la Fiera Letteraria - XV - n. 49 - 4 dicembre 1960

Domenica 4 dicembre 1960 L ·/\ F J F R A J F T T F R A R i A ---------------------- :...:.:...:...:_ __ _____________________ _ SCOPERTE NELLA BIBLIOTECA COMUNALE DI BOLOGNA * Martedì Letterari PHXX GONCOUHT JL960 * Tre liriche inedite n calendario deì "Marte– dl Letterari., 1960-61 è co– me ogni anno vario e tolto di ottime pre.:en.e interna– zionall Eccone l'elenco: Vintila Horia e l'Italia di Uesare Arici 29 novembre. Ignazio Silo– ne - (La condizione dell'uo– mo nella prospettiva del be– nessere); 6 dicembre, Carlo Bo, AC. Jemolo - (Il catto– licesimo in Italia. oggi "dia– logo,.); 17 dicembre C6aba– to). Ilya Ehenbourg - (Les spoutniks du coeur humain1; 20 dicembre, Giulietta Masi– na. Emilio Servadio - (Psi– cologia dell'attore ..dialogo ..); 24 gennaio. Pier Luigi Ner– vi - (E6pressività dell'archi– tettura strutturale dal gotico ad oggi "con proiezioni); 31 gennaio, Eugenio Medea - (Come e perché sl ride); 7 febbraio, Vittore Branca - (L'alba del romanticismo e del Risorgimento italiano "Il Conciliatore,.); 21 febbraio, Diego Fabbri. Thierry Maul– nier - (Autori e traduttori ..dialogo,.); 28 febbraio, Jor– ge Guillén - (Federico Gar– cla Lorca); 7 marzo. Jean Daniélou S.J. - (Le probJè– me religicux dans la pensée contemporaine); 14 mano. L. Bernabò Brea - {Ricerche archeologie.be italiane nell'I– sola di Lemno ..con proie– zioni . .>; 21 marzo. Mario La– broca - (Ricerca di nuove espreS6ioni nella mll6ka di oggi); 11 aprile-. Antonio Ce– derna - (La salvaguardia del centri storici e lo sviluppo delle città); 18 aprile, Re– nato Guttuso. Carlo Levi Con Vintila Horia sta accadendo un fenomeno tutt'altro che singolare, per quanto paradossale passa apparire: ci si ac– corge di lui. in Italia, ap– pena dopo il recentissimo riconoscimento francese. Eppure, egli non solo ama appassionatamente l'Italia da oltre due decenni, da quando una prhna breve visita ad Assisi nel 1938, apri aJ ventitreenne scrit– tore romeno e una nuova prospettiva sulla vita>, e per poco non gli volse la vocazione verso un più calmo approdo francesca– no; ma già nella Romania favolosa di ieri, dove diri– geva una rivista e una col– lana di letteratura, e poi, nel dopoguerra, in Argen– tina e in Ispagna, dove di– resse altre riviste e col– lane letterarie, collaborò a periodici vari, tenne conferenze e conversazio– ni radiofoniche, Vintila Horia mostrò un affettuo– so e costante interesse per Ja cultura italiana. specie contemporanea, i cui valo– ri. che a lui sembravano rpiù autentici, illustrò e di~ vulgò in un'in[inità di iniziative feconde. tila Horia e pubblicata l'anno scorso, in collabo– razione con Jesus Lopez Pacheco, a Madrid. Essa raccoglie, con testo a fronte, le migliori liriche di Dino Campana, Saba, Ungaretti. Cardarelli, Mon– tale. Quasimodo, e giù giù, fino a Margherita Guidacci e Bruno Nardi– ni. Vi sono dimenticanze o presenze superflue; ma lo prefazione, che firma Horia, è un modello di Ol'– dinata rassegna critica, nonché, ancora una voi ta, una testimonianza di pro– fondo affetto per la poe– sia italiana d'oggi, eque · supo y sabe defender to– davia la libertad de ser hombre>. * di illlltCEA POl'PSCll Consultando nella Biblioteca Comtmale di Mantova la leltere manoscritte indiriu,ate da vari corrispondenti a Ferdi– nando Arrivabenl: - insigne dantofilo d~l primo Ottocento, che Foscolo, scr,wmdo a Marzia Martinengo Cesare.sco il 24-25 novembre 1SfJ7, de/inl • legislatore ozioso, giudice af– faccendato, poeta, e critico, e innamorato, piccolissimo di co!''PO,e grossissimo di testa, e grandissimo d'ingegno• - m1 ~ accaduto di rinvenire, allegate alla corri.sponden1.a di Ces!Jre ~rici, t~e liricl1e del poeta bresciano composte in rm penodo imprecisato, ma certamente - come vedrò di cliiarire più a!,a~tti - dopo il 1815 e prima del /819: esse sono con– tr_add1~t1nteda quelta .soavità melica, da quella morbidezza dt tom e, da quell'aria di corretta classicità che sono insieme le prerogative e i limiti dell'autore del e Corallo •· Si tratta di due sonelti, entrambi dedicati all'Arrivabene e di un'ode, in cui si parla .sempre dello stesso Arrivaben~ !7fa più spesso si esalta un non bene identificato Francesco, tI quale, da quanto si può arguire leggendo la poesia, ospitò - una .sera d'aprile di un anno imprecisato, ma cl1e può essere, come si è detto, delimitato in modo abbastanza stretto - u!I nutrito gruppo di artisti mantovani e bresciani. Al term,"!e della riunione conviviale, Arici probabilmente im– provvtsò le tre liriche che poi ebbe modo di perfezionare nella sua abitazione a Brescia, donde le fece recapitare al– l'amico fraterno. Il primo sonetto, intitolato e Visitando la Mortella•, dice: Campestre albergo, che di Nando il primo Vagito udisti, e lui nutrivi adulto Saluto ogni tuo passo ogni virgulto E un caldo bacio sulla foglia imprimo! Lontan dal patrio tortuoso limo, D'aura corrotta a te non giunge insulto; Ond'è che al suo si:rnor santo nell'imo Del cor di te sta desiderio sculto. Tu non sai qual d'umane aspre vicende Straziollo ambage, e quale entro il tuo seno Di lunghi danni refrigerio attende! Qui solinga vivrà premio a se stessa Quell'alma bella, e avrà la pace almeno Che 'l mondo nega e la virtude oppressa. Gli accen,u ali'«ambage • • d'umane aspre vicende• clie 11annostraziato l'amico e alla • virtude oopressa • lasciano intendere che il sonetto è posteriore al 1815.anno in cui il tramonto dell'astro nar,oleonico provocò una serie di sosoet– tose e petulanti inchieste sull'artivitd J?iacobina del critico mantovano, il quale del resto Rid nel 1800. cio~ durante la parentesi del dominio del Bonaparte in ltalia. era stato con– dannato da1.?liAustriaci alla deportazione., prima a Sebenico t, poi a Peter-Varadino, quale • Rran democratico, predicatore dell'albero, sostegno del circolo costit11zionale. sprezzatore dei sovrani, et insultntore ardito della Corona e della reli~ione •· Ed ecco il testo del secondo sonetto, c1te reca il titolo • Stans pede in uno• : Questo è il divo Alighieri. Al suo concetto D'amor di riverenza il cor mi trema; Questo è il · forte suo stile, onde all'estrema Età del ferro ricreò diletto. Me tuo discepol vedi e nell'aspetto D'uom che intenso desio tacito prema ... Deh tu mi guida o padre ond'io non terha Seguirti ove lo andar sol' m'è sospetto. L'ira divina e 1a morta] caduta De1la cittade che squarciò ]e fora Onde uscl l'alma per Giuda venduta, Sempre m'è innanzi ed a cantar mi sprona ... Tu per lo calle ond'uom se stesso onora Se mi sforzi a seguir, n~n m'abbandona. La prima terzina t un riferimento abbastam.a chiaro alla • Gerusalemme conquistata• che Arici evidentemente stava comi,onendo Come mai questa invocazione a Dante t fatta nel nome di Arrivabene? Senza dubbio Arrivabene - ~r quanto non avesse CCJmposto né • Gli amori e le Rime di Dante•, che sono da considerare la sua opera pill signi– ficativa, né • li secolo di Dante• - era stimato come lo studioso vivente più autorevole de.I ca.ntore di Beatrice. Questo il testo dell'ode : Dolce e crudel memoria Che nella fervid'alma Il sublime pensier vai ridestando Di nostra spenta Gloria, Perché, se inetta calma Sui servi fianchi irrugginisce il brando, Perché godi in ta1 giorno lrroqui•ta al eor farmi ritorno? Ogni bella speranza Noi già perdemmo, ~ Ve.J:l, . • Di quel tesar, che Libertà St chiama, E di lutti ne avanza L'inutil pianto, il fero Immaginar, la violenta brama, Ohe in ogni italo petto Un solo fanno ed il più sacro affetto. Ma che perciò? la terra Notte non copre eterna; E non dei nembi ognor l'adriano flutto Soffre l'urto e ,la guerra. Sempre a vicenda alterna n ben col male, ed il piacer col lutto. Questa è immutabil legge, On~e l'impero natural si regge. Di Libertà perduta Di presente servaggio, Persecutrice idea, tregua per poco! A me dell'abbattuta Alma di gioia un raggio Scenda e l'infiammi di novello foco: Ch'ove 0 Amistà sorride . Muto è il dolor ch'ogni allegrezza anc1de. Fra i nappi coronati Delle falernie spume, . E fra gli scherzi geniali, a noi Appresta oggi beati Ozi propizi un Nume! . O Francesco gentil, ne' lari tuoi: Di momento felice E' figlio questo canto, e a te s'addice. Odi la rondinella Che a noi fischiando intorno Gode il reduce aprile, e lo saluta: In cerca di più bella Terra e più fresco giorno E' da torride zone a noi venuta; Ch'in traccia del diletto Spinge Natura ogni creato oggetto. Ma rapide fugaci La gioia al senso ha l'ali, E saggio è sol chi, mentre può, l'afferra; Ché al suo fuggir d'edaci Cure torna e di mali Schiera infinita a strascinarti in guerra, E a maggior duol ti resta Del negletto piacer l'ira funesta. Non vedi come liete ~~~~e legi~r:;:e èe l~a~~~eggian l'acque? E come blande e chete L'aure educendo vanno La molle rosa che coll'alba nacque? Incanto è di Natura ... ! Ma l'incanto fatai passa e non dura. Ben tosto a lui succede Carco il verno di gelo, * di IIARIO CATTAFESTA Che 'l ruscello imprigiona e l'erbe uccide; Ed Aquilon, che riede A far nemboso il cielo, Nelle foreste cupamente stride. Squallida intirizzita Giace inerte la terra e senza vita. L'ora lieta presente Godiamo e il ben ch'è certo, Senza tormento di destin futuro. Pur del Sofo il veggente Occhio dentro l'incerto Vorticoso avvenir diventa oscuro: Né per l'umane brame Mai del futuro si squarciò il velame. Salve! dunque a te dico Salve! gentil Francesco Che a me di tanto giorno il piacer doni! E salve, o stuolo amico, Che il festevole desco D'ospitale Amistade oggi coroni! Perché Fernando intanto Pur non ricorda la paterna Manto? Sull'orobica vetta l'ilinistro a San te leggi Lui tiene Astrea. Viva Fernando! Vivai E tu, soave auretta, Ohe a noi d'intorno aleggi, Vanne, festosa ai mio bel desio in riva; Vanne, e gli auguri lieti Del German degli Amici a lui ripeti! Qui i limiti cronologici delle liriche sono fissati con maggior precisione. Intanto il rimpianto della perduta Libertd conferma clte il 1815era passato. Ciò che del resto ~ ripe– tuto nell'ultima strofa, dove è chiarito che Fernando è tenuto da Astrea • sull'orobica vetta •· lnfatti il giudice Ar– rivabene fu consigliere di prima istanza a Bergamo dal 1815 al 1819, anno in cui fu collocato a riposo, ancora giovane (solo quarantanòvenne) per • motivi di salute•· Scriver,!},al trentino De Battisti: e/ 1edeschi non sanno se non legare gli uomini•. Nell'ode pc,i è auspicata una • tregua•, sia pure breve, alla • persecutrice idea•, cio~ al servaggio. Questa tregua, e raggio• • di gioia•• è necessaria perché • fra nappi coronati delle falernie spume• gli ozi sono • beati•· Per questo il canto è figlio di e momento felice•· Tanto vale, dice Arici, applicare l'orat.iana legge del e carpe diem •, perché l'• in– canto fatai passa e non dura•· Sia dunque ringraziato l'ospite, ma soprattutto si inneggi al festeggiato, appunto Arrivabene. Premio Veillon E' aperto il concorso lette– rario al premi internaziona– li Charles Veillon 1960 (che sarà attribuito nel 1961). di un ammontare di !rs. 5.000 per ogni premio. Gli autori, di qualsiasi nazionalità. pos– sono presentare uno o due romanzi in lingua italiana e chiedere le condizioni del concorso al Premio Cbarles Veillon. Avenue d'Oucby 29c Losanna (Svizzera). Mostra Sarà che la cultura ita– liana, per un giustificato orgoglio dovuto ad un.a gloriosa tradizione artisti– ca, ma anche per una inti– ma debolezza, derivante in gran parte dalla mancanza di una vera e propria so– ciété, è poco ricettiva nei confronti degli apporti fo– restieri (e ciò ,potrebbe spiegare, a pensarci be~e, la minore capacità di dif– fusione rispetto alla cul– tura francese); o sarà che della '' Voce,, ~ii;t~ 1 !fn~ft1aele~~iv!e:1~~~ .- Enrico Vallecchi e Car- Papini seconda maniera lo Martini stanno lavoran.- che con Croce, e, oltre al– do all'organizzazione della l'autore della e Storia di ~~ st ite nr~oo~~e z~1t~L:a~~= Cristo•• i cui migliori nato del Presidente della Re- saggi ha presentato nel pubblica. 1951 a Buenas Aires, in si ~:c!~~~'':tl~;:r;i~~::e ~-::~~is~tthEt~nnn~ntu!~~i~:o~°ò ee~n:~r:rainfer:S:~se;;;rat iai~~~b~r:ni~~otaec_;~~ vette eccelse d'arte, anche perclzé Arici, con buona pace del tutto per i numerosi auto- tual.es, si è legato d'amici- "J;/;/t~ c:te 1 ~irtu~~:tf~uzf;~afe7~ 0 ci':{tdi '1:fs1::/:!/; s~~ 1;~; ~I, 0 .[i; 0 ~:.~di~ielde,![:~~~d~~ zia con Nicola Lisi e col freddino, anche quando il punto di partenza è uno stato di "Lacerba·•. gru P PO fiorentino de di sincera commozione, o addin·ttura di esaltazione. Gli è c. L'Ultima :t, e in Italia r::ese::::z,~;~Cl:~r·sit:i,:::eent~~"tf~~:!~,o~~- ~"lr:::i;n:,,1~~ Cinema ~=ll·~~:!~t~:~to adiri:~~:- anche quesM poesie - che ritengo inedite dal momento dium • e e Humanitas • - che no,! a_ppafonoin ~es!una '!el~eopere ~ell'Arici, Cf!mprese I per la._ scuola certo è che il suo grande 3~!1:Jn/::i~ed!"B:':s';;;4!'~ 1 c~~~~n'::~ 0 :~~~a~!~ion!,'~~o;':;:. Ha avuto inizio il v corso amore ~r l'Italia no~ ~ sibilitd. e il gusto dell'autore, il cui nome ebbe tanta parte di cultura cinematografica stato, dictamoJo J?Ure. àde nella famosa pc,lemica Monti - Foscolo scoppiata nel 1810 organizzato dal CPSA del guatamente corrisposto. anche percl1i il • rosso di pel • era stato ritenuto respc,n-· Provveditorato agli Studi di , Credo di aver letto tut- sabile di un durissimo attacco al •Corallo•• attacco pub- Roma to ciò che si è scritto in blicato sugli • Annali di Scienze e Lettere•· Il corso si propone di pre- Italia, in questi ultimi enc~°::f:islf::i:1r: 11 ta:~~d~~n~e,;,~r! 0 r:n ~~~'!z~e1f~~;/5~tda: ~:;:r~e\ri 0~~~~\/~1~!f~~~ !i;~ ioin6oo~c 0 ou~ >n~;,~ :: 1 ~~~i); s;z,:~b[~tt~ai: 11 ~~a r1lu1~::::t~~n~,1u~::;~M 0 ~: t~~,:~ ~vr~~~clr~~go L~gnf~~~~~ suno h~ ric?rdato l'.~tti_ma accademiche da soffocarre la sclzietta amicit.ia per il giudice alle ore 17.30 nella sala del a_ntologia d1 e Poesia ita– mantovano che traspare in ognuna delle composizioni, ma CIVIS {di fronte al Mìnlste- liana contemporanea> ~u– soprattutto nel primo sonetto. ro degli Esteri, Foro Italico). rata in spagnuolo da Vm- riso il e Prix 1960 >. Goncourt In una nota introdutti– va al volume di poesie pubblicato in Argentina (un aftro, Giornale d'in– fanzia, ne pubblicherà nel 1958, a Parigi), l'autore, descrivendo in breve le sue esperienze italiane, osservava che a differen– za di Goethe egli si era sentito attratto più da Fi– renze e da Assisi che da Roma. più dall'Italia me– dievale che da quella classica, più dal senti– mento religioso che dal– l'interesse estetico. E i Vlnllla Horla Vorrei ancora segnalare un romanzo romeno di Vintila Horia. Là anche le stelle bruciano, con pano– rama e personaggi del– l'Umbria (Bucarest. 1942); di quell'Umbria, che, di– ventata 'J)aesaggio di ele– zione dello scrittore, ri– comparirà fragrante e consolatrice nelle e ballate liriche> dedicate all'Ita– lia nella raccolta di versi e E' morto un santo>, ;pubblicata a Buenos Ai– res, nel 1951. E sempre al– J'rtalia ci riporta, in fon– do, per molte vie, pure quest'ultimo libro fran– ces e di Vintila Horia - Dieu est né e-n exit - cui ha meritatamente ai- suoi saggi ulteriori su problemi di morfologia della cultura e correnti spirituali (cattolicesimo- ortodossia, latinità-slavi- smo, Europa e Antieuro– pa. ecc.); il suo avvicina– mento alle posizioni illo– so!iche di Romano Guar– dini, al mondo lirico di un Eliot, di un Claudel, di un Green. delJ'Ungaretti de Il dolore~ di Rainer Maria Rilke, alla critica antisto– ricistica dei migliori fra i filosofi romeni contempo– ranei (Vasile P3rvan. Nae Ionescu. Lucian Blaga, Ernil Cioran, Mircea Elia– de, da lui accuratamente presentati, l'anno scorso, a Milano ne c. Les grands USCITI CON LflTERZlJ. I SAGGI or GI.OV. !J:NNI MJJ:CCHilJ. SULLJJ:. LETTERATUR.lJ. In questo libro di Giovanni Macchia (Il paradiso della Ragione - Laterza, 1960) sono confluiti scritti che 'rispec– chiano vali anni di medita– zione e cli attività critica: es– si non sono, sema dubbio, i soli frutti di questa attività, ma toccano quasi tutti gli ar– gomenti e i problemi cli cui si è occupato il Macchia. Questi problemi sono stati trattati separatamente e sen– za l'intento di giungere a una costruzione complessiva: ma i loro legami interni sembra– no spesso evidenti aUo sguar– do di un lettore attento. Il Macchia precisa, in una breve Avvertenza, di aver osservato e crisi, affermazioni, cadute, restaurazioni dell'idea di or– dine e di ragione • in • pun– ti e momenti diversi• e, pos– siamo dire, su scala diversa; ora soffermandosi sul piano della storia della cultura o dei valori più generali deUa poetica, ora inserendosi sul piano particolare di un'opera o di un ritratto umano. Que– sta stessa varietà e ricchezza di prospettive conferisce al libro la sua autentica fisio– nomia e ne determina la struttura, organicamente di– sposta intorno ad alcuni prin– cipali centri d'interesse. Per comprendere le linee direttrici dell'indagine del Macchia occorre riferirsi al saggio introduttivo. Libertà e ragione: in questo saggio l'A. insiste sul significato simbo– lico che nelle lettere francesi assume il contrasto fra car– tesianesimo e anticartesiane– simo. In altre parole, gli ap– pellativi cartesiano e acarte– siano (o anticartesiano) pos– sono essere adoprati. in sen– so lato, inclipendentemente da una valutazione positiva del– l'influenza cli Descartes (o dcli' ostilità contro Descar– tes): nel e dramma di Carte– sio • si possono scoprire e i termini essenziali di un dram– ma ben più vasto •· Esso consiste in una • eterna dia– lettica di opposti •, per cui la letteratura francese, nei di~ versi momenti della sua sto– ria, rivela una tensione in– cessante :alla ricerca di una norma (che si impone con– tro una condizione di appa– rente disordine che l'ha pre– ceduta) succede il disgrega– mento e la distruzione di quella norma. La letteratura francese è insomma • una letteratura che sembra fare continuamente il processo a se stessa •· Questo atteggia– mento comporta da un lato una continua possibilità di arricchimento, dall'allro il ri– schio della sordità e dell'in– comprensione. Tutto ciò deve Il paradiso della ragione metterci in guardia contro la tendenza a isolare un aspetto, un momento storico (seppure grande ed illustre), e a vedere in esso (e in esso soltanto) i caratteri essen– ziali della letteratura france– se. Le vicende della storio– grafia letteraria possono in questo caso risultare istrut– tive: come è noto, tutta una tradizione critica ba elabora– to ed imposto quella che è stata chiamata la • leggenda del classicismo francese •: ma il progresso degli stucli, negli ultimi decenni, ha am– piamente mostrato che la Francia • ha raggiunto la poesia anche attraverso vie sostanzialmente divergenti• da quelle del classicismo. Non solo la grande poesia rinascimentale e barocca non può essere adeguatamente in– tesa da un gusto più o meno consapevolmente dominato dalla poetica classica; ma persino all'interno del domi– nio del •classicismo• persi– stono elementi, o addirittura correnti, di irrazionalità e di dismisura. Contro ogni tena– ce sopravvivenza dei canoni classicistici, il Macchia ri– corda che, se " si può affer– mare il segreto del proprio genfo nella concentrazione• lo si può egualmente affer– mare e nella digressione, qua– si nella dissoluzione• (è il caso di Diderot). Sulla base di questi principi, occorre va– lutare e nva1utare quella tra– dizione che. il critico chiama e anticartesiana •, una grande tradizione di molto anteriore alla e esplorazione d'ombra• che fu intrapresa dai Ro– mantici. Queste sono dunque le pre– messe generali di molte inda– gin_icritiche del Macchia. Fra i e centri di interesse• che è dato individuare nel suo li– bro, il più importante è for– se costituito da quel gruppo di studi che sono riuniti col titolo complessivo di La lot- ~a z'?:;di~e, nt 0 ';:ot~!!f}!'e~~t~ • Cid •, Il teatro della ragio– ne, Il processo al teatro, Boileau e la e cattiva inten– zione•• 1 nani sulle spalle dei giganti), e che trovano una sorta di prolungamento idea– le nello studio intitolato La. crisi della ragione e la pc,e– sià alla (i.ne del Settecento. Dall'insieme di questi scritti scaturisce un'intefl)retazione e un disegno storico di quel– le e.poche che la storio2rafia letteraria francese suole de- =ass~~1fi5~ccbi~asts:S~~ eia anzitutto un ritratto di Malherbe, e definisce il suo " amore del ragionevole e del verosimile »,. che lo indusse ad imporre alla poesia certi limiti, certe dimensioni obbli– gate. Liberare la lingua poe– tica • dal troppo e dal vano •, dagli eccessi della lingua dot– ta e dello stiJe figurato - questo fu senza dubbio il principa1e intento del Mal– berbe grammatico e maestro dcli 'arte. Ma e i suoi versi si disponevano come una bellis– sima prosa rimata•, e il suo magistero conduceva a una sorta di analogia sostanziale fra poesia e prosa, non im– pedita ma anzi accentuata dall'esasperato lavoro di li– ma, volto a dissipare ogni ombra di oscurità. e di im– perfezione: e ••• ambedue (la prosa e la poesia) non do– vevano affermare che un loro ordine, quale protezione e difesa contro le illogicit3, le contraddizioni, le incoerenze, il vano gioco deUe antitesi e deUe trasposizioni •· 11 saggio intitolato li tea– tro della ragione presenta l'argomento centrale a cui af– fluiscono o da cui si dirama– no queste indagini. Il Mac– chia osserva come al teatro sia necessario • un vasto re– troterra culturale•: al teatro francese •classico• questo retroterra fu assicurato dal– la preesistenza di tradizioni letterarie varie e ricchissime (e letteratura morale, orato– ria, paesi.a lirica, romanzo ecc.•), in modo che esso fu • quasi come una meraviglio– sa forma sorta dalla fusione di tutte le altre•· Ma pro– prio la tradizione di Malher– be (con l'elaborazione di uno stile chiaro, ordinato ,energi– co; con la ricerca di qualità. • più oratorie che poetiche•) contribul a preparare una ta– le forma di poema dramma– tico: si può quindi • affer– mare che la poesia lirica tro– vò la sua naturale espansio– ne nel teatro•· Il Macchia insiste sul carattere unico di questo teatro cosl e diverso da quello di tutti gli altri paesi• (e quasi altrettanto lontano dal teatro greco che dal teatro elisal>ettiano), ed esamina alcune delle conven– zioni che ne condizionano la struttura: particolarmente notevoli le sue osservazioni sulla funizone dell'unità di luogo. li teatro classico france– se, nel suo sforzo cli rimane– re fedele a una verosimi– glianza ideale (per cui è si– mile al vero ciò che è con– forme a certi principi deter– minati), elimina ogni legame apparente con i costumi, con la vita dell'epoca: e La di– gnità tragica dissoh-e tutto ciò che il personaggio ha di intorno, per situarlo nella sua solitudine, e contrarlo negli spasimi della passione •· Ciò spiega anche l'apparente paradosso a cui allude il Mac– chia, spiega come questo tea– tro • impopolare • abbia avu– to una e vila universale•: quantunque intimamente le– gato a una certa visione del– l'uomo (e dell'uomo nel mon– do), il teatro classico fran– cese ha ridotto, e quasi annullato, quel margine di significati che in un'opera ri– sultano normalmente acces– sibili ai soli contemporanei (e che gli storici della lette– ratura cercano laboriosamen– te di e restituire•). Nel saggio su Boileau il Macchia si occupa anzitutto delle e controversie• della critica sulla posizione e sul– la funzione storica di Boileau. Da un lato esiste una tradi– zione, avallata dall'autorità di Sainte-Beuve, secondo la quale il Boileau • controllore generale• del Parnaso sareb– be stato la guida, il consi– gliere aulore,'Ole, il • giudice impeccabile • dei maggiori poeti della sua epoca. Alla critica moderna questa tra– dizione non è apparsa, nelle sue grandi linee, conciliabile con i fatti e con la cronolo– gia: essa appartiene alla leg– genda, piuttosto che alla sto– ria. del classicismo francese. li Macchia riconosce in Boi– leau "l'orologio satanico del retore, che avendo in mano una dottrina dell'arte, crede che la poesia nasca da quel– le regole •; e non solo gli rimprovera di aver negalo (con i suoi contemporanei) la continuità storica della letteratura francese, ma po– ne in evidenza come anche la sua comprensione dei grandi poeti del tempo sia stata in certi casi timida e limitata. E' il caso dell'ul– timo Corneille, di La Fontai– ne, dello stesso Moli~rc: a Boileau l'arte di Molière sem– bra e contaminata dalla far– sa •• ed egli condanna in lui l'autore di teatro • buffone– sco, vivo, scintillante; legato ancora alla commedia del– l'arte•· In sostanza U Mac– chia considera l'Art poétique, piuttosto che come un'espres– sione formatrice della poetica e classica •• come la cofilfica– zione di quella poetica, co– me la premessa e la prepa– razione di una tradizione classica destinata a una vita lunga e tenace nella cultura francese. Circa un secolo più tardi il Macchia può parlare di una e crisi della ragione •: nel saggio L4 crisi della ra– gione e la poesia alla fine de.I Settecento alcune prospetti– ve genera.li si delineano e si precisano. Dopo aver negato che la sensibilit3 sia di per se stessa • uno dei caratteri essenziali del periodo • pre– romantico, il critico avverte l'esigenza di "caratterizzare ( ...) la nuova forma di sen– sibilità quale si viene deter– minando• (e distingue quin– di nettamente la sensibilità dei preromantici da quella del primo Settecento). Nel perdere • la presenza reale di sé nel proprio tempo», l'uo– mo diviene cosciente di un divario fra le esigenze più profonde della sua natura e le forme storiche ed attuali. della civiltà: pertanto e si comincia ad amare tutto ciò che respira la decomposizio– ne, la rovina e la mane della civiltà•· Come nota felice– mente il Macchia, il "senso frivolo e piacevole del pre– sente si tramutò in orrore del presente ... •: questo stato d'animo favorl la rinascita. della poesia, preparò la poe– sia di uno Chénier. Rifiutan– do la convenziona1e antitesi preromanticismo - neoclassici– smo, il critico afferma che i due movimenti • partecipano di una assai simile disposizio– ne spirituale, (...) di quella solitudine dell'animo che ha provocato ormai una frat– tura con il presente•· Il mon– do dell'antica Grecia e il mondo delle origini esercita– no un fascino analogo su una fantasia che si rivolga al passato (a un passato idea– le e poetico) : e il poema epico concepito da Chénier, L'Amsrique, attesta che il suo • classicismo • non era in contrasto col e primitivismo•· La poesia di Chénier non è un e &elido l'CillO dell'ardi- ne>; ~ una paesia penetrata di vita, che non si limita a contemplare splendide e lon– tane apparenze, ma esprime con vigore, e talora e dram– maticamente•. gli ideali del tempo. Una panicolare attenzione merita anche, in questo vo– lume una serie di saggi de– dicati al romanzo, da M.me de La Fayette a Stendhal: essi sono preceduti da un saggio sull'influenza del Cor– tegiano in Francia, intitolato 1.A scuola della dissimulazio– ne. Il Macchia ritiene che proprio il carattere astratto di questo trattato abbia con– tribuito a rendere applicabi– le il modello ideale del e Cor– tcgiano • a circostanze e ad ambienti diversi. In Francia un simile ideale prende cor– Po, acquista un contenuto: si accentua "il valore prati– co di questo libro che non ne aveva nessuno•· Un idea– le •platonico•• estraneo alla realtà storica e politica, si trasforma in un ideale socia– le e mondano, diviene scuola non tanto di perfezione mo– rale quanto di e dissimula– zione•· Questa nozione di e dissimulazione• si ritrova nel titolo (Dissimula7..ione t, romanzo) con il quale sono raccolti gli scritti su Mmc de La Fayette, su Crébillon fils, su Laclos. Il Macchia osser– va come La Princesse de Cle.– ves penetri profondamente neUe incerte regioni del cuo– re•, in e una rcalt3 che si era abituati a contemplare un po' da lontano, dalla pla– tea, nella luce del palcosce– nico, sotto le maschere di nomi mitici e venerandi, o sotto la forma della gelida as– serzione e della massima mo– rale». Nel romanzo di M.me de La Fayette il personaggio • veniva seguito anche nei silenzi della sua stanza, quando, solo di fronte a se stesso, non può più menti– re•· Sotto il velo della bien– st!ance traspariva il volto della passione, una passione umana ed eroica insieme: e il romanzo si svolgeva su piani cliversi, teneva conto deUa veriti e del pretesto, della convenzione e del sen– timento. Con La Princesse de Cltves si affermava pertan– to una letteratura narrativa e piena di suggestive inibi– zioni (fossero anche prepa– rate in nome di morale) •· Occorre infine se&nalarc courants de la p e n sé e mondiale contemporaine>); l'affiato religioso. che per– vade ormai tutti i suoi scritti - non hanno fatto che confermare, sotto vari aspetti. quella giovanile preferenza. E, malgrado le appa– renze, il soffermarsi sulla figura e sul dramma di Ovidio. lungi dall· inter-– rompere, prose1?Ue la stes– sa linea di sviluppo: per– ché il poeta latino è sor– preso non nel pieno ful– gore dei suoi successi mondani e letterari, sib– bene nella sua crepusco– lare condizione di esule, al tramonto di una civil– tà e ai margini dell'Euro– pa. dove genti più primi– tive, ma più sane, cono· scono già da secoli un Dio unico e quindi sono pron– te ad accogliere con mi– gliore disposizione d'animo la buona novella della Na– tività cristiana. Nel ro– manzo autobiografico. rac– comandato come un e dia– rio apocrifo> di Ovidio a Tomi, il protagonista ha irrequietezze e presenti– menti romantici. Goethe preferi\·a tm altro Ovidio. forse più autentico. certa– mente meno suggestivo. La condizione analoga di esule aveva portato d'altronde Vintila Horia, fin dal 1950. \·erso una più intima conoscenza del ooe– ta delle e Tristia > e delle e Pontiche>. Echi di que– sto rinnovato interesse si possono tro\"are facilmen– te negli scritti di Buenos Aires di dieci anni fa. Ma furono le celebrazioni ita– Jiane per il bimillenario di Ovidio, del 1958. di Sulmona e di Roma, a dargli la felice idea del romanzo - diario, dedicato ai dolorosi ma spiritual– mente fecondi otto anni di esilio e alla morte rap– pacificata del poeta latino in una località, lontanissi– ma dai fasti romani, sul Ponto Eusino, nella Ro– mania d'oggi. Che provenga da un esule, nei nostri tempi ca– lamitosi, non è senza si– gnificato. All'esilio, con la sua solitudine e la sua sofferenza, Ovidio deve ne} romanzo di Vfotila Horia non solo la scoperta di se stesso. ma la rive– lazione della nuova luce. Il tratto autobio~rafico ri– sulta qui in tutta evidenza. FR.llNCESE nella nostra rassegna (la quale ovviamente non può essere completa) che oltre un terzo del Paradiso della ra– gione è consacrato alla let– teratura dei due ultimi se– coli. Ou~ta. t,a.rte dèl libro contiene un gruppo di scrit– ti su Baudelaire (Situazio– ni del critico, L4 situazione del poeta, Baudelaire e i. e progetti •J, che sono qui. raccolti con il titolo com– plessivo La. misura di Bau– delaire, e che sono assai più di un'appendice ai noti ed importanti studi del Macchia su Baudelaire; ma contiene anche scritti su Constant, .Chateaubriand, Stendhal. Va– léry, Gide, Radiguet (si ri– cordi un bell'articolo su Proust e Vermeer, Proust e la sfinge Venneer). Lo studio ~em~~ 1 ~l 1~~ eu~fù feif~l della critica del Macchia. Egli penetra in questo e universo disabitato delle passioni. ri– dotto ad uno schematismo essenziale•• per mostrare co– me in esso anche la poesia sia divenuta e una zona di esperienza•· n poeta Valéry compi una serie di esperienze su quelle che gli sembravano le possibilità indefinite della e forma •: ma per Valéry la forma dc\·e essere nettamen– te '!-istinta e separata dal pensiero, dalla vita dello spi– rito, e potenza di trasforma– zione sempre in atto•· Il critico definisce acutamente questa posizione bergsoniana di Valéry: • Le cancellature e le con-ezioni segnano i momenti di questa ideale ~~!~i~e 1 in~\i~~~~! 0 'a ~~~e~~ ta~ pensiero puro. La. stessa es1gen7.a dell'assoluto è mi– nata dal possibile ...•. Concludiamo osservando che questi saggi (non solo per la scelta deUe opere e degli argomenti, ma anche per il loro disegno generale per i problemi che pongon0 e che sviluppano) riflettono la formazione e il potere fbrmatore di un critico e di un maestro che, nel campo della letteratura francese, ha segnato a se stesso e ai suoi allievi uoa via, ha tracciato un ampio quadro di ricerche. Ma la dottrina che è alla base di questo libro non im– pedisce che esso risulti ac– cessibile al pubblico colto: liberate da ogni apparato, da ogni pesante impalcatura, le pagine del Macchia posseg– gono una loro sobria e sot– tile eleganza, una sicura qua– lità di stile. ARNALDOPIZZORUSSO

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