la Fiera Letteraria - XIV - n. 26 - 28 giugno 1959
Domenica 28 giugno 1959 x' J; · l,_ 1 vido le. Co'--< <!<,. ~Lu--._,_,. 6-,,L.., ,.,.J_ ,._,.,.,. {' e.....,,_.,_ ..1 t........, J;~,,,, J}, t,~ "" ,,.,,.,.,,._ r Mlt.lC. \,·.,__ (Ui , ~ ~L...& ..- ~ s~{i.,, ~ ~ d_ · f • ~ ~ ,✓• ~:• f 3u.· ~ 4-J.. W>.. ~G. f--...i.i:c.,.,._Q . (liA,v,f/>1 t:,o-Mc...,(;., e ~:. ~- .!{ ;,-,iiU..J4,. ~ ~ C<.., C.LJ, .,.J le J O e c. C,.. ~,;a,._ Ì ~h ~ i.LA . e Ju. G,ol.. _f,..U'l J,,.u 1.,.,.,_ .:,/._, u,~c, ljc,-,L: %c... !.~ tLÀIArl .. ~ ~o ......, G.. -tn-to.. ,-~/ .-01.,-.r- uli!, , ~ ~ ~ ':"-'-'~,,L- e M..(. ~t. · 1 CA.e<- t,-t, . , {yi,c,. ~-- t · ~ e"-[~, D . ,i_;,_t,., 'vi'.:.. ~~"'-<' , r.,c. .......... ~~ ,._ . .;..,,,.,_~ {),~~ &..- ;·#00½~- t,, ,' /•~~- :ll"'-t 7· - I , ·df. I-<-('\, l1.-,--~ "-'-<,-u j,.,,<.4 :•-f-G=- !tl,i I , On a.at.4,-nfo di Vlneen20 Cardarelll Commiato * di E. F. ACCROCCA Lasciatemi rioede-re la mia terra., lasciatemi andare una notte a dormire coi morti: queste le parole che conclu– devano la prima prosa di H .sole a picco che s'apriva ai piedi d"un disegno di Moran– di. con la facciata alla d'una casa e la campagna intorno. E cosl lo vedemmo parti– re nel pomeriggio del 16 giU– gno. dalla piazza e dal colon– nato di San Lorenzo fuori le mura. alla volta di Tar– quinia. Lasciava tutt'intorno gli amici che numerosi s'erano raccolti per quell'addio si– lenzioso ma non muto. i più antichi del tempo della Ron– da e i più recenti che negli ultimi anni Jo avevano aV'\,·i– cinato cautamente. Tornava a rivedere la sua terra e a dormire coi suoi morti, trascinandosi dietro, con orgoglio, persino il pro– prio lungo dolore. la propria solitaria e osUnata esistenza ch·egli aveva trasferito in pagine lasciate - eredità estrema - alla nostra me-– moria. Nessuna parola poteva compensa.cl ,, nessun ge,;to. ll suo commiato se rera gi& scritto da sé: , Come un vecchio reci– piente incrinato. il mio cuo– re non comporta pili gli ei– Jerr;escenti dolori onde con– tinua ad essere agitato; né le bollenti passioni. E temo non s'abbia a spezzare. Non mi s-ento piti giorane. E' tan. to tempo che lo dico! E non so capacitarmi come mai l'amore abbia la~ciato pm– sare la sua stagione senza sorridermi .. mentre pure la amici.zia. 1upremo bene, li allontana da me. che ne ho troppo abusato. E nuova eta .!opravviene. Quella i_n cui_ la memoria dell'uomo e carica di troppt ricordi. iMepolti e il suo cuore. oppreuo e ci.– catrizzat.o. non si pasce d! altro che di rivolte affanno– se. Intanto la vita ha ces,ato di enere una gaia milizia, la morte impieMga non arride più. da lontano. come. un giorno di gloria. ma •1 fa avanti e ai rivela per quella che è t:eramente: l'ingiuria suprema•· s·era avvicinato d'anno in anno a questo est remo salu– to. ln lui ere maturata da tempo le stag;one degl! addii: la ritroviamo nelle sue prose illuminate. nei suoi versi cui s'accompagna la confessione delranimo. Ogni segreto dì lui era sve– lato. Ha conosciuto amori e di– singanni. gloria e abbandoni. dolcezze e crudeltà, speranze e rimorsi ha scontato gli errori della p, op ria saggezza. Per ricord<1rlo non ci par meglio che una pagina della sua \·oce più vera. quella del Cardarelli poeta che impa– rammo a conoscere da ragaz.. zi: una \'OCe che ben s'inne– sta. senza ombre. tra quelle del Novecento ptù alto e più durevole. Da-! :- tratto del proprio carattere al sentimento amo. roso. dai \'ersi di paesaggio a quelli deJJ'accostamento alla morte. la poesia di Car– darelli ha sempre un unico centro: le sua natura d'uomo interpretata senza pietà e senza ra~giri. Basterebbe po ersi rileg. gere certe pagine di prosa che fanno da contrappunto ai versi: ecco una lettura da meditare. E forse il libro migliore di Cardarelli e da sistemare ancora. ELIO F. ACCROCCA La speranza è nell'opera. Io sono un cinico a cui rimane per la sua fede questo al dì là. Io sono un cinico che ha fede in quel che fa. ADOLESCENTE Su te. vergine adolescente, sta come· un'ombra sacra. Nulla è più misterioso e adorabile e proprio della tua carne spogliata. Ma ti recludi nell'attenta veste e abiti lontano con la tua grazia dove non sai chi ti raggiungerà. Certo non io. Se ti veggo passare a tanta regale distanza, con la chioma sciolta e tutta la persona astata, la vertigine mi si porta via. Sei l'imporosa e liscia creatura cui preme nel suo respiro l'oscuro gaudio della carne che appena sopporta la sua pienezza. Nel sangue, che ha diffusioni dì fiamma sulla tua faccia, il cosmo fa le sue risa come nell'occhio nero della rondine. La tua pupilla è bruciata del sole che dentro vi sta. La tua bocca è serrata. Non sanno le mani tue bianche il sudore umiliante dei contatti. E penso come il tuo corpo difficoltoso e vago fa disperare l'amore nel cuor dell'uomo! Pure qualcuno ti disfiorerà, bocca di sorgiva Qualcuno che non lo saprà, un pescatore di spugne, avrà questa perla rara. Gli sarà grazia e fortuna il non aVerti cercata e non sapere chi sei e non poterti godere con la sottile coscienza che offende il geloso Iddio. Oh sì. 1'anirnale sarà abbastanza ignaro per non morire prima di toccarti. E tutto è cos1. Tu anche non sai chi sei. E prendere ti lascerai, ma per vedere come il gioco è fatto. per ridere un poco insieme. Come fiamma si perde nella luce, al tocco della realtà i misteri che tu prometti si disciolgono in nulla. Inconsumata passerà tanta gioia! Tu ti darai, tu ti perderai. per il capriccio che non indovina mai. col primo che ti piacerà. Ama il tempo lo scherzo che lo seconda, non il cauto volere che indugia. Cosi la fanciullezza fa ruzzolare il mondo e il saggio non è che un fanciullo che si duole di essere cresciuto. Ii\'CO:\'TRO KO'IT IBNO Ah. vagabondo, gli esseri come te! Con le tue scarpe di tela bianche, i ,·asti pantaloni di velluto, é un sigaro spento che pende fra le tue labbra come un proposito dimenticato, allocco della città, cane apata e curioso che circoli tra la folla sviato da tutti gli odori, tu sei capace d'aver visitato tutti gli scali del mondo. Hai fatto nnn una, ma dieci e dieci spedizioni dì Colombo, tu, per il Globo. Lo conoscevi tu il mare LA FIERA LETTERARIA Pag. 3 " ... IL MIO DESTlNO E' VIJiERE - BALEJ\ 1 A1'DO IlV BURRASCA,, ANTOLOGIA POETICA prima di percorrerlo? Sapevi tu l'esistenza dì tante, di tante città? Su quale atlante hai prescritto. girando la terra col dito, gl'itinerari de' tuoi viaggi? Eppure, di, davanti ai continenti la tua idiota fermezza di grande esploratore! Appena sbarcato prendevi la ruga cieca del bisogno che ha in qualunque luogo un'aria di casa tua. Neanche domandavi: - dove siamo? Ti buttavan Il. Tu eri subito a posto. E non ti chieggo i mestieri. Probabilmente li hai sofferti tutti e non ne hai nessuno. Come i fratelli che hai sopra ogni parallelo, che ti accolsero senza saluto, ti conobbero senza stupore. ti videro partire senza rimpianto (e tu facevi altrettanto) o tu, che sei così solo! La vostra vita era quale fra gente legata a una stessa catena. Nelle fumose osterie attingevate al piatto comune. E poi, la sera, comitive in ronda a godere la gioia delle strade. Accozzati per pochi di su provvisori giacigli, assieme, nudi, vi coricavate sotto lo stesso lenzuolo, vi scambiavate gli oggetti più aderenti alla carne, i vostri idiomi aprivate forzando spalla con spalla, ma un'intima parola non ve la dicevate. Perocchè la fatica vi crucciava e run nell'altro odiava la sua pena e ciascuno mordeva il suo silenzio, e l'uomo era lungi da voi. Rimanevate a contatto come la merce che aspetta sui moli e non sa il lido dove andrà a sboccare. Di questi neutri soggiorni, passaggi alieni della salamandra nel fuoco, a poco a poco, desolatamente, della tua vita tutto il tempo è pieno. E adesso ambuli terrorizzato come il fanciullo che non sa che ha fatto. E biascichi male la tua cicca! E vai sbirciando per consolazione la meretrice che porta, sul marcilipiede opposto, la sua solitudine parallela con meno rancore di te. AMORE Come chi gioia e angoscia trovi insieme gli occhi di lei così m'hanno lasciato. Non so pensarci. Eppure mi ritorna più e più insistente all'anima quel suo fugace sguardo di commiato. E un dolce tormento mi trattiene dal prender sonno, ora ch 1 è notte e s'agita nell'aria un che cli nuovo. Occhi di lei, vago tumulto. Amore, pigro. incredulo amore, più per tedio e.be per gioco intrapreso, ora ti sento attaccato al mio cuore (debol ramo) come frutto che geme, Amore e primavera vanno insieme. Quel fatale e prescritto momento che ci diremo addio è già in ogni distacco del tuo volto dal mio. Cosa lieve è il tuo corpo! Basta ch 1 io l'abbandoni per sentirti crudelmente lontana. Il più corto saluto è fra noi due un commiato finale. Ogni giorno ti perdo e ti ritrovo Cna recd.ne totorrafla di Vincenzo Card2.rtJII ad un rfce– ,•l.meolo a VWa Madama così, senza speranza. Se tu sapessi com'è già remoto il ricordo dei baci che poco fa mi davi. di quel caro abbandono, di quel folle tuo amore o,·'io non mordo che sapore di morte . A'ITESA Oggi che t'aspettavo non sei venuta. E la tua assenza so quel che mi dice, la tua assenza che tumultuava, nel vuoto che hai lasciato, come una stella. Dice che non vuoi amarmi. Quale un estivo temporale s'annuncia e poi s'allontana. così ti sei negata alla mia sete. L'amore, sul nascere, ha di quest'improvvisi pentimenti. Silenziosamente ci siamo intesi. Amore, amore, come sempre, vorrei coprirti di fiori e d'insulti. GABBIANI Non so dove i gabbiani abbiano il nido, ove trovino pace. Io son come loro, in perpetuo volo. La vita la sfioro com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo. E come forse anch'essi amo la quiete. la gran quiete marina, ma il mio destino è vivere balenando in burrasca. CARA'ITERE Vivo di sogni e cli speranze pazze. Nella mia libertà come sepolto vedo passare i giorni, sempre nuovi per me, sempre diversi. Giorni ch'io vivo e perdo come chi si costringe in oscura cavera a castigar la sua brama di luce. Poi per le strade uscendo sul crepuscolo lo incalza il disperato desiderio dì rincorrer quell'ora che gli sfugge. Sempre avrò amore al mondo e brevi gioie. E noie, disgrazie, ma mi parranno meno precarie e meno tollerabili. Ché non c'è nulla di continuo e certo nella mia vita, fuor che il vario inganno della fortuna e le malie del tempo. Non son felice e nemmen certo d'esserlo. A me, lamenti, querule rampogne, effusioni soverchie, non s'addicono. E nelle pene estreme aridi ho gli occhi. Mi chiude nello sdegno un dio la bocca. Il non potere e non volere insieme fanno un tale groviglio entro il mio petto come radici d'una vecchia pianta che non crolla per impeto di vento e solo il fulmine potrà schiantare. LIGURIA E' la Liguria una terra leggiadra. Il sasso arden~, l'argilla pulita, s'avvlvano cli pampini al sole. E' gigante l'ulivo. A primavera appar dovunque la mimosa effimera. Ombra e sole s'alternano per quelle fondi valli che si celano al mare, per le vie lastricate che vanno in su, fra campi di rose, pozzi e terre spaccate. costeggiando poderi e vigne chiuse. In quell'arida terra il sole striscia sulle pietre come un serpe. Il mare in certi giorni è un giardino fiorito. Reca messaggi il vento. Venere torna a nascere ai soffi del maestrale. O chiese di Liguria. come navi disposte a esser varate! O aperti ai venti e all'onde liguri cimiteri! Una rosea tristezza vi colora quando di sera, simile ad un fiore che marcisce, la grande luce si va sfacendo e muore. ALLA i\IORTE Morire sì, non essere aggrediti dalla morte. Morire persuasi che un siffatto viaggio sia il migliore. E in quell'ultimo istante essere allegri come quando si contano i minuti dell'orologio della stazione e ognuno vale un secolo. Poi che la morte è la sposa fedele che subentra all'amante traditrice, non vogliamo riceverla da intrusa, né fuggire con lei. Troppe volte partimmo senza commiato! Sul punto di varcare in un attimo il tempo, quando pur la memoria di noi s'involerà, lasciaci, o Morte, dire al mondo addio, concedici ancora un indugio. L'immane passo non sia precipitoso. C2.rdare111 in un ritratto dl Francesco Messina Al pensier della morte repentina il sangue mi si gela. :Morte, non mi ghermire. ma da lontano annunciati e da amica mi prendi come l'estrema delle mie abitudini PARTENZA 1ATTUTINA Al mio paese non posso dormire. Sempre mi leverò coi primi albori e fuggirò insalutato. Quanti mattini della mia infanzia furon simili a questo, libeccioso e festivo, con la marina burrascosa in vista e la terra bagnata. Quante volte percorsi questa strada ove oggi mi ritrovo e mi stupisco d'essere ancora al mondo. Sconosciuto, inatteso, eccomi in via di nuovo per quella stazioncina solitaria in cui vissi bambino, a cui ritorno, e tutto il mio passato mi frana addosso Inorridisco al suono della mia voce. ALLADERIVA La vita io l'ho castigata vivendola. Fin dove il cuore mi resse arditamente mi spinsi. Ora la mia giornata non è più che uno sterile aVVlcendarsi dì rovinose abitudini. e vorrei evadere dal nero cerchio. Quando all'alba mi riduco, un estro mi piglia, una smania di non dormire. E sogno partenze assurde. liberazioni impossibili. Oimé. Tutto il mio chiuso e cocente rimorso altro sfogo non ha fuor che il sonno, se viene. Invano, invano lotto per possedere i giorni che mi travolgono rumorosi. lo annego nel tempo. RITORNO AL i\IIO PAESE (Dopo due guerre) O memoria spii.tata, che hai tu fatto del mio paese? Un paese di spettri dove nulla è mutato fuor che i vivi che usurpano il posto dei morti. Qui tutto è fermo, incantato, nel mio ricordo. Anche il vento. Quante volte, o paese mio nativo, in te venni a cercare ciò che più m'appartiene e ciò che ho perso. Quel vento antico, quelle antiche voci, e gli odori e le stagioni d'un tempo, ahimé, vissuto. NON BA TA MORIRE Hanno i defunti un tempo ulteriore nei cimiteri. Vi compaiono adorni di fiori e d 1 illusioni, per diventare presto della città silente comuni abitatori. Ma una pietà indistinta li consola anche allora che, privi d'ogni cura, esposti ad ogni ingiuria, trapassati da troppo lungo evo, d1 lor neglette sepolture ornate con &usto d'altri tempi,
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