la Fiera Letteraria - XV - n. 52 - 25 dicembre 1960

\ Domenica 25 dicembre 1960 LA FIERA LETTERARIA Pag. 5 "La noia" e la situazione Napolifelicee amara della cultura italiana IL LIBRO DI CUI * SI PARLA * * Non c'è dubbio che n nuovo libro di Domenico Rea, Il re e il lustra.scarpe, apparso in questi giorni presso gli editori Pironti di Napoli, in bellissime. veste, sia uno dei più importanti dell'autore di Spaccanapoli, di Gesù, fate luce e di Una vampata di rossore, ancor– ché non sia un romanzo o una raccolta di racconti; direi anzi - ~nza con questo mettere in discus– e"ione o voler diminuire il valore di Rea CO?lM!narra– tore e la sua effettiva vo– cazione in tal 5enso - che Il re e il lustrascarpe non è soltal}lo l'espressione di un grosso ingegno di scrit– tore e di un fort_e impegno, ma anche, e pf'lnclpalmen– te, di un coraggio oivico e morale, fa testimonianza di come Rea non possa essere confuso con certa mediocre fotteratura neonaturalista postbellica, moralisticamen– te meridlonaleggiante per imitazione o per necessità, e nemmeno col neorealismo ideologico e liriz::zante dei nipotini di Gramsci e di Carlo Levi. di FEHDINA/l'DO 111no1A Interessante quando dice che quest'ultimo « ha sempre avuto la virtù e il diletto di vedere Napoli dall'alto, come Rasti.gnac-Balzac vide Parigli>. Non so sino a che punto sia .giusto nei riguar– di dl Bernarl (e non è questa l'occasione per esa– minare a fondo fa validità di questo riferimento), ma mi sembra giustissima que– sta specie di chiamata di correo per Balzac. In que– sto senso: c'è un mondo napoletano che attende su un piano narrativo il suo Balzac, o meglio un nar– ratore capace di guardare Napoli come un Rastignac poteva guardare Parigi. Giungere tardi all'appunta– mento della recensione dà. oltre ai palesi svantaggi, al– meno il vantaggio di potersi esimere dal raccontino sin– tetico dell'intreccio. Nel frat– tempo il lettore ha appreso dai solerti in!ormatori libra– ri! tutto quello che gli occor– re per poter parlnre del ro– manzo come se l'avesse let– to: si può passare ad altro. presumere una conoscenza !atta e. su di essa. innestare un discorso meno generico ed impersonale. Come ve– dremo. esso ci porterà p:i.rec– chio lontano. di PIETRO CIIUA.'ITI dianz.l, alternando le note di osservazione e di <:.'OStU– me, con pagine di imposta– zione tipicamente saggisti– ca come quelle su Mastiria– ni romanziere, su Salvatore DI Giacomo (una pagina as– sai acuta dove il Rea mette In rilievo con estrema di– screzione i limiti e il fasci– no di un cosi caro poeta, il e difetto di reailismo > compensato dal senso di mite tristezza, di « mode– rata morte > che corre per tutti i suoi versi, il saper vedere • in fondo al cuore della sua gente>, e la ripu– gnanza a e-scendervi dentro e toccare il male e il bene e strumenta.:r,li come richie– deva le loro poderosa vol– garità ... >), quelle non me– nq Interessanti 6Ulla napo– letanità, o se si vuole sugli influssi napoletani in Gio– vanni Boccaccio (« Quaggiù acquistò il vastissimo sen– timento tragico della vita, di una vita in movimento, senza scrupoli, consum.ata dalla e nella azione, senza mezze misure, intesa nel bene e nel male, nell'amore celeste e nel profano>), e quella ancora sulla non esistenza del 'l'omanzo na– poletano («Il filo perduto>), che chi scrive forse non riesce a condividere in pie– no, me dove Rea, a propo– sito di Bernari, ha una in– tuizione veramente assai Che non sia questa la ambizione di Rea? Perso– naggio balzachiano è lui stesso, e nel senso migliore, s'intende, se non alt.ro per– ché del personaggio balza– chiano egli ha la vitalità e lo stimolo inesauribile ad assorbire tutta la orealtà che lo circonda (e questo libro ne è la prova più evidente) senza lasciare residui. Ma naturalmente egli è perso– naggio balzachiano come scrittore, e come scrittore dimostra, proprio in que– sto libro, di ,saper pene– trare in un fondo segre– to, gentilissimo ed atroce nel tempo stesso, nell'anima di una città, amata non soltanto per l'infinita varie– tà dei suol aspetti, ma an– che per la sua angoscia segreta, per il risvolto ama– ro della sua stessa vitalità. Ne La Noia di Moravia. in– tanto. l'intreccio consiste in una catena di minuscoli !at– ti tutti in qualche modo ri– velatori dei sentimenti e del– le passioni dei personaggi, giusto il suo carattere di «r0- manzo d'analisi,.. quasi tipico. sull'altra sponda del « ro– manzo d'avventura .. nel qua– le i personaggi esistono in dipendenza degli avvenirrien– ti, del ratti su cui è massima– mente Impegnata la bravura dello scrittore: mentre la bravura di Moravia consiste sl nel portare avanti come Sisifo, in faticosa ascesa sul– rerui d'una trama dlabollca, il roccione d'un paio di per– sonaggi compatti e pesanti. ma soprattutto nell'interve– nire più spesso che può nel– la v.icenda. con le pinze sot– tili dell'analista. ad isolare particolari psicologici. anno– tazioni e definizioni che ora tengono della diagnosi me– dica ed ora della critica cli costume. La trama esiste e conta, na– turalmente. ma è superata dal peso specifico den·autore. presente e imper:lnte ad ogni pagina: un discorso abbastan– za utile. dunque, può farsi prima di tutto sul modo di applicazione e implicazione di questo autore. di questa terribile suocera dei suoi personnggi, che neppure nei loro più intimi istanti trova opportuno farsi da parte. ri– tirarsi nella sua camera la– sciandoli :i. combinare soli quel che servirebbe, se non altro. 3 definire una ...loro .. solitudine. Macché: la terribi– le. perfida lentezza del nar– ratore. proprio ne La Noia, è lo strumento primo d'una presenza ossessiva. che si at– tua fino nei millimetri dello spazio narrativo. e impecia e catafratta anche gli inter– stizi. di osservazioni e nota– zioni tolte di peso da un dia– rio mentale. sempre sottili e a volte molto sottili. che ab– bracciano psicologia e socio– logia (ricordiamo quelle sul sentimento della noia, sulla psicologia del ricco. del ftnto– povero. del solitario impoten– te aJla comunicazione, e altre sulla pittura. sul diversi .. tempi.. dell'amore rispetto :ill"amore che possiamo met– tere nel tempo, sul telefono, lo strumento che .. !a comu– nicare senza comunicare ... e altre ancora). Una imposta– zione diarlstlca conserva la stessa prosa. arida. C?lencante. che nessuno stilista accette– rebbe come ...stile»: un par– lato letterario che non si apre neppure nei dialoghi. spezzo– ni -di prosa che non vengono da bocche. Tornando alla ossessione rappresentata dall"autore ri– spetto alla sua materia: sem– bra che Moravia tema, la– sciando i personaggi a se stessi un solo attimo. dl per– derne il controllo: che diven- tino altri da come 11 ha dise– gnati sul primo ...cartone .. dell'intenzione. Certo, non si fida dei suoi personaggi: è l'antlromantlco. Noi vediamo Dino e Cecilia attraverso l'autore: nel com– promesso tr::i. psicologia e moralità che è la forma mo– raviana, non c'è spazio per la nostra immediata umanità. Questi personaggi non lascia– no aloni, si consumano nella lettura: non sono ulterior– mente disponibili. finiscono col loro romanzo. Il libro, ne deriva. è senza mistero. fil– mato su un primo piano di evidenze indiscutibili ma inattingibili. n «!olle .. auto– matico della fantasia umJHe– rebbe l'uomo di scienza che è in Moravia: e la fantasia qui non ba spazio, è ghiaccia– ta all'origine dei personaggi e della loro vicenda. Se poi per avventura salissimo sino a questa origine. troveremmo Moravia, nient·aJtro che lui. Una vicenda di /ormicole Lo scorrere del romanzo ci propone un mestiere lucidis– simo. UD meccanismo narra– tivo che, anche restando solo. potrebbe portare avanti sen– za una pecca l'impegno delle pagine romanzesche. Fanta– sia e mestiere finiscono per coincidere. ove sia chiaro che con fantasia è da intendersi quasi l'opposto di avventuro– so e romanesque _eromantico. li cammino psicologico di questi personaggi. e special– mente di Dino, è una vicenda Questo libro ci conferma soprattutto di come Rea, con tutli i suoi pregi e con tutti i suoi difetti - così strettamente intrecciati da :rendere estremamente dl.tfl– cile il districare gli uni da– gli altri -, con tutta la sua fistintività originaria, è uno scrittore cbe va letto so– prattutto in funzione della sua intelligenza e di una ,impostazione moderna del– la sua vJsione della vita e del \Suo stesso napoletani– ~o. che non è soltanto un fatto epiderntlco, o un'incli– nazione folklor,istica, o una passione filiale, ma qualco– sa di molto diverso, un profondo sentimento di una civiltà e di una condizione umena, il senso preciso di vivere in un mondo di una estrema complessità sia su un piano di composizione sociale, sia sul .piano della psicologia e del costume, sia sul piano di una parti– colare umanità, sarei per direi un sentimento com– piutamente storìco, ed è, direi, proprio questo senti– mento storico che impedi– sce alla novella di Ree di condizioni di vita dei suoi abitatori, ogni volta che metto piede a Napoli non riesco a sottrarmi all'itn– pressione di essere in un mondo çhe è assai più si– mile - nonostante le enor– mi differenze di educazio– ne, di cultura, di clima e modo di vivere - a quello di Parigi, di Vienna O di Londra. A Napoli è estire– mamente difficile scoprire la spessa e sorda provincia che sta conquistando Roma o Milano, è facile invece rendersi conto come la ca– pitale conquisti la provin– cia che penetra nel suo seno, la trasforml, fa fac– cia sua, o nella peggiore delle !potesi, la nasconda - come scrive Rea per tut– t'altra osservazione - cnel– le infinite pieghe della sua conbradlttoria esisten– za>. Quanto sopra, del re– sto, venne annotato a chia– re lettere da un viaggietO'I'e d'eccezione com.e il Presi– dente de Brosses. Come Parigi, come Londra, come Londra, come Vienna, cit– tà tipicamente europee, con una loro civiltà e con urla loro funzione, Napoli rie– sce a :fagocitare tutti gli elementi spurii o sempli– cemente diversi che vi con– fluiscono, appunto perché essa è un microcosmo di una estTema complessità e la sua società è un solven– te di una straordinaria po– tenza. Appunto per questo il libro di Rea nella comples– sità e nella div,ersità degli elementi che io compongo– no si presenta come un 1 i– bro straordinariamente ric– co e felice nella sua com– posiziQ_ne e nelle occasioni che hanno fornito allo ,scrittore l'argomento di questi suoi capitoli, legati l'uno all'altro, come dice– vo, non soltanto da un te– ma comune, ma assa·l più da un certo modo di vede– re la vita che non è più il « piitoresco > caro alla let– teratura, dialettale, o meno, su Ne.poli e .sul Mezzogior– no. D~rei anzi che proprio .da questo scrit(ore cosi r-icco d'eslTo e di sp1rito d'osservaz.ione, il'osservazio– ne di talun,i parll.colaTi co– mici e grotteschi della vita, viene oggi, con questo li– bro una nuova Più' che convinta condanna del co– lore e del qualunquismo folkloristico che confinava sino a ieri Napodi e i Na– poletani a un perenne gra– do di 4nferlorità ' rispetto agli altri iteliani e agll altri europei e che facevano s'ca– dere la città tutta dalla sua vocazio.ne di capitale, al ruolo di una incantevole ma inguaribile provincia. MEDAGLIONI ALL' ITAUANA di FRA1l'CESC/J GIUSI * Pomilio: un cattolicosenzasperanza ::~~:gllb~~~i~Ìi ,una tipizzazione risentita e biZZa.r<ra,e allo sfondo po– polaresco d,t diventare mac– cl:ria di _colore, anche quan– do egli si abbandona alla ~stintivltà del suo estro e alfa spontaneità della sua ispirazione. Come dicevo dianzi Il re e it lmtra.scarpe non è un rromanzo o una Taccolta di 'l"Ga:xmti; debto questo biso– gna a:ggiurtgere che è un O·ibro di.f.ficile da defin-rre (ma per fortuna non , diif– fki-le alla dettura: le sue cinquecento e più pagine scorrono, si foggono senza stanchezza l' una d i e t r o ~•altra e questo non è un pkx:olo pregio di una let– teratura i cui adepti aspi– rre.no concordi ad una men– zione nell'albo della noia naz.ionale e internaztonale); esso rraccogHe in,vece il me– glio di una produzione as– sai :folta di scritti « d'acca- sione >, elzeviri, confessio– ni, ribratti, Tecensioni, rie– vocaz.ioni, ricordi, piccoli 5aggi, prose varie, il cui tema fondamentaie, l'unico leit motiv, l'esclusivo filo conduttore è Ne.poli, questa unica i:-:.imitabile città, questa capilale che da cen– to anni si è adattata di buon grado a diventare una cit– tà secondaria in una na– zione che ln fondo le è radicalmente indifferente, che ba accettato questo ruolo secondario da gran signora, e che tuttavia è rimasta capitale nel suo in– timo, pur sapendo benissi– mo ohe le altre sue concor– Tenti non avevano come non hanno alcuna ,possibi– il-ità di diventa'l"lo, né la Roma schiacciata da una storia troppo più augusta del suo pr!;!:Sente, e troppo cosmica rispetto· al ruolo attuale della città, né la Milano troppo chiusa nella ambizione dei suoi pro- grammi economici. Chiedo scusa per questa digressione personale e in gran parte extre-letteraria, ma per disorganizzata che sia, per quanto assai più difficili che in albre città, e talvolta precarie, siano le E' la condanna che pro– prio in questi giorni va let– ta tra le righe della nuova commedia di Eduardo De Filippo n sindaco det rione Sanità, ma che è stata sem– pre alla base della miglio– re cultura napoletana, che seni.a negare o rinnegare il cairattere e le tradizioni della città (cosi spesso del resto forzati e adulterati dal colorismo e dal qualun– qu:smo popo'laregg>ianti dei ou1tori del pittoresco per il pittoresco), di quell'illumi– nismo napoletano che alla sua stessa origine seppe affrontare· con Jncompara– bile dignità i patiboli bor– bonici e sanfedisti, una dignità tutta napoletana, e a questo proposito si ri– manda il nostro lettore an– che alla testimonianza con– tenuta in un rrecente libro di due scrittori francesi Vita napoletana nel XVIII secolo, di René Bouvier e André Laffargue, che in quesbi giorni ha visto la luce nella traduzione italia– na di Rossana Broglio pres– so l'editore Cappelli. Appunto per questa sua condanna del colore e del pittoresco fine a se stesso, il nuovo libro di Domenico Rea (ma non soltanto per questo) ha un significato particolare nella letteratu– ra napoletana e In quella italiana d'oggi. L'acume e lo spirito critico di Rea ha voluto darci con esso una immagine assai complessa della ,sua città proprio nel clima di quella cultura il– luministica di cui si diceva Dante Troisi INNOCENTE D LITTO Un giovane d'oggi, nella contmddi– zione tra il bisogno abilmente eluso, d' espiarn un'inutile colpa ed il tentativo di sentirsi « personaggio » SODALIZIO DEL LIBRO 744 San Marco - Venezia Cercare di dimostrare nella Letteratura italiana contem– poranea la continua e dina– mica presenza di valori mo– rali sarebbe tentare l'assurdo. Ma è tanto affascinante il ten– tativo che non possiamo fare a meno di proporci un ipo– tetico disegno per rintracciare esigenze di impegno morale. Un disegno naturalmente pri– vo di• organicità ma ansioso ver l'attesa speranzosa. ~-,Sarebbe utile andare alla ricerca di queste esigenze morali nell'ultima letteratura itaJiana dell'SOOquando, ca– dute le poetiche manzoniane e ancora vivificante una certa estetica leopardiana, gli scrit– tori appresero nel nuovo co– dice di Carducci un gusto del misurato e un'arditezza del– l'illimitato. Sarebbe utile per– ché dietro la religiosità del Manzoni, la noia del Leopardi e la classicità a varii stadi del Carducci possiamo rin– tracciare una problematica morale tenuta insieme nel Manzoni da un certo Rosmi– nianesimo, nel Leopardi da un'attesa allucinante del me– tafisico, nel Carducci da un dilaniamento interiore, nel quale gli elementi naturali– stici si intrecciano nel pan– teismo lirico. Ma non solo in questi: ba– sti pensare alla poetica del « Fanciullino> del Pascoli, al modernismo del Fogazzaro, al verismo siciliano del Capuana e del Verga e, \'ia via, attra– verso i movimenti minori, al crepuscolarismo di. Gozzano per trovare - più spesso di quanto si pensa - dietro la sofferta necessiù d'intesa tra l'uomo e il cosmo in Pascoli, dietro l'impegno di scavare nell'umano un sigillo per la grazia in Fogazzaro, dietro la psicologia e la soffusa spiri– tualità in Verga, e dietro l:J. ironia distaccata e dolente in Gozzano, esigenze morali in– tessute in un desiderio pre– gnante di vita felice. D'Annunzio ba rappresen– tato poi il fermo e l'assurdo nel quale la « dolce vita• di– venta una vita inutile in quell'adagiamento estetico in– contrastato dominio di ogni altro elemento. Ma la guerra mondiale prima e la Resi– stenza poi in maniera mo– derna - se volete nuova - hanno ripreso i temi dell'esi– genza morale portandoli alla luce con maggiore maturità: la guerra mondiale con le poesie di Ungaretti, di Sla– taper e i • diari di guerra> e la Resistenza e l'antifasci– smo con Quasimodo, Silone, Pa\·ese, Vittorini. Due fatti occasionali, cioè (la guerra e l'antifascismo- Resistenw) hanno permesso alla lettera– tura italiana di riproporsi i motivi impregnati di esigenze morali: morivi che, volta per volta. sono stati la libertà, la giustizia, la pace, l'amore: motivi che necessariamente affondano le proprie radici nella istanza morale. Sul Car– so, Ungaretti prima di essere « pietra del Carso> è un uo– mo che sente nella enigma- tica ermetica una concentra– zione morale fondente e Vit– torini, attraverso la scabrosità di una stilistica, lancia un messaggio di libertà, di felici– tà - se volete di disperata felicità - nella quale tutti gli uomini hanno la possibi– lità di ritrovarsi. Ma il disegno non può con– cludersi qui. L'esigenza morale, come noi desideriamo intenderla in questa sede, distaccata da ogni posizione aprioristica e ·dogmatica ma non da un se– me religioso, necessariamente Trecento si manifesta come inquietu– esemplarl numerati sono riservati agli associaU : d:in<:_. E sarà l'inquietudine di l\lauriac, la tensione di Ber– nanos, e - perché no? - i tentativi modernisti a creare la problematica morale nel nostro tempo. rn questo no– stro tempo che, nella tri– stezza che Io possiede, cova, come la terra il seme, una speranza metafisica nella qua– le finalmente riconoscersi umanità. Ed è questa problematica che è doveroso rintr::i.cciare in Mario Pomilio, uno scrit– tore abruzzese, insegnante che, nel 1954, ha ottenuto il Premio Marzotto per il suo primo libro « L'uccello nella cupola>. In che cosa consiste questa problematica morale di Po– milio? E' presto detto. Sia ne « L'uccello nella cu– pola>, sia nel •Testimonio•. sia ne « Il nuovo corso> la problematica nasce dal senso del peccato, dal dono della grazia, dalla solitudine che alberga tristemente nell'ani– mo e dalla impossibilità di comunicare, negata come è ogni singola esistenza, alla vita comune degli altri. Il senso del peccato è come una croce che pesa e fa cam- minare stanchi lungo le stra– de del mondo. Don Giacomo pensa di peccare, perché, in una ascetica provocante, sen– te che la sua azione di s:i.– cerdote non è legata ai piani della Provvidenza. li commis– sario di Pubblica Sicurezza Duclair pensa di peccare per– ché nel compiere il suo do– \'ere è costretto a dimenti– care la carica di umanità che lo porta al rispetto degli altri; ~a~~~~n~ro~1f°3f~~~ tore del carcere. pensano tut– ti di peccare, chi per ambi– zione, chi per orgoglio, chi per interesse. sbattuti come sono in una caverna buia do– \'C gli uomini vivono insieme senza vedersi. Ma don Giacomo ne "'L'uc– cello nella cupola• alla fine risolve la macerante tristezza del suo peccato CCII la gra– zia (•la luce, si disse, non rivelerebbe la sua presenza· se un ostacolo, interrompen– do il cammino, non s'illumi– nasse di essa: e allo stesso modo la grazia, dilatandosi senza fine, resterebbe ineffi– cace e forse inutile se non trovasse nella natura del- l'uomo, nei $UOi affetti, nei Si c'è Dio, si c'è la grazia, suoi stessi difetti il luogo in si c'è l'umanità che si riscat– c11i manifestarsi•); il com- ta nell'amore ma l'uomo ri– missario Dudair ne • Il te- mane solo nella sua tristezza stimonio > risol\'e l'angoscia accorata che invade senza in tenero bisogno d'amore, chiedere, lenta come un fiu– rappresentato magistralmen- • me che cammina largo verso te da Pomilio nella telefo- la foce. E questa problema– nata alla moglie Madaleine tica si lega religiosamen1e ai f• Oh Madaleine! E anch'io. valori morali, e supera, ad Eppure anch'io non lto che esempio, la posizione di Buz- ~i i~~~~;1th7o n;~:;~n~l[i~~ zatti che come ha detto Va- pagine de "' n Testimonio• lerio Volpini e tende a deter– (« Un'allra veritd, wi'altra minare un clima•· Supera il morale, un'altra giustizia... clima perché Pomilio - co– :.arebbe tucto cosl facile! Ma me egli stesso ha detto - si c'è quest' alcra giustizia? •J; propone di scavare nelle ed infine, il peccato di una • nostre radici più profonde società uniforme e mediocre ed invisibili •· sembra miracolosamente li discorso per Pomilio, scomparire ne « Il nuovo cor- fauo solo per cenni, natu- so • quando l'improvvisa ed ralmente non vale per affer- inaspettata ventata di hber- mare che i valori morali tà dà un senso nuovo alla siano detennìnanti nella Let– vita; la vita di tutti i giorni, teratura Italiana Contempo– alla vita di tutti gli strn.ti ranea, ma soltanto per indi– sociali, alla vita nella quale care modestamente agli scon– il gioco della fantasia diven- solati e ai pessimisti che ta nella libertà un interiore qu:i..lcosa nella nostra cullu– bisogno umano di vivere. ra esiste: qu:i.lcosa che oc- La problematica di Pomilio corre salvare e che ci per- logicamente, malgrado gli metterà, forse domani. di sforzi, però è senza speranza. testimoniare più compiuta- L'uomo è solo. mente il nostro tempo. Piccola biblioteca Breve storia della Musica, dl Alfred Elnstcht - Ed. La Nuova lta!Ja Firenze, p. 350, L. 3000. Questa breve e concisa sto– ria della musica che ha già avuto diverse edizioni in Germania, Olanda, Inghilter– ra, America del Nord e del Sud, vide la luce per la pri– ma volta circa tren1a anni fa. Lo scopo dell'Autore nello scriverla non fu quello di dare liste di nomi e di date ma di presentare un quadro dello sviluppo della musica in generale, la forma storica di tale sviluppo e la figura di qualche grande maestro: da ciò l'unità di questo la– voro che una massa di par– ticolari cronologici e biogra– fici avrebbe distrutto. ri L'~hera ~~ d~~~ita aa ~~t~~= scenza di alcuni fatti della storia musicale ed abbiano già ascoltato - ascoltato at– tentamente - esecuzioni di musica pre-classica, classica, romantica e moderna. A che vale, infatti, ad un lettore una storia della musica se la musica non fa parte delle sue esperienze? E la musica d'oggi non meno di quella del passato. La musica d'oggi spiega quella del passato e non viceversa. Alfred Einstein nacque a Monaco nel 1880 e morl al El Ccrrito, Cal., nel 1952. Allie– vo di A. Standberger e A. Beer-Walbrunn. Collaborò con numerose memorie a « Sam– belballde der internat. Musik– gescbichte >, « Zeitscbrift fiir Musikwissenschaft • e ad al– tre riviste. Tradusse in te– desco il Teo.tro alta moda di B. Marcello. Dopo la morte di H. Riernann curò molte edizioni del Musik-Le.xikon e pubblicò una edizione tedesca riveduta del Dictionary of Modern Music and Musicians di A. Eaglefield-Hall. n Romanzo dJ un giovane povero, di O. Feullict - F.lll Fabbri cd., L 500. Due sono i modi di fare letteratura per i giovani c, in particolare. per le giovani. Scrivere, inventando trame e situazioni nuove oppure ri- scrivere, ma ricreando, quel che, nel genere di letteratura inglese « tipo ottocento .., c'era di buono, se pur se– miasfissiato da enfasi re10- riche e da lacrimevoli sdol– cinature. Questa seconda via è sta– ta seguita, felicemente, nel rendere a nuova e più mo– derna vita quel « Romanzo di un giovane povero • che fu lettura cara alle adole– scenti di tanti anni fà. E di vera ricreazione arti– stica si tratta. Poich6 que– sto romanzo, per le sapienti cure di chi l'ha riscritto, per la collana « Libri deliziosi•• ba perso l'enfasi e :i.ccentua– to, in modo singolarissimo, le caratteristiche che ne fan– no un ottimo saggio di buona lettera tura giovanile li Balletto classico, di J. Selby– Lowndes - F.lll Fabbri ed., L. 600. TI libro inizia col descri– verci la scenografia della e BeUa addormentata • e ci spiega poi come è stato crea– to l'incantesimo d'una rap– presentazione che raggiunge le più alte vette dell'arte. Per il resto, la storia rac– conta la nascita di un ballet– to con tutte le difficoltà, le lotte, le ansie, le prove, i contrasti che subito si rive– lano per i protagonisti, La storia di questo balletto fa– mosissimo e rappresentato tutlavia da poche compagnie di fama mondiale, risolve molti interrogativi e molte curiosità che ciascheduno si pone sul difficile tema della danza. Non è, questo, un libro per gli specialisti e i conoscitori; è un libro per tulli gli aman– ti dell'arte e di questa arte in particolare. F. F. ARMANO SCHWINTE', • Brin t:rit > - Ed. Subcrvie, Tutto il mondo è paese e la provincia, questo dato. spi– rituale che, sotto il profilo letterario, pare sia un ap– pannaggio più corposo e de– teriore, almeno per la proble– matica recettività e per l'al- trettanto problematico scam– bio di idee, dell'Italia, sem– bra prosperi in\'ece come lo– glio vigoroso anche nella Francia cosiddetta d'a,•an– guardia, a far da contrap– punto umoristico ed a smen– tire, almeno nelle sue ma– nifestazioni più scopertamen– te pacchiane, l 'imm:i.gine co– moda di giovani letterati e di un pubblico passabilmen– te provvisto e smaliziato delle letture « a la pàge •· Ce lo conferma clamorosamente un libro di un narratore al– le prime armi, •Brio d'Osier• di Armand Schwintè, nei con– fronti del Quale l'uso di una generosa quanto deplorevole indulgenza e la solita acco– glienza di maniera sarebbero gesti fuori posto. Vediamo perché: il roman– zo in questione è una me– lens:i. e sdolcinat:i. « olla po– drida > di cattivo gusto, im– perniata sulle avventure di un cacciatore rimasto impa– niato nei visco di una spe– cie di fata di boschi, figlia di un bracconiere, dedito com– pletamente alla caccia di frodo ed al vino, che incru– delisce vicppiù contro l:i. consorte ed i numerosi 6gli che vivono « nella pili squal– lida miseria•· - A questo punto il padre snaturato (se non altro l'au– tore conosce l:l sapida cucina del feuillctton narrativo di 50 anni fa e gli è Ijimasta nella mente la soccorritrice ricet– ta) viene preso da un amore incestuoso per la 6glia, ma questa. di nome Brin d'Osier (da cui il titolo del libro) lotta per s:i.lvare il suo onore e trova alfi.ne la sua felicità tra le braccia dcli' amico cacciatore. Come si vede, non manca proprio nulla. TONINO GIAGNACOVO MIRABIT.IA URBIS ROMAE - Uao Carlotti - Edizione A. Belardetti. via della Conciliazione 4, Roma Amore la lingua latina e familiarizzarsi con le diverse e mirabili espressioni della potenza del suoi prosatori e della smagliante sublimHà del suoi poeti è senza dubbio una profonda soddisfazione intellettuale; offrire il lin– guaggfo latino ai turisti è certamente un maggiore compiacimento. oltre che una arditezza originale, che me– rita ogni plauso e ammira– zione. Sono dieci passeggiate <it1- nera) per la visita dei mag– giori monumenti e luoghi storici di Roma: dau· ..area Veneta.. (piazza Venezia) fino all'ocArea Petriana .. {piazza S. Pietro) è UD inte– ressante e brfoso susseguirsi di visite alle basiliche. ai musei. alle pinacoteche. al palazzi Gontuosi. e l'Autore nel suo fatino vivido ba sem– pre l'espressione brillante. artisticamente e religiosa– mente precisa e sa .ravvivare e commuovere, trasportando il turista nel mondo arcano, che ha gli echi solenni del– l"antica Roma e le risonanze mistiche della vita della Chiesa attraverso i scco!L Lino Graneri: • Farfalla senz'ali • - Romanzo - Amicucci Editore - Pa– dova • pagg. 308- L 1.000. Luciano Anceschi: e Baroc– co e Novecento> - Saggi Rusconi e Palazzi Edito– ri - Milano - pagg. 270 L 2.000. Aurelio Cannizzaro: • Con i primitivi delle Mentway > l.SM.E. - Edizioni Mis– sionarie - pagg. 278 - L 700. Carlo Felice Zanelli: « I topi e le stelle > - Rac– conti - Cappelli _ Bolo– gna - pagg. 214 - L 1.000. Ludovico SUvanJ: • Viviaa Miller di Madras > - Ro– manzo - Casa Edìtrice Ceschina _ Milano - pagg .. 350 - L 1.000. Donata Chlomentl Vassalli: • l fratelli Veni > - Sto– ria - Casa Editrice Ce- B~".'."r: 2~&"."o - pagg. di !ormicole logiche. una li– nea viva di punti incatenatl. quasJ un solo punto, una sola formica còlta in attimi sue• cessh•i da un Immobile obiet– tivo lasciato aperto. dal nido della mente direttrice al nido della conclusione senza un arbitrio, un dubbio, un vuo– to. Ma anche senza fantasia, come appunto è la formica: o meglio ancora. secondo una fantasia incatcnat.a. guidata. In Moravia si compie. e forse ancora solo in lu.L lo sfotto dcl.la compatta. solida costruzione narrativa. natu– ralmente e volontariamente ancorat..3 a una tr:i.dizione che diremo ottocentesca per no– stra comodità. senza com– promessi interiori di diverse intenzioni e suggestioni. ll discorso deve partire di qui: Moravia « sa Care un roman– zo..., sa impostarlo. condurlo e in qualche modo risolverlo. ora meglio ed ora peggio. ma sempre con solidità e com– pattezza: è questo ancora il suo grosso pregio, ed è qui che egli incontra il favore complice del pubblico. per il quale sia chiaro che Il dopo– Joyce (un dopo culturale, non storico) risulta lettera morta. Un pubblico. diciamo. immobile come il suo autore. MQ.ravia è ottocentesco per quel suo, già notato, essere sempre presente, per quel te– nere i personaggi alla briglia più tirata, intcn•cnendo a suo compiaciuto piacimento per interloquire col lettore, per indicargli o sottolineargli qualcosa. per far passare il tempo tra un !atto e l'altro, secondo un modo paternali– stico che ha fon;e il tempo stesso del romanzo come ge– nere tradizionale. Il diarlsta in lui, è all'erta per rubare il tempo e le pa– role al romanziere, e questi le riafferra. ritira a sé la cor– da: in una virgola, a volte. è il segno esteriore del conti– nuo tira-e-molla. L'inizio de La Noia è un brano saggisti– co. ma lo dobbiamo molto più esattamente chiamare diari– stico: Dino prende a narrare in prima persona dopo che in prima persona Moravia ci ha intrattenuti sulla e noia> esam!nandone la natura e Je conseguenze: in un modo che, ci accorgeremo, rischia di esorbitare dal romanzo; in un modo certo interessante ma superfluo rispetto a quan– ta noia (e a quale noia) verrà in seguito romanz.ata. ll brano di bravura cliaristica dell'inizio è ad ogni modo l'unico momento «folle,. del romanzo, che vada un po' più in là: è Moravia che si an– nuncia con la tromba delle definizioni. La vicenda si stringe immediatamente dopo alla sua nudità di avventura immobile. a tesi. che alla fi– ne non avrà approdato a nul– la. non avrà dimostrato nulla. non lo avrà neppure tentato. ma è nondimeno un'avventu– ra a tesi, la noia. e antitesi. il sesso. Noia e sesso: il lettore ar– !ezion:i.to di Moravia ritrova gli ingredienti ehe. in un im– pasto o in un altro, già da tempo conosce: non è mai stata infatti gran che origi– nale la tavolozza tematica di Moravia. Si ritroveranno an– che i personaggi del .. reali– smo• moraviano, che illumi– na un anormale non tanto vi– zioso o immorale quanto pro– prio clinicamente anormale. Dino è un maniaco, se andia– mo all"osso, cui Moravia ten– de a dare da fuori. una di– mensione sociale e una esem– plarità psichiatrica. Sua ma– dre è meno anormale ma in quanto è anche meno perso– naggio. Quanto a Cecilia, la bambina-donna. è un ...mo– stro decorativo,. (ce la defi– nisce l'autore stesso). !oroo neppure rara nella realtà del– la vita ma da Moravia porta– ta per gradi logici a un gra– do tale di caratterizzazione che mentre ne fa .,,il più ro– manzesco,.. fra tutti i perso– naggi de La Noia. contempo– raneamente ne fa un'astrazio– ne. un manichino lmprob:i.bl– le. La ..distruzione della don– na.._ dato costante di Mora– via. raggiunge In Cecilia il compiacimento; essa diventa uno stemma, un simbolo, nel– la sua rivolta personale con– tro la borghesia. le abitudinl le tradizioni, l"amore. l'ani– ma stessa della società bor– ghese. Cecilia non è morale, non è venale. non è buona. non è cattiva. è tnafferrabllc, indecifrabile. inespressiva: è sesso. infine. Tutto qui. E qui è la sua anormalità. Ma è meglio dire: qui è l'anorma– lità di Moravia. riverberata su questo personaggio medu– seo che incenerisce ed uc– cide. Corruzione della " ninfetta., tn Cecilia assistiamo, sul ricordo scoperto della bam– bina-donna creata da Nabo– kov. ad un interessante espe– rimento cli esasperazione e corruzione de 11a corrotta ..ninfetta.., creatura là viva, vera. qui portata all'ultimo grado di intellettualizzazione. Mor:i.via , dopo Nabokov. cl vuol condurre .,dopo la nin– fetta ... Questo robot erotico è la fantasia senile. ultima, di un .. realismo ,. che, ormai pos– siamo dirlo. è Irreale, che non ha contatti con la realtà. non diciamo col fatti possi– bUi mn con i personaggi quali possono essere anche al massimo di tlpiclzzazJ.one. E' irreale questo ipersessuali– smo passivo. che pretende identificarsi con una vita In– teriore. E irreale è la noia di Dino, che rispunta caparbia– mente dalla volontà d1 Mora– via. di gelare un personaggio che tende. lo sentiamo. a prendere il volo. a diventare umano, a .. realizzarsi,.. Il procedere di Moravia dentro i suoi personaggi risulta un bloccare la loro possibilità di svolgersi secondo quel mini– mo di naturalezza che per– metta e sviluppi delle alter– native, delle aspirazioni d!– verse da quelle, emblemau– che, libresche. appioppate lo– ro da Moravia. E" dove l'autore allenta la tensione. dove si prende una vacanza di pagine d'impres– sione. e pesca nella Roma piccolo-borghese una fami– glia comune. è là che qualche personaggio riesce a spuntare portando con sé un po· del calore dell'ambiente: e saran– no personaggi di semplice contorno (la famiglia di Ce– cilia) ma distesi. rilassati in un commento che non li pri– va di povera. semplice. reale umanità. c·~ però da dire che queste sembrano, nell"inse– me del romanzo, delle pagine d'evasione, dove Moravia la– sci la penna a qualunque bravo realista di genere. E' ciò che avviene In ogni nar– razione impegnata in una di– rezione di volontà: che le parti migliori risultino, sot– tratti gli orpelli e la comp!a– eenz.a all'orpello del lettore impegnato. rim.ltino quelle dove s'attuò il disimpegno spesso involontario, la libera– zione dell'autore, la « libera uscita .. direbbe l'amico Piaz– zolla, dell'autore alienato in uno schema. 1 promessi sposi non riserbano la stessa sor– presa, a saperli leggere? In complesso La Noia sem– bra un romanzo fallito in quanto romanzo. Moravia non è sempre Moravia. E' un ro– manzo, infine. .,,di riposo•· che ci viene dall'alto di una posizione ottenuta e salda– mente tenuta. con tutta l'ap– parenza di essere ben lungi dallo scadere. Certo. con questo libro un Moravia gio– vane non s'imporrebbe: è crudele U pubblico con i principianti. E' crudele per quanto diviene poi docile. re– missh·o. nei con!ronti degli arrivati. Specialmente degli arrivati che lo rappresenta– no. La borghesia lettrice ita– liana. è quasi ovvio dirlo, ha in Moravia il suo vertice; egli è padre e figlio d"un gusto, d'un pubblico freddo. annoia– to. esternamente corretto e intimamente morboso, d'una borghesia di impianto catto– lico e di soluzioni laiclstiche. ottocentesca. pignola. rivolu– zionaria a parole e anche co– si con calcolala cautela; rivoluzionaria. vorrei clire, per insoddisfazione persona– le. economica, spesso banal– mente sessuale. Di questa borghesia Moravia è lo spec– chio. il padre e 11 figUo. E in questo specchio finisce. non si origina qualcosa. La vita per certuni è noiosa e piatta sen– za ~sso: come i romanzi di Moravia sarebbero noiosi e piatti senza lo stesso cond!– mento. Moravia riferisce, si è detto, di una alienazione: bi– sogna però aggiungere che può farlo in quanto La testi– monia intimamente. L' a.s/ìssia che stiamo vivendo C'è J'alfe'TlGZion-e ctel mar.tl – smo, che si nutre esCIUS1va– mente di /utt1ro, e ce n'è un'altra, del laicismo borghe– se_, che rimanda al passato. congiunte idealmente e pra– ticamente dalla comune ne– ga....'ione del presente. I due opposti, liberati dal dopo– guerra, si sono legati e or– mai sono giunti a confonder– si. Questa paradossale auean– za degli opposti apparente– mente inconciliabiH non é avvenuta solo sul fronte cut– turale ma qui ha avuto la sua massima evidenza. Essi dl– spongono df tutti pii appara– a e i mezzi per sostenere la loro posiztone neaanva, esctu– dendo il presente. del presen– te tutto ciò che non sia alle– na::ione e paradosso, cioé la realtà. la vita •libera-.: sono con potenti che, in pratica, dtSpOngono della nostra cut– t-ura, ne hanno fatta la loro nserva di cace1a, il loro stru- ~~!fu~~ù :aw: 0 1~~~0~':!: e alleati contro la realtà. Per tale paradossale congiunzione (cui dobbiamo un dilagante senso dell'assurdo), Lampe– du.sa e Ba.ssani paiono Jon– deTsi in un solo Gattopara.o, Moravia può e anzi vuote sembrare marxista; ancoro per essa, ed1tona e tniz1at1va culturale sono ormai biocca- ~~!r;;:::i~"n~ e :ro~~=:.· condtz1onano il pre.sente ten– dono ad 1mpedtre che' esso nasca oltre il loro potere a1 controllo: riescono perfino a convincere che oani reazione non è che cond1Z1onamento estremo ma automattcamente iscritto a ntolo. Si potrebbe parlare di paura o di odio o di incomprenstone deL pre– sente, della Tealtd., dei valon non politici. non economici: ma di qui cominciano le de– ~uzioni personali. Una cosa e certa: 14 nostra cultura su– bi.tee l'imposizione massiccia di una crisi dei valort Noi che siamo il presente tnassumibile nello schema, non abbiamo aria da respira– re; a noi purtuttavia esisten– ti, schiacciati ma vivi tra f due e.stremi affiancati, pare penneua .solo l'alienazione della polemica o quella deI silenzio: la vita naturale non ci è permessa. Quando gLi estr~mi vengono o conpmn– aern, la metà diviene una e.spre.sstone retoricci, una pu- {continua a pagina 6)

RkJQdWJsaXNoZXIy