'anti Cristo), non !'i vorrò am– mettere che qu:i.lche diffe– renza dev'es!l-ersi interposta nrll'animo della gente tra l'An1olog,ia grtca palatina e J'A11tolop1a di Spoou R1ver, orima ed ultima, in ordine di !':ecoli. delle più famoi;e raccolte epigrammatiche? TalchC, guardandoci intor– no e constatando quanto rari siano oi;:gi, pre,;so di noi, i campioni d1 arte epi– grammatica satirica pronti ad insorgere contro vizi e ~oprusi con la dirittura di chi lo fa non per acre ven– detta privata ma per ~acro– santo sdej?no unin~rsale, im– m;llmconiti dallo scarso bi– lancio che non va molto piu in là di Bartolini (.! di uno o due altri al mauimo (poichC non si può tener conto dell'epi~rammatica li– rica, di lipo • alesi,andrino •, a,·utasi durante l'Ermetismo e qua e là ancora riaffio– rante), noi sta,•amo dicen– doci: • Ma,i:ari li avessimo anche ogji un Duca di Mad– daloni e un Marchese dì Caccavone •· Quand'ecco so– pra,::i::iungere. lietamente inaspettato ed opportuno, il secondo dei due librclli. U\" IDEOLOGO, U.\'A ~HHl,L..t., 1·ì\' UAGIOI\"11!.ltl!l * Naturalmente. Il i\lurgia ha usato la lingua italia– na per raccontarci le sue noiosis.,ime av\'enture ero– tiche. anche se egli la mal– trattava deformandola at– trnverso uno schema intel– lettuelistico ricalcato sul suo uso sbalestrato. che proprio non chiamerei stile. ma. se mai. gerg-o stilistico. Se non che. essendo. infine. la lingua fedele rivelatrice della funzionalità espressi– va. soprattutto quando è necessariamente letteratu– ra e non poesia. ci fa co– gliere ad o.stni pagina la stanchezza di una coscien– za che non a,•endo nessun subconscio da manifestare. identificandosi col fatto fi– siologico. decade in evi– dente meccanismo lettera– rio: (I' Tanti fiori.~. tanti fio– ri... tanti fiori rossi... Tanti negozi ... tanta luce ... tante macchine... tanta gente ... Tante voci ... Tante doman· de ... " (p. 9-10). La ripe– tizione ha quindi due si– gnificati: uno che sta a puntualizzare l'incommen– surabilità della sensazione sempre identica a se stes– sa. non essendo spiritua– lizzata né in idea né in immagine; e quindi. la sua inesprimibilità. come. an– cora. in: " Bello ragazza. Era tedesca. Capelli bion– di. non troppo corti. Gli occhi belli forte. rare vol– le a,·evo visto occhi co>-ì belli 11 (p. 32). Naturalmen– te. quando p6i si cerca una razionalizzazione di sensa- Descrizione. quindi. di sensazioni fini a se stesse. che potrebbe continuare per migliaia di pagine an– cora. senza mai l'urgenza di uno sviluppo che \'ada da un principio ad una fine. Va1·ii 100,li. di pa1~la1·e tlella 11oesia Il no!ltro è tempo da l\tar– z1ale. E • i tempi più com~ mossi diedero sempre tali documenti cronistorici •. a qiudizio del !-.1azzoni. Ep• pure mai la ~ratica dell'cpi– j.;ramma satirico era cadut,1 in più squallido disu•o. E~ e lacrime,·ole che una COSI prolunJ:ala mancanza di epi– µ:rammi si debba soprattut– to lamentare nella città del– le statue parlanti e spar– lanti. nella Roma di Pa.squi– no e delle pasquinate. Non par pos~ibile che quell'atro– ce rivolo di p~sia utiric11 debba es<:ersi euiccato per <:empre alla caduta del po~ tere temporale, dopo quasi quattro secoli di hbero ~or– e.o. Si sperava che nusc1s<:c di non mcrte allettamento la rispol\'erata fatta da Ma– rio dell'Arco fra 1 tanti car– tu::li appesi a sventolare in– torno all'ard1mento~o torso di Parione. dal primo, in <:ufTragio di Alessandro Vl Bori:ia (13 ago<:to 1501). al– l'ulumo, per Pio IX alla vigilia del 20 i;euembre 18i0. Ma ormai son trascor<:1 parecchi anni !'cnza che quella ba11a,2hcra scelta dt pa•quinate ('.\hrtello. Mila– no) abbia riscosso e solleci– tato qualcuno a riprendere e prose1:uire la p_iù linguac– ciuta delle tradiuoni. '.\ia 1n 1empi di bomba atomica - commenta il dell'Arco - • la c;atira coi suoi colpi re– <:ta della portata di una carabina e turaccioli. E' più ~gi:10 tacere~. Mica vero. Se le ora ammutolite statue parlanti di Roma. per dare il buon cc.empio. da Pasqui– no a Marforio e a madama Lucrezia, riatta~assero a parlare e se la gente, pren– dendoci gusto. tornasse a porgere orecchio allento. dal loro parlottio non potrebbe derivare qualche salace in– <:egnamento, forse p1U te_mi– bilc d1 un articolo di 2"10r~ nale o di una ~ntenza d1 tribunale? Vox populi ... Fino all'Ottocento. anche tra i minori e tra i m1mm1. non erano mancati discreti e!l-empi. E ce lo prova uno dei due librelli che han dato a.v\'iO alla presente nota: ili Epigrammi di. Francesco Proto, duca d1 Maddalont ( 1813-189~). e di Raffaele Pe– tra, marchese di Ca_ccavon.e (1798-1873). trascelti e !"1- "lampati. con raffinato brto. da Alberto Consiglio, nella nuova e ben condotta colla– na di rantà e cur10s1t.à alla in!iegna della Bott~ga d1"1lo an11quar.,o (Cane-.1, Roma. 1960). I\1ente di strao_r_dma– r,o: due per5onagg1, plu eh~ due autori, intorno ai quah rlcord1amo vari cenni di sim– patia da parte di Bened~tt~ Croce. E • in una _ ..oc1eta lf'ttf'raria che con51derava Felice Cavallotti come mae– stro•• ben potevano avere * .\•teno J>ro,ocante, a•-'Orto ed immalinconito fin quasi alla tnst..:zza, ma non ra~– sei,:nato, il Q1111t10 libro di ,:p1g,ram1111 (Roma. fuori commercio. 1960) di Emidio Piermarini vuol essere ri– ;;:uardato, coi quatlro prc– cederlti (Napoli, 1955, 1956, Rom_a, 1958, 1959), com.e •una specie d1 diario poetico, d1 un cultore delle ì\tuc.e e amatore dei Classici, cui - a parte la orprendente sco– perta di alcune oua,•e inc- · dite dell'Ariosto ( Pegaso, febbraio 1929) - dobbiamo, a cominciar dal 1912, poe– metti e d1;,.Joghett1, !avole e novelle, nonche un romanzo, con prelazioni e letlcre e recensioni di Croce, Mazzo– n1, Omodeo, Balsamo-Cr1- ,,elli, Pancrazi. Curioso au– lore, da considerar poco meno che un • poeta in esi– lio• (dr. Flora: Le1rer111ure moderne, agosto 1960), tant'è dissueto. negli spiriti e nel~ le forme. In una nota, egh a,·,•erte che • questo qumto libro può bene unirsi a1 pre– ceden1i lpur cominciali co– me • un intermezzo scher– zoso tra i più amp1i e più gravi volumi •l o stare a se, c~sendo I circa novecento epigrammi in esso contenuti, qua51 sempre rn per(c1to or– dme cronologico, una specie di diario poetico•. Ottocen- 1011antaquattro epigrammi: 5.700 versi (da aggiungere ai 9.700 delle 499 restanti poesie>. Per lui. s1 intende, son 1utt1 buoni. • Ecco ti libro qumto. amici miei. / Se altri seguiranno non saprei. Negli e_p1~rarnm1 cerco pace e obliti, / come d.1s 1 d1 que!to lavorio. / .Triste e parlare a1 d1,·ag~11 e a1 -;ordi.: / .o forse_ e Jtlusto che 11 nuo dir s1 scordi. / E la pace ci ,,iene sol da Dio•· Per noi. una certa scelta conviene pur farla, tra i piu concisi e I pi~ Uuid1. tra gh a r~UII C I malinconici. ,' .I.la ne restan pur tanti, anc he ad essere esigenti, da ripagar della lettura. Tutto gh fornt.!iCC materia da epigramma e, !>C non c1 (ossero quelle altre -199 poesie, si potrebbe_ ?'l– pctere che anche per il Pier– marini l'epigramma è .- più che altro una forma, un'oc– ca<:ione d'arte•. Come ge– nere letterario. lo impiega m ..assai p1ù usi di quelli elencali dal Minturno nellJ sua A rie pol'rica. E se per il cinquecentista l'epigram– ma • motteggia. n!llo_rde, punge, schernisce~ b1as1ma. nprende. ammon1i,ce. con– forta, loda, lusinga •: per il novecentista, r1mp1ange an· che e lamenta, e il tessuto moralistico sul quale s1 muo– ,·e e s'intreccia è piuttosto ,emplice e liscio. Vide giusto il Croce quan– do, in una raccplta d1 ri– flessioni morali del Pier– marini ( Per la vira serena: Vallecchi. Firenze, 1923), .!ienza·voler scoprire crisi e rivolte. av\'enture e confes– ~ioni inesistenti e comunque abusate, e tenendosi pago ai buoni sentimenti e ai sani pensieri chiaramente espres– sivi • nei modi can della cla<:sica letteratura, nei modi che furono cari a Gaspare Gozzi, e con effetti artis1ici 1alvolta assai !elici • - non mancò. pur con una punta polemica contro la iocom– presa e nega_ta • corrente letteratura •, d1 segnalare la onesta e piacevole pre•enz_a di un • galantuomo•. 11 ri– conoscimento (Ctr. Pagrne ,parse, II, 263-265) _non su– pera il limite polemico della designazione, ma .nel ca~o del Piermarini, 51 attaglia anche alla sua fi,i:ura dt ep1- i:::rammista', Leggerlo_ è come ascoltarlo e non gh s1 può dar torto anche quando brontola e piagnucola un 1 Il Pasolini critico di poesia inizia spesso i suoi saggi con secche impera– tive definizioni. che poi sembrerà rimangiarsi o dimenticare ma di li a poc o riafferra. riincastona r.el discorso, con aggiunte anc h'esse definitorie. Vedi Passione e ideologia (Gar– zanti. 1960). ton sai se l'una o l'altra delle due dia 11 colpo di starter: ma certo l'una e l'altra. entro poche rijthe, fanno dialet– tica serrata verso una so– luzione, un giudizio di conclusione. li poeta in ar– gomento è freneticamente spogliato e rivestito. Pa– solini sa già prima dove v u o Ie arrivare. certo. ma dà la sensazione per niente spiacevole. al letto– re. di aver bisogno di tut– to il discorso. di tutta la sua partecipazione per ar– rivare alla fine. al petardo delle ultime righe. Comunque sia. sotto il brillio dialettico. il filo del discorso C a perpendicolo: tra In partenza e l'arri\'O senti l'elastico teso. la lu– cidità persino allucinata. I suoi muri critici :-ono per– pendicolari: mancano i balconi ai quali indugiar– si. abbondano in compen– so le finestre. le luci accese delle finestre. accese e spente, febbrilmente. Ognuno ha un suo modo di scri,•ere saggi critici. di breve o lungo respiro: Pa– solini ne ha uno suo. lu– cido. incalzante. modernis– simo. Legge,·o giorni or sono Poesia italiana det ;,..·o– uece11to (Fabbri editori, 1960) di Piero Bigonciari e per contrasto di metodo mi sono venute queste os– serv3zioni. 1 muri critici di Bij?onciari sono di fu– mo: anzi. non si sentono muri. non ci sono. li lin– guaggio fluttua. ondeggia. silorce. segue le maree e i venti. on è una costruzione ma una con– tinua allusione. un' in· tenzione S('mpre alimen– tata e risospinta. che lo scrittore non vuole esau– rire: l'adesione critica è in stato di trance. di ra– pimento. di godimento. Per parlare di un poeta non c'è mai espressione surficiente. adeguata. e an– zi ogni sufficienza ed ade– guatezza rischia d·essere una limitazione. una col– pa. il <troppo umano:.. del critico: fedele a quest'idea . Bigonciari non fissa nulla. non definisce. non risolve. ma attinge da una sua in– tim:i <visione:.. del poeta secchi ricolmi e traboc– canti di immagini allusi– ve. esaltate, caleidoscopi– che. porta il giudizio a gonfiarsi. a traboccare. 1-: ancora non si ferma. altri secchi di prosa visionaria salgono e seguitano il tra– boccamento, }'ebrezza. Ma e alla fine un segretissimo gioco a due che. sotto la ricchezza lo scialo emo– zionale. si svolge tra cri– tico e criticato, è un'avara incomunicabile chiacchie– rata in cifra. Pasolini ~ioca in pubbli– co, allo scoperto. Il lavo- * tli PIE'l'JCO C'Ul.\T'l'I e dal tafaltro. do"e e uni– ta a che. Non ci interessa molto tutto ciò. lo giuria– mo. ma il Vallone non ha umilmente inteso che que– sto: contare. spulciare. mettere in corsivo. in un suo casto giochetto filolo– gico. o della pazienza. La poesia non c'entra. Qui si parla di <aspetti>. di pic– cola contabilità. di angoli– ni, di strumenti. Eppu– re anche cosi si ~er\'e la letteratura. la cattedra. l'editoria. Ognuno parla della poesia come può: ideologo. sibilla. rag10- 111ere. ro cli Biirnnciari è coperto, personale. personalissimo: lo si sente che lavora den– tro, sotto i temi. cammma con la torcia dell'intuizio– ne negli ipogei del Nove– cento, s'inoltra per budel– li. si smarrisce e si ritro– va. respira grosso. spet– tinato e a,·venturoso: e ogni tanto sorte fuori a respirare ma per subito riscomparire. subito rituf– farsi - nuotatore più che <:amminatore - unto d'un grasso lirico che lo fa inaHerrabile. meduseo. Forse Bigonciari conclu– de di più, alla fin fine. ma per se stesso e per il piacere del poeta scanda– gliat.J. oltre che per lo sto– rico di là da venire che sappia tirare i fili dell'in– tricata lianosa matassa di suggestioni. intuizioni. prove e respinte. accenni e barlumi. miraggi e fol gorazioni: il lettore qui e ora ci resta un po· male. Pasolini invece conclude– rà di meno, forse, ma ora e qui cl dà a leggere qual– cosa. ci dà a capire qual– cosa. e così esaurisce 11 suo compilo di archiviato– re in un certa chiave. di certi fenomeni culturali del Novecento. B1gonciari dà l'impressione {e non effimera) di <cercare>. cercare sempre, inappaga– to. ansimante: e poeteg– gia sul poeta. sibilla in– vasata da \'entose intui– zioni che lo scuotono; non cerca nemmeno di esse– re coerentemente seguito: non e neppure un critico. e un iniziato. 1\ta qualche laminett:1 orfica della sua prosa-poesia contiene. sen– z'altro, frammenti di oro veggente. Infine: i tecnicismi di Pasolini sono coagulazio– ni a freddo. già luoghi co– muni: l'astrusità program– matica di Bigonciari è in– v.ece una sua necessità. Bi– gonciari lavora sotto il li– vello della coscienza: Pa– solini al livello del suo personaggio. Non cerca più: non ha più dubbi. Ognuno d'essi. come si vede. ha il suo metodo. ot– tiene i suo! ;is_ultati. C'è. poi, chi si contenta di aggirare e additare so– lo alcuni Aspetti. della poesia italiana con tempo– ranea, come Aldo Vallo– le ( 'istri Lischi, 1960). Più che critico, il Vallone C uno studioso; lontano e dalla passione e dall'ideo– logia ,innamorato del suo lavoro. E il suo lavoro consiste nel fare l'analisi (grammaticale) dei testi. nel cercare e annotare certe costanti. certe fre– quenze dell'ultima poesia, siano di parole-chiave, sia– no di modi-chiave. dunque in qualche modo rivelato– ri. evidenziatori. Di tanta poesia che ha letto sceglie ed estrae pa– role simili o affini, le rac– coglie. scopre quante vol– te esse sono usate nella opera dei Grandi. come ricorrono nei minori e nei minimi: scopre anche, cal– coli alla mano, quanto <ri~ dere-ri~o> c'è in Carducci. quanto <vedere>, e udire sentire> e e piangere> c·e nella poesia pascoliana. quanto <fuoco-fiamma> in D'Annunzio. E ci dice i ritorni del vocabolo < me– glio> negli ultimi cin– quant'anni di poesia: e qual'era la tecnica delle ripetizioni tn Gor..t.ano. E altre confidenze di que– sto genere. Un solo ab– bozzo di saggio. anch'esso però tutto filologico. su Govoni. Infine. noie e ap– punti sulla poesia d'oggi: cert2 parole. certi modi. certe soluzioni. certe imi– tazioni, certe astuzie. cer– ti manieri!j:mi ritornanti e dunque ormai caratt.erisli– ci. I giov1rni poeti sono pesceti con le mani nel sacco. Vallone mette a nudo i loro grandi debiti e i loro minuscoli crediti. Di quali poeti si trnt– ta? Qui il discorso si com- plica. Vallone. si diceva. non è un critico ma uno studioso. serio fino all'im– parzialità e all'insensibili– tà. Come studioso, pare gli interessino più le pa– role e i moti\)i stilistici che spulcia e assomma (per darcene il conto fì. naleJ che' i poeti che usa– no quelle' parole. quei mo– ti\'i. Così/li troveremo tut– ti. grandi e pìccoli. minori e minimi, veri e falsi. ac– comunati dall'uso di alcu– ne \'OCI del vocabolario. Certi topi non guarda– no che formaggio rosica– no. purche sia. almeno al– l'odore. formaggio. E ve– ramente qui. di poesia. ce • n·e spesso solo l'odore. per quel che riguarda i poeti nuo"i. E per gli altri. i Grandi. ci sono lunghe, precise. sostanziose rese di conti. che ci erudiscono sul numero di volte che la parola x e usata dal tale La poesia si serve an– che facendo la guardia al verbo < ridere >: nessun filologo potrà smentirmi. anche se nessun poeta po– tra mai crederlo. capirlo, accettarlo. I\Ia i poeti. in– fine. a che servono? 1 011 sono più che le cavie dei laboratori critici. lettera– rii. Innocenti da sacrifi– care all'ambizione e al mestiere. L'lJ/.,Tl.110 lllJZZA 1'1: llA('UJ.11'0 E ,IIW.tlCrl * ''Ferrovia soprelevata" Con questo lavoro < Fer– rovia ·soprelevata >1, pub– blicato in questi giorni da!J'Editore Ferriani di Mi– lano che porta come sotto titolo « Racconto musicale in sei episodi JI, Dino Buz– zati ha riproposto il di– scorso sulla sua attività di scrittore iniziata in sor– dina con "H Barnabò del– le Montapne 11, 1933. con– tinuata e affermatasi nel 1944 con « IJ deserto dei Tartari 11 e poi con i suoi famosi racconti (i migliori sono raccolti nel 1958 nei « Seasaflla racconri 11). In questa ,e Ferrouia soprele– vata II Buzzati ci porta nel solito regno del mistero presentandoci. fin dalla pri– ma scena. "Uri pe::zo di cielo dove comparirà. a. me::a aria. un treno scal· ~ina.to in corsa•: un treno c ioè\ ir reale dal quale scen– dono diavoli incaricati di dannare le anime. Uno di questi. Max - un giovane che sembra superbo per– ché non partecipa al chias– so degli altri colleghi - ha il difficile incarico di fare dannare Laura. una giovane castissima che vive tra i monti nella sua ca· setta dove il silenzio del– l'inverno che sta per fi– nire annuncia. con lo scric– chiolio degli « antichi fe– pnami, l'inquietudine del– la primavera 11. Ma si accinge all'opera e - storia di tutti l giorni - si innamora di Laura cosl come Laura si inna– mora del diavolo. Ma la posizione del due nei con· fronti dell'amore è com– pleiamente diversa: per Max l'amore. è. in de8ni– tlva. un tradimento della sua missione di diavolo mentre per Laura l'amore è tradire. nel peccato. la sua spiritualità !atta di so• gno e di purezza. Ma. an· che se la posizione dei due protagonisti è diversa. l'a– more ugualmente trionfa e cosi Max rinnega la sua provenienza e. angosciosa· mente soffrendo. capisce che proprio questo suo amore condurrà Laura al· !'inferno. E così tutto sembre logico e quindi non misterioso ma Buzzati che ama le favole. non può permettere che la logica trionfi ed allora ri– torna il mistero: dopo il sacrificio di ::Max.giunge un messaggero che sorriden– do (,, Su Laura, su Max. andiamo. anime benedeue sono due ore ~he vi aspet– tiamo lassù!... basta che facciamo pres10 ... ormai la =uppa sarà fredda! 1>) in– vita i due innamorati ad andare in paradiso. Questo racconto di Buz– zati - come del resto tutta la sua precedente produ– zione - con il suo elemen– to fantastico. si svolge nel reale: sembra ci0e che la storia possa sempre acca– dere e sia sempre disponi– bile per essere vissuta. Ma per non cadere in trappola occorre subito precisare che il reale nel quale lie– vlfa il mondo dello scrit– tore è sempre carico di mistero: di questo protago– nista invisibile che svol– gendosi segretamente e reccontandosi fa veritiero il reale e fa possibile la storia d'amore di Max e di Laura. 11 reale possiede una luce che - potremmo dire - di ri!Jesso: si svol– ge con le vicende del mon– do. con uom1ni e donne in carne ed ossa. ma questo reale affonda la radice e fiorisce nell'Indefinito. nel– respresso. negli spazi in– terminabili del misterioso. Buzzati non si propone di svelare questo mistero. consapevole che il giorno In cui il mistero venisse ad essere totalmente svelato il suo mondo magico - simbolico. nel quale tutte le allegorie sono possibi– li. sarebbe definitivamente tramontato; anzi lo scrit· tore se ne guarda bene e tiene a rimanere in questo alone fantastico. Per me– glio rimanervi inventa e scopre nello stesso tempo un mezzo pieno di risorse: il così detto motivo del– rattesa. anzi - per meglio dire - Il sentimento del– l'attesa: sentimento dell'at– tesa che è figlio della pa– zienza. cugino della spera.n– za. padre della fiducia. Questo sentimento della attesa ci consente di ve– dere a occhio nudo la di– versa posizione ad esempio tra Pavese. Alvaro. Vitto– rini e Buzzati. Nel primo. i personaggi somigliano a creature disperate. oppres– se. in torma qualche vol– ta allucinata. dall'.:mgoscia (v La. bella Esrare 11); nel secondo. i personaggi sono dei solitari che si slegano. in libertà. da ogni coralità soffrendo ( 1,L'uomo è for– re 'lf); nel terzo. i perso– naggi rinunziano a com– piere interamente la loro storia stanchi e senza ani– ma (u Uomini e no») men– tre in Buuatl i personaggi si salvano sempre dal'an– goscia. dalla solitudine. dal• la rinunzia. Si salvano proprio perché vivono nel– l'attesa di questo mistero senza latitudini e senza confine ma che essi per• sonagti sentono vero quan– to la loro storia. E' l'attesa. in definitiva. che consente al tenente Dorso de II Il deserto dei T" rtari 1, di cogliere il si– gnificato segreto del tempo e il \•alore della vita: è l'attesa che consente di credere nella scienza co– me fantasia ne • li grande ritratto•; è l'attesa del– l'amore che. in questa «Fer– rovia soprelevatou. permet– te a Laura e a Max di es· sere felici. L'attesa. cioè. salva Buzzati dalrangosCia (l'angoscia dei diavoli che vanno per dannare le ani– me); l'attesa salva Buzzati da11n solitudine (la solitu– dine del diavolo Max che so; ne sta solo in fondo al treno). rattesa salva Buz– zati dalla rinuncia (rinun– cia di Laura che vive con suo padre Carlo Stak ma– gistrato in pensione con il titolo di presidente della corte d'appello) e questa attesa si muove con il ba– gaglio della speranza e del– la spiritualità cattolica. La speranza con la quale Buz– uti respinge la cosi detta letteratura della crisi dove spesso. per paura del mi– stero. ci si rintana nel ra– chitismo della noia psico– sessuale e la spiritualità cattolica che. nella pazien– za alimenta la fiducia. fuo– ri dal clericalismo. in una ascetica mistica. strana· mente illuminante e illu– minata. Come conclusione. lo scritiore in questa sua 1,F'errovia sopreleuflta» con un mezzo sorriso. di diver– timento continua, con quel suo stile ricercato e stu– diato. a darci le sue ta– vole nelle quali annegano le malinconie della vita e a cantal'C un « alleluia che consola 1>. Questa materia amorfa non ha ne:..suna ragione letteraria di essere. né. tanto meno. arti.st1ca: ne alcuna ragione p,;ico!oglca. perché ogni interesse :;.pe– rimentale è escluso dall banalità del suo dilettanti– ~mo determinatamente im– moralistìco. Con maggiore pretesa di narrazione. )lassimo Pini pubblica. per la stessa Casa Editrice. un'altra ope– ra prima. L'amorali.tta. de– finito dal segnalibro pub– blicitario « romanzo ... :\la !:ie romanzo non era rero-– ticità letteraria del ~1ur· gia. romanzo non è questa altra noiosa descrizione di esperienze sessuali. per il solo !atto che il titolo pro– metta alla curiosità del let– tore. l'impegno di un fine dimostrativo. L'amoralisla del Pini non riesce mai a costruire un per::ionaggio degno di quel titolo pro– prio per la ,·olontà im– moralistica dello :;crittore che basa la sua pretesa in– tellettualoide su questo me– todo d'esistenza che \'or– rebbe essere la filosofia del personaggio: 11 Il procedì– mento che seguii fu mera– mente interiore. Svalutan– do infatti gli avvenimenti che a\'evano il potere di mettermi m stato d'ango– scia. sarei riuscito. me– diante un procedimento esclusivamente mentale. a bloccare l'origine stessa delle mie emozioni: me :.tesso. Un dato fatto. e\'i– dentemente. assume colora– zioni più o meno fosche. a seconda dell'occhio che guarda. Una volta toltomi gli occhiali scuri. pote,·o essere abbastanza soddi– sfatto dell'efflcacia di un procedimento mentale. Ma c·era un particolare: mi accor5i di non poter dare alcuna valutazìone degli avvenimenti che mi erano diventati tutti egualmente indifferenti» (p. 233). In– teressantissimo quel proce– dimento irueriore in fun– zione soggettiva che sva– luta ogni punto di riferi– mento razionale perché. co– me lo pseudo amoralista ha dichiarato precedente– mente: t1 cominciai a rifiu– tare l'infelicità,, (p. 232)! L'infelicità tutti gli uomi– ni la rifiutano a patto che non scambino la felicità col puro piacere del sesso. In– fatti. il vero amoralist,e fa esattamente il contrario del fantoccio psicologico che il Pini tratteggia. il quale dice: 11: In quel periodo co– minciai ad apprezzare nel– la sua giusta misura il va· lore delle convenzioni su cui si !onda la nostra so· cietà, il pregevole contri– buto che esse portano con– tro il caos dell'animo uma– no lasciato solo con se stesso" (p. 233). L'amara– lista razionale tende a su· perare tutte le convenzioni per imporre il suo compor– tamento come assoluta mo– ralità. Ma è inutile cercare Il pretesto Intellettualistico di una descrizione di stati ft– siologlcl, quando l'unico Intento autenticamente im– moralista di questa scrit– tura è. come nel ca~o del (Contln~ paa. 6l

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