la Fiera Letteraria - XV - n. 39 - 25 settembre 1960
Domenica 25 settembre 1960 ][JL L][BRO Dll CU][ 8]( PARLA * Pelle di Satana * di PERDl!l'All'DO l'IRDIA E' certo che gli scrittori di Trieste e deL\a. Venezia Ghilia hanno esercitato sulla narratiYa italiana, in particolar m<xio dopo la e scoperta ,. di Sve\·o, un influsso determ.ktante. in alcuni casi. anche se il nuovo sperimentali5m.o ha tentato negli anni del do– poguerra di liberarsi di al– cune tra le sue sollecita– zioni e soprattutto d.: quel– W. che la spìngeva ad ac– ce.ntuare l'elemento anali– 't!co e J)S!oologico, senza tuttavia. riuscire quasi mai in questo suo intento, ché anzi in molti casi. quello sperimentalismo ha dovuto accentuare l'impegno da una disintegrazione psico– logica, se non alt:ro per of– !nre una giustificazione a quelle disintegrazioni ver– bali e a quelle eomm.istioni che in gran parle lo carat– terizzano. Tut'....aviG.a parte H fatto che proprio lo psi– cologismo sve,iano rjveli an.te litteram anche la pre– senza di un complicato r,appo..'1.o sesso-Iin,guagg::o con tutte le implicazioni che esso corrqxn-i.a anche sul piano della società e del costume, l'elemento psicologico non è il solo a caratterizzare la narrativa giuliano-triestina: nel lo stesso Svevo e dopo Sve·vo, si deve ad essa se al nuovo rèalismo nar,rativo italiano si è aggiunta la dimen– sione de.ll' aventw-a. della complessità dell,intreccio. la presenza di personaggi venuti da luoghi e mondi e civiltà diverse. insomma la testimonianza di una pienezza di esperienze di vita è propria di una svi– luppata civil1à mercantile, <ii una ricca e varia con– vergenza e di genti e di linguaggi. assai rara in una letteratura sedentaria e :><>– CO i-ncJine, come la nostra. all'avventura. allo spazi.o. si svolge velocemente tra im,pl-e,-J.sti innumerevollì (come la seduta spirit.ioo in casa di uno dei tanti contorti personaggi secon– dari). in un'atmosfera feb– brosa e ricca di sorprese che è il suppo:nto di quella angosc.la esistenziale di cui sì diceva, e di cui il porto. la nave, la stessa Va.nella nella sua disperata r:lcerca, si presentano talvolta come le espressioni sim.bo.liche· ma quQSto occorre di.rlo'. senza che la narrazione ne risenta eccessivamente in quella che è la sua rap– presentazione di una rea!-tà Y-;iY-a. brulicante di umarrltà autentica. Va annotato altresl Che anche 1aòdove questi ele– menti pressoché simbolici di una condizione umana e di una condizioce morale, .:-a.lgono in primo piano. il Vandano riesce a tener fede alla linea della na.na– zione. cosi<.'Ché il romanzo. che talora rivela momenti di su.spence, qua.si JX)lizie– soa. non perde mai il suo ritmo né il suo interesse come rive1azioae di tipiche pskologie post - belliche, scoperte e analizzate ap– punto in quel clima che C proprio, come si dieeva. della migliore narrativa giuliana. da Svevo a Qua– rantotti Gambini. da Ho– nott Biandti e Béttiza. Il Van<iano, in quanto parte– cipe di ques""..o clima. in certo senso m.ittel-europeo, ci appare Più \,"iCino a que– sti nuovJ narratori, nei quali hanno maggior presa elementi che super.ano la impostazione o Pinclina- zione psicologica tradiz:io– na:e. C::ò che manea al Vandano, tuttaV::.a. e che nuoce altresì a questo suo nuovo roman2.0, è la m:;.– sura del narratore di dare una precisa funzione a cio.– SC\n'l pe.rs :>naggio e di limi– tarne il numero. Spesso il Vandana si lasci-a portare dal gusto di creare t:j,pi e situaz:ionl sul quaU Insiste talvolta più che non do– vrebbe la 6\l0 ironia. Ne risetrte l'economia del ro– manzo: si pensi alle .insi– stenti diatr.be dell'invasata fascista Minna Ghira, o al lungo colloquio del poli– ziotto Addamiano col suo dipendente Troisio. Direi che nuocciono anche tal– volta talune rotture della tensione nan-ativa che tut– tavia. oocorre dirlo. assai ~esso ragiunge morrn!:nti di vera e forte drammati– cità. vorrei aggiungere che sopravvive nel romanzo stesso una sorta di aspro e amaro sapore che già si nota,·a nel primo lìbro del Vandana, ma anche un suo abbandooo decanden-tistico assai più del necessario a quell'aspro e ama."'O sapo– re. Òlrei un suo gusto per taluni aspetti febbrosi e letterariamente e maledet– ti > del mondo dei suoi personaggi. il che si tra– duce mo}to spesso in una farraginosa insistenza in certa mrtologia esistenzia– lista, un nebbioso satani– smo. roma."ltieo sul suo fondo, e non sempre di buona lega. il che tuttav.ia non smentis'ee le doti di narratore autentico che pre\·algono in tutto il ro– manzo. VERBA.VOLANT Alessandro Pet., Serso di Pergine (Trento) - Non posso !are eccezioni. Invi.e– re dattiloscritti e non ma– noscritti. Le ragioni sono note a tutti i lettori, vecchi e nuovi, della rubrica. * Elena F., Se!to S. Gio– vanni (Milano) - E' cadu• ta nella rete di qualche ca• sa editrice poco !crupolosa e d1 qualche organizzatore di premi letterari con pa• gamento di tassa d1 lettura, o con prenotazione obbli– gatoria di alcune copie del– l'antologia, degli opuscoli. o con abbonamento alla ri– vista. Non si le.sci più in– gannare. A cosa Le serve pubblicare e quel prezzo ? E' preferibile restarsene inedite, tranquille. in at• tesa che maturi qualcosa di buono e di serio, senza di– sperare. Mi mandi una eo+ pia delle Sue poesie. * Vecchio Parnaso, Varese - I Suoi versi sono già sta– ti pubblicati su una rivista, e Lel stesso mi invie il ri- taglio per averne un giudi• zio. Potrebbe invece far– mi leggere qualcosa di ine· dito. * Mar., Trapani, An.geto Mor., Milano • Luca del S., Napoli - Ricercherò l loro dattiloscritti e spero dJ aver fortuna nel rintracciarli. Il loro sollecito è giustificato, ma debbono anche com– prendere che nella mie as– senza il materiale di Verba volant è molto aumentato. Se è possibile, m.i mandino– altre poesie. Clet. Sold., Roma. • Mi– chele Garram., Milano - Giovanni Pii., Imperia. • Sauro Mekhio - Spiacen– te, siamo al di sotto del mJ– nimo comune multiplo. Versi di evidente remini– scerue. scolastica o privi di qualche autenticità. Occor– re passare da qtleste eset'– citaz:ioni a qualcosa di più personale, di meno trito. Esiste anche una bella poe– sia ovvia che però va di· Spersa e dimenticata. Ma le loro non è neppure a tanto. HOFFMANN L~ FIERA LETTERARTA Pag. 5 ---- SCHJlTTOR][ ][N PR][1'1[0 PIANO Enrico Pannnzio: Un amore Disse una sera di tre anni fa dopo che io, debo• lissimo, me la carezzavo con le parole nascoste: - Questo è il piede: Ba• cialo. Chiesi nel Natale '52 di sposarla. 1e raccontai co– me a Parigi mi capitava spesso di seguire delle ra– gazze all'idea che fosse lei. Si carezzò i capelli lunga– mente, compiaciuta e tri· ste. e le sorpresi un tremi– to nelle labbra. Vuol vivere a modo suo e la rispetto. E' tornata da Rouen con una cami– cetta da campeur, polvere rossa sui capelli. Per tre giomi mi riprese con violenza l'affanno. De– cisi infine di stenderle la mano così da tornare ami– ci. E"' quella di sempre ma ha acquistato una lieve inflessione straniera. Con– versando appallottola le labbra come una faubour• gienne e leva le mani al– l'altezza del capo. La incontrai a Parigi al– le 9.30. Indossava Un im• permeabile bianco, porta. va scarpe grosse, un ma• glione di lana dura, color fumo. Aveva due pieghe amare alla bocca, lenti da sole. Un aspetto generale di squallore e le carni un po' rosse dal freddo. Lo sguardo pesante e bovino e la risata storpia. Cam– minava a testa bassa. Non mi permise mai di pren– derla per il braccio. La CO· !azione la facemmo con caffè-latte e brioches al– l'Odéon. Salimmo poi per Boulevard St. Miche!, bre– ve sosta al Luxembourg, qui mi disse del suo Col• lége, del paese vecchio e ventoso. della sua stanza nuda. Pranzo nel Restau– rant ahe affianca Notre– Dame: molto silenzio a ta– vola e divorai quasi da so– lo l'insalata. Mi era in r ::\~gi~i s~~;ds~~ni! :i bateau.mouche, ma cadem– mo in ritardo sulle parten- ze. Da caffè a caffè, sosta in un parco alle spalle di Piace Dauphine. Disse: - Il nostro incontro? uno scacco. Spianò proprio la mano, io palpeggiavo un pugno di ghiaia e la la• sciai cadere. Quindi mi aiutò a trovare una stan– za, p.roblema astioso dan– dosi che Parigi era piena di turisti per l'incontro– Italia•Francia. A piedi nel faubourg Montmartre. s'in– fastidl al puzzo di cavolo marcio che trasudava dal– le cucine. Mi offrì una tarte au riz, io guardavo le beccherie; con un'oc. chiata bassa Francesca mi misurò. Incontrammo a St. Denis il solito manipolo di prostitute pittoresche. Sem– pre in silenzio fino alla Trinité, tutte le rondini se ne stavano andando con la sera nascosta dentro gli alberi. Poi sbottai: - Mangia dove vuoi. Smettiamola! - Io non avrei voluto cenare in quel quartiere (Gare du Nord), il nero del carbone mi spezzava la gola. Fran– cesca diceva ogni tanto: - Claquée, claquée - Ci lasciammo a St. Gennain alle nove. accusò stanchez– za e l'emicrania. Finii la serata al Eupont. L'avrei rivista all'indomani alle 3,30 all'uscita del Luxem– bourg. Non ricordo di aver cenato. La mattina, dopo una notte quasi insonne. ero stremato. Mi stava ri• prendendo il male di Pa• rigi, quella nausea parti– colare che sempre ho av• vertito. In giro per le li– brerie della Sorbonne; i i libri nemmeno li vedevo. Tremavo. Pranzai alla ta– vola calda di St. Germain con due tedeschi grassi e spauriti come i conigli, poi fattosi libero il posto di fronte venne a sedere un impiegato del Ministero, il solito borghesuccio infor• mato di letteratura e che voleva viaggiare in Italia, il paese delle arance. Lo accompagnai in Rue de Verennes ettaccandomi c0n forza al suo braccio duro, asciutto. Alle 3,30 di Fran– cesca nemmeno l'ombra. Ero deciso a liberarmene con un'esplosione di col– lera. La vidi che imbocca. va il Boulevard St. Mi• per un tratto correndo. Restai io e il guardiano notturno a camminare sul marciapiede. Da bambina (si giocava a tombola) Francesca mi rubava i fagiuoli, faceva• mo spesso società noi due e perdevo sempre dieci, venti centesimi. n periodo più acuto di incubazione lo ebbi senza intervalli nei due anni passati a Pieve. Ogni Po· meriggio alle 2 andavo ad attendere il postino al Caf– fè Tiziano. Non mi scrisse mai. No. deve aver scritto una volta sola, diceva che sarebbe entrata nella mia stanza in punta di piedi. In_ quegli anni Francesca era innamorata di mio cu• gino Ettore. Forse è l'uni– co che abbia amato sul serio ed io un giorno tro– vai la forza di dire: - · Abbiamo le stesse iniziali, E.P. E' come se amassi me. male mi stava dissanguan. do. C'era una ragazza vi– cino, curva sui gomiti che ascoltava George Guétary. Scrollava la testa premen– do ogni tanto la cuffi.3 contro le orecchie. A Chante--Clair non è proib1• to piangere. Non cosi mi accadde alla Brasserie. ).ii ingozzai di cibi, di maio– nese, di pesce. di con.!et• teria. di succo di !rutta. di macedonia e poi ancora croissants e pasticcio di fegato. Scoppiavo. Avevo gli occhi calpestati di sgo– mento, le mani mi pesava• no come due pietre. La sala affollatissima. Avevo lo specchio davanti e mi guardavo con crudeltà. parlavo sottovoce con quel– l'altro, lo compativo. lo ca– rezzavo, gli davo i nomi più tenerL La sonnolenza e l'angoscia. mi presero sul tavolo sporco di cibi e di birra. 11 garçon mi scosse se camminavano serie, le signore escono a comprare 11 pane, ridono le ragazze nelle lavanderie, i carne• rieri apparecchiano i pa• nini al prosciutto e fa pia• cere la canzone alla bascu• le dei dischi. Il parco del Luxembourg è ancora roseo di nebbia e le statue delle regine di Francia sono umide di rugiada. I negri hanno la primavera negli occhi e si snodano a cam– min3re. L'aria è ricca di azoto e di ronzii. di foglie appena nate, gli specchi dei caffè sono ancora ap• pannati. La gente parla un po' sottovoce, qualcosa del– la notte rimane tra i ca– pelli dei veechi. Si ha la impressione che la terra sia leggera sotto i piedi e il corpo gongola di una di– screta e inconsapevole gioia. Mi feci dare un bic• chiere di birra. con brutalità. Non è per• Mentre il garçon versa,·a messo avvilirsi nei restau- gli capitò di guardarmi in rants e hanno ragione. Dà tralice. Noi uomini nelle ----------------------------. ~~~:mi.i cFf!;;~~~ n~\ Problem ; d; tecn;ca ~:~i~=·~.~~t.~nn:ì'a.:~og:: 1t 1t I., per cui i gesti sono tene· * di ALBERTO BEVILACQUA neri. il sorriso nuovo. la voce familiare. Accostato il bicchiere alle labbra mi venne addosso una tristez– za sassosa. Allora mi sem· Di Enrico Panunzio, della in q11elladimensione (S,>e!· pulsi momentanei, accosta brò che gli altri nel caffè sua vita, del suo sistema di se volte iniannevole) che il pennellate drammatiche. che Si volessero un gran bene, lavoro, noi conosciamo ben lettore i in grado di a.ssimi- lianno la Cilpacitti di espri- loro potevano parlarsi, di· ~ta,~: ~~'iesf~~fo. 11 S~::~~~o~a:.a . ~,u~,~~. u7n:ib~ ;~~o 1 ~~ 1 ~~::·~~e~t:e~!n~": ;:ac~ia1iao s~~ab~~~~:. i~:!1n: piamo !oltanto che vi~ a Pa- biamente; ma, nel caso spe. bagliori, a spra.u.i di luce im• dentro il ritmo della vita. ~-g_i te J!fe scrive tsr_to lf! ~tz~~ :; teft~~z::_zip,~tn vo~·; ~i=~~; i;;~u:;;:;itfvoUU:ut muovevano le mani, si J;;i;a ~~'"fa n~~ a tt:;:ra vi; infatti, ci è capitato tra le sua penna, partendo appun- preo<levano per il braccio, per gli ambienti culturali in mani un racconto cosl denso to da un avvio purO-!t!nSlbi- avevano un modo di bere cui è avvenuta la sua prima di umori e cosl esauriente. Jistico, tende ad impostare, e diceva che quella era formatJone letteraria. Nie,r• In genue, la narrazione bre- con la realtd, più che un gente non esattamente fe· l'altro. Forse potremmo, te- ve suggerisce una sensazione rapporto di analisi, un rap- lice ma almeno legati gli lefonando a Gino Monte.santo di limitateua, di panialitd porto di sintesi allusiva, di uni agli altri. Non ebbi la che ha avuto la premura di descrittiva e psioologica e costruzione di un mondo at- forza di bere la mia birra :~::r~ltriqu;:/r~ioolaa,f°;fg~ b~~zo ti~ _oe'2rs=~~e e 1 J:i: i;,r;~rSi !~gi:;~1: i!. i! e~~~ e camminai molto in fret- bibliografici, ma preferiamo la situazione. Grazie ad una gusto (a volte 11 n po' troppo ta per sentirmi vivo. ~::e~~e cfi/ciel ,~!';:~!i ~~Ì ~e:,:J_f: f'2;f=)/::/•ar~~; f°~[f~,.;ri ~~tt.~~ E ora tutto è finito. lo farlo e ci spinge a mante- a questa codificata ristrettet• die ricorda certa narrativa amore mi ha mostrato il nere le vibranti pagine di ::;ad'orizzonte e a !COmpor- ru.s.sa del secolo scorso suo vecchio canovaccio di e Un amore» in un'atmosfe• re le figure in modo tale da Le risorse tecniche che. ab- menzogne e di inganni. ra, se non proprio poetica- presentarcele sinteticamente biamo sottolineato, ci fan- Voglio scappare. mi sve- :;zden~~ ani~:;r~~~~o jfg i~ ~=liJrf:O:,~ ~~ ,::,tosr:a~; ~n.s~;~o.:=i !,X:' b~ glio presto per vedere il !tero: quella stes!a misura impasto fatto di appunti che il mestiere del narratore.. giorno che si compone da in ai.i si colloca., ai nostri !embrano frettolosi e di sccr- L'importante è che il giova• sé come un gioco, nasce occhi, la figura di Enrico ci, ora rievocativi, ora cru- ne scrittore, evitando cli la- nell'aria nuova e si attac· Panunzio. Ci sorge, ovvia• damente calati in un'analisi sciarsi irretire dalla .sua ca alle foglie, lambisce la mente, !pontanea una do- diretta e in movimento. Lo stessa abilita, riesca a man- erba bagnata, sveglia il ;:;;t,4";J:u~':!rf~a 1 ec,):S; ~!ti~n1~~•m~";e~• 4 ~~ ~~;;e~~m:;tio:ff:, :t ~nto e le cornacchie nel- nalitd creativa di un autore manici e, obbedendo agli Un- di pc>e.sia vera, non costruita l'uliveto. Perchè son in -------------------------------1 ~~r.:~a nef si~;i~~~ che!, camminava pesante– mente e dovetti rincorrer– la. Superato l'ostacolo di alcune macchine accodate la presi all'altezza del Chante-Cl«ir. - Che facesti quella se– ra dopo che cenammo? Ho risposto che voglio mantenere il segreto. Mi ha confidato anche che tornò a m~ngiare in quel Restaurant. Il gioco con– tinua. A sedici Elillli Francesca era graziosa, un acino di pepe. Ricordo il suo primo vestito di lanetta bianca con la decorazione viva. floreale sotto le tasche. Nell'inverno '53 France– sca l'ultima sera che ci vedemmo disse: - Non possiamo stare insieme più di un quarto d'ora. Tu sei il bianco ed io il nero. fastidio. ha il sapore stesso dei ter– reni. Mi aiuto cercando la ombra infantile dei fichi. curiosando tra i cespugli dove il sole tenero del primo autunno lascia sbocciare le more e matu– ra le spine. Desidero che debba piovere per sentire il rombo dell'acqua sulle terrazze della masseria e l'urlo isterico delle vac– che. La campagna ha biso– gno di tante cose. di ven– to e di pioggia, per essere vicina_. intellegibile, uma– na. Bisogno c'è che debba stormire il gelso o che i pulcini corrano all'alba sull'aia pallida dove forse è rimasto il lungo canto della luna. Di giorno. la masseria scopre tutti i suoi segreti. Iernotte che ci venni mi era stata ne– mica e per fortuna trovai dei vecchi dischi e un grammofono. Per raggiun• gere Sfondascarpe che di poco annunzia la 1'1urgia e prelude ai tratturi ventosi del Castello avevo dovuto issarmi in cima alle balle del fieno sul traino. Mi– chele. il vaccaro. menava il ca\·allo con attenzione temendo gli scossoni e le buche dello stradale. E in– tanto si era alzata la luna sopra i campi zitti, aveva 1e ~tesse carezze di mia madre quando si infilava accaldata nel mio letto. Avevo tanto desiderio che ).lichele si fosse mes.so a cantare. ma lui si battè come collaboratore degli aJleati a Cassino. ha spa– rato contro i tedeschi e conosce solo i mottetti del– la caserma. Stavo bocconi sul fieno e tutte le nuvole mi dovevano per forza ac– compagnare. Anche mia madre lo diceva che in campagna si dimentica tut– to - la campagna più an– tica dell'uomo ed estranea ai suoi po\·eri inganni. Tu non lo vuoi? Ma il cuore si svuota e vive e respira come una bestiole del terreno. impaurita dallo spazio notturno. Mi ero assopito sul fieno e nel lamento del grillo c'er.i la tortura di un Dio dimE'nticato. immenso, as– sente. Tuttavia per lo spa– vento delle stelle intocca– bili la ragione mediocre e pusillanime si sfascia e Dio. padrone solitario del– l'universo roteante, tocca l'anima e me la brucia. Penso che se mi innamo– rassi di Dio dovrei baciare ogni foglia di albero e stringermi alle pietre. alle bestie calde, angosciate. Se per l'amore di una so– la donna la stessa vita vie– ne distrutta. schiacciata. com·e vero che l'anima si slimita e corre zoppa die– tro l'infinito di un altro cuore pri~ioniero. amassi io Dio e forse cadrei ful– minato. Bi~ogna dunque in ogni modo educarsi a morire per ritrovare la propria parte eterna, per legarsi allo spazio. Per es– sere un uomo sono solo. cacciato daJla natura e dai suoi millenari segreti. Qua• l'è il mio posto nell'univer– so? I cani che abbaiano nelle masserie credono che l'uomo sia un ladro, che io uomo sono un importu– no. Michele avrebbe dovuto cantare; dopo qualche chi– lometro la notte si era in– sediata. Gli avevo dato voce per essere qualcuno, in due. Dll!GO FAllBRI Direttore responsahll~ Stab. Tipoçattco U.J:!.S.l.S.A. Roma • Via IV Novembre 149 Natale '52. Mi aveva det– to per telefono che sareb– be rimasta in casa. Non le ho mai creduto. Mi appo– stai sotto il portone della sua casa, nascosto mise– ramente dallo svolto della strada. Si fermò una mac. china, piena di risate, do– po mezzanotte. La inseguii Le piaceva, bambina, l'altalena; era sempre tra i piedi dei grandi e si di• vertivano a tirarle le trec– ce. Quando le uccisero il padre aveva undici, dodi– ci anni credo. Tutti le vo– levano bene, era così cara con quel vocino stridente. Una scimmietta. Andava– mo spesso per granchi noi due o a stanare le lucer– tole dai cespugli di cardo dietro le cabine. France– sca voleva che le bruciassi da vive e finivo per obbe– dirle. Forte mi sentivo fin– chè si restava sulla spiag– gia perché una volta in mare si dimenticava. Non dimentico il cieco di Montparnasse. Stavo pro– gettando di uccidermi, lo avrei fatto in serata nella mia stanza tagliandomi le vene con la lametta. C'era una bacinella di stagno dove far colare il sangue. U cieco aveva un ce.rtello– ne rosso legato sul petto con due spaghi: Pitié pour les aveugles. Il suo uno spettacolo cosi intensa– mente feroce che mi ven– ne da ridere. Entrai in un caffè, in una libreria, ri– tornai per RaspaiJ.. verde di primavera, toccai il parco di Denfert dove nel '48 andavo a gettarmi esau– sto di isolamento, istupidi– to dalla stanchezza. E ri– devo sempre. Pensavo di averlo io un cartello sul petto: Sappiatelo che mi uccido, amici miei; e la gente mi lasciava i soldi nel cappello perché com– prassi una fialetta di vele– no che fa soffri re poco. Le dicole d lla "Fiera,, Bisogno di arzigogolare (ci si ripete: ha riempito di sé la mia vita) dì com– muoversi con le frasi più banali. Rivendita * VENEZIA CIARLA - Ponte Accademia In un clima siffatto si ri– vela. anche nel suo secondo romanzo Pelle di Satana, di recente apparso presso le Edizioni Moderne Cane– si. la narrativa di Brunello Vandana. e si ebbe modo di annotarlo su queste co– J.onne quando apparve il primo romanzo dello stesso Vandana. Il QU(Zndo e il Come, nella e Medusa degli italiani ~ dell'editore l\Ion– dQdor.i. Va.n'tjano non è, a rigor di termini, uno scrit– tore triestino o giuliano: è nato a Roma, di famiglia. per giunta, napoletana; ma ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza a Fiume, e, giovani.~imo. combatté sul fronte russo. Queste sue origini non è difficile av– vertire nel suo primo come in questo suo secondo ro– manzo. come non è affatto difficile avvertire nei suoi romanzi un'esperienza di cultura moderna piuttosto vivace che integra appunto i diversi appo.."1.1 e i di– versi influssi di tali suoi incroci e delle esperienze vitali che ne conseguono. Laureato m filosofia con una tesi siu Bergson. il Van– d<mo dimostra chlarrunen· te di aver superato taluni diaframmi che separano il pensiero moderno dalle teorie bergsoniane, sta nel primo che nel secondo romanw infatti, non è dif– ficile che il lettore scopra (talora a.ttraverso per-so– na.g,gi pressoché emblema– tici. come in Pelle di Sa– lana, Krille, 1.m vecchio pittore tedesco antinazista e comunista a.nticonfonni– sta. maestro del protagooa– sta il capitano Ja.dran Bianciard.i), come sfa pur pa:rtenào da1Pélan vitaL bergsoniano, il Vandano abbia risolto i problemi dei suoi personaggi in sen– so nettamente sartriano, nel senso cioè di una loro impossibilità a -superare il d-ato dell'angoscia e della nausea connesso col non essere in quanto rivelazio– ne deY,esist&e. Tutto que– sto nei due romanzi del Vandano ha spesso una sua particolare impos'w!Zio– ne raziocinante che in gran ~ è l'espressione di quanto egli deve alla sua 0-~ine meridionale e che contribuisce talvolta. a ren– dere paradigma-t:ici o sim– bolici situazioni e pe:rso-– naggi della sua narrativa. -----------------------------------------1 Bisogno di organizzare Passeggiare è sommo ri• medio. Lo feci, lungo il braccio sinistro della Sen– na. Mi fermai all' Abb8 Pierre, la vecchia Gare D'Orsay. C'era un sole spalancato, cantava sopra i battelli, sfriggeva sotto gli alberi. L' Abbé Pierre mi diede da pensare. Si potrebbe inventare per le città un deposito dove van• no al macero i delusi, i senza domani. ZANCO - Ascension (P. S. Marco) Anche il capitano Jadran Bianciarct protagonista di Pelle di. Satana e la sua nave. ultimo residuo di una ricca flott.2 da lui ereditata da suo padre armatore in un porlo giuliano rimasto dopo la guerra al di là del confine. assumono talora · un va .. lore simbolico. Perse– guH.ato da creditori, con a bordo un tropJX) scarso carico, Jadran. nella sua sosta in un JX)I"to che si indovina essere quello di Trieste. è I'uomo che in– vano tenta di uscire dai limiti del suo destino: un fratello invertito. una gio– vane donna innamorata che egli non ama e che lo ttrca disperatamente. Va– nella, e che forse potreb– be salvarlo. un ambiguo 1icario che lo ricerca do– TUillque. la sua avventura PROBLEMI DELLA SCUOLA MODERNA: di SALVATORE CfilOLO * Tradizione e aggiornamento Quando si parla di scuo– la si può essere in disac– cordi:>sui metodi o sui pro– grammi, ma non c'è pur– troppo il più lieve contra– sto allorchè viene espresso un giudizio sulla situazio– ne scolastica attuale. Tut• ti sono d'accordo: la scuo– la non va. la scuola non risponde alle esigenze mo– derne, mancano aule, ban– chi, insegnanti, ecc. Nel riportare queste ri• serve non ci riferiamo al libe1Io di qualche sene– scente professore, ma alle considerazioni di pedago– gisti, sociologhi e psicolo– gi che si sono occupati dell"argomento con rigore critico. Quello che raramente af– fiora dai convegni o dai saggi in questione è il mo– do o il mezzo attraverso cui la situazione scolastica può avviarsi ad un risa– namento. Non mancano anche qui proposte o pia• ni, ma tutto avvolto in un'aria di cose così gran– di, da dare l'impressione che ci si muova nella nebbia. Lungi da noi la velleità di tentare quello in cui tanti specialisti sono falliti. Se è lecito servirsi libera. mente delle parole di un grande scrittore per le no– stre piccole osservazioni, vorremmo dire: e Lascia• teci rotolare qualche sas. so>. Ogni volta muovere– mo da un problema, da un argomento, da un libro, legati direttamente o indi– rettamente alla scuola. Oggi lo spunto ci viene offerto da un volume edi• to da Einaudi: Lo spazio figurativo dal Rinascimen– to al Cubismo di Pierre Francaste!> nella traduzio– ne di A. M. Mazzucchelli. Francastel mette in di– scussione il concetto di prospettiva e di spazio, le• gato ad una lunga tradi– zione che va dall'Umane– simo al Novecento. La prospettiva, inventata (e criticamente elaborata) dagli artisti del Quattro– cento, non è il sistema uni– co ed esatto per una rap– presentazione del mondo, quale noi crediamo che sia. L'autore dimostra che quel sistema è uno dei tanti p0ssibili mezzi per rappresentare la realtà esterna. La tesi non è nuova. Fra gli studiosi italiani Argan può essere considerato un predecessore. Il libro e la tesi in esso sviluppata potrebbero es• sere cose di relativo va– lore, se non illuminassero drammaticamente la situa– zione di una cultura ita• liana, che non è soltanto e scolastica>. Tutta l'arte del Novecento è una con• futazione della vecchia teoria, eppure essa è radi– cata nella mente di tanti istudiosi. di tanti critici mi· litanti. Sino a Kant era incon– cepibile uno spazio diver– so da quello euclideo, ma dopo? Dopo è stato come prima. Passi per quella che può essere una cultu- ra (venia, per il termine) e pubblicistica>, ma per quella che vorrebbe esse– re una vera cultura, senza aggettivi, elaborata dalla scuola, che dire? Tutti i manuali di storia dell'arte continuano a parlare del– la prospettiva e non di una prospettiva, storicamente elaborata e condizionata. E i docenti ripetono. Tutto questo non è che un esempio dello sfasa– mento della scuola nei ri– guardi della cultura viva, legata a problemi vivi. Co– me possono gli allievi as– sorbire e comprendere cri– ticamente l'essenza dell'ar. te contemporanea, quando i concetti di cui si servo– no sono ancora quelli del Quattrocento? La convinzione di un concetto univoco dello spa– zio (e quindi di un'unica prospettiva) porta ad una concezione univoca della bellezza in arte. Tutto ciò che non è in armonia con quel concetto diventa au• tomaticamente arbitrario, deformazione, follia. In questi giorni ci è ca– pitato di leggere su un te-– sto un'annotazione di ma– no dell'allievo, ma su ispi• razione del suo insegnante. Diceva: e L'arte romanica ha un valore puramente cronologico•· A parte i lancinanti dubbi su quel e cronologico > come va– lore, l'osservazione tradì• sce quanto dicevamo pri– ma. Ecco il meccanismo logico entro cui si muove quel docente: l'arte roma– nica (la scultura) si al– lontana dalla bellezza co– dificata dai Greci del pe– riodo aureo, quindi non è arte, o, se arte è, non può essere che arte e cronolo– gica •· Sino a quando non si consente agli insegnanti di aggiornarsi, ogni discorso di rinnovamento non è che retorica e demagogia. Una scuola, i cui docenti sono ancorati a idee del Quat– trocento (molti sono an. cora fermi ad Aristotile!) non può preparare che al– lievi sfasati, uomini che non troveranno alcun rac• cordo con la produzione artistica (o letteraria) del loro tempo. SALVATORE cmoLO scenicamente la fantasia: io mi sparo, mi impicco, mi faccio trovare tutto in sangue sotto il suo porto– ne, io la bacio e l'ammaz– zo un minuto dopo, io mi rovino, creo un capolavoro di disfatta e sveglio la sua pietà. Bisogno di dimenticare e di affidarsi alle OOSe dei giorni. Bisogno puerile di pu– rezza. Mostrarsi nobili, santificati dalla passione, ingenui, generosi, leali, di– sinteressati. Bisogno di invecchiare presto per potersi incon– trare romanticamente e fumettisticamente in un parco, per caso, e di rac– contare a vicenda come si è stati infelici. Paura di imbruttire, che la pelle si guasti o che vengano le pieghe sulla pancia, che la giovinezza si logori prima di averla baciata. Tutto questo e molto al– tro ancora. Mi scrisse che avrebbe avuto piacere di vedermi a Parigi Sotto il portale di Notre-Dame. Riflettei miseramente per le vie di Roma se partire o no. C'era in quella lettera di che spaventarmi, non mi volevo convincere. Quando la perdetti a Parigi riparai net Chante– Clair, mi feci dare diec.i gettoni dal garçon. Ascol– tai un preludio di Bach, un tempo di un concerto mozartiano e le prime mi• sure della Sagra di Stra• winski. Una solitudine ani- r I Starebbero dietro i can• celli, migliaia di gente rac– cattata con l'obbligo però di non fiatare. I bambini del parco verrebbero a gio– care davanti a quelle gab– bie umane e potrebbero farsi regalare un pelo di barba, un bottone, che so.. Umiliato dalla sfasatu– ra sentimentale, continuai dritto fino alla mostra dei camping. Molti pagavano per stare sotto le tende senza giacca ed erano i teli color ruggine, di co– lor tabacco, altri chiaris– simi e festosi come la bil'– ra. Finii sotto la Tour Eif– fel, posto delizioso per le elucubrazioni suicide. Pa• reva un uccellaccio legato per le zampe; poi andai a sedere vicino alla bovva del Métro George V, lessi un articolo di Mauriac su Cristo al Gethsem~ mi disgustai subito della eser– citazione sofferentista e mi lasciai succhiare dal viavai delle macchine in• chiostrate brillantemente dal sole. Il momento più difficile fu quello della colazione. Parigi, appena sveglia, è dolcissima. Ero in Rue Gay-Lussac. Le studentes- NOSTARZI DE BEI CROVATO BERRETTA VACIRCA BERTON BERNARDEllO SCARPA CAMPI COSTANTINI D'ESTE DONATI VENDRMllN FAEL BATIISTEL BLUSSI GARBIZZA RESCHIGGIAN CORRADINI LUCIDI RAVAGNAN ORLANDI BUZATO P. GUARDA FERRI QUERCI RlZZETIO TRAVAZZL'II CIARLA SCHIAVON RISCONTIN BERSAGLIERI ORLANDI G. SPORTELLI BORGARELLI SBRACCIA FUGA V. ROMANELLI VERA ZANCO - Rio Terrà • Campo S. Apostoli • Via Lepanto (Lido) - Ponte delle Guglie - Tre Ponti - Campo SS. Giovanni e Paolo - Alle Zattere - Sottoportico S. Zac- caria - Via Garibaldi - Lido - Alla Toletta - Riva Schiavoni -Frezzeria - S. Mar-cuoia - P. Scalzi . g:: ~b\,i;f~l - Viale S. Elisabetta (Lido) • Alla Maddalena - Campo S. Marxherita - Campo della Guerra - Ponte delle OstreRbe - Campo $. Maria For- mosa - Campo S. Filippo e Giacomo - Piazzale Roma - Campo S. Polo • Ruga Rialto - Piazzale S. Elisabet- ta (Lido) - Campo S. Stefano - Campo S. Angelo - Campo S. Barnaba - Campo S. Vio - S. Lorenzo - S. Grisostomo - S. Cassiano - S. Luca - S. Felice - Calle dei Fabbri - Rialto • Campo S. Bartolomio - Campo S. Bartolomio ~ILA.NO A MU~n~ il _nos~o Giornale è in vendita presso tutt_e le: pnne1pah edicole del centro e dell'immediata periferia.
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