la Fiera Letteraria - XIII - n. 24 - 15 giugno 1958

Pag. 4 LA FIERA LETTERARIA Duepoesie di EraldoMiscia Viaggio cli notte Non calpestiamo i senti.eri delle capre. Galoppano le lepri nella notte e i fanali inseguono i mostri chini sui fonati a cogliere le mente e iL rosmarino. La luna ha il capogfro e gli ubbriachi la guardano i.n cagnesco: nella pupilla trePida di lago .si scioglie il latte dei. ghiacciai. E le Tadure fumano. Silenziosi. trafugano i ghiri il tesoro di una noce alla volpe appostata sotto l'albero dell't'tpupa_ Già si accendono le lampade del sulle cattedrati degli ulivi. Con la magia dei gesti i fichidindid scongiurano gli spiriti. Le stoppie bruciate segn1rno i campi; dal breve volo dei grilli cadono gocce di arcobaleno. giorno Non calpestiamo i sentieri delle capre solitarie. Pesano i pensieri e H loro nettare invano spargeremo sul mondo. Al punto det mez::ocli forse i giTasoli avranno lo sguardo dcUe gi1a11e. Oh le insegne lungo le strade urlano ai passanti, brandiscono paure e imperativi. I mostri spalancmio si passa110 la uoce; neri ser-pen ti mordono gli spettri. messi in croce. Dai cartelli trabocca H segrero dei sogni, e c'insegue. la bocca, Le cifre slr-a.:iano i balocchi, i colori sanguinano negli occhi. Oh le insegne lungo le strade urlano al cuore dei passami. I suicidi fanno ressa ai parapetti. appesi alle forche i grassatori invocano passaggi, le maccliine hanno il fuoco nelle viscere. Acquatrato nel t1omet l'orco i.ngcfa i pensieri. ERALDO i\llSCIA Eraldo i\liscla Nella collana Poeti di Bi– no Rebellato sta per uscire un poemetto di. Eraldo Mi– scia intitolato Nessuno lo sapeva che eravamo santi. H volume, oltre al poemetto, contiene un prologo. La cac– cavella, e una chiusa: Canto popolare dell'emigrante. Domenica 15 giugno 1958 LFJ1'TER,\ ROUANA. * ILPUNTO DIVIST * di Jl~l.RIO J-IC~III PENSA vo a quella bella, umana, gen:ale, espan– siva letteratura di Francia, della quale io .r:'11 sento tanto più crescere l'ammirazione. quanto p1u I mle compatrioti af!èttano, dopo Sédan, o di spreg.larla o d'!nventar!arne le immoralità le vanità le ruttlltà,. le leggerezze le frivolezze le sclocchez.ze . I dlsonon . 1 furori gli orrori ... :.: così comincia, nel mezzo del saggio • Sul secondo centenario di L.A. Muratori•. la .bella paglria ottocentescamente e carducc:anamente viva e mordace. che il Carducci dedicò alla letteratura fron– cese, alle sue g;orie ed al debiti che la letl~ratura italiana ha verso di essa: « Io. come r~voluz1onarlo: adorerei la letteratur.l francese anche se non !ossi ita:iano: comP. italiano, pol, la rispetto e la amo, per le tanti? relazioni che essa ebbe con la letteratura ml.a. per i tanti presLtl che ella, da gran gentildonna, le fece in antico e dei quali non ha mai chiesto la res~~~:i;n:~lr~re. nel merito dei debiti e nella com– plessa partita degl; scambi, del presti.ti e delle rest.1· tuzioni. d!ciamo che il Carducci ha la sua buona parte di ragione, e la su~ piccola parte di to:to. ch'egli forse non vide. trascinato dall'umore polem,co: ~~r;:ie~t:~~ 0 di sc:l~!~t~os!P:~~~I~ ~et 0 ~:~~~t i v:i~~ Giuseppe Romano: «Madonna• riportare coraggiosamente la b!lancia dalla parte opposta e scrisse quel br!llante saggio, nell'anno stesso della morte del Manzoni. in cui rovesc'.ò sugli illimi– tati adoratori, ass:eme a frecciate e bastonate op– portunissime, anche il \iUo lagottello di pregiuc, « IL .QUADRO E IL TARLO» DI MASSIMO VECCHI * Gustodellaverità * Nella concretezza delle pagine aperte non ci vuol molto a scoprire, in corrispondenza cou l'aspetto umano del. l'autore, la forza arginata che le genera, e la misura che 1e governa, sotto 1:apparentc - quasi spoglia come in una qualsiasi prosa d'informazione - semplicità del dettato * di GIORGIO CAPROJ\TJ Conoscevamo Massimo Vecchi così, per averlo visto qualche volta in tipografia o in redazione, o per averne sentito la voce al telefono, in brevi conversai.ioni d'urn– cio. Niente di più. Eppure Wla simpatia era nata, e quindi una curiosità, forse per quel suo aspetto di giovanotto sportivo mo un poco dinoccolato, come 6e qualcosa in lui, ad osservarlo bene, frenasSe o ripie– gasse in dentro Il naturale slancio degli anni, o trattenesse il gesto e 1n voce; o magari per via del pallore del volto, ma– gro e un poco assorto ma non. malinco– nico, raccolto semmai nel velo d'un sorri– so fuggitivo. come venuto a galla, per ri· tuffarsi subito nel lago, chissà da quale distanz.a. E sempre in un complto abito scuro. E sempre così riservato e corretto 1 nella sua discreta confidenza. Un tipo così poco romano. dopotutto, nonostante quella certa stanchezza. Ora la simpatia ha un premio. e in par– te soddisfatta è la curiosità. Abbiamo accanto a noi una raccoltina di versi ch'è la sua prima prova (Il qua· dro e iL tarlo, Rebelfato, Padova), ed ecco intanto una breve Notizia, la quale se non basta a testimoniar tutto di lui. un pe>co può aiutarci a comprendere quel tanto di abbandono e di contenutezza a un tempo, che dà colore particolare non sol– tanto alla persona (la temperata dolcezza del gesto come della parola), ma alla sua medesima ubbia poetica: Massimo Vecchi, pur essendo vissuto sempre a Roma dove ha frequentato la Facoltà di Chimka per dedicarsi poi al giornalismo e alla lette– ratura, è nato a Canneto sull'Oglio. nel Mantovano, da parenti anch'essi lombard,i (almeno un dei due, mi par di ricordare da una conversazione), e certo non è val– sa l'aria romana a cancellar queU·origine: così come il temperamento lombardo, del resto. a sua volta non è bastato a respin- ~:~~ ~a~r7:o~~~aoii~1i;ica interna, i modi I\ra sono osservazioni futili. e vediamo piuttosto di leggere nella loro concretezza le pagine aperte, dove non ci vuol molto a scoprire, in corrispondenza con l'aspetto umano dell'autore, la forza arginata che le genera, e la misura che le governa, sotto l':.lpparentc - quasi spoglia come in una qualsiasi prosa d'Informazione _, sempli– cità del dettato: Giù davanti al bar glf amici sciolgono l'anima ssnza pudori. • Non valgo più d'tm aoffto e sono s'.anco. E' un qualco.sa df nuouo che m'occorra una guerra o L'Amef"ica o un amore: si questo, credo, ma dolce :t. • Oggt che fatt ••Andrò con uno dOn11a: senza palp(tl e .sc,u-a compagnia• • Andlamo fn.t(eme se porta un'amica• • Oh lct ne ha tante e tutte d'una raz.:a•· L'auto presa a papà corre per Ostia, al bagno cd alla pineta. E' un semplice esempio. Ma Vecchi, in· tanto, nel tono cosi dimesso della scrit– tura, ha dalla sua il gusto, abbast~nza rarn 0 ggi, della verità quale gli sta mtorno ~ qual è dentro di lui, e senza preoccuparsi affatto di amplificare (di drammatizzare o liricizzare fino all'esasperazione) la crona– ca modesta e quasi anonima dei propri e degli altrui casi, appunto per tale innat3 sincerità, e per la nesswrn voglia che 1.0 prende di miticizzarsi. riesce forse a di– segnarci in modo tanto limpido quello che potremmo chiamare un Ritratto di giova· ne borghese d'oggi, quale altri autori più ambiziosi, nella smania di rendere esem– plare la loro sempLice vicenda, ~o':1 son.o riusciti a darci. Un ritratto attend1b1le, dt• ciamo, perché tratteggiato nelle dime1~– sioni reali delle figure e del paesaggio (anche intimo), il che non toglie che d~lla lettura trapeli il sentimento d"un desuno Jn cui tanti coetanei potranno ricono– scersi, e il particolare colore del tempo in cui essi son sortiti a vivere. Gli «ingredienti» sono quelli della vita di tutti i giorni, così come un giovane borghese d'oggi la vive nel paesaggio QUO· tidiano della città (dei bagn·i, della gita in campagna, della passeggiata con la ra· gazza o della sosta al bar con gli amici: comunque mai in un totale isolamento dagli altri) in una trama di occupazioni e preoccupazioni comuni (lo sport, le don– ne. la pesca subacquea: le due scene pi– scatoric disegnate da Vcc-chi - e Qui ci viene in mente non a caso un altro gio– vane, Saverio Vollaro, giunto anch'egli tardi alla poesia, e quasi con il medesimo distaccato amore - sono tra le migliori riuscite del libretto), senonché a dar luce_ et significatione al quadro del tutto con· sueto, è appunto il colore ch'esso prende dalla particolare disposizione d·animo del nostro umico, cosi sobrio ma anche così fermo nel farci sentir sotto sotto al quadro stesso (limitato altrimenti al pregio d'una quieta gentilezza di fattura) il tarlo che lo rode. Che non è quello d'una romnntica noia o d'una morale indifferenza (questi giovani, dopotutto, ha!rno una gran vog!Ja di vivere, anche se non sanno 11 come 1,, e nella precisa cornice d'una ragione che tuttavia non riescono a trovare), ma il sentimento vivo - se è lecito scomodare Pas.cal - della « nostra effettiva condi– zione che ci rende incapaci di conoscere o di ignorare in modo ossoluto )). per cui, mentre « vaghiamo in un vasto m~re, di continuo incerti e fluttuanti e sballottati da un punto all'allro )), « qualsiasi termine cui cerchiamo di aggrapparci per fermar· ci, vacilla e ci abbandono; e se noi lo rin– corriamo, sfugge alla nostra presa: sgu· scia da e si sottrae in una fuga peren· ne)). Proprio come il sarago in Si torna dalla. pesca_. che. pur colpit'o, si sottrae, dando all'intero componimento un signifi· calo forse esorbitante dalle medesime in– tenzioni dell'autore, sempre così alieno, ripetiamo, dall'allegoriuar troppo, e dal troppo simboleggiare. e che del resto ama concludere il bozzetto (quasi per un so– praggiw,to pudore improvviso) con un 1notivo d'evasione (un parliamo d'altro: Un teniamoci al concreto) ch'è invece un mordere ancor più a fondo, e qu.ui rli– remmo a proprio malgrado, la materi:-.. Questo sottile orgasmo sotterraneo ~hc soprattutto nella parte seconda : Ln. 11otre è bene inoltrata) trova la più esplicita testimonianza, serpeggia un poco ovunque in queste pagine apparentemente indiriz– zate a un generico neorealismo (un mo· vimento, stringi stri~i, risoltosi in un puro fenomeno di gusto. come qualsiasi altro estetismo cui tanto somiglia) ed è proprio esso a giustificarne l'esistenza, in una dimissione di superiori ambizioni che, anche nel tessuto della scrittura, so!tanto .:Ila lontana potrebbe ricordarci qualcosa dei Crepuscolari in genere. e di Corazzini in particolare. Giacché diffe– renti - e lo si sente - sono I tempi, e troppo diverso. dopotutto, è il tempera· mento di V~hi, per nulla tentato dalla ,(dolce voluttà delle lacrime )1, nono· stante certe clausole che pur potrebbero, cosi ad orecchio, ricordare quel clima: Io so solo 1/ colore delle cose e dipano a /aUcu a ca.,ualme11tc 1.111 grumo df pc11sierlossessiona11 ... •. To so solo fJ colore delle cose e anche que~to sb(adlto ora. Signore, dal plafltO clic mi rifiuta. Dove semmai ancora una volta scor· giamo un tentativo, frequente nei gio– vani d'oggi, di accostarsi alla 11 prosa )1 di Pianissimo, per cercare, ·partendo da quella, di far sbocciare il fiore d'un lin· guaggio originale e. quanto più possibile, piano e persuasivo nella propria neces· sarìa singolarità. GIORGIO CA PRONI Rl'l'R.l'J"l'J IN ~ll~IA'l'UHA Carlo Bernari di .Al,IJER1.'0 BE1 7 1LACQUA <( Che vuò fà. 'O scrittore? Giesù, vuò ij iettanne e pprete 'e cquaquinc! 11•• Bernari si rammenta an• cora di queste parole e del mattino in cui sua ma• dre le pronunciò, a mezza voce, timorosa di forsi udire dal marito. S'appartò in un angolo col figliuolo che aveva da poco Jndossati i primi calzoni lunghi e accarezzan– dogli teneramente i capelli come per distoglierlo da un'ombra passeggiero, da una malinconica smania di gioventù, proprio così disse: 1( Che vuoi fare. Lo scrittore?· Gesù, vuoi andar gettando pietre ai gab– biani 11. Ma al materno e accorato avvertimento Bemari non prestò ascolto. e di pietre continuò a gettarne - e non soltanto in senso figuroto - in quelle sue giornate di estroso vagabondaggio su e giù per le stradine di Napoli, tra gli inseparabili Paolo Ricci e Alberto Coniglio. li ·30 batteva alle porte. Era. quello, il periodo in cui i più giovani si avvicinavano al e( milieu)) cro– ciano - allora imperante sulla scena culturale na– J)Oietana - cercando di acquisirne la lezione sopra– tutto per uno scopo: quello di poter disporre di un mezzo comune per riuscire a parlar d'altro neli'atmo· sfera d·intolleranza fascista. per portare avanti un discorso - distolto dagli altri coatti che circolavano tino alla noia - in cui la linfa di t'ntusiasmi e di Carlo Bernari programmi diversi tro\·ani un suo sfogo e si dava sottilmente ad intendere. Ma c'era anche chi guarda~ al di là di questo accorgimento - teso sì a sopravvivere intellettual– mente, ma in tono minore - e mirava ad un'afTer– mnzlone più schietta delle proprie idee, delle proprie reazioni. Bemarl si trovò in questa posizione d'avan• guardia. in un gruppo di giovani che decise la fon• dazione de 1'<1 U.D.A. ,, (Unione Distruttlvisti Attivi. sti) e non esitò a far circolare un opuscolo che sol– levò interesse e polemiche anche oltre i confini di Napoli. Lottare contro il contormlsmo, distruggere ogni vuota e superflua sonostruttura acquisita nella vita rirtistica e civile, dissipare le ombre dell'inerzin men• tale e spirituo.le, per rnvvivnre tutto sotto forma di pura attività: questo il programma. Bernari e i suoi compagni seppero e,\'itare molti dei pericoli insiti In tanto acceso plano d'azione - 'inevitabilmente anche ingenuo e incoerente - e arrivarono spesso, con le loro denunce e i loro ventilati propositi, a segno sicuro. E persino 1 11 reazione della più qualificata critica fascista fu stranamente rispettosa. Seguirono gli anni della crisi economica mondiale. La tempesta di Wall Street proiettò ombre amare anche su Napoli. Le conseguenze di un mancato s\·i• luppo Industriale inasprirono In crisi di fame latente net popolo napoletano. Si cominciò con il diffondersi della disoccupazione nell'ambito edilizio e in quello di un'arte tra le più feconde fino a quel momento: l'arte del guantai. La importazione dei guanti dall'estero, e in particolare da Crenoble, fece salire in breve a ventimila il nu• mero dei guantai disoccupati. Malinconici cortei di straccioni si muovevano per giornate intere nei campi di lmmondezzo ai confini della città. Partivono aJl·alba e tornavano con le prime ombre della notte, carichi del loro miseroblli bottini. Controllati continuamente da cordoni di guar• dle fasciste, essi andavano ricercando tra i rifiuti roba da '\-endere o addirittura del cibo. Poi. d'improvviso, una notizia si sparse. In un silurificio italiano era giunta una commissione dalla Russia Sovietica al fine di trattare un ordinativo di siluri. Per l'occasione, nella fabbrica avevano miglio– rato la mensa. Allora i disperati cortei cambiarono rotta e dai campi d'immondezza se ne vennero a chiedere pane ai cancelli dello fabbrica. Ma i }a. menti dì quella moltitudine a stento contenuta, oltre a stupire i membri della commissione russa. non suonarono affatto graditi ai dirigenti del silurificio. Non si tardò a giungere all'estremo rimedio. Un certo giorno si ebbe una •1 mappata II generale di quei poveretti: una 1< mappata 11 non certo pe_r portarli in paradiso, ma in galera. Fu proprio assistendo a questi avvenimenti che Bemari capì la necessità di un atto di ribellione meno teorie-a, più diretta. Nacque in questo modo il primo romanzo, e, Tre ALBERTO BEVILACQUA (Continua i"°pag. 8) Si dlce questo, non per raie paragoni, bensi per constatare una volta di più che è sempre difficile considerare nello stesso modo sé e gli a:trl. Accadeva allora, come accade oggi; che, tanto per fare un esempio, John Lehman, direttore .del L-ondon Maga– zine, scopi-e In Francia ed In Italia i fermenti .del– l'avangua1·dla letteraria che mancano nena sua nauone e contemporaneamente un nostro scrittore coniessa di tenere gli occhi fissi sulla narrativa inglese come a quella più vigorosa e ricca d·insegnamentl. li Carducci, nello seritto wl Manzoni. beffav.a giustamente • il vecchio autoctonismo degli abori– geni, per cui i nostri padri volevano essere sbucati fuora dai lecci e dai sugheri anziché provenuti da altra terra o da al tira gPnte •, nonché • Il mistico e metalisico primato di Vincenzo Gioberti•· L'esagerazione del Carducci è PVldente sia nel– l'affetto eccessivo Vf'rso i francesi chP nel troppo dispregio che mostrava contro I suoi compatrioti; una Posizione più m!-surata del resto non si addiceva al suo carattere. Quella che egli così autorevolmente irappresenta in questo caso è la posiz.lone splrituale del censore. del moraHsta, posizione che nasce dalramore; è la posizione della madre che Plenca i d'itetti del suo figliolo, ma non pe1mette c:he un altro Jo faccia, o che lo sculaccia vlgoro9amente ma s'Inviperisce se altri osa solt.anto toccarlo. La su.a posizion~ di pedagogo non è equivoca, nemmeno per un momento. E poi, a lui Italiano sa,1-ebbe stato permesso di dire assai più di quello che scrisse per csortart" l suoi contempo1'18nel: ne aveva tutti i diritti, da o~ni punto di vista. Quasi incomprensibile è, invece, la posizione da cui parte Jean·François Revel p~r Ia sua disamina dell'Italia e degl·ttalianl: Indole, abitudini, vita amo· rosa, pubblica e privata, arte e letteratura dalle origini fino ad oggi, tutto Vi è compreso. Non è un libro d"Jmpl'essloni, è un'anali'sl radicale, è un giu– dizio continuo e spietato del quali non -si aUerra il motivo, e dei quall si può confusamente imli,vi'Cluare Il punto focale In un complesso di amore-odio. L'opera di Revel s'Intitola Pour l'Italie (la fa– scetta editoriale aggiunge • ou con tre? 1►): t'autore nota che lui • non ha mai scritto nulla né pro né contro l'Italia perché scrivere pro o contro una na– zione o un popolo è un'espressione priva dl senso•· Non so come si possa Interpretare quello ch'egli ha scritto in queste pagine; è dl[!lcile spiegare quale sia il movente e lo scopo d·un libro che esordisce col dire che gli unici viaggiatori francesi • I quali abblan descritto l'Italia che hanno visto sono H pre– sidente De Brosses, Taine e Valery Larbaud • (e Revel, naturalmente); c-he dà giudizi perentori sulle usanze itallanf', che si chiede non con preoccupa– zione ma quasi con disgusto: • Perché gl'ilallani non sanno scrivere-• (e non si riferisce soltanto al pre– sente - • non esiste letteratura italiana moderna• - ma soprattutto al passato), e afterma che nemme– no esiste un'opera drammatica di prim"ordine e che !"arte, dopo il Medioevo. è completamente priva di vita interiore, e che tutto il Rinascimento. • tutto assolutamente tutto 11, è esteriore ... [Revel si limita a constata~·e tutto clò. (e bmto. tanto a.\tro). a notare che in Italia nel XV e Xvt secolo non si trovano libri paragonabili al Garpantua e ai Sagpi di Mon– tRigne, che • probabilmente gli unici c:crittori italiani di alta razza • sono Boccaccio P Pt>trarca. che nel XV e XVI secolo non si trova • nenimPno unn scrit– tore• e dwe cl sarebbe volutn un Voltaire. s'in– contra l'Aretino; che naturalmente non c"è • n,eanche l\1 I\RIO PICCHI (Contlnuii"a pag. 6) SPILLONCINI IN EXCELSIORTONDO * Della «cattiveria» e dell' «assonanza» * < l'ra i segni dei tempi - cli ELIO FILIPPO ti C('lt0("(:_4. propria sostanza. che non mi scri,~e G. B. Angioletti in un verdi. mai meno. non si esau- onesto sfogo sul costume 1et- impettita tra gli osannanti Spaventa soltanto i fautori tali della elaborazione. del· La minima dose di debo- rirà mai :t. E inoltre: terario del . n.ostro tempo fischi'o suoni labiali resi fa- del vivere belluino e di- rasso11a11:za, come la chia- lezza verso se stesso può ro· e Do\!etti mettere un mat– (~el recentissimo v?lume masi. in un film. dal no- strugge le riserve di cattiva ma Angioletti: rarissimi so- vina re un'intera pagina di tone sopra all'altro. porre in L uso della par~la edito da st.:o Eduardo De, Fili,p~?: s~- intelligenza sparse ai bord! no i .m,oment.i di. raggiunt~ po~sia, può dare ali a va- Carta milioni di parole. pri– Salvatore Sciascia r:ielfa col- sellerebbe, tutt al p1u. 11 delle strade come cumuli d1 uman,ta. e d1 tali momenti nita che e bene non venga· ma di scrivere una sola pa– lana ~ Aretusa :t .di.retta da commento napoletano di un sabbia. esistono. però. esempi nella no a galla. può soprattutto rola vera. autentica, estratta Bocelh) - è possibile ~nn<:>-cameriere che ascoltai qual- Una volta cosparsa sulla poesia di ogni secolo. rendere illusoria e incondu- dalle mie viscere :t. verare anch~ la cattwer1.a che anno fa <.riferito però strada, la sabbia n?n sarà ~·uomo corre sempre il dente la vagheggiata asso- Ecco la qualità di una come atteggiamento estet.1- ad altro ambiente): e Pe· che calpestata. Ed e allora e giro> della propria co- 11a11za con le e mode :t del cat•ioe ia . t co. :-.l<:>n si e .i~telligenti. ~e ziente sagliu.te '.mperti~a .-. s'?'ltanto. che il. vero giuo~o scienza. e a? o.gni e tappa :t tempo. incl;~p:nsab~'. 1:rs;d ~e 11 t s::~~: non si è ~~tt1v~··· Un enti~ P~r. fortun~. e. solo m su- s1 potra considerare belle un poeta vmc1to.re i.nd ~ssa Provino. certi giovani totre. ed ancor più gal poeta. co lettera110 d1v.enta, qua~1 perf1c1e che il g11:1ocoa~pa~ fatto. una debole maglia d1 neo· poeti a seguire semplice- E s h m . _ POJ?Ol~re p~rchè '·suoi.arti- re fatto ~a q_uest1 campioni . . _ noscenza. da cui. alla luce. mente e spontaneamente la v· ~ a te po. coS t u~ pr~ coli rigurgitano d1 tossine :t, della ca:itwena, chè. alla fi- Nelle pagine de1 poeti .e traspare la filigrana della via indicata dalla assonanza . 1 ~. r~fletteR su 6 que~tl vei- ecc. . . ne. a contare non è la ma- davvero descritta la stona propria disarmonia col con se stessi e non si curino si I uan am n Jiménez· Naturalmente, Ang1olett1 laJingua '-- o la malapagina dell'uomo. Più che descrit- mondo. di confluire nella scia co· l11tellige11:u. dammi non si compiace di siffatto - ma l'opera che eiascuno ta. sintetizzata. Mai come Quale altro e premio,. vo- mune. 11 nome csauo delle cose! atteggiamento oggi di mo- scrittore sarà in grado di nella pagina fuomo confes- lete che sì abbia il poeta? La lenta ricerca della pro- i clic 10 ; 110 parola Sia da. anzi ne parla per criti· presentare alla . :assere~ata s~ il J?rOprio dolore. 1~ m~- )J°eppure. il sorso d'acqua del pria strada (nume tut!?lare) cnrcZ~:adasn!ss;,la amma cario. . . . lettura del cntico, ricca lmcoma. la tristezza, 11 di- e gregano :t. _ potrà dare - se la grazia t11uovamen1e. La catt1vena .e. un arma (tanto l'opera che la lettu- singanno. i1 pensiero della Nessuno quanto 11 vinci- non manca - qualche frutto Che per mto mezzo uudano tutti che fa le sue v1tt1me. Una ra) di quella coscienziosa morte, la pietà, la compas- tare di tale e giro :t. può da staccare nella colma sta· coloro che 11011 le co110,co110, alle vittima al gu:~rno. e il~ giu?- verità che sta al. fo.ndo del· sfone, e an~he la noia: anche c<;mtare altro eh~ sull~ ca- gione. che per mfo me::o uadanor~:st~i co è fatto. S1 fa pre.:sto.. 1~ le cose. delle azioni e delle I lra .. o gli clement.1 della r1ca della ,propria sohtudi- c·e un'immagine. in una coloro che gid le dimenticano olle tal modo, a restar gh un1c1 stesse parole. propria natura e gli estre- ne. sulla carica della più in· vecchia e riflessione :t di 1Co,e• campioni Jetterari dell'anna- La coscienza della verità mi della propria intelli- comunicabiJe cattiveria ver· Henry Miller (sarto. becchi· che l?cr. mio meno uadano tutti ta. se non addirtitura del è un'arma che non teme la genza. so. se stesso, verso la pro- no e corridore ciclista. pri- PII st ~ 88t che le amano alle, cose secolo ... ,. , . usura del tem~o, destinata ~olt~nto ~he non seml?re ~na vita. i propri sentimen- ma di fare lo scrittore) ~; 1 t1,~:: 11 :~~t1;m; 1 it E ve I. ,mma.gm ~te .. 111 una anzi a progredne con es~? tah • simboli :t sono nel g1u- t1 e. af.fetti. . . molto significativa: e loro, e mfo, deue ~~e! sfilata ~1 c. ~limp1on1c1_-, la e ad as.sume.re semp.re p1u s~o rapporto con la espres- L unica cattiveria degna e Come il ragno. io torno , figura d1.quei detrattori dal- una canea d1 e ato,nico fu· sione. Sulla carta non giun- del 'POeta è quella che può sempre di nuovo sul lavo- E anche un modo pe 1 la ma.lalmgua - o dalla ma- rore :t che non. spaventa nes- gono che le intenzioni, .tan- amorare dallo studio della ro. conscio che Ja tela che onorarne la memona. Iapagma - come pa$serebbe suno e non distrugge nulla. to magri appaiono i nsul- propria coscienza. sto tessendo e fatta della mia E. FILIPPO ACCROCCA ...

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