la Fiera Letteraria - XV - n. 29 - 17 luglio 1960

Domenica 17 luglio 1960 LA FIERA LETTERARIA POESIE DI ALFONSO GATTO * Un racconto di Frank Hellens LaMadree la Morte Il crocifisso Finita le. mia giornata, m'incamminavo tninquilla– mente verso il caffè dove ero solito ritro\-·are ogni sera qualche amico fedele, quando incontrai un ometto che portava una croce sulla spalla. E1'8 notte fatto. Lo ve– devo avanzare alla luce del mardeplede e mi meravi– gliavo che nessuno gli facesse caso. Vero è che il bravo uomo fumeva. la pipa e portava la sua croce senza fare tante smorfie. * di ELIO F. ,ICCROCCA Poche pagine nel vecchio avorio di Critone: un saluto dal decimo quadernetto della collana leccese diret– ta da Vittorio Pagano, col Suppressa in copertina. Se– dici miniature cordiali in quattro tempi, quattro an– golazioni, più una prosa di • confidenze •· di abbando– nato diletto, per sé più che per gli altri. ma da tenersi h conto come un • momen– to magico > della vita del poeta, e un disegno dl Graziana ad apertura del libretto: Gatto e sua ma– dre nell'atto dl salutarsi con una stretta di mano. Un'immagine particolare di questo poeta al cui viso l'ansia aJtiora per linea diretta, con sorridente di– mestichezza. e si tramuta in amor trasandato, di nonchalance. che in lui è ragione di merito e di pre– stigio. Gatto sa portare nello sguardo la sua tristezza come un dono. Nelle spal– le, nel panciotto, nelle ma– ni. nel modo di camminare e di parlare, in quel suo gesticolare lento, con soste improvvise che formano parentesi nel discorso, c'è tutta la misura drammatica e umana del poeta appa– rentemente più dissolto, tutto avvolto com'è, inve– ce, della sua stessa colti– vata modestia che si fa in hti esortazione continua, semplicità meravigliata, ascolto, pensiero. Pochi scrittori nella loro vita, credo. hanno attra\·er– sato quanto Gatto nella propria ha attraversato: ad ogni sosta, ad ogni stagio– ne di raccoglimento, un grappolo di pagine, di uva maturata pronta nei tralci per essere colta, o gustata a fermentazione av·venuta. come nel caso di questo gruppo di versi raccolti sotto il titolo di La madre e la morte ( e Quaderni del Critone '"• Lecce) la cui Jriustificazione è data dal– lo stesso poeta: e •• .a. con- · templare per ore e ore mia madre morta, rasserenata e incredibile nei segni della sua fatica, mi. parve di ve– derle sul volto la dignità. degli esseTi millenari, am– bigui e ignari del propno sospetto•· Questa la ragione del n u o v o raccoglimento: c. l'immaginazione•, e l'll!– venz.ione della morte ,. ri– masta nei tratti del volto materno contemplato per ore e ore in un muto dia– logo, in un colloquio rasse-: renato e lontano dai e ru– mori della caccia ,. con la latente perenne incredulità che soprende il cuore in quei momenti di os_tinato silenzio quando persino la parola scompare, e il pianto. Scompare la parola det– ta, espressa per monosi_Ua– bi: resta invece chiara queUa delle immagini, del ricordo accumulato in anni di lontananza e d'impreve– clibili incontri. furtivi, mo– mentanei. Un colore, un oggetto, il particolare di una luce che si rivivifica e dopo,. nel nostro inter: no: e n verde, i1 muro. Stil gradini l'erba.. - Era l'au– tunno nel piccolo fiordo - d'azzurro nevicato. Quel che serba - l'avvenire è passato. il tuo ricordo.,. ecc. (e Mia madre a l\Iar1- ni s): è l'apparente incon– sistenza delle piccole cose e dei poveri gesti allonta– natisi nella memoria, ad affiorare. Soltanto allora ci si accorge che qualcosa manca: qualcosa o qualcu– no d'irrecuperabile, perdu– to oltre le nebbie: e Se a voltarmi più non ti ve– do - chi di noi due man– ca? - Col suo povero ar– redo - di morto - chi di noi due imbianca - lonta– no dalla sua voce? ,. ( e Fi– nale :o). E' un appressamento al– la morte: ad una morte meditata, che qui, nel nuo– vo libretto di Gatto, prende rilievo, fiorisce di pagina in pagina sino alla contem– plazione del volto materno e gaio, innocente, lieto di vivere sino all'ultimo•• fi– no cioè al 3 novembre 1958, Ja data (varia per ognuno) che chiude la più lunga in– fanzia dell'uomo. E' soltan– to dopo che si diventa ve– ramente e crudamente maggiorenni: quando la fi– gura della madre si fa va– na sotto i colpi della se– poltura (si veda l'omonuna poesia) ed ogni cosa cessa di farsi bella e saldandosi al contento della cosa'"• e tutto con lei s'allontana sino a divenir e porta chiu– &a, niente s, senza voce. Si rilegga anche la poe– sia seguente, e A mia ma– dre ,.: e Ch'io ti veda de– mente per ragione - e co– me sempre avere nel pec- Urbino), Terra di Renzo Gherardini (Vallecch.i), Tempo d'esilio di France– sco Di Pilla (Mondadori), Il cuore a spicchi di Rai– mondo ~IaneUi (Editrice Sarda frat. Fossataro. Ca– gliari), Poeti italiani del Novecento di Francesco Lala (editore Mariano, Ga– latina), L'ospite felice di Enrjco Agosta Del Forte, In una bottiglia vude di Liliana Libera, Altra vita di Pieraldo Marasi, La tua -voce di. ieri di Stefania Grazioli. Il limite remoto di Maria Tesi, Il cammino dell'alga di Carlo Galasso (tutti editi da RebeUato) e Dove io m'esilio di Giaco– mo Falco (Garzanti). ELIO F. ACCROCCA Frank Hcllcn.s - Dove te ne vai con questa croce sulla spalla? 1-fi lanciò uno sguardo meravigliato, considerò il mio cilindro, I guanti, il bastone dal pomo dorato e ri– spose: - Non ho croci sulla spalla; porto un oer:!co di legna per sceldenni e casa. L'Inverno è duro._ POi aspirò una boccata dalla sua pipa striminzJta e si rimise a camminare. Lo vedevo allontanarsi con pas– so titubante. Restai il per qualche minuto non potendomi deci– dere e continuare la strada. ché mi veniva voglia di seguirlo. Mi ricorda\·o. d'altra parte, dei mi~ arnie: che m'aspettavano al caffè attorno a un te\'olo, sul quale le carte erano preparale fra tre bicchieri vicino ella la– vagnetta. Ero in ritardo. Già mi sembrava di vederli inque– tersi per la mia assenza. Che avrebbero detto se ades– so gli fossi mancato? Le. partita sarebbe rovinata, avrebbero bevuto la birra imprecando, e domani ml sarei esposto a subire H loro malcovato rancore. Tuttavia, un uomo che porte.va una croce in piena cato - rimorso e sdegno per la tu.a passione, - ch'io ti veda all'oscuro, illumi– nato - il cuore nei presa– gi, o madre morra. - La dignità che ti raggiunge sale - alla neve. ai mil– lenni, con l'a.ssor1a. - ten– tennante magia dell'anima– le - che non ode più cac– cia e si fa solo ,. ecc.., e la si confronti con l'altra, e Mia madre"• di Nuove poesie (tratta da Amore della vita dove apparve col titolo e All'alba ..): e Mia madre all'alba non ha co– lore - ma il freddo cele– sti aurore - le porta nel seno, - dolci paesi d'albi– cocca. - Alle sue mani la musica degli anni, - ascol– ta come l'oriente sereno - indora i mesti inganni - del suo sorriso. - E d'un palpito ha gli occhi - d'un soffio il suo t.1i.so ,• In vita e in morte di sua madre. dunque, lungo l'ar– co degli anni, di una vita, con l'appressamento conti– nuo al tema centrale di quest'ultima raccolta: tema antico in Gatto. rintraccia– bile sin dal tempo di Isola, .Morto ai paesi, Il capo sul– la neve._ A"'i.EDAGL ONJr ALL'ITALIANA * Bigiaretti: una denuncia senza retoric a * Le due componenti - la madre, la morte - sono però sempre concretizzate in Gatto. mai lasciate al giuoco delle apparenze: la madre napoletana di Il ca· po sulla neve, con que} suo grido reiterato, è fissa nel– la terra oltre che nella memoria. Non è che un esempio, ma andrebbe ri– cercato l'uno e l'altro filo che lega i due temi in que– sto poeta, e non da oggi. Chi non se lo ricorda vada a controllare il corsh·o che chiudeva La spiaggia dei poveri: e La morte è un vento, un. mare? Terra non è, non è terra. non è se– poltura. Il nostro silenzio avrà una voce, di là, di là, e non son cupole, non son chiese. lita bambini, bam– bi che gridano '"· La letteratura italiana con– temporanea si presenta, ,iei suor ,·alari validi, essenz.ial• menle come letteratura di polemica. Polemica verso un sistema, verso un costume, \·erso un modo di "h-ere, ,·erso il formalismo metrico e linguistico. Polemica ali– mentata da molivi occasio– nali (come il fascismo o un c~rlo costume democratico) ma che, lungo il cammino, ha acquisilo forze ed ener– gie capaci di proporre un certo discorso culturale. Ne è \·enuta fuori in tale modo una letteratura di violenza e di stanche:zza, di rigore e d i problemi. che ha domi a.no e ancora domina l a sc ena cul· turale italiana. Ha incomin– ciato (tanto per dire) Mora– \·ia con • Gli indifferenti•, e hanno continuato, Pa\-ese, Viuori.ni, Bernari, Silone, Pratolini, Malaparte fino a giungere a Ca.kino, Cassola, Pomilio, Monte.santo, Feno– glio e Pasolini-: scrinori que– sti (e naturalmente altri) che hanno quasi sempre cercato di porre l'accento sulla de– nuncia, o comunque sulla testimonianza indiretta, per l'ingiustizia subita ( e Fonta– mara • di Silone e e Crona– che di po\·eri amanti• di Pratolini) per la libertà vio– lata (Pa\-ese in e Prima che il gallo canti• o Vittorini in • Uomini o no•). per la pi– grizia morale e la distru2fo– nc di \-alori essenziali al vi- cfi FRA_I.CESCO GRISI ti decadenti, la '"ifillaccheria, l'eaoismo, con i quali si im- Cosi per l'altra compo– nente andrebbero ridestate le pagine di e Ritratti di mia madre '"• in prosa, che si rinvengono ne La sposa bambioo, ariose immagini avvolte nell'aria del ricor– do. dell'idillio, ma concre– tissime come sa essere con– creta la poesia ricavata dai segni lasciati dalla vita. Tra i nuovi arrivi: L'af– fronto deUa voce di Ercole Bellucci (Istituto d'arte di vere cofletth-o (Moravia negli • lnd.ifferenù • e Malaparte nella e Pelle,), per il forma– lismo linguistico o spirituale (Pasolini in • Una vita vio– lenta• o Fenoglio in e Pri– ma,·era di bellezza,). E il moto di polemica non si è esaurito a formulazioni individuali che. per quan– to note\·oti, restano sempre indi,·iduali ma ,·iolentemen– te si è allargato a mo,·i– menti lette.rari come l'erme– tismo, il futurismo, il neo-– realismo, e cosl \"ia. Cioè il moviment~ polemico si è al– largato prendendo coscienu collettiva e approfondendo i mothi stessi che lo sorreg– gono. Spesso, però, questa lette– ratura c. polemica• - ed è qui la ncgathità - si è por– tata appresso un grosso di– fetto, nel quale non rara– mente noi Italiani si è so– liti cadere: quello della pro– blematica a tutti i costi e quindi il trionfo della. reto– rica. Sul fascismo si è fatto della retorica sia per esal– tarlo che per negarlo; sulla Resistenza si è esagerato sia negatfr':unente che posith"a– mente; sulla espressione liri– ca si è caduti spesso in fa– cilonerie spro,'\-edute; nella denuncia si è voluto calcare la mano fino a &iungere al- la nausea; nella intros pez.io– ne psicologica r asenta .,1,do la psico-mania ne è venuto fuo– ri troppo spesso il sesso e la frenesia del sesso e, infi– ne, nel gusto del particola– re, la cronaca ha dominato incontrastata come docu– mento senza in1erpretazione. di E rni~e~~ ~o riel] ~d~ci~~ hanno dominato e domina– no la scena e la stanchezza ha ponato e porta i lettori a non fermarsi da.vanti alle \"e.trine dei libri. lo definiti– \·a questa retorica non solo ha stancato il lettore ma ha nociuto alla stessa posizio– ne polemica facendo perde– re a questa, qualche ,·olta, quella rigidità e quella to– nalità morale che essa - perché posizione polemica - do\-eva possedere. Ma scrittori che, pur muo– \'Cndosi in questo clima po– lemico non sono caduti nel peccato della retorica come polemica, ve ne sono: e tra questi dobbiamo ricordare Libero Bigia.retti, na10 in un paese delle Marche nel 19M, ma legato a Roma, i cui rac– conti lunghi e romanzi (da Esterina, Un'amiciz,ia diffi– cile, Un discorso d'amore, Cartone, La. Scuola dei la- ~tt 1 1.Jl!' ~~t~t~no d:n; denuncia e alla istanz a del– la polemica, senza cade.re, LlI. ~J[li.CCH][N A DELL~ VERJl'.ll'X * Affe1•m,azioni pericolose * di ELIO 'i'ALARiCO Ho Jetto, non so dove e non so quando, una fra...."e; piuttos\o sconcertante; ,·orrei aggiungere, pericolosa. Dunque, a George Leigh-1'Iallory, il celebre ascensionista che perdette la vita nel 1924 nel tentativo di raggiungere )a vetta più alta del mondo. fu chiesto una volta perché sentisse il bi– sogno di scalare l'E,erest: egli rimase pensoso un attimo, poi rispose: e Perché esiste•. A tutta prima potrà sembrare una dichiarazione suggestiva, piena di filosofici concetti; ma, sca\·a e sc~va. ci accor– geremo quanto fossero - invece - deleterie !e due parole dello scalatore, sia pace all'anima sua. A questo mondo. che sia bene o sia male non im– porta, esistono altre cose. molte cose, forse più im– portanti delle inviolate vette montane; ma il sem– plice fatto della loro esistenza non autorizza i co– mun: mortali a desiderarne la conquista. Sarebbe troppo comodo. immorale. addirittura infantile: i1 cogito, ergo sum del vecchio Cartesio dovrebb'esse– re. credo, reversibile: e esisto, dWlque penso>: e basta pensarci sopra appena un poco per capire l'errore di certe teorie, di certe fresi. di certe affer– mazioni che avrebbero la forza. se accettate da tutti, di sconvolgere il mondo come un fragile ca– stello di carte. La \·ita dell'uomo è molto seria, molto più seria di quanto generalmente non si creda. George Leigh-Mallory. come tutti coloro che amane la montagna, era un filosofo, un sognatore: e ciò giustifica le sue parole: perché le unlche cose che ci appartengono sono proprio quelle che non esistono, sogni castelli in aria fantasie. E' logico, per lui, che la scalata dell'Everest rnppresentasse J1 sogno più ambizioso di tutta la sua vita; volendo realizzarlo si risolse drammaticamente. Vogliamo, pe-:- un momento, ritenere valida la frase incrimi– nata di )fallory? Che cosa accadrebbe. nel mondo. se tutti la pensassero così? Un pessimista potrà rispondere che, a essere sinceri, molte persone - e non da oggi - si comportano proprio in tal modo: cioè. con supremo disprezzo delle leggi che go\·er– n~mo l'altrui proprietà. S'intende. anche nel campo morale: infatti. oltre il danaro, si p0550no rubare i sentimenti, le idee. i pensieri, i più intimi, gelosi tesori dello spirito: e, per certi furti. non c'è giusti– zia che ci protegga, nessuna pietà da parte del nostro prossimo. Tutti sanno che Tolstoi. nel suo commento a La sonata a Kreut:zer, se 1a prende con le donne accu– sandole di immoralità: e nel romanzo stesso ave\·a scritto: e Le donne sanno bene che il più alto, il più ideale, il più poetico amore dipende in fondo non dalle caratteristiche morali. ma dalla presen– za fisica aggiunta al modo di pettinarsi, al taglio e a) colore del vestito. Domandate a un'esperta civett:i che voglia conquistare un uomo quale ri– schio preferisce: quello di essere, davanti a lui, smascherata e accusata come menzognera, com~ pen>ersa o ~nche eome dissoluta, o quel~o d_i faf:il \·edere ,·est1ta male. Certamente preferirà 11 pri– mo dei due rischi >. A parte l'evidente esagerazio– ne ci troviamo sul piano del e perché esiste>, sul piano - insomma - delle cose concrete e, in qaan- to tali, legittimamente eppetibili: piano che, per essere coerente, non tiene in nessun conto ia diffe– renz.a fra bene e male, anche nei riguardi di se stessi. C'è l"E\·erest. voglio scalarlo: c·è un preci– pizio, ,·oglio sprofondare: c'è una ricchezza.,. la \·O– glio: c'è una miseria, voglio anche quella. Stiano, però. che no\·e \·olte su dieci questi des:cieri sono condizionati dal tornaconto indivi– duale; siamo, dunque. alle solite: ognuno di noi è in preda a un eccessh·o sentimento del proprio \·alore, tutto ci è dovuto .• 4...nche Goethe, se dob– biamf'I dar retta a un celebre aneddoto che si rife– risce alla sua fanciullezza. era dominato da questo sentimento. Qualcuno ave\·a raccontato al piccolo Goethe che. in occasione della sua nascita. le stelle si erano fermate: ed egli, credendo dav ... ·ero che Venere e Giove dovessero diventare le protettrici e le ispiratrici del suo destino, diceva spesso alla macire: e Le stesse non mi dimenticheranno e man– terr2nno la promessa che hanno fatto quando nac– qui>. La madre. un giorno. gli domandò: e Perché \"UOi che le stelle ti proteggano, dal momento che gli altri passono farne senza?>. Goethe, che a\·eva allora sette anni, rispose: e Ciò che basta agli altri ~:;:n~~ò ~!~T:rei 0 a ,,:;li~ :~~~z~~~e•d:~ti!J~~te "t glio a\'ere tutto perché tutto esiste. Ci sono alcuni. è ormai osser\'azione comune, che sfruttano in tal senso perfino le loro qualità negative, la malattia, la debolezza flsical la \'illà: pur di obbligare gli altri a interessarsi di loro: e Sono stato fra la vita e la morte>. e Il chirurgo fu costretto a mettermi \. 4 entidnque punti>. e Basta un piccolo rumore a terrorizzarmi >: accrescono i difetti per farne al– trettante virtù. Questa forma passiva di ambizione non poteva sfuggire a Dostoiev-schi: è tipica, al riguardo, la figura di Foma Fomitsch. protagonista del roman– zo /1 villaggio di Stepàntsch.ikovo. Fama è un va– nitoso, un fatuo, un superficiale che v-uol farsi notare a ogni costo: e allora, nell'ambiente in cui vive, cerca d'imporsi deformando e interpretando i fatti falsamente: è tanta la smania di attirare sulla sua persona l'attenzione del prossimo che de\·e riuscire nell'intento: anche perché, privo del tutto di pud,:,re, non perde la minima occasione per descrh·ersi trascurato, infelice. maltrattato dal de– stino e martire delle circostanze. Un tale perso– naggio non vh·e più nel mondo reale. brancola net buio della fantasia: la sua realtà deve andare d'accordo, magari a !orza di compromessi, con l'immagine fittizia ch'egli parta in se stesso. Nietz– sch~ ha ben descritto tali pericolosi maniaci della propria importanza quando afferma: ilio fatto que– sto, dice la memoria: non posso averlo fatto dice la superbia: e s'impunta in modo inesorabile finché la memoria deve cedere il passo>. . Ecco U pericolo del e perché esiste>, duplice m ogni se_nso: quando un oggetto, un'idea, una persona esistono davvero; e quando, al contrario, affiorano dal_ fond~ dei nostri sogni peggiori, i sogni a occhi aperti. ELIOTALARICO però, nella retorica più o meno problematica. La denuncia polemica che Bigiaretù si propone di fa– re, infatti, non è teatrale o comunque spettacolare e ri– guarda l'ipocrisia incoosape– \-Ole, la sincerità con riser– ,·a mentale, il gusto 1ea1ra\e di recitazione con il quale i~n~~m~J~t~a lo~~~a, ~~ imporre altruisticamen1e il nostro egoismo. Una denun– cia che non alza però mai la voce ma che viene sussurra– ta nel ripensamenlo o nel ricordo e che acquista qua– si sempre il tono di una confessione con la qua1e si chiede perdono e pietà, com– prensione e solidarietà. La storia, per esempio, di Un discorso d'amore (pub– blicato nel 1948 poi con Di– samore da Nistri-Lisc.hi) è la confessione di un uomo at– tra\'erso le lettere scritte a Sih•ia B del suo amore, del suo sentimento legato alla irrcpetibile esperienza amo– rosa e della analisi acco- ~~s1;~e~\\a ~~.~~~:a~~ l'amore. E la polemica è pro– prio n,·olta coatro questi personaggi che non sanno né vi\'ere né amare trava– gliati nell'insoddisfatto. Qualche \'Olta, la polemi– ca, però, tende a trasferirsi nella valutazione piu ampia di una società e qui, in que– sta polemica sociale, i3 al– legoria è la forma preferita da Bigiaretti: una allegoria che dice senza \·iolenza, che trasforma l'impeto in gen– tilezza, che condanna senza grinta, quasi distranamente, è ancora la dimo!trazione di una polemica antiretorica. Uccidi e muori 01.,'\-·ero wi'av– ventura zra i La,·ari, La. ma– lattia, Fuliscia SODO i rac– conti luoghi che tra un sor– riso e l'altro, tra una a\lven– tura e un djscorso, fanno pensare alla crisi del siste– ma giudiziario (/ lAvari) al– lo assurdo della borghesia (l.4 malatlla) alla pazzia del– l'uomo-massa - come di– rebbe Elémire Zolla - ( Fu– liscia). E la denuncia è pron- Libero BigiareUJ rata che egli fa di questo amore e di questo scnumcn– to. l fatti, gli aV\-cnimenti che hanno accompagnato il nascere, il maturarsi e il fini– re dell'amore s ervono • uni– camente per getta.re uno sguardo più acuto dentro i \1..1oti dei silenzi che sono stati • ed essi perdono di dimensione, man mano che il ripensamento e l'abbrac– cio spirituale fanno sincera– mente capire la confessione. La polemica alla fine fa ri– manere soltanto que.sto uo– mo e questa donna, uno den- ~is~~tra~}e,~~ ~ti{tt~ a \·olle violenta a volte mi– steriosa, che li condanna ad una felicità impossibile. La polemica contro l'accomoda– mento amoroso, contro l'a– bitudine, conLro il rimane– re insieme anche quando tut– to è finito, acquista sempre il tono giusto della respon– sabilità e la denuncia non dfrenta clamore di piazza. Il prendere coscienza, ad ~f~fSCe ~i Jt:a di°!~~ mento pacato (e Tu conti– nua\•i a piacermi ma non mi piaceva più quello che a te ~~cen~ ~o~i~o a~~~• ~~~~ un Ji:rande bosco. Quando si è vicini (pensa a noi due), quando, per essere precisi, il caso ci fa essere vicini, le chiome si confondono e pos– sono anche, viste dal basso, dare l'illusione di attingere a un cielo unico e prossimo. Ma, per quanto il medesimo terreno te nutrisca, le radici vi affondano solitarie, cia– sama per ~. intenta a ~: e non si scorgono, si occul– tano e si perdono prima di anfrare ad intrecciarsi•· ln Bigiaretti tutto acquista il gusto dolce e melanconico del ricordo e anche nella ri– sposta di Sil\'la in Disamore la polemica è senza toni aspri, senza urli ma quieta, semplice, puli ta non tesa ad impressiona.re quanto a ra– g iona.re (qualche volta sofi– st icamente) sulle deficienze, eli slanci, ali accomodamen- ta e misurala, consape\'Ole di quello che vuole e di do– \"e vuole arrivare. Ma lo sti– le misurato dello scrittore è ancora più e,·identc ne 1 figli do\-c il conllitto tra le generazioni è sempre reso senza retorica e con il gusto semplice e chiaro di chi sa la speranza e la disperazio– ne che CO\lano nelle dfrerse età. L'architettura stessa del libro risponde a questa esi– genza: tra i personaggi: Ada– mo (il padre) Osva.Jdo (il figlio) Giulio (il nipote); tre le formulazioni ideologi– che-culturali-politiche (la1cbe– anarchiche, libe.rali-egocen– Lriche, comuniste-altristiche) e lo scrittore segue rigida– mente questo se.bema nel quale l'attenzione è concen– trata più nella polemica clic i tre fanno uno a danno del– l'altro, che nei fatti. Anzi i fatti sen·ono solo per spunto e per cond annare l'operato del vecch.io o del Jiovane o del g iovanissimo, e il fatto Andrea e il futto matrimo– nio di Osvaldo con Anna, e il fatto relazione di Osvaldo con Elena sono utili per at– tizzare la denuncia, che, vol– ta per ,·olta, \'iene lanciata e sussurrata contro questa o quella generazione. li con– flitto - come non avviene in libri del genere - non è divampante ma brucia sotto la peUe, si colora favolosa– mente, diventa borghese nel– le abitudini e smanioso nel– le attese e lo scrittore sem– bra sempre sulle mosse di ordinare appunti. di catalo– ~rc sensazioni (una specie d1 tabuJae Baconiane) prima di andare avanti nel rac– conto. Adamo si presenta - e ag– grcssirn e affascinante• Osvaldo e turbato e arden~ te•, Giulio e deciso e sicu– ro, e ognuno recita senza dialogo, in lunghi monolo– ghi, dai quali escono sfibrati e nei quali S1 rispon~ono con mezze parole, con alle– gorie, scolpandosi e accu– sandosi. amandosi e odian- FRANCESCO GRISI (contin~ Pa.&•6) \.·la '\.- e.le\ 'a certo tre amici attorno a un la\·olo d'une tav~ma; e mi decisi a seguirlo. ché. pur piacendomi il riposo e la compa{;Dia, non avevo però ~l cuore dLI:ro e per di più ero preso da un'!nsormontab1le curiosità. Mi misi subito e cercare il mio uomo. Avevo già oammineto nella folla qualche po' senza successo e non sperando ormai ritrovare la sua traccia,. comlnclav~ a rimpiangere la partita andeta a monte, quando, all un– provviso, un gruppo di gente che si stava formando sul marciapiede, mi sbarrò il passo. Vi penetrai a colpi dJ gomito, e quale non fu la mia sorpresa nel vedere U portatore davanti a me! Aveva fatto un passo falso e si era abbattuto sul selciato. Sentivo che lo commisera– vano, ma la curiosità dei passanti ere più rrande deHa loro compa ssione, po:cbé nessuno pensa\·a a tendergli una me.no. L'aiutai ed alzarsi. rimisi la sua croce sulle spalle. e gli chiesi se non s1 fosse fatto male. Quando quelli che s'erano fermali videro che g)i parlavo. e che lui, mal.grado !e caduta continua\'e a turnare le sua p:pa. s'allontanarono etzando le spalle e ridendo. Frattanto. l'ometto s'era rimesso in camm:no e, S:c– come l'accompagnavo. mi disse con tono seccato: - Per– ché viene con me? Coll05C0 la strada - Ho paura che non inciampi •ncoca; ché quPsta c:-oce nu sembra abbstanz.a pe~ per !e tue &palle! - Non porlo c:vei sulla spalla! - ri.spo5e - Ti vuoi b~lare ài me? ::--:on \'Olli contraddirlo e cominciai a pa,!a:-gU d'alt:-o. fingendo d'andare per conto mio. camminava meno svelto di prima Ogni tanto l'aiuta vo a c ambiare di spalla la sua croce. Sul marciapiede i pssar.ti ci gu.a.rda\'ano. A un trtto vidi le sue gambe cedere ma. non ebOOtempo d'in– tervenire, che il pove."'-lomo s·era spezzato sul lastrico. :\li sb~ai a rialzarlo. e già qualche sciocco c·era d'atto:– no, in sile.nzjo, cu.-:OSO di \·edere che a,Tei mai fa;:o. - Non bai più forze. - D~ssl al mio compagno. - Lascia che ti aiu:i a po:tare la tua croce. ;\la lui mi guardò con occhio indispettito. p:eoccup;.n– dosi di sapere dO\"C fosse la sua p~ La pipa era I"UZ– zola!a su l ma rciapiede e il bc>cxhino s'era rotto. La ? imi.se lo stesso t.ra i denti e accettò il tabaeoo che g!.i of t ri.\·o . - :: i.ta non senti. che questo ca:-ico è L"'Oppo pesan:c per !e r ue spalle? G!i diedi da riaccendere la pipa. Attorno a noi parli– \"ano fi:sch.i. e risate miste a colpi di frust a ed a bestem– mie; i fri.z:z:i s'mcrocia\'ano con parole di pie.tà. Un uomo mal vestito, vedendo i miei guanti e il bas tone col pomo dorato, mi squadrò con occhio sprezzante. ment..-e una donna giovane e tresca. che sembra\-a una popolana. of· fr.iva il ~o fazzolelk.D al portatore. le cui tempie s'ez-ano coperte di polvere e d1 sudore, strillando: - Ma sta per cadere di IlUO\'O! - Andiamo avanU! - dissi io. - Po.~eremo la tua croce wt:'e due. Le strade ctin~:it.a\·aoo se.mp:e più oscure e i passanti erano =-ari.. ).li sforzavo di sostene.-e come meglio ~\-o la croce.. poiché il po\·eruomo dalla sua. ultima caduta. si cur vava ancora di più. Si se.n>iva che i suoi polmoni geme\ o.DO. il suo alito bianco si oon!oodeva col fwno della pi pa. ogni tanto !e ossa gli scricchiolavano. Quando passavamo sotto i lampioni che ancora ognJ tanto ri– .schiara\·ono il marciapiede. gli guarda\-O gU abiti sdruciti. spor-ch.i di fango e le We scarpe buttte. Un largo st.-appo alla gamba. metteva a nudo la carne. - Eocot.i tutto ammaccato! - gli dissi. - hai il g'..noc– chio coperto di sangue, e non te ne 21llen-:.i? - L';n\'erno è duro. ~li aspettano. Sbrighiamoci.. Pensai ai mie.i compagni che. anche loro, m'attende– \-aDO attorno a un tavolo da gioco, e una vergogna acuta mi pun:se il viso. Intanto qualche sfaccendato. notando il mio vestL-e attUrato e i giooicchi del povero diavo!o, ci aveva seguito sghignaz:z.ando All'anprovviso, \'id.i il corpo d el m io com– pagt)O aff o::i.dare come un masso. Pec la te.za \"ol:a, l'Uomo e la sua croce. s'abbatterono sul lastricato. Sicco– me nessuno si faceva avanti per mlzarlo. dovetti sfor– za:rmia:i da solo e non eenza fatica. perché, anch'io, co– minciavo a risentire un'orribile stanchezza. Fischi stri– denti tagliarono l"05CUrità e sembrò che una folla nera si aocamsse sulla schiena del disgraziato. Riusci però -a :rimettersi dziitto; raccolse la pipa col bocchino ch'e:-a diventato ancora più corto e volle riprendere il suo .fa:-de.l!o. - Lascia 11 la tua croce! - gridai con fona. - l\"on senti che fin..t-ai per ammazz.acti? Una voce so:-ti dallJombra: - di quale croce paria? - Non \"-edete? E' da due ore eh~ se la t.ascina 6Ul.!e spalle! E la voce riprese: - E' un paz:z:o. ~amo!o! - F,d io mi domandavo a chi tosse rivolta questa parola. li gruppo nero si restringeva sempre più attorno a noL Afferrai il b..""accio del poctatore: - Vieni! - gli dissi. Lui aveva raccolto il fardello. - No, la..~ stare! la porterò io la tua croce! Gli strappai il legno dal::e mani. Ma, appena i510llev-ato da ter:-a.. il pesante ca..-ioo si scltiacciò sul marciapiede men~e anch'.io barcollavo e il mio cappello rotolava in un rigagnolo. Restai un momento stordito in mezzo alle risate che mi da\-anO alla gola . Quando mi riebbi. l'uomo era già lontano coo la 9.la croce sulla ~a. Quella notte sognai che una croce &i driz:z:ava .in una bettola. davanti ad una ta\'ola do\'c quattro uomini fa– cevano un gioco inteIT\ale. Sulla croce. il mio compagno di poco fa, stava inchiodeto per l piedi e per le mani. Con la pipa tra i deoti, aveva l'a..~a di ridere.. ma i suoi trn.t:i beffardi .facevano pena. Le pa..'lpeb..-e rosse gli ri– cadevano pesantemente, e lungo le g,..i.a:n«: scavate. a,cqua e sangue oolavano misti. Ogni tanto i giocatori si volta– vano verso il pove.-uomo e. posate le ca..."te, g.!.i lanciavano un frizzo. Uno di essi s'alzò, tese alle labbra del crocefisso un bicchierino d"alcool che gli strappò una smorfia orren– da. Poi, egli mandò un sospiro, lasciò cadere la testa e la pipetta spenta gli si speuò sul matr.onato. (Trad. di Umberto Marvardi) Realtà fantastiche Franz Hdl.ens, scriltore belga con al suo attivo u11a ventina di volumi tra poesia racconti roman:;i, i scono– sciuto al gran pubblico ita– liano. * Dopo il suo primo volume di novelle Lcs Hors-lc Vcnt del 1909, s'affermò col • Prix Picard • del 1912, e quindi, pubblicando Lcs Clartés la– tentes, Nocturnal, racco,ui del 1919, .Melusinc, romanzo del 1921), e, succe.ssivame11te, altri volumi di racccnti e di romanzi che gli valsero il e PfU triennal de Uttérature • nel 1933, quello del • Club du livre du mois • nel 1948 e infine il • Gran PfU des &.ns de lettre.s • nel 1954. Ma il ltuore italiano che volesse farsi un'idea delle sue qu alità di n arra.Jore, dovreb– be ce.rea.re Réalités fantasti– qu es - Ga llim.ard, Pa.ris -, scelta di racconti da altri suoi quartro volumi, piil volle edita in Francia. Il titolo della raccolta già introduce nel suo modo di vedere La vita che, con wra sentenza tolta dal suo ro– ,,umzo Naitre et mourir, si esprime cosl: e On croit zoi~jours n'a,'Oir tau que river ». Che i anclie un modo di concepire l'arte, conu wui rea.li.uazione del sogno, o come un sognare la realtà.. E le doti di questo scn·uore profondo ed acuto, a pane tl suo affinamellto stili.stico nel senso più tecnicamente letterario, sono infatti costi– tuite da questo penetrare i faui di tutti i giorni con la letite d'ingrandimmto della fantasia per mettcnu in ri– lievo quella realtd spirituale che si nasconde sotto la empirica e clic passa ùws– scrvata da tutti. Realtd spi– ntuale che il 11.arra.Jore in– nalz.a a potenza lirica e ch4 quindi, nei confronti della sua dimensione cori.diana, i una surrealtà; tale, ,wn per– ché intelleitualiz:.ata da w1 meccanismo logico estraneo aUa poesia, non abbagliante per un'esa.spera.tione menta– le, ma percJ1é la sua verità spirituale è stata isolai.a nel suo alone di .surrealtd lirica.. IDIBERTO MARVARDl

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