la Fiera Letteraria - XIII - n. 13 - 30 marzo 1958
Domenica 30 marzo 1958 LA FIERA LETTERARIA: Pag. 3 A CCJRA DI CA!IIILLO SBARBARO PER LE EDIZIO,VI SCHElll'ILLER * Versi d'oro dei pita;;-oricl Quale posto prende nel mondo un li– bricolo come questo (! versi d'oro dei Pitag?rfci a cura di Camillo Sbarbare, by Vanm Scheiwiller, Milano, in 999 copie pitagoricamente contati,) e una copertina di Fabrizio Clerlci) che può esser conte· nuto nel pugno chiuso? Se dovessimo misurar dalla mole che raccoglie la Saggezza (o la Poesia: cioè quel perfetto contrario che salda l'anello d'una perfetta identità), dovremmo dire che ventisei secoli in tempo sonante e con– tante, più gli spiccioli degli anni e dei mesi e dei giorni, hanno eguagliato - per non travolgere la molecola .- il vuoto della Campana pneumatica. Fatto è che come ne la Comedia tutfo si Titroua (perfino Io slogan pubblicitario d'un rinfrescante !assalivo o d'un'agile macchina per scrivere) ,noi abbiamo su– bito 'trovato il caso nostro, per incammi– narci a parlar d'altro, proprio sul cacu– mine di tal1 ventisei secoli e spiccioli, do– ve ~ul codinzolo non stavolta d'un rigagno bensl - siamo tutti pronti in retorica - d'un fiume di primaria grandezza, l'estro– so fanciullo ha tratto, piegando un'altra versicolore carta, una navicella a bordo della quale, per incantamento, ci passa tutto il mal di terra-terra che settimanal– mente siamo costretti a soffrire a bordo di tanti gozzi grossi, prima di trovare jJ magrolino schifo capace di farci gemere la solita magrolina nota. Sentite iniatti come siamo bravi nello spillare il caso nostro, secondo uno dei molti possibili sensi esoterici, dal XXI e XXII e :XXIII (e un terzo del XXIV) de– gli aurei versetti, che davvero ogni recen– sore dovrebbe rilegare in marocchino rosso: 21 Molti agli ILOmini discorsi e buoni e cattivi 22 cdpita udire: d'essi 11On impressionarti, né la.sciati 23 da udirli allontanare: e ove co:ia faba si dica 24 con dolce::.:a ritraiti Eh sl. il modo è fino perchè anche noi possiamo esimerci dal dir male di tanti libri ricevuti, preferendo il più casto si– lenzio. Tantopiù che c'è per noi questa * di GIORGIO CAPR01Vl settiman.- un altro dono (oltre questo Sbarbaro ch'è riuscito cosi bene, dal mo– mento che la sua non è certo una curio– sità di erudito, a mostrarci una volta di più, in così antica saggezza, la propri.;i, umorosa sostanza di poeta morale), il quale ben lontano dal dir (t cosa falsa)), anzichò a ritrarci dolcemente c'invita a corrergli incontro a braccia aperte, come all'o~pite più gradito. N. 4 infatti delle Edizioni Mantovani (che hanno avuto il merito, con Lcvania, di fnr tornare tra noi il poeta Sergio Sol– mi; di averci presentato, con La villa, una giovane voce viva e raccolta come quella di Gian Carlo Conti, e di averci offerto un Goetlic che, colato dal pennino italiano di Giorgio Orelli, diventa un'invenzione tutta iradata di magiche sorprese e dì « strane >1 coincidenze); n. •4 di tali edi– zioni e<:CO int!atti, a rallegrarci fintera settimana, una novantina dj epigrammi greci che Rina Sara Vlrgillito, con mano sensibilissima cd occhio esperto, ha colto per noi ncUa selva dcli' Antologia Palati– na, dove con posso così fino <: educato ha saputo inoltrarsi senza sperdersi o soltan– to tornare (dopotutto sarebbe stato c om– prensibile Jn tanta ablbondevole1.za di fiori retorici) con un magro pugno di gra– migna. Senza pretendere - come scrive la Virgillito stessa nella sua limpida Intro– duzione - di dare tutto il meglio di quel– la « voluminosa congerie di versi dove prevale in genere la più fastidiosa deUe esercitazioni 1), e con perfetta coscienza di non uscire dalla soggettività di cui ogni antologia sì colora, il dolce ingegno della nostra gentile e sapiente spigolatrice è riùscito a cambiare in moneta viva d'og– gi (vogliamo dire in un vivo spirito d'og– gi) alcune delle voci sia pure, senza per questo necessariamente tradire il valore obiettivo (letterale) dell'antica moneta. E ciò grazie e in virtù, nella Traduttrice, d'un umile rassegnarsi al fatto (elemen– tare sì, ma di difficile conquista) che in ogni lavoro di restituzione (( è inevitabile Il riflettersi della personalità e dei gusti del traduttore, come in ogni versione che aspiri ad essere, nuovamente, poesia ►), Dopo un breve preludio nell'età classi– ca con esempi di Saffo e di Simonide e di Platone, del resto di dubbia autenti– citii, il !orte del piccolo florilegio (da Asclepiade a Meleagro, da Leonida Ta– rantino u Paolo Silenziarlo) corre natu– ralmente dagli ellenistici ai bizantini, in- filando la via aurea dell'epigramma nella stagione del suo maturo fiorir(•, quand'esso " n,Jn è già più occasionale, non più espres– sione della vita collettiva come erano sta– te tante opere dell'età classica>,, e « le fi– gure di cui il poeta s'investe sono d'a:tro tempo oppure esistono solo in lui, elevate ad esemplari tipici di un ambiente, di un sentimento, di un vizio )1, secondo <1 una tradizione U cui ultimo esponente potreb– be considerarsi l'Antologia di Spoon Rì– ver, oggi)). E anche se sarà proprio que– st.'ultima citazione a far inarcar le ciglia a più di un M. Brichot che abbia, contra– riamente a quello autentico, conservato più acutJ la vista che l'udito, è proprio in tale cor!"ispondenza colta a volo dalla Virgillito che noi gustiamo il segreto sa– pore del suo lavoro, capace di far sentire anche a chi ignora i XV Libri tratti dal Codice di Heidelberg ,il sottile aroma del– la viva vitc1 in luogo del solito aulico sen– tbr di Musco: Dolce il $Orrho di Laide. amici, e dolce anche iL :iuo pianto che si versa dalle tenere ciglia. frri co:il piangendo all'improvviso mi :i·appoggiò alla :ipalla, e a lungo stava La baciai: profumavano le sue lacrime giit lungo le l>ocçhe mi:ichiate come da una fonte oda rosa. .., J\Ia perchè tanto piangere?... chie:ii! E lei di:i:ie: .., Ho paura cl1e mi ia:ici, siete tutti spergiuri.,.. Ma se dall'età bizantina (il testo è di Paolo detto Silenziario), vogliamo retro– cedere di qualche secolo, per esempio a quel Leonida di Taranto nel quale tanti giovani d'oggi potrebbero trovare il più pulito specchio di certe loro attenzioni e aspirazioni (citiamo al proposito il Saggio d1 Caterina Vassalini - riportato dalla Fiera del 12 maggio u.s., n. 19 - che ha curato l'edizione guanrliana dell'Antologia Palatina. versioni di Salvatore Quasirno– do), ecco un altro esempio di restituzione dove il poetare per conto di terzi (dì con– tinuo misurato ma non imbriglato dal te– sto a fronte) finisce col prendere la me– desima mite violenza d'un poet~re in proprio: <t Qttcl vecchio Téride che viveva di nasse I sempre ricolme e in 11010 superava le folaghe, I il prcdo11e di pe3ci alla re1e, sumata dal tempo a'ammorza 1a lucer– na. / Queua tomba non figli né aposa gli comu1isero I ma ; )')l'.'Scatori uniti, compa– gni dt lavoro)). Fino a quest'altro ep!– gramma sepolcrale (di Saffo?), che add1~ rittura riesce a condensare in due soli versi il dramma d"un'intera miserrima esistenza, terribile nella lapidarietà dello scritto, come se anche allora le parole ve– nissero pagate un tanto l'una, e la gene– rosità non commerciale del poeta, una volta mossa, non trovasse di meglio che restringersi in poche sill.abe. liberandola tutta in intensità: (( Sulla tomba a Pelà- 170110 pescatore, suo padre I Menisco pose qui i'a 1tassa e il remo, segni I di una po– vera vita >J. E' qui l'incanto di questi epigrammi: nella capacità di rendere alla vita di oggi, quando un'anima fina ha saputo tradur– celi nel ]oro più intimo cuore, un molo vivo (un atto vivo: l'intero spirito d'una intera vita o passione) consumatosi secoli e secoli fa, aureolando la lettura di quel vago indefinibile piacere che l'uomo di ogni tempo prova nello scoprire per la prima voha, nei segni dell'allabeto, per– fino il più elementare e noto dei suoi ge– sti (dei suoi sentimenti) quotidiani; e giu– stappunto quelli che aveva compiuto o provato tante volte ma « che non era mai riuscito a dire». secondo un luogo comu– ne che contiene la più ovvia e sapiente definizione della poesia stessa: O cicala 1tbriaca di rugiada. tu echeggi una poe:iia di campi e solitudine. Tu su.I fogliame. le =ampine a sega 111ove11do, trai dal guscio arroventato 1m'armo11ia di lira. Su. incanta. amica, qualche nuova musica per le ninfe dei boschi, rfapondi al canto di Pan. tu sonora. pcrchè io fugga d'amore e m'addormenti nel m('zzooiorno qui. sotto il platano in ombra. E dopo quest'ultima indiscrezione. che ofTriamo come un flore ad Attilio Berto~ lucci (senza il quale chissà se noi avrem– mo potuto sentire un Meleagro cosi), chiudiamo la nostra noticina. felici d'aver potuto indicare questa settimana - non ci capita sempre - un acquisto sicuro (1). GIORGIO CA PRONI di grotte/ .,copritore, nemico d'ogni barca (1) Sull'..tntoloqia Pacattna, oltre il men– a più remi, I non lo distrusse ATturo pro-, zionato saggi.o d1?lla Vassalinì. si veda l'in– cellosa, tm naufragio I non terminò la traduzione di Gennaro Pcrrotta per le tra– serie lunga dei s-uoi decen11i. I Morì TJcl duzlonl di AnnunztftUl Prest6. Ecl. Gherardo suo capanno di. giunco, come sola I con- Q:ISl.nl,pubbllcnt.o imll& Fiera del 5.5.5'1n. Ib. Alessandro Montcleone: • Passaggio marino• UN ORDINE DEL GIORNO TROPPO CA IPANILISTICO * La lingua italiana tra Dante e Petrolini * Di fronte a chi voleva riaffermare insuperata nei secoli la suprema– zia toscana, non mancò chi azzardò la profezia di un primato lingui– stico romano, garantito dai successi ciel popolarissimo attor comico * tli E1VRICO FALQl!I Ci fu un tempo in cui a ficio >. Programmatico perio- il gusto. le metafore. ogni Papini sembrò giusto e tornò do, dove tutto è da discutere qualità generale e particola– facile presentare e !are ac- parola per parola. re dello stile è cosi barbaro cettare, in un convegno di La e tradizione spirituale e negli stessi Accademici della scrittori toscani presieduto da artistica italiana che la To- Crusca che !a meraviglia, e Luigi Bonelli, il 5eguentc or- scana rappresenta> è una non credo che abbia cosa si– dine del giorno: e Gli scritto- delle prime regole che s'in- mile in nessuna più incolta ri toscani, pienamente consa- segnano o che s'insegnavano parte d'Italia). Tolta la causa. pevoli dì quegli elementi del- nelle scuole. Non bisogna pe- deve dunque cessare l'effet– la tradizione spirituale e ar- rò derivarne che, fuori di To- to, come cessò per la Sicilia, Ustica italiana che la Tosca- scana, dal '500 ad oggi non che da prima si trovò nel ca– na rappresenta, riaffermano, siano più nati 5crittori loda- so della Toscana, e per la contro insofferenze e incom- bili. Fin da allora ne sono Provenza, che da prima fu prensloni manifestatesi negli spuntali, esemplari, -anche in nel caso medesimo rispetto ultimi anni, che la toscanità altre regioni. Due nomi sov- alla Francia. - non intesa solo come for- vengono subito a sgomento e Il dire che Firenze o la luna linguistica, ma soprat- del più feroce campanilista: Toscana debba anche oggi tutto come pecullarità sostan- l'Ariosto e ìl Tasso, da Daria considerarsi per centro ed ziale dì carattere e di visione Maleguzzi e da Porzia de' arbitro della lingua italiana. - può e deve esercitare nel Rossi partoriti l'uno in Reggio perciocchò più secoli edd.ietro gran quadro della Lettcratu- e l'altro in Sorrento. E s'era fu preminente in letteratura, ra ilaliana, 5enza 5ottlntesi di nel periodo eureo. Raffaello e che la sua letteratura an– regionallsmo intempestivo, il stesso n_C?n è nato_ 8: Ur~ino? tlca le, debba d_are influenza '-----------_:_:_:_-_:_:_-_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_-_:_:_:_:_-_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_-_:_:_:_-_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_-_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_:_-:_:_:_:_:_:_:_:_: suo entico e insostituibile uf- ~f~~Ì-a~~ 0chea ma~p~J=~~~~; ~~~laè l11~~fe~~z1~~=1~ii;1eodceh·; • dovunque. Nell'Ottocento tro- gl'italiani debbono scrivere UNA POESIA di Franco Matacotta * La tempesta I fulmini caduti tutta notte con quei sinistri schianti, quei bagliori che nell'oscuro spazio rivelarono un inconsueto mondo e quasi nuova la potenza degli alberi, le donne ora raccolte sugli ingressi, pallide e ravviate tra loro si raccontano. Hanno avuto spavento. Una bambina. scalza i piedini. quasi tutta scalza fin sul viso incolore. prova curva la bicicletta. Pare già finita o ristretta a un racconto la paura, la vita ha già ripreso sopravvento. Ora l'estate, che s'era scaltrita nei 1)iù odorosi succhi e si perdeva in una polvere franosa. muore come una vecchia. Da una colma secchia sotto un canale, ancora forte sale l'odore dell'acquata, e azzurro è il tempo. Qualcuno vi si -specchia. Anche il pallore è nuovo, nuovo anche il sentimento ch'è nato dalla notte. Ora la vita, passato lo sgomento, ha più diritto di vivere. Il mondo è assai ipiù certo. Tra queste voci, con un senso fresco di terra smossa, di•lavata, fuori esco all'aperto. I camion sulla strada portano quei rumori come un vetro che si crina nell'aria, e la tempesta è ancora qui nell'ansia che sprigiona dalla gialla arenaria, dove il verde risbuca dalla piog:gia colorato. E' nella corsa dei ragazzi. sparsi tra gli orti in mezzo al sole, qu3si pazzi di perde11,si e d'urlare, nella rnor_sa de1le radici sulla mota. L'uomo va sopra i -solchi con occhi di ruota, guarda qua e là cosa gli ha fatto il vento. Alza un ramo caduto, nelle mani ~-è come un sentimento misto d'ira .. di piacere. Soffre di vedere i danni delracquata, e insieme gode che adesso sia passata. Il verde esplode vivo nel!l'aria, ora lottare ha un senso. Penso, solo così, con questa rotta 'uga di luce, l)allida poteva -norirsene l'estate. Indugia certa del proprio sole la stagione, quasi ebbra. Ma in questa sua conservazione ~ il 1111a1}e, la sua morte. Presto rompe sopra il placido agosto il temporale. Ah così pure dilungò in un forte 'ermento come mosto gli anni miei giovani il fuoco d'una gioia, spesa ad inseguire il cuore. Sono stato in ogni amore, arso, fino a udire l'urlo dell'animale, ho solle\·ato il peso della carne per scoprire il suo mortale 1nferno, ed ho vissuto ~n un sole da me creduto eterno. Ma si turbava il giorno in un odore di marcite e di sonno, in cui anche il cuore del popolo si perde e nasce il servo, e mi moriva l'anima. accecata tra densi fumi. E l'autunno portava i primi morti sulle acque, andava senza più volto l'uomo in una lotta fulminata di sensi. Oggi, se credo, è questa febbre che mi scotta gli occhi di luce, un pili erto vivere, l'ebrezza di chi vuol fare chiaro con se stesso, come la terra si rinnova dopo la tempesta dell'aria, e in questa luce vedo rifllesso il mondo, ed io con esso. FRANCO J\IATACOTTA DIA.RIO ALL'ARIA. APIJJllTA · * ~:~z~nreip~f!n~ tF~s~~i~ ~~ia~~~fufà l~~a~!tu~a ~~~~ addirittura in Grecia. Con i na è morta) e quelli che se· testi alla mano non si può guono a considerar Firenze Unalto intendimento dellavita far questione di nuda geogra- per arbitra della lingua ita– ria e ancor meno di fredda liana, e questa chiamano an– statistica. Un lembo di Par- cora ostinatamente toscana, naso è ritrovabile su ognl sono e non possono essere che monticello. Milleottocentoqua- quegli stessi i quali conside- * ranta. I baf!onl di Verga, rano e vogliono che la lingua non certo impomatati in via italiana 6~ consideri e s'ado– Tornabuoni, sono imponenti peri come morta>. quanto il pennacchio del- Molti In vero parlano di cli GlJGLIEL/110 PETR0,1·1 Le uniche occasioni durante le quali scambio volentieri qualche idea sulla si– tuazione letteraria, sono quelle datemi da alcuni giovani, che certamente ormai mi considerano un uomo che appartiene ad un tempo radicato ad idee e costumi che a loro non appartengono più: nei più prepa– rati tra di essi ho trovato, più frequente– mente d'altro, rispecchiata con la vivezza di chi vi si sente impegnato, quella pro– fonda nectIBsità di rinnovamento che è og– gi certamente più vasta di quella tanto clamorosamente affermata dai « manife- 6ti >1 e dalle « rivoluzionl 11 intellettuali, che pur hanno segnato assai profondamente la fine del secolo scorso e gli inizi di quel– lo in cui viviamo. Con i giovani più preparati e più av– vertiti, interpreti assai consapevoli dei propri e degli altrui disagi morali e stru– mentali, nei confronti di una idea unitaria della cultura e dell'arte, io sono d'accordo ogni volta li sento insorgere (ed è assai raro) contro l'imprecisione, l'incertezza e l'ambituità che non consente loro la pos– $ibilità di individuare un punto in cui po– ter mettere le mani con sicurezza per una ricerca purificatrice d'equivoci, che non consente loro nemmeno di scegliere gli embrioni di idee che promettano una co– stanza iniziale, almeno ,bastevole alle prc– ,nesse di un lavoro che non senta di insta– bilità ancor prima di essere iniziato. Più consensiente ancora sono con quelli (an– cor più rari) i quali oltre alla incertezza e magari lo sconforto, pangono il loro sen– timento di ribellione fino a dichiarare che si accolleranno totale Jo sforzo di ricomin– ciare da capo, di rifare i conti salendo alle origini, rimettendo in questione tutti i gìu– tlizi che ancora fanno testo. Certo, che a questo punto, anche se non lo dico, vedo dinnanzi alla loro baldanza giovanile, al loro salutare errore dì prospettiva, vedo la difficoltà non tanto dell'ingegno speciale e raro che occorre ad una impresa del ge– nere, ma la difficoltà di poter trovare in se stessi un terreno fertile ad una ricerca di così totali esigenze: dove si appoggeran– no per non manovrare a vuoto fin dal– l'inizio? A che sì riferiranno per salvarsi da una delle tante allettanti e appagatrici dialettiche che dimostrano tutt'orn poteri così sottili da sembrare in se stesse solu– zioni totali? Eppure un consiglio si potrebbe dare; ma è un consiglio pericoloso, un consiglio che se non lo si intende per elezione, non ha spiegazioni sufficienti a rappresentare di per se stesso una indicazione utile o salu– tare. Sia pur con una certa riluttanza pa– ·tremmo dir loro, con una frase banale, di scegliere, ma solo nel fondo della propria coscienza, una fede delle non poche che affondano le radici nei ratti che tormenta– no il tempo e l'uomo di questa epoca, viva di tutto ciò che l'uomo abborre e che però è la salvezza della sua più profonda es– senza e della sua più solida possibllità di sopravvivere alle sue stesse miserie. Nes- sun tempo è stato tanto carico di clementi in cui si può credere, spesso per pura av– \·ersione, da cui sì può trarre come da un plasma primitivo i germi vitali di forme perfettibiH, suscettibili di evoluzione e di sintesi. Nell'indicare genericamente una fede viva nel nostro tempo, se possibile fosse una spiégazione, vorremmo aggiun– gere che essa dovN?bbe essere calda di un senso religioso della vìta senza assogget– tarsi ad. alcuna religione, dovrebbe essere vibrante di ni;ni filosofia sociale senza es– sere legata nessuna ideologia operante, dovrebbe sentire il dolore di tutte le pia- l'Etna. e insoUerer.ze e mcompren- (Questo esempio farà stor- sioni manifestatesi negli ul– cere il muso e chi, deprezzan- timi anni> e se ne lamentano. do quanto felicemente lo 5ti- Ma esse non derivano eppun– le e la lingua di Verga si ri- to dall'equivoco perpetuante– colleghino alla più schietta e si fra toscanità e toscanesimo? antica prosa narrativa italia- La e fortuna linguistica• na in virtù del suo lirico ri- della toscanità rifugge da ogni torno ella terra, ne. v_a_ a~c?- illustrazione. Ormai disponia– ra lamentando la •s1c,1han1là> mo d'una lingua letteraria e mostra di riconoscerla in nazionale. E alla diffusione una e eccessiva particolarità come all'aUermazione di que– lessicale e grammaticale che sta lingua è indubbio abbia spesso lo.-!'ende pi~ di~eribile 1 giovato gr{lndemente l'opera e certo pm comumcat1vo, nel- 5volta 5Ui giornali d-ai nostri le traduzioni•.) mìghorl 5crìttori senza ec- 1 limiti 6\orici di un'epoca cezione, pur con tutte le sue fortunata non si possono pre- concordanze, manchevolezze cisare con l'esattezza dei con- ed esagerazioni. E si deve ri– finì geografici d'una regione; conoscere che anche il con– né sempre il profilo geogra- tributo fornito dalle altre re– fico d'un paese ne compren- gioni, oltre la Toscana. è sta– de le infinite particolarità. to utile. Che dire di certe ghe sociali di cui sono vittima tante crea- Come circoscriverne gl'influs- e peculiarità e grafiche e fo– ture, senza operare alcun apostolato mili- si e gli sviluppi senza impo- netiche e morfologiche> pro– tante, dovrebbe credere nella bellezza sen- verirne Il valore? Il Tasso è prie dell'uso vivo lombardo ia ammettere alcun canoné classico, co- t1!t~~n~~~Nlèid~n l~n~h~~er~ 8!;fi~li~~~li c~i~e~~r~eg~~:t~ munque stabililo sia pur dalla storia e dal mezzo ad un coro sgangherato t'lWl consigli dal Bembo. raziocinio degli uomini passati. Una fe- di. p~trarcbisti_, provengo!)~ i Ma non è 6 uua fortuna lin– de jnsomma che riassuma e puntualizzi fi- pr1m1 accenti della lmca guistica della toscanità che ducia nella coscienza consentendo tutte nu<?va? E ~on fu il Manzoni si vuole insistere, quanto sul– quelle libertà mentali e spirituali che ncs- a mgt?lfarsi ~ell~ questione la toscanità e intesa soprat– suna fede pianificata consente, che iormi una base solida sulla quale sia possibile impiantare un logico giudizio delle cose al quale sia consentita ogni libertà, ogni ri– pensamento, senza che tutto sprofondi co– me un edificio costruito su un terreno !al- so. Può sembrare tutto ciò una specie di macchinoso suggerimento ad ergersi chi sa in quali atteggiamenti intellettuali; ma in realtà, malgrado le apparenze, non si tratta che di un suggerimento di abban– dono, ma di abbandono consapevole, ope– rato con scelta, con opportunità e fiducia in ciò che ci attornia, anche se esso appa– re caos o confusione da scavalcare senza cercarne jl significato e la ragione. Per evitare ogni rettorica che è appun– lo la cort'll.Zione d'ogni fedeltà ad un pen– siero scelto per elezione e per affinità interlore, dobbiamo aggiungere che anche certi aspetti di negazione, di sfiducia t.o– tale, di crudo scetticismo che sono pecu– liari a questo tempo ed ai suoi modi di esprimersi ,per noi non sono quasi mai ri– fiuto alla vita; anch'essi, allorchè assurgo– no a loro !orme pertinenti e disinteressate, sono altrettante fedi, modi di ,credere e perfino di servire la vita; se cosl non fos– 'ie, dovremmo allora dar ragione a quel neoCilisteismo, a quel neobigotlismo che con tanta furia si scaglia contro certe for– me di manifestarsi senza comprendere che anche esse sono alla pari dì altre ma– gari perfettamente contrarie, forme dì ri– cerca, forme di quel continuo ritrovamen– to in cui l'uomo risalva e riscatta se stesso dalla quotidiana caduta in cui almeno fino ad oggi sembra sia condannato per sua stessa natura. GUGLIELMO PETllONI delia hnguia, g1ud~cando asst?- tutto come peculiarità sostan– luta~ente essenziale. una 1·1-ziale di carattere e di visio- 6oluz1one. a vantaggio della ne•· Una e regione in run– supremaz1a toscana? Ne de- zione nazionale :t? rivò la pi~ga_dei manzonian1. Allora insorse Romagnolj e Leopardi fm dal ~9 novem- s'avventurò in una specie di b_re 1821 avev~ lasciato scrlt: censimento. e Diamo un'oc– ll n~l .suo Ztb~ !done alcur:i,i chiata, così elto elto, alla mo– prez1os1 ~pp~n~1 su.li~ prer:iu- derna vita letteraria d'Italia. nenza hngwstica !1 orentina D'Annunzio è abruzzese> (sì scaduta già nel Cinquecento ma studiando a Prato diven~ per e!f~tto della i:nancata su- ne e cicognino >); e Pascoli ro– prern~ua letteraria. magnolo; Pirandello siciliano; e Fii:enz.e .e la Toscana ~b- Panzini romagnolo; Ada Ne– bero infatti questa rnag~o- gri lombarda, Borgese sicilia– ranza dal Trecento al C!n- no; Bontempelli bergamasco; quecento (sebbene nel Cm- Novara e Pastonch1 liguri· quec~nto non tanto e_però la Ojetti romano> (sì, ma into~ loro mfluenzl:_l ne1la lingu~ fu scanito), e romani Trilussa e allora e!fett1vamente 1:runo- Pascarella; Salvatore di Gia– r,e). ~ggi. tanto è l~ng1 che corno napolitano; Berto Bar– I_abbiano, che! lasciando la barani veronese; Giovanni h!l_gu_a,dove_ 1 toscani sono Gentile siciliano; e toscani, pm 1~no:9nh che qualunq~e infine, Papini, Soffici, Benel– altro 1tahano (co~e furono m li e Forzano>, Strana confu– parte anche nel C1_nquecento), sìone. Stranissime omissioni. sec?ndo che_appar1sce _da tut- E il Romagnoli azzardò en– toc1ò c_he 51 5tampa m quel che una profezia: per gli e en– paese (mtendo la lmgua 6crit- tusiasml suscitati in tutta !ta– ta), Firenze in letteratura lia dal romenissimo attore sottostà e tutte le altre me- Etto!e P<:trolini > credette po– tropoli e città d'Italia, cccet- ter mfenrno che e se c'è in to !orse Roma, e la Toscana, Italia una c!ttà . fatalmente se non a tutte le provincie des_inala a d~vemr le nuova italiane, ~erto ~ede -al ~ie- ~~~!'t~ 1el~o~~g~a Qi:t:n~ monte,- Lombardia, Venez!ano ma? Non basta, a riconferma, e non supera punto ne le e la !ama non romana ma Marche né il Napoletano. La bensì italianissima dì Pasca– preminenza dunque della rella e di Trilussa•· La lin~ letteratura, sola causa che gua nazionale ha bisogno di potesse dare a Firenze il pri- fertilizzanti più numerosL Sa... mato sulla lingua, o che rebbe stato ben curioso che la glielo desse in elietto, è ces- • lingua > del romanesco Et– sata, anzi convertita in infe- tore Petrolìni fosse diventata riorità (appunto la letteratu- sul serio, e per comune rico– ra è in meschinissimo stato nascimento, la lingua delfa in Toscana e, indipendente- Itali-a d'oggi >. mente dalla lingua, lo stile, ENRICO FALQUl r
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy