la Fiera Letteraria - XIV - n. 21 - 24 maggio 1959
Domenica 2-1 maggio 1959 LA FIERA LETTERARIA Pag. 3 SCRITTORI IN PRIMO PIAN O GAETANO ARCANGELI ■ ■ Poesie Gaetano Arcanrell male aderenti al tuo corpo ribet!e che ingigantiva. solo, incontro al mare. Al tuo fianco mi parve di affrontare qualcosa arditamente. ma senza far parola uno all'altro, senza dovere ascoltare un consiglio mediocre dietro le spalle decise a proseguire un cammino Tu seguivi una strada di natura. e mi apparivi del colore stesso della polvere trita. disegnando la linea di un sentiero usuale e solitario. Eri forse compiuto ed enigmatico come l'oggetto che il silenz.io interroga nelle ore più dense, entro l'estate; un vaso di gerani a un davanzale a guardare il confine di una vita intima ed appartata; entro di te scoccavano soltanto. conge'°i di una sveglia di alacrità modeste. treni umili lungo una linea che guardava il mare un poco di lontano. e che solcava un retroterra selvatico __ Ti erg·evi senza orgoglio. ogn_j maitina soUevavi la vita. come un peso proporzionato ad un umile compito; e mai ti vidi curvare le spalle. nemmeno quando. domato dal male e da sventura. atteggiasti le labbra a formare preghiere non ci riconosciamo; e Ira pareti fragili viviamo una vita violata. l\la siamo gente di ben altro ceppo! Gente che guarda. e poi tira di lungo. Non ci inganna. spuntando. :J primo fungo. ed i nostri discorsi non son quelli che nascono, obbligati. tra i clienti delle oz.iose pensioni. verso autunno; annoiati e protesi. in tutto ascolto. al commento del primo fungo colto. Il volto 1958 cl,e si off,~ì improm1iso Il volto che ti si offri improvviso, specchio irriconoscibile di umani decaduti... Una cosa che ripete. assurda, in questo tempo ormai deciso. l'indecisione molle di una rosa. la proposta del fiore. la domanda sospesa al nostro nulla... Il giardiniere prez.ioso e ignoto. a che ce la tramanda? Perchè. nei luoghi dove prima accaddero i tuoi capeUi, il tuo passo, i tuoi occhi accesi da un pro6etto .a misurare una meta. in una •:acanza ardita, 1958 OMAGGIO ALLA POESI * di ALBERTO BhVIL.1.CQUA. Siamo dawero lfeti di accogliere nella nostra rubrica, come primo p,oeta, Gaeta– no Arcangeli. Vuol e.Mere. il no,tro, un pic– colo omaggio ad una delle voci poetiche non SOitanto più vive e interessanti, ma anche più operosamente umili. Confessiamo che spes:30,pen..sando a Bologna in quella 8tla luce di tenere colline e in quelle sue ombre dì portici, ci viene alla 1nente la figura di Gaetano Arcangeli. E non ,alo per f riferi– menti ambientali che si pos,ono riscontra– re con chiarezza nella sua poesia, ma an– che per certe caratteri,tiche di tempera– mento. di modo di uiuere. Della. terTa emiliana Arcangeli ha gli umori più schietti, in qudl&, sue tenerezze, in quel -'UO amore ndla malinconia, per$mo in quella sua giustezza - diremo con:t1a_ le - nei mentimenti. Al di la di queste sue doU di natura, 'J)erò. Arcangeli ha affinato la sua. .fensibllftd e ha raggiunto un limite di pouia non occasionale o ristrette in an. gu,tie d'ambiente. nui spazioso e ricco df motivi universali. E' una conquist.a fm.portante. sopratutto se ,i pen.sa che i poeti emiliani, se hanno in genere un difetto (chiamiamolo difetto. anche .fe forse non lo é), e quello di calarsi e di uaurirsi in un mito ca,alingo, in una storia di troppe cose fa.miliari. diga la. provincia italiana.. Non voglta.mo con questo avanzare un luogo comune, ma soltanto una precL,a.zione che ci pare mi.– portante. Noi crediamo che la 110Stra pro– vincia possa arrivare a tù/ormare nel vero sen.so ctella parola uno stato d'animo, una convinzione letteraTia e: a. spegnere un e-n– tudasrno autentico. Anelavi i11cont,-o al 1na1·e (che, suppongo. nessuno ti aveva mai insegnate) timide e supplichevoli all'ingresso di un tempio. Anche seduto eri eretto, non ti piegavi alle ore; era il giorno a cadere lungo la tua persona. come cade la luce intorno a un tronco. con poche lettere impigrite Gaetano Arcangeli e nato a Bologna il 19 aprile 19l0. Ha $t11lpre viuuto nella sua cittd natale dove. da ormai molti anni, e titola.re dt una cattedra. di lettere italiane e latine presso il Liceo cl~na) «Galvani». Ha. esordito nella trita letteraria trent'anni fa, quando ebbe il primo riconoscimento da Mino Macca.ri. che accettò sue poesie e pro– .fe liriche SUl • Selvaggio». Vinte dall i.folamento. dalla mancanza. df dialogo e persino, in certi ca,f, da vere e proprie forme di umiliazione. ,t avtrizzi.fco– no anche penne di rango. Si molttplica quindi U merito di tutti coloro che, come Gaetano Arcangeli, riescono a. ,conservare e ad a.rricchfre se 81.e.ui , continuando eon metodo un lavoro letterario che spe,so dà soltanto la sen.tazione dì aoere intorno a sé il 'Vuoto e l'incomprensione. Anda\•i incontro al mare con l'intralcio solenne del tuo passo nella rena di una spiaggia deserta. a conversare da scontroso a scontroso. pescatore senza rete né barca; ma le mani tenevì alzate a riparo de6li occhi a scrutare, sulla distesa infida. se affiorasse, non av-vistato, il segno di un naufragio solitario. o padre che sapevi l'asprezza e l'insidia, e soccorrevi non visto... La scena era un barbaglio d'indwnenti candidi 1949 S'invecchia a poc:o a poco e ce ne ac– c-orgiamo a un tratto. A poco a poco. a uri tratto: così potrebbe definirsi il cam– mino della vita. Per anni si ha l'illusione di una eterna età. di una fermata a mez– zo. quasi direi di una dimenticanza (ma ci si chiede sempre con angoscia se per– caso non ci sia sotto un guasto al mo– tore); poi, a un tratto, tac. scatta con rumore la lancetta sul minuto successh·o dopo essere stata ferma per cinquanta– nO\·e secondi sul precedente (parlo dei vecchi orologi a muro) e allora son do– lori. E' a quel punto che ci rendiamo conto dell'a poco a poco, a un tratto. E' allora che ci accorgiamo di andare incon– tro all'unica cosa seria. E cambia scena. 14 maggio - Mi chiedo spesso che ci stiamo a tare. Allora mi \·ergogno della mia inutilità. Son torse gli unici momenti in cui vorrei sentirmi ape. fòrr'l'li~a.. mo– naco o soldato: far parte di una comu– nità. Per sparire. 19 $etrembre. Merano - E' ancora li che comanda la bella imperatrice Elisa– betta. seduta nei giardini pubblici su una poltrona di vimini. il lungo abito accol– lato. la splendida capi&liatura raccolta in alto e arrotolata in duplice treccia onde dar grazia al collo. le maniche strette fino al polso. le mani inguantate che ac– carezzano un lìbro chiuso sulle ginocchia. lo sgiiardo fisso all'antico paese dei Bur– gravi. ,·erso Castel Tirolo do\·e tu bat– tezzata un'altra Elisabetta. figlia del fon– datore del:a contea di Tirolo e progeni– trice della casa d'Asburgo. E' li che co– manda la bella imperatrice. cosi piena di stile, così acerba e impertinente: nel mezzo a un rondò. contornata di panchine vuote e di lampioni a globo Tra i cicla– mini che crescono sul prato attorno a una caffehaus in disarmo. ascolta scor– rere il torrente come esercito di valchirie. Io le dò la buonanotte: ché profonda– mente l'amai nera mia infanzia. (m·ero scoperto a esser geloso di Francese~ Giu– seppe): e. allontanandomi in silenzio dal marmoreo simulacro cosi puramente fa– tuo e altero. pro,·o una tenerezza che al– lude a quel mio segreto di allora. Non m'. riesce di-'1ogliere lo "'guardo da quegli occhi barbarici. da quel na!'O a dispetto. Anch ·es"'a mi guarda come uno scono:-ciu– to mentre io mi rimpro\·ero per il mio atteg&"i,amento di pPrsona che non sa esse~ selvaggia. né mai :o fu in imprese d1 guerra e d'amore: di animale o:mai domo e mam:ueto. indegno non pur d un amore. ma d"una sua semplice attenzione. . . 11 torrente corre tra boscheHi nam d1 salici che nascono fra i c:assi abbandonan~ dosi alle acque come lunghe chiome d1 fanciu!le annegate. Un ciuffo basso. fra i c:òttoli òel greto. si agita nell'ombra al \'en:o de''a valle alpec:tre e penso a qualche 0053 di n:be!ungo. E' l'Adige ch_e porta il \·emo. Frt>Cdo e torrenziale. fa 1I rumore del \'ento tra i faggi e le be_tulle Sembra mi !1-'fhri la guancia trusciando gelièo e \·elo:.:e. 1951 30 gennaio - Solo nella mia camera. Le&go. Levo a un tratto la testa. C'è uno 1951 e indecise a raggiungerti. saluti di sfuggita a qualcuno ch'era rimasto al piano (tu eri sui monti. dovevi salire ...) o che restava a giacere su un lido; Ha pubblicato: • Dal uivere » ('J)OUle e prose), ed. Testa., Bologna, 1939. • Solo se ombra .... liriche. (1941-1949). ed. Guo.nda. 1951, e Solo ,e ombra (e altre poesie)» (194L !9i!J;,;!nf:'~~ o/i9ff-j~~~~ ~ 1 ! A i miei f••at,elU perchè non ti incontrò la mia inquietudine? 1958 bellato. 1958. Ha vinto il premio • San Pellegrino• nel 1949; ,e:m:pre nel 1949 il premio •Taranto• per un racconto di mare; nel 1951 il vre:mio di pouia e FraccCU'eta », per il volume e So– lo ,e ombra ... (e:r-aequo con Vittore Fiore); e infine, sempre nel '51. U premio « Siena– Au.ronia. » con cinque liriche inedite. Noi pubblìchiamo qui, df Gaetano Arca-n. geli. cin4?ue componimenti lirici che a1:'11°– loro.no e1ò che abbiamo precisato all'int.:io. cioé una molteplicità e, sopratutto, una. mo– dernità di contenuti, in cui batte il polso ctel nostro tempo.. Siamo nati nel tempo che ancora si poteva ascoltare un silenzio ... F'ra ringhlosi motori guidati da omicidi o da seviziatori. non è il nostro luogo, Ml Se11i111•e ••isorgon uwnti Sempre risorgon monti da piatte lontananze. risorgono speranze da delusi orizzonti... 1958 GAETANO ARCAJ<GEU Trent"anni di co,tante omaggio alla. poe– sia, dunque., di laooro condotto innanzi con :n~!~sa::r:tui:~= ~~g~:'ni~ l'isolamento e l'incom.prensione di cui e pro. DICO ADDIO * Ed e sopratutto nella lirica dedicata al padre che si ha la mt.rura di ciò, in Quella capacita di tra.sferirsi dal dato affettivo e soggettivo ad un giudizio moraù. ad un simbolo umano. E vogliamo sottoltneare quel finale: « Anche .feduto eri eretto, non ti piegavi alle ore; / era U giorno a. cadere lungo la tua persona, / come cade la /uce intorno a un tronco». ALBERTO BEVILACQUA dal diario di BINO SANNIINIATELLI tavia non basta a rallegrarmi Pensavo una volta alla c:onvale.scenza come a una rinascita della natura. una nuova stupe– fatta innocenza. Qualcosa di chiuso. di murato. è invec:e in me, come un rancore. Non oono disposto ad accettare la prima– vera. Il mio corpo non la sopporta. Vedo ancora di là., dentro di me. c:ome nel fondo di un cannocchiale rovesciato. Fuori non è che un pezzetto di vita. un giocat– tolo di vita. specchio davanti. Quando ii vedi allo specc-hio e non te l'aspetti è sempre uno straniero che ·u viene incontro. Perce– piamo l'antipatia di una forma allo spec– chio prima di riconoscere in quella figu– ra noi stessi. Difficilmente io mi sento tanto soddi– sfatto come quando mi rie:sce d..i !a.r cre– dere il contrario di quello che penso- ln quel momento il resto taciuto grandeg– gfa come un tempio, come una grande preghiera. Dietro la sincerità ho paura di trovare il vuoto. 26 agosto - Al largo del Capodòmo (Argentario) ho visto il pescecane. TI mare era abbonacciato e il pescecane tende\·a solitario quella calma piatia. in- sidiosa. affiorando con la pinna del dorso. Ho pensato alla muta, fanatica tetraggine di un universo primevo dove dominavano negli esseri viventi Fame e Paura. 1953 Zi giugno - L'angoscia. l'angoscia al mattino ..- il cuore che batte affannato al risveglio come se io a\·essi fatto una cor– sa. una fuga attraverso al buio. come se brandelli di tenebre fossero ancora at– taccati alla mia persona. e queste tenebre fossero un grido soffocato. 1956 16 novembre. Greve - Domenico Giu– liotti non lascia più il leito, E' esangue. vago. sereno. Articola male le parole. la memoria gli si è come ~pappolata e guarda sorridendo la signora Zina che mi conduce in camera sua. si mette a 4 domande a Sanminiatelli In occasioru: dell'imminente pubbtica– zione preuo l'editore VaUecchi del Dia– rio :\ii dico addio dt Bino SanminiateUi, abbiamo rivolto alcune domande allo scrittore. - Come mai si è deciso a scrivere un diario? Da quali esigenze è stato spinto? - Scri\·ere un diario richiede una continua presenza che è. insieme. atto d"amore ed esame di coscienza. E' la via obbligata per un approfondimento di ~e stessi. per cercare. di sé, una nuova e m qualche modo definitl\"a misura. - Quanti anni comprende? - Dieci anni di vita che passano. giorno per giorno: incontri. riflessioni. viaggio. uno stare al mondo che nelle cose minime. nei !atti assolutamente co· muni. e capace di infondere una vita nuo\·a. una gioia come di rinascita e di scoperta. . - Su che piano si è proposto e si proporrà in seguito di. condurre il su.o diario? - Quanto meno me Jo \'O proponendo su un piano d.ichiaratarnente morale. tan– to più il diario mi sembra acquisti un senso profondo nello spirito, proprio per. ché. sah-ando la parte non peritura dei giorni. di\·ent.a una difesa contro la morte. - A che cosa aUude il titolo < Mi dico addio,? - A questa difesa. in fondo, allude il titolo: scrivere un diario è, alla fine. una continua smentita a quell'addio. una con– tinua presenza del passato. E. F. A. piangere e dice davanti a lui: « Gli è bell'e morto, non lo vede? Non ha più gambe. non si regge: come questo faz– zoletto, .. )). E. dicendolo, getta sul pavi– mento e riprende più volte il fazzoletto. « Così. proprio così ... ». Ci torno più tardi. Chiedo alla sen.-a come sta. e Un tantino meglio 11 dice. Ma subito. sulla porta del– l'ammalato. la signora Zina. vera Cas– sandra da strapazzo. vocia: « Non istà meglio. non istà meglio ... :o. Entro di nuo– vo in camera e mi metto a parlare di questo e di quello per distrarli. Dico che Berenson, nonostante i quasi novant'anni. è ancora sulla breccia. A questo punto la si&nora Zina si avvicina al letto di Do– menico che la guarda con un sorriso con– fidente e infantile. « Ma te, Domenico - dice. - non ci arrivi a quell'età_. »· Cer– co ancora di sviare il discorso. si parla della casa. dell'Qrto. dei polli. La signora Zina mi dice clle vorrebbe portare Dome– nico in una stanza più grande. do\'e c'è più aria, ma lui non \.--uole. E per per– suaderlo. gli si avvicina e prende un'aria furbetta: e Vero. Domenico, che Ci \'ll.Oi andare in quell'altra stanza. in quella grande? C'è morto il tu' zio. c'è morta la tu' zia ... 11. Non c'è discorso che tenga con la signora Zina del malaugurio. Do– menico guarda e sorride come un bimbo buono. 1957 21 febbraio - Ho provato la brutta morte: la morte della serpe dimezzata nel tango. sola mate.ria non più sollevata dal calor del respiro. O dell'insetto schiac– ciato. freddo e rattrappito. che volava grande nel sole. Non ho sentito altro che il dolore della materia. il nulla dell 1 ani– ma. l'offuscamento dei sensi nel buio in– finito che mi accoglieva. dO\/e mi discio– glievo come il figliol prodigo che torna alla sua culla, alla sua vera dimora. ~li hanno condotto giù. avvolto in un lenzuolo. Le membra mi si in!ormicoli– vano e diventavano dure. di marmo. le articolazioni &l,laste, incantate. e il sudore rappreso. Quattro monatti si affaccenda– vano per le scale troppo strette. Visi cu– riosi. uguali. una ripetizione di visi vuoti come maschere (di qua o di là dalla \'ita?) si sporgevano su di me. \'icini e lontanissimi. ossessione (o pocsia) della ripetizione pura Io li guardavo come un morto dalla bara. Ho sentito le manovre della barella, il cigolio. le scosse dell'autoambulanza. E infine un !etto e una camera linda, straor– dinariamente silenziosa. E suore bianche. delicate. attente. E il giardino fiorito della morfina 2 marzo - Son panali i giorni brutti. i giorni critici in cui. sedato dalle inie- zioni. in un dormiveglia pesante. dolo– roso, ero nelle buone mani dei dottori e delle suore, Tornavo a poco a. poco alla vita. non mi spiegavo perché. è una cosa che accade. come la nascita e la morte, nella completa indifferenza. Mi appari– vano le prime immagini liberate da un velo. volti umani e conosciuti. come pesci in un acquario: c'era fra loro e me uno spessore d'acqua. Giorno e notte a\leva– no un medesimo corso. e il tempo passava concentrato e assorto nel movimento del– l'orologio ·e nell'alone del lumino da notte. E la sete ... Mi nutrivano innestan– domi nelle vene un tubo per cui passava un liquido ora bianco. ora giallastro. e io \·ed.evo, alti. i recipienti consumarsi e rinnovarsi con lentezza esasperante. Era il monotono stillicidio di una giornata senza luce che si consumava a gOC<:enel mio sangue. L'ora esterna non operava dentro le nude pareti dove qualcosa bat– teva (torse il mio polso. !orse l'orologio) in una piccola porzione rischiarata di stanza: ancora quell'ombra di eterno. quella verità intravista, quel se\·ero ro– vescio (che è infantile ricordo e ultima aspirazione) della nostra provvisoria esistenza. 5 marzo - Posso vedere il tempo fuori della finestra. Il sole inonda la camera. la primavera è alla porla. Verde e pro– fumo entrano dal balcone insieme col canto dei merli. un canto caldo come una pioggia odorosa d'aprile. Non so ancora cosa Vi sia sotto il balcone. ma vedo verde e odo cantare uccelli. Questo tut- 14 marzo - Non riesco ancora a inte– ressarmi alla \lita. Mi conducono fuori. Pensano !orse clle io mi rallegri alla vista del movimento. della luce. delle cose clle avrei guardato come nuove. Non ho da– vaoii che un mondo usato. decaduto. Provo un'immensa tristeu.a, uno sconfor– tante senso di provvisorio - Bisognerà rifarci l'occhio - penso. A quante cose abbiamo, senza ~eroene, fatto l'oc– chio! Dopo la mia esperienza, !'occhi.o ha varcato i confini. Torno alla clinica nauseato. Non ho veduto che un affaccendarsi di morituri (che già in parte hanno cominciato a mo-– rire), una folla tra qualche decennio. senza stupore. seppellita e rinnovata per percorrere il medesimo predestinato carr.· mino. Io sono stato ai contini di una cos;, tanto grande. ho ancora in me questa cosa tragica e immensa. 1958 2 dicembre - Le difese cedono con g· anni. E il mondo appare quale lo descri ve l'epopea di Gilgamesh dopo il diluvi, universale: « E tutta l'umanità si era tra– sformata in argilla. Uniforme come un tetto era diventata la terra•- 18 dicembre - Non si sa se essere pi tristi noi che ce ne andiamo o per colore che rimangono ancora un poco. 20 dicembTe - Mi guardo allo specchio come uno che si dice. addio. Bl~O SANt\UNlATELLI Ra.ffaele Dc Grada.. • Pa.ua rrb • (llostn. del Plttori flrurathi a Taranto)
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