la Fiera Letteraria - XIII - n. 35-36 - 7 sett. 1958

Domenica 7 setteml:ire 1958 UN VOLUME DI FERDINANDO GIANNESSI }f. "ILGRANDE CARDUCCI,, * di ALDO CAIIERI1~0 n nome dt Ferdinando Giannessl. almeno tra le persone che si interessano alla nostra letteratura, non è ~erto quello_ di un ignoto. E il libretto ch'eglt dedicò agh • Ermetici •, lo studio sul Batacchi, articoli sulPorta ~te. attra!sero rattenz1one di non pochi: 1 quah ebbero a gmd1care 11 giovane pro– fessore un'ottima promessa. Ma senz'altro il volume che egli pubblica adesso: • Il grande Carducci • (Libreria Canova· ,. Edi– zioni di Treviso•> in veste assai nÒbile è la miglior cosa che ci abbia dato. E non soltanto per la bontii, e potrei dire l'eccel– lenza dell'opera: ma anche, e forse più, per una specie di c_oraggio che .a un certo pun– to della propria carriera chi v'è destinato finisce con l'acquistare. Conscio dei propri mezzi, dopo un lungo e dignitoso appren– distato 11critico s'addimostra scrittore ve– ro. Abbandonati i toni pulitamente confor– mistici. o di scuola, sente di poter dire a proprio modo cose che, per quest'ardimen– to improvviso, gli vengon dette assai me– glio. Non è vero che un grande poeta debba sempre essere un precoce. Tanto meno sif– fatta affermazione può essere contrastata per chi esercita la critica. Giannesi, da a~esso, è una personalità piU forte; quin– di, un maggior critico di quanto sinora non fosse. E non veniteci a :iire che siffatte matu– razioni sarebbero tanto più ardimentosa– mente raggiunte senza le remore e le dH– ficoltà degli studi regolari e di quella di– sciplina, necessaria nelle università, che serve al perfezionamento e affinamento d1 un giovane dotato. Giannessl ha tu..tte Jo carte in regola. Studiò a Pisa col Russo; sostituisce a Milano il Flora sulla cattedra d'italiano alla Bocconi. Spirito libero. con piU che una vena d'artista, si direbbe lo tocchi la nostalgia d'una carriera più eccen– trica. Ma ecco qui il suo libro nuovo: a di– mostrare che dalle più fredde doce d'eru– dizione, dalla consuetudine, anzi dall'obbli– go professionale di studi particolarmente severi, un intelletto non ha che da guada– gnare; pur che, beninteso, sia la sua parte attivo. vivace, acuto, e non si lasci imporre nememno dai piU venerabili maestri. Il nome che, credo, verrà subito alla me– moria dei lettori di questo libro, è quello d1 Renato Serra: col quale Giannessi ha talu– he ,affinità naturali: farne af!ettuosamente coltivate con assidue letture del romagnolo. Ma occorre subito soggiungere che che se tra i carducciani di simpatie e di deriva– zione il Serra fu originalmente se stesso. ad onta dell'esempio di un critico ch'egli certo ammira Giannessi non è meno lonta– no non dirò da qualsiasi forma d'imitazio– ne, ma da una di quelle ossequiose e amo– rose servitù che altri ebbe a scontare, 1m1- tando uno scrittore inimitabile, con delusio– ni che durarono una vita. L'incontro del toscano Giannessi col to– scano Carducci ha dato luogo a un libro come se ne leggono pochi. Ferratissimo dal punto di vista critico, Giannessi non ci da uno studio come innumerevoli altri sul ma– remmano. Non esamina tutta l'opera d1 Giosuè con ostinata determinazione, sceve– rando Il buono dal men buono, presentan– doci il poeta in ciascuno dei suoi attegg.ia – mentj; e, benevolo o maligno, g iustifican– done anche i moti più difficilmente appro– vabili, o godendosi e magari dandosi una fregatina di mani quando il suo e nostro poeta sta per farci una magra figura. Tra le tante 'specie di critici, il severo e l'in– giusto, il velenoso e il poetico, il malcon– tento per sistema e il bonario per defini– zione; e aggiungiamo, e l'elenco potrebbe essere lungo, il detrattore paziente che monta una grossa macchina pr arrampicar– ci5i e buttar già l'idolo, il laudatore inde– feuo, che prende oro colato la minima quisquilia di colui che crede stia per d-iven– tare patrimonio suo e suo soltanto, il sin– tetico e l'analitico, l'equanime (non sem– pre degnissimo) e l'Ingiusto con bonissime giustificazioni, che sfodera e mostra e non si può che menargliele buone. A ciascun carattere corrisponde un temperamento di critico. Giannessi, con sua licenza, lo vorrei dire un critico collaborazionista: in quan– to, !le pili si scalda e difende e ammira 1I Carducci, gli è fedele sino all'estremo: co– me certi ufficiali subalterni pronti a farsi davanti al nemico e a difendere col pro– prio corpo il loro colonnello. Ma Giannessi ha altre due qualità preziose. D'una ho già detto, e un pochino ci ritorneremo: è poeta. L·aJtra, pare impossibile. non è d1 tutti quelli che esercitano per professione la cn– tica: ed è l'intelligenza. Munito di cotesti impareggiabili doni na– turali, ecco Ferdinando Giannessi leggere con amorosa attenzione il suo Carducci. (Giannessi non ammira Papmi, e lo dice; ma piU di una volta il suo affetto per Gio– suè si vale di ragioni e modi che Papini usò liberamente). Non è che tutto gli piaccia. E non è certo in un articolo di giornale che si può enumerare tutto quello che il nostro scrittore è riuscito a mettere in due– cento ampie pagine di prosa." Ma bisogna dire, e subito, che basterà dare un'occhiata alla maliziosa • Tavola delle poesie citate•• ~:e G~:n~nes~~ 0 ::r:~ ~~~t:eli~~crh;e!e~~r~~~ chie prose, le più intimtt e autobiografiche, del poeta che ama. altre ne trascura al punto da non accennarvi nemmeno. E chi voglia sapere come la PCilSI Giannessi sul • Canto dell'amore• o sul • Canto di mar– zo•, • Pe •1 Chiarone da Civitavecchia. o sull'• Elegia del Monte Spluga •, non trove– ra né un accenno né uo rigo: né di plauso nè di condanna. Siffatto modo d1 far cntica !larà torse per lasciare insoddisfatti certi pazienti accet– tatutto: che si con.soleranno .nell'accusare Gianne"lsi di non essere sistematico: quale dovrebbe ,n parer loro, essere un profes• sore con tanto di laurea. Ma il lettore co– mune quale posso vantarmi di essere la– scia con la maggior contentezza un pedan– te, e sia pure dotato, per un uomo vero: le cui reazioni, e siano pure focose o violente, come possono essere quelle dì Giannessi, hanno prima di tutto giustificazioni ragio– nevoli e ragionate. e poi hanno radice in una vitalità che è arricchita dalla vena dl poesia alla quale ho già due volte accen– nalo. Ed ecco Giannessl rUiutare uno del pri– missimi sonetti: • Candidi soli e riso di tramonti•: pronto, per ragioni polemiche, ad accettare ìl giudizio, nientemeno del Fanfani: al quale cotesto primo verso ;icor– dò (e, direi. a gran torto) i "Nominativi !ritti e mappamondi• del Burchiello. Ec– colo ricusare al Carducci la qualità e per– sino l"appelJativo di uomo poHtico. Eccolo esaminare le liriche cbe gli piacciono con una -severità che è sua. Iu anni non lontani. sulla poesia di Giosuè se ne sentirono di cot– te e di crude: e, per reazione ad ammira- !~~~~mem~onJ:;i5~raer/e;:~i~niunec~e;~~;~et1:. Giannessi ha della poesia un senso esatto e degnamente dimostrato in parecchie di queste sue indag1.!i su particolari di piccole composizioni o di odi !'IO!enni. E' severo quanto pochi. Allontana da sè con sicurezza certi pezzi famosi (•Davanti San Guido• ~ La Chiesa di Polenta•. per esempio)· ; g_iustifica la sua preferenza per altre pOe– .s1ee per un verso o alcuni versi meno po– polari, meno apprezzati. Ma vedete come egli .studi un capolavoro quale e Faida di Comune•. Come definisca la posizione di Giosuè: assai di rado poeta d'amore mal– grado l'importanza che l'amore, sia p~re un po' tardi. ebbe sulla sua esistenza e sulla stessa sua arte. Come esamini poesie del– l'età giovanile; e additi l'importanza che ha per lui • Poeti di parte Bianca•: sinora trascurato dai lettori più attenti. Come si a_ppassioni col suo poeta quando egli è pili sincero ed autentico: e come mostri talune ingenuità e vanità e cocciutaggini di un uomo a] quale vuole bene. Come tutto gli diyen~i, sotto la penna, caso personale tr:i lui e 11 Carducci. Come dimostri O soltanto additi un verso sincero, tra molti che, mal– grado Il mestiere supremo, hanno dello stanco o dell'affettato. La s_icu ra conoscenza dei dati biografici è sussidio ooctmuo a questo studio: che vorrei definire colloquiale. Qui G1anness1 si mette davanti al suo poeta e gli discor– re; e non lo soccorrono le altrui interpre– tazioni, pur se esatte; e non lo toccano le tradizionali preferenze. collaudate da tan– t'anni di lavorio critico e di commenti: che tuttavia conosce a meraviglia. Liquida qualche volta una lirica con la tristezza di chi non vi si può affezionare; a volte con la sicurezza di chi valuta giusto. E qual– che volta pensi quanto sarebbe potuta pia– cere al grande Carducci la sincerità fervi– da di una critlca come questa: che avrà senza dubbio recensioni lunghissime e let– tori molti. d'ogni sorta. Sentendosi tocca– to sul vivo. scoperto in piccole velleità che pungono la sua g randezza e toccan dell'uo. m_oc~e più_ es~t !amen.te non si potrebbe, G_1osue,neglJ Ehs 1, avra p robabilmente uno d1 quegli scoppi o sgorghi •d'ira che gli co– n?s~1~mo. Poi. fatta mente locale, sarà d1fficile possa non dar ragione a Gianne.ssi: che, sentendolo grande, si vieta un'accetta– zione supina e un'approvazione incondizio– nata. Se il Carducci, penso, nelle sfere ce– lesti, dovrà essere contento di questo li– bro. che dà di lui il meglio, e lo mostra con ragioni ore critiche, ora simpatitarnen. te personali; come non dovremmo batter !~. rr::nsio;:i~nd~aq~;;t:a~:rr:Jv~~s;edt•,:;;:: re un libro di critica con tanto gusto, c;eJi– za trovarci lungaggini né nola. Dice Gian– nessi del Carducci. in una delle pagine fi– nali e conclusive: • La sua autobiografia a mettere insieme le pagine in rima che e'gii offre deJiberatamente. è In ognJ momento un'autobiografia romanzata, e il tema idea– le che vi ricorre di cima a fondo è la con– traddizione•, Un gran morto e un vivo, in questo libro. E' piacere raro poter scrivere: del grande morto, il suo critico è degno. ALDO CAl\fERINO r;:A: FIERA' LETTERARIA RA.SSEGNA. DI S'.l'UDI CLA.SSICI CURA. DI ETTORE Lettera ,,.omana: verso il n110"0 romanzo? E' de] 1956 il numero speciale che una nostra ,eria rivista. Ulisse. dedicò al romanzo ed alle sue sorti; nell'esaminare passato. presente e futuro del genere letterario più diffuso e più caratteri-stico della nostra epoca, critici e romanzieri si lasciavano an– dare. in genere. a conclusioni piuttosto sconsolate e pessimistiche: « Da noi non esiste il romanzo 1> (L Bartolini); « La narrativa è il mezzo di espressione più in crisi di tutti e da più tempo» (Calvino); ,, Il romanzo può avere in Halia un avvenire difficile da non accreditare ad altre letterature. che ne hanno già in un certo senso esaurito la parabola,, (Roma_– nò). e così nei saggi di Praz. di Pasolini. di Garosc1. era possibile cogliere. attraverso l'indagine delle tec– niche. dei motivi e dei punti d'arrivo del romanzo speclalmente italiano. una venatura di sfiducia o di perplessità. pienamente legittima e comprensibile. del resto. Ora. è la volta dei Francesi di occuparsi dei pro· blemi del romanzo. ma con un accento assai più segnato dalla speran7.a; e difatti il titolo del fascicolo 5peciale di Esprit (lugUo-agosto 1958) porta il titolo 11 Il nuovo romanzo n. In verità. dopo un periodo. risalente all'ingrosso a qualche anno fa, di ristagno e quasi di vuoto. la narrativa francese ha rioccupato di slancio posizioni di primo piano e pare meritare l'elogio che Germaine Brée e Margaret Guit .t.on, nel loro eccellente volume An Age of Fiction. d ecret ano alla narrativa francese paragonandola con quella In– glese degli ultimi cinquant'anni: per esse il XX secolo è j} secolo della supremazia letteraria francese, e la Francia può considerarsi « il grande laboratorio delle lettere 1>. Esiste addirittura una nuova scuola di romanzieri. di cui è capostipite Alain Robbe-Grillet. assieme a Michel Butor. Nathalie Sarraut.e. Robert Plngct. scuola che pare far capo alle Editions de Minuit, la casa editrice dl cui Robbe-GriUet è direttore lette- di * /tlARIO rario, e che ha pubblicato opere degli scrittori ora rammentati. e di altri. come Samuel Beckett. l'irlan– dese amico di Joyce che. adottata la lingua francese per i suoi romanzi. è divenuto uno dei più illustri esponenti del romanzo moderno. Ma jJ fascicolo dJ Esprit non vuol essere affatto un grido di vittoria. e. nella introduzione di Camille Bourniquel. si pone in evidenza che « Jleslstenza del nuovo romanzo pare esemplare. in un mondo di– strutto» e che l'intento della rivista nel raccogliere dei testi intorno a un simile argomento vorrebbe essere chiarificatore, in merito alle opere che pon– gono in risalto quella distruzione. 1( Il rifiuto delle forme tradizionali ci pare che c;1a il principale sintomo della vita delle forme. in tutte le epoche ed in tutte le arti. - scrive il Bour– nlquel. - Ma oggi il disagio va oltre la scelta dei segni: questa volta troviamo sulla bilancia una certa nozione dell'uomo, l'intelligibilità del mondo creato. Come restare estranei a questa degradazic.,,1e della persona. a questo "rifiuto della natura umana·•. a questa "esperienza vissuta sotto la minaccia dell'im– personale"... a questa impossibilità per l'uomo di hberarii delle parole. e di dar loro un senso? >>. Nel 1< Panorama d'una nuova letteratura romanM zesca" Olivier De Magny si mostra assai informato fin dalle sue recenti radici, che si ritrovano In Proust. sia intorno alla problematica del romanzo moderno. in Joyce~ in Kafka, e sia delle moderne atar, che egli distingue cosi: « I romanzieri che oggi rimettono in questioni il romanzo oscillano tra la ricerca del romanzo per se stesso (Miche! Butor. Jean Cayrol. Claude Simon, Kateb Yacine) e la negazione del romanzo per se si.esso (Samuel Beckett, Maurlche Blanchot, Robert Pinget, a cui si devono aggiungere PICCHI gli autori che fondano i loro romanzi sulla menzogna. come Jean Lagrolet con Lea vainqueurs du Jaloux. Louis-René des Foréls con Le bavard ed anche Jean Genèt). Solitario e superando gli altri nella stretta via che. oltre il rifiuto per!ettamente definito, lo con– duce ad una specie d'ascetismo della necessità, Alain Robbe·Grìllet vuol scrivere dei romanzi non senza ricerche ma senza domande, senza contestazioni. senza ambiguità. 1< In questa citazione è anche il succo del suo articolo. che si conclude sul « tenta– tivo )l di Robbe-Grillet di ridare delle basi al ro– manzo che Beckett aveva portato al limite dell'im– possibilità; « romanzi provvisori. romanzi dell'attesa i,, òefinisce il De Magny quelli di Robbe-Grillet: « ro– manzi dell'uomo assente, che svelano la nostra as– senza e l'accettano». ma nel tempo stesso ((rifiutano una condizione umana alienata 11. Segue un interessante panorama. o meglio « mon– taggio>> dì opinioni, nel qu.ile dieci romanzieri. scelti fra i più rappresentativi di oggi. vengono presentati attraverso alcuni de&li scritti critici più significativi apparsi su di essi nel corso degli ultimi dicci anni. Essi sono: Samuel Beckett. Michel Butor. Jean Cay– rol, Marguerite Duras. Jean Lagrolet. Robert Pinget. Alain Robbe-Grillet, Nathalie Sarraute. Claude Si– mon. Kateb Yacine. Dopo un gruppo di articoli, tutti interessanti, su questa o quella tendenza particolare, su questo o quel romanziere. nei quali si cerca di abbozzare i lineamenti essenziali del « nuovo romanzo». ne segue un altro gruppo, che cerca di collocare le nuove cor– renti in una dimensione storica. Tra gli scritti di questo secondo gruppo scegliamo uno dei pungenti pensieri con cui Bernard Dort ha formato il suo articolo: « Tra i romanzieri della decadenza e il loro pubblico - un pubblico d'uomini soli come essi sono scrittori della solitudine - esiste ancora una comu– nanza: quella dei borghesi tagliati (volontariamente o no) dalla loro classe. che rifiutano (coscientemente o no) il potere che essa ancora esercita. che non hanno altro avvenire fuori di quella separazione. e la rivivono e l'approfondiscono di continuo. immer– gendovi il mondo ... Si giunge così a una letteratura del silenzio. O a una letteratu ra di parata. un &ioco di maschere e di linguaggi.on. Non si può ce rto negare che la nostra epoca non meriti romanzieri come questi; come diceva un altro scrittore. limpido analizzatore dei turbamenti con– temporanei, Sean O'Faolain: « Non ci si può disfare deUa propria ombra>•. Pure, non si può fare a meno di concordare col Oort. quando questi riassume i suoi giudizi. ed anche l'intera inchiesta sW romanzo. nel seguente modo: I( Un altro passo ... Ed ecco i nostri romanzieri del rifiuto. Non tanto scuola. ma tre gruppi di opere che si potrebbero classificare cosi: - romanzi d'auto divoramento: letteratura del "perchè la letteratura··: - anti romanzi che, secondo Butor, « tendono na– turalmente e debbono tendere al proprio chiari– mento". che• secondo Nathalie Sarraut dovrebbero stare al cinema. come la pittura sta oggi alla foto· grafia. che secondo Jean Cayrol sarebbero un ap– prendistato del romanzo; - romanzi dell'essere là che. secondo Robbe-Gril– let., • ci mostrano, con il solo intermediario deu·aq– gettivo ottico, descrittivo, colui che si contenta di situare. di limitare. di definire. la difficile strada d'una nuova urte del romanzo". Tra questi romanzi c'è una sola ambizione co– mune: il rifiuto dei significati a priori; un'arma co· mune: il formalismo descrittivo n. MARIO l'ICCBI Pag. 3 PA.RA.TORE {Cootin~ pag. 6)

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