la Fiera Letteraria - XIII - n. 16 - 20 aprile 1958
Domenica 20 aprile 1958 za darci modo d'interrom– perle, continuo a panare di se, ael suo a1oergu. 01 ~la– p,es, d1 una sua gita a Hruges con la loquacità scopp1etlante e volub1Je co– si t1p1ca de1le francesi. Ma le bastò dare un'occhiela a~ nostri due passaporti -– ere stata lei, un attimo pri– ma. a chiederci un docu– mento, e io. un po' <!Sltan– te, li avevo posaL sul bd'l· co - perchè il sorriso !~ si gelasse sul volto. e Ah, sl... •. mormorò, • è vero... Julien "• gridò poi, • Julien, fa vedere le slan– ze a questi due signori. I~ 9 e il 14... "· Ci ,,ivolse uno sguardo freddo e rientrato; Quindi. Quasi avesse smesso a un trauo di vederci. piegò il capo e si mise a scrivere. Per le scale allungai la mano e strinsi quella di lnge: «. Via, non oi rete caso, non val la pena di prender– sela». e: Oh. no. le.sciatemi sta– re», mormorò debolmente, « lasciatemi stare"· E sicco– me insistevo: « Ma allora voi siete proprio insensibi– le? O vi sentite davvero al di sopra. della mischia?». Sentii che aveva ragione e ne avvertii. per contrac– colpo. una umiliazione im– provvisa. A cena, tuttavia, era già 1ornala serena. S'era cam– biato lii vestito (indossava ora un abito chiaro che la modellava alla vita e la rendeva, con mia sorpresa, più alta e più snella), s'era ravvivate con un tocco di rosso le labbra: e il breve scollo sul pet lo e le brec– cia nude• fin quasi alle ascelle davano alla intera sua oersona una irazia morhida. da donM. (atta. 1 Ma che avete? ». escla– mò. 1:wvedendosi della m!a non bevve POi molto: quel Lanto '-!lll.! 1e ua ...u 1--e1 u.– venlare pnma gaia, po1 bnosa, po1 1acnurna e va– gamente mauncomca. Uel reslo anche su di me il vi– no sW.va tacendo il suo ef- !;;ornresa. retto. Mi sentivo sotto le « Che ho? Poco f~ sem- dita Ja schiena di 1e1. che ~d:~~~ .• _una rae:az 7 ina: e 1:bito di stona tresca 1a- Che cosa, adesso·!•· ~~=r~o~fe~~ ~nla g~~~~~~ : « Oh. via lo sapete. Non il calore della sala e il ve– sereste una donna se non 10 dermi roteare attorno le al- saE:st~;s·avo e lei si lascia- ~~11:~~~i!, '; ov~~~ì~~~~~, 0 va fissare: senza alcuna ci- dolciastrn, un formicohÒ vetteria, ma così. natural- lungo la schfena, mentre le mente, come qua nd o si ha poche parnle che mi riusci– bisogno di piacere a qual- va di pronunziare, appena ~~~f~mS:t~n~~l cpaett~n~~r:~~ le avevo deUe, mi appari– l'ammirassi. si stabiliva tr3 ~"n~e ~t:c~:.e 8 isno~;;~i~~~; noi una connivenza segreta di certi sogni che appena la proprfo perchè ciò che le coscienza li sfiori recedonò stavo dicendo contava assai Un Un;a ,lontananza imme- meno di ciò che le tacevo. more. chflla« ~,neleab:~f~a g\io1fa~ Durò cosi una mezz'ora. pensate. La prime volta che ~ 0 \u:.~rp:~~;:m~~tepe;c:nhg{ vado così in ~iro sola con rrye cosi 8 un tratto. come un uomo •· c1 si può commuovere 1t .i:. siete pi!fficcupata? ,i. quando Si è brilli e si pen- « 1'lon creo.o. Non è que- sa ciò che prima non s'era sto"· Prese un coltello. Jo mai riusciti 8 pensare e pòso sul piatto. lo 1 ·ipose qualcosa gonfia l'animo e ;~:,"~~J~~. ~u;ì~a~ldiu~p~= ~g~ca~~~ito rischia di lri1- na il capo da un lato e sor- Lei ballando mi si nla- dit~dgu~~!foe !l ~~. 1; 0 r[i~; sciava ormai tutta sul brac- &e: « V1 assicuro, non è que- cio, sfiorandomi sempre viù sto. Ma voi siete uno stra- ~~. f::i~~~tàd~ss:i~in c~red~• ~~~~o:nefi~n5:t~; 0 r;;:,~to~ianr:;~ a Quell'inerzia pigra che ha vivremo nello stesso paese». tanta parte nelle gioia. Per « E che importanz.e può qualche attimo le sue mani avere? ». ~':e~~ Q~i~~t : ez:i~~ii~~ . M.~~~~t~f cc~~p~·~eJde;e. provvisamente accorata: L'amore e· sempre più ditri- « Oh, Pietro, perchè non cHe per una donna che per :~~fo p~::~è ne~~ons~:=~ia~~ ~i~c~~:~ie,pe~o~e~yjn e';~ 1~:~ tutti nello stesso paese? Se ancor di più: se era capace :~:l~n s~o~ssi~~e~aG 0 ~~\~ ~~rf. 11 ~~!~~ 1!~t~a 1 !al;:. 0 ~~= lo stesso paese!"· ceva poi un pudore più Tutt'e un tretto m'aveva profondo, quella ritrosia im- guardato come se fosse di– pastata di tristezza Che è sperata. E in quel momento come una barriern al di là appunto m'ero accorto che del sentimento. · era quasi sul punto di pian- m~u~~~~~ 1 !cg:~to p:rl~r;;i~ ge~~ori. tuttavia. col !re- nella sala da pranzo dello sco. non tardò malto a ri– albergo, non c'erano che prendersi. due altre coppie. due ftam- « ~io Dio », esclamò. « se minghi dt mezza età che ne dicono di sciocche.zzé! ». mangiavano compostamente « Al con tre rio». risposi al– e due francesi giovanissimi lacciendole pian piano alla che bisbigliavano nel loro vita. « è, così bello quello angolo. E ciò accentuava la che avete detto». nostNI. intimità, quasi che La guidai nuovamente al– fosse 11 luogo stesso a favo- traverso le viuzze di Etla– rirla. quella stanze con le oles. fino al flume. flno in tendine ricamate alle flne- cima al oonte a osservare stre e il camino ora spento, dall'alto il flume. quei lunghi spezi di silen- Ma in effetti restavo tut– zio rotti solo dal tintinnio to intento e quel contatto, delle posate e dall'oscillare il quale respingendomi in della vecchia pendola appe- luna zona d'irreale dolcezza, &a alla parete. suscitava in me un senti- Più tardi Inge volle usci- mento mai prima provato. re. Andammo di nuovo fino un languore tutto virile, pu– al flume e guardare i bar- ro affatto di desideri. che coni da pesca attraccali a> m'impediva di pensare a la riva e il ponte proteso Inge se non con une tene– in un solo arco t.ra le due rezza assurde e protettrice. sponde. percorremmo le E tale stato d'animo mi du– stradette semibuie che sbu- rò anche più tardi, quando cavano tutte e raggiera sul- fummo tornali all'albergo e la piazza, tendendo J'orec- quasì senza accorgersene ci chio ai rumori del villag- trovammo l'uno di fronte gio, quel miscuglio inaffer- all'altra, lei addossata allo rabile di voci e passi sul stipite, dinanzi all'uscio del– selciato che anche quando la sua stanza. Slcchè. quan– sono vicini sembrano una do lei mormorò. ma piano, eco delle notte. In fondo a con un fll di voce: « Bene. un vicolo udimmo poi della S'è fatto tardi. Ora è me– musica e ci dirigemmo da glio salutarci». e i SUOi oc· quella parte, e· scoprimmo chi. Jncontrando i miei. eb– ch'era un locale abbastan- bero un lampo d'apprensio– za ampio, qualcosa di mez· ne, e io vidi che il suo oet– zo tre un bar e un'osteria, e to si muoveva al respiro e già attraverso le vetrina si intuii che a tentoni le sue &corgeva gente che ballava. dita. lungo il legno. cerva– Riconoscemmo entrando l vano intanto la serratura. due fran'cesi di prime. e la fu solo facendo forza su me ragazza. quando ci vide. ci stesso e pensando al ram– riconobbe anch'essa e ci sor- marico che ne avrei prova– rise. Il locale aveva la vol- to oiù tardi se in quel mo– ta bassa e fumosa e faceva mento non l'avessi almeno caldo Jì dentro, con tutte le tentato, che potei prenderla coppie che Vi si muoveva- oer le braccia e cercar di no. oesco.tori e ragazze del baciarla. posto. per lo più. ma Ing<: E allore lei fece una co· insisté lo stesso oerchè Cl sa banale e meravigliosa. fermassimo. e invece della Tranquillamente, senza ab– birra volle farsi portare del bandonarsi. ma senza mo– vino. Bev,,mmf). lei oiù di strare per questo di schivar– me. del viho bianco e e:re- mi, si lasciò attirare a poco devote. che a gustarlo sfriS!- a poco verso di me. Quen– ,zeva in bocca e lasc;ava la do però le nostre labbra sla– lineu;:i secca. poi bal:ammo. vano -2:ià per toccarsi .e i po: tornammo al nostro oo- suol occhi. ora fondi. sem– sto o bevemmo di nuovo bravano pieni d'attesa. stor- «Badate». l'avvertii. «può nò il capo e sussurrò con darvi ella teste». estrema dolcev.a. con Quel « Oh, ma è proprio que- tono persuasivo e segreto sto che vorrei: che mi des- con cui si parla sottovoce a se alla testa•· un ra,llazzo: ScOGsi il capo e lei mi « Via. perchè adesso vo· guardò e guardandomi si Jete guastare tutlo? •· mise a ridere: « No? Non Poi. aprendo con cautela sta bene? Come siete sag- la porta a·lle sue spalle. co- . r me se la cosa più importante gi~;~i la lasciai !ere; ma fosse per lei evitare di Car Roberto i\lclli: Maschera rumore, e non il. Calto che I io stessi ancora tentando di badarla: « Buona notte». bi– sbigliò sorridendo; e sgu– sciandomi di tra le mani. scomparve nel buio. A iungo quella se,,a 1,1- masi sveglio nel mio letto, 1n preda a una llristezza tut· t-a ep1-de1mica. che ,non ap– pena tent-avo di delinwla si d1ssi,pava senza 111med..10, la– sciando al suo posto un r11np1anto d 'albro genere, quella st•uggenLe sensaz..one 01 nostalgia che produce il pensiero d aver vissuto una cosa che si sarebbe volut,a vivere cinque o dieci· anni p11ima. nel pieno dell"adole– scenza. con la pu1·ezzt1 -nati– va che è neJl'anìmo d'un adolescente: e che vive1,Ja adesso. con dieci anni di più sulle spalle. e con tutto ciò che significano dieci anni per un uomo, mi produceva non amerezza, e neppure di– singanno, mo come una pa· cala maraviglia di me stesso per essere io in grado di assapcrarne ancora oggi, inas,pcbtatamente, la gioia. La mat.tìna dopo però Irr– ge e1,a di nuovo 'la ragazza di vent'anni ohe mi taceva lsentire a disag,io proprio perché pareva solo ,una ra– gazza: indossava una gonna a st.riscie t.rasve1'Sali, una camicelta di stoffa bianca apei'ta con negligenz.a sul pebto: e le sca.npe senta lial!-~ co rendendo svelto il suo passo, ogni sua movenza ne acquis1Java una vivacità tut– ta scaUi. Ma era la luce. so– pratbutito. a fa-1 1 la appal"ire cosi diversa: queU-a che la investi non appena fummo fuo1•i dell',albei,go, e anche l'all,ra. meno <in-tensa. ma pur sempre fresca e maui– na'ie. che ·penetTiw,a nell'<in– t.eimo d<..•!il'automentire attra– versavamo la pinet'8.. E mi accorsi che il bioO'do dei suQi ca-pelli aveva a quell'ora ~.daad~l:~i\~l~~·:fl~~t~~;~~! elle ton,al-ità più impreviste. a sfumar.si di riilessi \oppure a fa-rsi gonfio e morbido a seconda ohe oiù o meno fit– ta era l'ombra degli alberi. Lei di tanto ìn tanto cer– cava d'a'\"viare il discorso; oi,J tempo, su'1labellezza d'ei posto. sull'ora in cu-i avrem– mo dovuto J,asoia1-e Paris· Plage per essere di ritorno a Bruxelles quella stessa se- 1,a: io mi limiticwo a rispon– dere a monosillabi, Quasi che l'episodio deJ.la notte In· nanzi e le parole che ci era– vamo scambiate a,Jlora mi facessero apparir superl,lua quals•ast alt1'3 cosa avrei po– tut.:, dirle: stupito. nel frat– tt:mpo, e vagamen:e lma:•~I{· giato della sua indifferenza. che le ,permetteva di sotfer– marsi con tanta na~ur<1t<?-1.– za sugH aJ',~omenti '.liù ba– nali e d'accennal'e senza 1mp:an1,, ,1:'lo f;ilt. -•run:i gi– ta che io ormai avrei voluto prolungare indefinitamente. Eravamo giunU inU .r.to in vicinanza della costa. >'? i ni– ni. sempre più radi. sempre plù brueoiati dal vento. era– no inter-:vallati per Jar,ghi t,,atti da cespugli di piante basse. Quando apparvero le prime dune. la strada voltò a sinistf'a. Due o lire mlnut! dooo eravamo in vista di Paris-Pla~e. Paris-Plage. quella mattl– na, era tersa e malinconica come possono esserlo. di maggio. le spiagge del nord, colle loro file d'ombrelloni bai.liuti dal vento e la sab– bia ancora impregn-ata della marea della not,t,e, colle loro piccole Imbarcazioni tirate in secco d•ietiro le cabine e la vernice delle cabine stil– lante d'umidità: e le cose. tutte inll'ise deJla freschezza del ma'l,tino. sembravano ri– tener'e oiascuna il suo pro– prio colore. ma quasi fatto più asbratlo, privo di rille 1 vi, si sarebbe detto. la pi– neta. ip fondo al viali. 11 suo verde magro e traslu– 'oldo . .l(li chfilets. le loro as– surde laccature a·rancione. le dune. a'lte oltre i tetili. i lo– ro spi·azzi inverosimili di smeriglio. Lasoiammo I 'automobile sul lungomare e vagammo per qualcne tempo senza di– rezione. guardando I campi da tennis desertli e gli al– be11~hi di lusso ancora chiu– si. Ci sedemmo quindi di– nanzi a un ca!fé. al centro d',una fila di sedie a sdraio tutte vuote. e li 1·estammo a lun1?0 nel vento che agitav,a a straC'Pi le fran.ee rosse del tendone steso dinanzi alla LA FIERA LETTERARIA te da! veonlre d'-una duna, ma quasi tosse esso. col suo c<:men~o, a sostenerla, e la duna avesse perduto la sua lmea originaria e acquistata in sua vece una sorta di bar– hara g.1-andlosità. E a destTa .? a slmsiTa. qui 'incastrati a me7.z.acosta a ridosso d'al– tre dune, lì completamente affossati nel terreno, t.anlo che solo una torretta o lo sp:golo d'un bastione ne ri– velava la presenza. tutta una serie d'altri bunker, i qual!, colla loro massiccia nudità, davano al va!Jone sabbioso in cu,i erano dis– seminati lo squallore deva– stato d'un paesaggio Pupe– st.re . Per qualche tempo re– slammo là. incapaci ambe.– due di dtre una 'l)arola. ln– ge s'era tratta un DO' In d·l!:'parte e m'era d!f(icile ln– tu,:.J'e le sue reazioni. La v-i– di avanzare fino all'ingres– so del orimo bunker, una grande falla scura ail'altezt. za dr! suolo, e Il SOStiare esitante. Pensai volesse en– trarvi: Invece to1,nò indie– tl'O e a ipassi rapidi, senza voltarsi si diresse verso la riva. Allorché •l'ebbi raggiunta. mi fissò brevemente: « Oh. siete qui?•. m9rmorò in to– no strano. Aveva Faria di rammentarsi solo adesso di me: e il -suo umore e1,a mu– tato. Lo capii meglio poco do– po, qu..1.1100 . .fallii aloun,i pas– ~t. andammo a s.tderd su un montice.110 d1 sabbia. a pochi met.tu dall'acqua. DI rn I bunker erano d1 nuovo invisibiJi, si poteva quasi supporre ohe tossero loma- vetrina. Alle nostre' spalle, ~~1~=·~~afie 1 \c?~t~fia~~ 1 ~o nf~ nel;'11<Len,1.1 deJ wcak, una rip,di deci-.vi. prima di fa1·– mg,lese prendeva il tè in Si spiag~ia e sabbia apert.a quel mooo pa1,ticolare 1n cui al sole. Di vivo, intorno a sanno prenderlo le in-g!es1, noi. non c·era che •il fragore cautamente, con un gesto 1ntei;mittehte delle ondate. parco. quasi avesse pau_a di Io guardavo Inge e non di– aHungare d<i piu 11 b1acc10 cevo niente, tanto in me si o. che so. d1 màcchial'SL lnge ei,a fatta più Jo11te la vogHa era i.tesa a occhi chiusi sul- d'abbracciarla, ora che Ja la sd1,a10, col viso cont.ro il vedevo così. vicina a me. i sole e la camiceua di lino c;ipelli biondo cenere invasi aperta .sul pelito. beHa fo1,ma dalla luce, il coHo piegato indolente dalle g,ambe in ri- le1ui:ennente in a'vanti. in lievo e un'omb1"1S apµena modo da scoprire, all'inizio percet.t;bile t11acarne e car- delle spalle. la lattea, tenera ne. t.rn i seni. Dinanzi a noi trasparenza del suo inca1,na– passava qualche macchina, to di nordica. E neppure qualche governante col ca- dissi niente quando mi sen– rozz.ino. qualche coppia di tli denti·o la mano il suo turìsbi di fine settimana braccio dolce e carnoso. E molto ammodo. molto di- neanche •lei disse niente: so– screti. che s'af.facciavano oe1· lo. con una specie d<i suQi– un po· alla balaustrata che taneo stupore, abbassò gli dava sul mare pl'ima di di- occhi di soppiatto i·n dire– rJgersi puntiualmente verso lzione della mia mano. Quan– il tiavdlo d'un caffé e restar- do ,però volli cost>rlngerla a v,i anch'eSS"i -immobili in al- girarsi verso di me e fa pre– tesa di qualcosa. Due ragaz- si sotito il mento e cercai zi. sulla spi-aggi-a. stavano di solleva,rie il v,iso fino al aiocando a t,ambureHo. ma mio viso. m'avvidi che tre– ;en21a scatti. senza un grl- mava: non di desiòerio o di do. essi due soli in t.utto ansietà o di quella ,orofonda l'arenile. Io osset'vavo tut.to brepidazione che affeii[\a una questo con in ouore l'accidia giovane che sta iper cedere. oziosa e svag&ta che sempre ma di qualcosa di diverso, fanno 1>rovare le mattine di quasi che on bt1r1bamento domenica e il d•istacco dai oscuro e lrrazoionale esistes– luoghi ~n cui -si vive abibual- se ,g:ià in lei prima cne io mente. e in <più un senso in- l'affel"rassl e il mio gesto teriore di vuoto. come se l'avesse semplicemente ac– quel silenzio. ·-e qu'0l :Oi-elo centuato. !lt~i~g:~a 1n~1t:d;;;eri· 1 -ià6~~ mi -~iup;tJ~-e.gton 1 3:d~~~ t·e delle si-garette. e quel so- lasciatemi». E ,poiché -io in– ie ,povero cne mi stordiva s,istevo. ml nascose ~a taccia senz,a ,sca~danni. e J,a gente conbro U ipetto: e: Ma non che mi vedevo intorno. e il posso, adesso: non capit-e ohe loro modo cosl diverso di non ,posso?». accostaTsi alla gioia. 'con Mi resi conto. ail suo 1ono, prudenz.a. quasi con ritegno. che aveva ,un nodo alla gola. mi rendessero più acuta 1-a E orov~i •una t•ale .sensazio– consapevolezza d'essere uno ne di oena al vedenl'a cosi st,1,a-mero. e l'angustia di indi.fesa. lei che r-inora m'era sentil,mi tale. e il biso~no parsa cosi sicur,a di sè. e di tl'Ovarmi altrove. nella tiale un moto di panico al– mia terira, e d'udir pa1,1are l'idea che potesse mettersi la mi-a lingua. E compresi a pi-angere. che al·lent,ai la cne lo stesso imbarazzo eh~ mia sbretta. provavo a sbare con lnge mi « Ma Inge, a che diamine n-asceva da una so,,ta d'inli- state pensando. adesso?». mo pudore.• Il quale non de- • Oh. lo sapete», rispose 1 ivava •tanto da ciò che v·era scuotendo le spalle. di sconcertiante negl,i aue~- • Erano i primi che vede– giamenti di lei. quanto ap- vate. è vero?». cercai di punto dal fatto che m·e-1·a consol.arla. « E v~ha fatto diffiicile, in una lingua non tanto male averli vedut,i. mia e di cui conocevo poco Non vorreste dover ,pensare le sfum-atiure, usare con na- che encn'essi sono stati inu– turalezza. e senza t,rovarle bili. come butto il ~-esto. co– !alse. le parole segrete e me I vostri morti. come le istintive del sentimento. vostre eittà d,istru,tte... E' lnge e,1,ainvece 0·un umo· cosi?•· re felice quando. verso l_e Lo dissi con un 5a11n-soche dieci. lasciammo il caf_fe: in fondo voleva essere solo Volle scendere gh scalini di comprensione, ,oe'I' lei che che portavano alla spia~g1a m'era parsa cosi sorrpresa e e avanzò a piedi scalz.i fino t•urbata. e per quanto su,ppo– a farsi lambire dalle onde: nevo che 1 lei stesse ipensan– poi tornammo indietro e s1 do. Ma lei risollevò la fac– lasciò convineere ad edden· ci-a e scorse Quel mio so1,riso: tra1'Ci nella oineta. là _d(?ve e Chi sa che cosa intese, ,oer- fi1\e~·11~~~ ~~~,~~n~bee a~~~~~ eh; i~. bt:t~~l=~~~:;\a vo- no formato le foghe a~uc- stJ'a pietà. Abbiamo .perso. chiandosi. e le dune neo- ecco tutto». minciia.vano. a ridosso una dell'altira, troppo alle per– ché li rumore del l'n·are po– tesse giungere fl·no a no, se non come un bru9io lun20. disteso. chr andava a ricon– fonder9i con l 'alit.ro oiù so– noro del vento tra i oini. « Vi piace? •· mi diceva lei di tanto in tanto. ora pre– cedendomi, ora arrestandosi perché la raggiungessi. E In realtà il rpaesagg10 era bello - le dune arse e lucenti punteggiate da qualche ra: ro ciuffo d'erba spinosa, 1 grandi pini slabbrati che non lasciavano passare che una luce scagliosa, - anche se di quella beHezza priva d'a,-monia che non ristora e ouò rendere t•risti. Ma era piuttosto la solitiudine del luogo a colpirmi. quel senso di se,gregazione assolut.8 che producono i luoghi deserti In vicin.inza del mare e che diventa cosi acre-mente ten– tante quando si è in compa– ~nfa d'una donna O.R:ni ·tan– to allungavo la mano e af– ferravo Inge per un oolso. tentando d'a1tra1◄\,a a me Lei si scostav-a con un Tlso com– plice. C'he mi lasciava an– cor' più turbato. Dopo circa un chilometiro U viottolo s,voltò a destra. lungo un varco tra due dune il quale. col suo fondo ghia– ioso. faceva oensare al lett.o asciutto d'un torrente e d1- faili subito s'allargò In un b'reve estiuario. E li scop1,im– mo I bunker. O me,lllio. io distinsi pr,ima lo solendore del mare e poi. muovendo istintivamente gli occni. co– mf' quando si ha l'imoressio– ne che ciualcosa turbi la vi– suale. notai il primo bunker, col f1ianco appena eme1,gen- Ed io. senza ,111spondei-e. voJsi il capo e dissi tira me: - Eccola qui. col suo orgo– glio di tedesca. Non è diver– sa d9 tutti gli altri. Nono– stante tutto. non è diver– sa -. E fui v,into da un sen– timento confuso di rancore contro me stesso all'idea di averlo potuto c06l racilmente dimenticare. « Be'. penso che possiamo andare», mormorai dopo un certo tempo. Ma non mi mossi. Fu lei al conti11ario la pnma a muoversi. Si raccol– se p1t1n ,piano ointomo alle g,am'be la gonna e con uno sca,llto si 1,imise in ,piedi; quindi. a capo basso. riorese a camminare. mentire lo le venivo dietro più lenta– mente. Perco11remmo cosi un lun– go tratto. !inèhé un secondo varco non ci l'lpo11tò in vista del bunker e poi verso la pineta. Ma di là, olt•re Je du– ne. non c'era più J•a ,pineta. O meglio, essa 1icominclava assai più Indietro, ad alme– no duecento met11i di d·islan– za da noi. e al di q.ua c'era uno spiazzo semicircolare di ter,reno scéwnito. che un tempo doveva essere stato anch'esso pieno d'alberi, perché se ne vedeva anco1'a emergere il troncone di qualche !•usto. ma ora appa– riv.a di nuovo invaso dalla sabb-ia. la quale. col suo pro· filo ondoso preannunz.iava già l'imminente fo[\mazlone d'alire dune. Al cent•ro Sor– geva poi un edific:o minu– s~olo. un caoanno oer .e:uar– diaboschi. si sarebbe detto, costruito in cima a un ,picco– lo l'ilievo del suolo, ma che. come tutte le cose 11ate a vivere nell'omb1,a, sembrava quasi rannicohiarsl sotlo la l·uce del sole. restando plu basso della linea scu, a del– la p.·neta. • Oh, una casa, finalmen– te». disse ln~e scorgendolo. « Chi sa se c·e qualcuno, li dentro. Comincio ad aver sete,,. . Cosi ci accostammo. Ave– vamo appena comiociato ad arrampicarci pcl breve trat~ to di sentiero che andava a morire dinanzi all'uscio, al– lorchè udimmo nell'Interno l'abbaiare d'un cane, non alto, e neppure ringhioso, ma piuttosto· simile a un guaito uggiolante, quale lo ranno I cani quando hanno paura. E prima ancora che avessimo il tempo d: bussa– re, la porta si apri, e 1:1ngio: vane ne venne fuon e ci guardò. Le braccia penzo1~– ni ci squadrò per un att1- mÒ. E in quell'attimo in cui potemmo vederli i suoi oc~hi rivelarono solo una Hss1là allucinata. come di chi sia stato straopato con violenza dal sonno·, e poi un g~osso b.astardo grigio sbucò ~1 ~ra i piedi del giovane e s1 _mise a correre urlando e mse– guendolo, mentre una donna comparsa in quello stesso istante sulla soglia: <•André,,, gridava, <( André, André! 11. 1c André n, chiamò di nuovo quando furono scomparsi tra gli alberi e del loro passa~– gio non rimase che un~ stri– scia di pulviscolo. E nvolta a noi, le braccia aperte in una mossa di desolazione, ma cosi rassegnata, cosi dimes– sa che si sarebbe potuto pe,rfino sospettare che sulle sue labbra ci fosse invece un sorriso: u Se ne sono andati. Avete visto? Anche stavolta se ne sono andati. E sempre per colpa di quello stupido cane! u. E poi tornò ancora a ·gri– dare: u André, vieni qui, An– dré, André!"• e infine tornò a guardarci, con sulle lab– bra davvero, questa volta, una smorfia che poteva an– che assomigliare a un sor– riso. 1t Avete visto? E' stato il cane 1,, ripetè pianamente. « Lui, per suo conto, non avrebbe paura. Ma è il cane che ogni v6lta che vede un (orestiero comincia ad ab– baiare e gli mette paura. Lo terreste, voi, un cane che ha paura? ... Dovrei torglier· ,e:lielo. Ma come faccio? ... Come faccio? )), insisté qua– si a convincere noi di quella in1possibilità. 11 Il cane è suo "· Tacque. Ed io rimasi stu– pefatto a considerare quella donna magra, vestita di ne– ro, dalle braccia rassegnate e dal viso gi;;i;llastro, e I suoi capelli stirati dimessamente sulla fronte e la sua strana, caparbia maniera di sorri· dere. « E dov'è che è andato, adesso? I), le chiesi. « Chi sa? In qualche posto laggiù >l. 1( Mi dispiace >1, mormorai. « Ma no, non preoccupate- vi. Tornerà. Appena voi non sarete più qui, tornerà. Fa ~~;'"f~~~s~~~~. §~~~~~e~f f :,t.a ti E perchè? >1. t( Oh! sapete, è una storia lunga 11. E di nuovo apri le braccia con quella sua mos– sa a;,surda e insostenibile. 4< E' dalla sera che i tedeschi vennero a prendere suo fra– tello. Lui era qui, e hanno preso anche lui. Avev3 quin– dici anni allora. E il cane gli andò appresso, Aveva meno d'un anno, eppure gli andò appresso. E il giorno dopo lo rimandarono indietro, lui col suo cane. Ma l'avevano tor– turato: alle br.accia, qui, in– torno ai polsi: con un fll di ferro. E da allora si spaven– ta: cosi, come avete visto. senza alcuna ragione: basta che uno salga Rn quassù 1,. 11 E l'altro? u, non seppi trattenermi dal domandare. ,, L'altro?>,. S'accigliò co– me chi fa sforzo per com– prendere. « Ah, si. Venite a vedere 11. Girò intorno al capanno e noi due lc1seguunmo. u Era Jagg:iù ,,, mormorò. E allora, seguendo la dire– zione della sua mano, scorsi un gruppo d1 croci proprio al marg__medella radura. Non le avevo notate pruna. O forse le avevo confuse coi tronconi degli alberi, perchè .inch'esse erano di legno e spuntavano appena da dietro un rilievo di sabbia. 1, Era h 11. ripetè la donna 11 Ma il mio, 10, l'ho fatto portare via, che credete? Pri– ma almeno c'erano i pini, e io non le vedevo. Ma poi i pini li hanno tagliati. E ve– dermele davanti, quelle cro– ci, tutti i giorni, e sapere che anche il mio si trovava là in mezzo: com'er,a passi· bile? M'hanno detto che ho ratto male a non lasciarlo Insieme con gli altri. Erano morti insieme, m'hanno det– to. Ma potevo tenerlo Il? A che scopo, ditemi, a che sco– po? Piuttosto, dovrebbero porta.rii via tutti. Non è mi– ca un camposanto. Voi che ne dite? E poi, guardate li, co– me lo lasciano in abban– dono"· Mi convinsi, finalmente, che il suo non era un sor– riso, ma qualcosa come uno stirarsi delle labbra verso gli angoli della bocca, a cui il resto del viso non parteci– pava, e tanto meno i suoi occhi, che rimanevano immo– bili a fissarci, quet grandi occhi chiari e privi di pro– fondità, ma pure così impe– riosamente evidenti nel pal– lore giallastro del suo viso, che le sarebbe bastato te– nerli chiusi per qualche istante, perchè avessimo la impressione che anch,e il re– sto fosse privo di vita. E pensai a quale strana sorte può avere la sofferenza, che con l'andar del tempo si ran– nicchia e rattrap_!>isce in Condo al cuore umano, e non trabocca, non esplode, non si preoccupa più d'esprimer– si, ma è come se lo avesse ormai logorato, com.e gli an– ni fanno col corpo, sicchè a un certo punto un essere non riesce più a manifestarla, e neppure ne conosce più gli atteggiamenti e le parole, ma solo altri atteggiamenti .e al– tre parole, che potrebbero perfino apparire inverosimili, se non sl sapesse che per l'appunto sono nati da una quotidiana e ormai imme– more abitudine al dolore. 11?otevo tenerlo?,,, insiste– va intanto la donna. ((Te• nerlo proprio allo stesso po– sto in cui l'hanno Cucitalo? 11. Ed io feci cenno di no col capo, e lei continuò: « E poi, c'è qui André. Oh, certo, lui non ci bada: avrà smesso di badarci. Però, mica può far– gli bene, vivere accanto a una cosa del genere ... Voi che ne dite? >). E quando io ebbi di nuovo accennato di no 1 si racqolse le mani sul grqmbo, e le sue labbra smi– sero di stirarsi, e la sua !ac– cia, di botto, parve placida e assente. Bino Sanmlnlalelll: Fifura Ma l'altra non vi badò: ,, E come mai siete qui?"· 11 Oh, sapete, una gita 11, m'affrettai a dire. 1.1 Per ca– so poi da Paris-Plage siamo arrivati fin quaggiù, e lei h;\ avuto sete"· « Davvero? Ma venite, ol– lora ,,. Di nuovo cl precedè fino all'uscio del capanno, e poco dopo era riapparsa con In mano un bicchiere d'acqua. cc Tenete"• disse, '( non è fresca, ma in ogni caso si può bere 1>. Inge afferrò il bicchiere e v'accostò meccanicamente la bocca. La vidi Care uno sfor– zo per mandare giù il primo sorso, quindi. con un « gra– zie n. restituirlo alla donna. « Di già,,, disse l'altra. ,, Oh, sì. Jn fondo, era solo un po' d'arsura ... Grazie 11, insistè ancora a voce bassa, c1 siete molto gentile,,. « Grazie ,,, echeggjal anche io. "E scusateci per André ,1. « Ma di niente. Tornerà, tra poco tornerà. L'ha fatto tante altre volte 1). E scom– parve dietro l'uscio. senza mai aver sorriso, neppure adesso che ci salutava, se non di quello stirarsi inde– finibile delle labbra, ma che pure un sorriso mi parve in quel momento, tanto lieve e addolcito era stato il gesto con cui cl aveva teso la mano per salutarci. Ed io rimasi immobi1e dinanzi alla porta ormai chlusa finchè non udii che Inge s'era già incamminata lungo il sen– tiero. La seguii senza raggiun– gerla. Rallentai anzi il passo in modo che mi staccasse d'una ventina di metri, com– prendendo che, come me, anche lei aveva ora bisogno di star sola. E nel frattem– po, mentre avanzavo, e il so– le, battendomi in pieno viso e lacerandomi gli occhi, mi costringeva a tenerli soc– chiusi. macchinalmente, as– surdamente mi ostinavo a cont..are i tronconi degli al– beri che incontravo lungo il sentiero, chiedendomi per– chè mai, e chi mai li avesse tagliati, come se questa fos– se davvero la cosa più im– portante, stabilire chi li avesse abbattuti, tutti quegli alberi, plir sapendo che non a questo stavo pensando ef– fettivamente e che, se appe– na avessi osato sollevare un po' gli occhi e vinto il sole che me li abbacinava, io avrei invece cominciato a contare a una a una le croci indicatemi dalla donna e detto tra me: - Ecco, avrei detto, ecco, sono passati e hanno lasciata anche qui la loro traccia. Questo, avrei detto. E a quelle parole, ne ero certo, la mia coscienza sarebbe precipitata senza ri– medio lungo il filo d'un ri– cordo e ml sarei rammentato che già un'altra volta le ave– vo pronunziate, le stesse pa– r~le, e s,ubito avrei rivisto un altro sentiero invaso an– ch'esso dal sole, e il pino 7 .. Pag. 5 re una cosa del genere, lei non ne ha colpa. Ne soffte e non ne ha colpa. Non per– chè sia troppo giovane per averne la minima colpa, e neppure perchè ha final– mente capito che cosa è suc– cesso e in qualche modo si sente responsabile, ma per– ché anche lei ha bisogno di pietà e darebbe chi sa che, in questo momento, per tro– varne. E forse mi sarei ac– costato e avrei tentato di ri– volgerle qualche parola. ,se non avessi di nuovo udito l'abbaiare d'un cane In cor– sa. Il cane di André, ebbi appena il tempo di pensare, lnf-atti subito il bastardo gri– gio sbucò dalla pineta, più alto e massiccio di quanto non m'era parso la prima volta, e saltò, oltre il ferro spinato. in mezzo allo spiaz– zo in cui erano le croci, e di il parve prima volersi slan– ciare contro dJ me, ma forse di me ebbe paura, perché mi schivò e s'avvicinò ai piedi di Inge, e li rimase a ringhiare, le zampe anteriO: rl a terra, finché io non m1 chinai e feci finta di lan– ciargli un sasso. Rinculò ed emise un guaito, ma !enz!l decidersi ad allontanarsi. Ringhiò anzi più forte. allor– ché mi chinai la seconda volta. Solo quando il padro– ne sbucò anche lui di tra gli alberi e dopo averci fissati un attimo tagliò correndo per la radura, vedemmo il cane tornare indietro e lnc:e– guirlo anelando e am~edue scomparire in distanza m un rotolio polveroso. E allora lnge ebbe uno scatto: « Oh, basta, basta! Andiamo via. Ha ragicl,e quella donna. Perchè li ten– gono qui? Per non dimenti– care? Per farci odiare?.,. La campagna, dopo Eta· l)les. s'era rifatta larga e limpida. La strada correva liscia, in pendii lunghi e as– solati lungo i quali le dune, arretrando su 11' orizzonte, sembravano a tratti risalire invece di scendere verso il mare. Ma il mare restava lo stesso invisibile e solo il vento di tanto in tanto mi portava alla bocca il suo strano impasto salino. Io mi guardavo intorno e fumavo. Fumavo e tacevo. E anche Ing:e tace.va . O me– glio; pur guidando con un impegno quasi caparbio, ap– pariva ancora tut:bata, chiu– sa in sé com'er~ stata a più riprese il giorno prima. e il suo profilo era di nuovo du– ro ,i suoi occhi di nuovo troppo chiari. E c'era in lei la solita forza contenuta, re– pressa, di cui però s'int':1i– va insensibilmente La tens11>– ne. Soffriva? Seoza dubbio si, ma in quel suo rhodo par– ticolare d'isolarsi nella soffe– renza, che era poi un rifiu– tarsi a ogni !orma d'umiltà. Se fosse stata sola, pensavo, avrebbe fatto presto a s(o– garsi. Cosi invece, di fronte a me, ca l'impossibile per evitarlo. E Cors'anche mi de– testa. E' orgogliosa e mi de– iesta, pensavo, perché sa che io capisco quel che lei sta provando. E quest'idea accentuava in me il senso di distacco che avvertivo nei suoi confronti fin da quando, più di mezz'ora pri– ma. avevamo lasciato la ra– dura. Da allora non ci eravamo scambiati che poche parole, e solo in vista di Paris-Pla– ge, più per rompere il silen– zio che per cercare l'appiglio a un discorso o per distrar– la, le avevo chiesto: « E ad e s so. che fac– ciamo?n. 11 E voi, cosa pensale di fare?)). « E' quasi mezzogiorno. Si potrebbe pranzare qui >1. i Oh, no, vi pre&o. Non ho fame. Vi dispiace se par– tiamo subito? In fondo, vo– lendo, per l'una saremo già a Boulogne l). Così eravamo partiti. Ave– vamo di nuovo attraversato I la ,pineta, la Canche scin– tillante a perdita d'occhio tra i campi. Etaples tutta stretta, come un pugno, in– torno 'alla sua chiesa, e ora correvamo in direzione dt Boulogne, io fumando ner– vosamente come si fuma prima del pranzo. che a saliva si fa succosa e di– venta acre alla gola, lei at– tenta caparbìnmente al fre– no. alle curve. alla mano– vra del cambio, non tanto forse, perché intendesse far presto, quanto perché il la– sciarsi assorbire dagli strap– pi continui del motore e dalla strada che le cresceva vertiginosamente sotto gli occhi le permetteva di tra– sporre in sensazioni e gesti meccanici l'apprensione da cui era dominata e, soprat– tutto, d'ignorarmi. Durò cosi ancora per qualche tempo. Poi, dovette essere la stessa fuga a pla– carla, o almeno a stancarla. A ,paco a poco rallentò e il « E voi, di dove siete? ,,, mi domandò. stroncato di netto da una bomba, e il ragazzo mitra– gliato alla schiena e abban– donato presso il fosso come era caduto, e in me avrei avvertito non quel vasto Si– lenzio interiore che sempre la morte, con la sua presen– za, fa provare~ ma l'odio, l'odio cieco e impctente che già quella volta m'aveva pre– so alla gola. suo viso cominciò a disten– dersi Sicché, quando pen– sai d'offrirle una sigaretta, parve accennare a un sor– riso: Io ebbe un attimo d'esita– zione. 1( Belgi >1, dissi poi, 11 siamo belgi. Di Bruxelles )1. n Ah, si? Siete belgi? Ne avrete viste, allora, anche voi, dalle vostre parti 1>. • 11 Certo. E' stato come in ogni altra parte),. ci Oh, ma rriai come da noi. Se sapeste ... J1. li suo .sguardo, dal mio vi– so, corse a quello di Inge, e anch'io allora guardai Inge, per la prima volta da quando la donna aveva cominciato a parlare, e mi stupii di non averci pensato per tutto quel tempo, e Intuii che i suoi oc– chi s'erano abbassati prima ancora d'incontrare quelli della donna, e quando s'ac– corse che io la osservavo si passò nervosamente una ma– no sotto la gola e mi lanciò di soppiatto una breve oc– chiata smarrita, quasi fosse stata colta a fare una cosa che non doveva fare. Ma poi, qu,ando mi trovai davvero a pochi passi da quella diecin3 di tumuli di terra quasi livellati dalla sabbia, perchè il viottolo passava proprio accanto al basso reticolato arrugginito che li circondava, e vidi che lnge s'er.a fermata anch'essa a guardarli, tanto curva e umiliata essa mi parve, e tanto sorpreso fui io della espressione del suo viso, che non fui più capace di fare ciò che avevo pensato di Ca– re. o di dire ciò che volevo dire, e invece: - Ecco. dis– si tra me sorpreso di pensa- « Fumate troppo"· mor– morò. • Sì, però anche voi fare– ste bene a fumare •. • E' vero "· Se la portò alla bocca e aspettò che • glie l'accendessi, aspirando– la quindi a lungo con im– provvisa avidità. Ma non aggiunse altro. E neanche io trovai altro da dirle. La strada, dopo una cur– va, prese a scendere dolce– mente, superò una fila di alber), un vecchio muro, un'altra fila d'alberi, e dì là da questi, a sinistra appar– ve all',improvviso Qualcosa di fiorito, una bianca cinta ~ta1~ 1 ti!~~a a;;~~n~d:gi~~ come una grande aiuola su un declivio piena di sole e div.iso da cima a fondo da un sentiero anch'esso erbo– so. che andava a finire ei piedi d'una specie di taber~ nacolo sostenuto da un pi,
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