la Fiera Letteraria - XIII - n. 10 - 9 marzo 1958
Pa~. 6 ------------------------ LA MACCHINA DELLA VERlTA" * FACCIAMO FINT \ DL. * di ELIO 'l'.\L.UUCO Recentemente gli studiosi del Centro di Ricerche di Harvard (sezione Altruismo Creatore) hanno fatto la bella scoperta che l'odio avvelena la vita. « Se detestate gli altri per un dato difetto. ciò significa che questo_ difetto è, in potenza, nel vostro stesso carattere•· La conclusione che se ne può trarre è, forse, meno altruistica di quanto sarebbe stato spe– rabile: « Amate il vostro prossimo: è una cosa magnì– lica: e vi manterrà in buona salute"· Che cosa dob– biamo fare, dunque, per vivere alla meno peggio il nostro « involontario soggiorno sulla terra 11? Non è difficile ingannare l'uomo perchè vuol essere ingan– nato: e trova il modo di ammazzare il tempo in attesa che il tempo lo plachi definitivamente. 1 modi di evadere sono tanti: il tavolo da gioco, la caccia, la pesca, la politica, la letteratura, il cinema, il teatro, la malattia, l'amore: tutti sanno oggigiorno che mol– tissimi individui, stanchi o incapaci di lottare, tro– vano conforto a fare gli ammalati: tragico gioco. cir– colo vizioso, dedalo inestricabile dal quale vel,"ranno sopraffatti. Ch.i non ama il teatro, le case di cartapesta, l'illu– sione del gioco e dell'amore, lo schermo del cinema sul quale sì proiettano j suoi sogni, ancor prima della vicenda pP.r esso Jmmagìnata da un poeta o da un regista? Come i fanciu11i, a cavalcioni di una sedia. s'illudono d'essere dei prestigiosi cow-boys, cosi gli adulti - sprofondati nella loro tremenda malinconia - cercano di rifugiarsi nei giochi dell'infanzia: e si sforzano d'apparire diversi da quelli che sono. Anni fa una celebre attrice, idolo delle platee di mezza Europa, trovandosi jn provincia volle tentare un curioso esperimento e, sotto falso nome, recitò la parte della protagonista in una compagnia di guitti che riscuoteva ogni sera grande successo: ebbene, la celebre attrice fu· accolta da un vero uragano di fi– schi. D'altronde è nota anche la storiella attribuita, secondo i casi, ora a Charlot e ora a Petrolini: una volta Charlie Chaplin si presentò sopra un qualun– que ,palcoscenico di varietà per eseguirvi un'imita– zione di Charlot: ma ;il pubblico ne lece giustizia sommaria costringendo l'attore a sospendere lo spet– tacolo. Petrolini tentò di fare qualche cosa del genere: in una commedia in cui abitualmente egli rifaceva H Sor Capanna, tipica figura di cantastorie ambu– lante, una sera costrinse il Sor Capanna stesso a presentarsi alla ribalta: il pubblico trovò che fosse eccessiva la truccatUra del vecchio cantastorie romano e troppo arzigogolata la sua manjera di cantare. An– diamo avanti: in un salotto romano del primo Nove– cento fu presentato un sosia .perfetto di d'Annunzio facendo credere a tutti che si trattasse del poeta del– le Laudi jn persona: questo sosia era un povero dia– volo qualunque, meschino, privo di spjrito e di jntelli– genza: ciononostante (e nonostante il suo silenzio e il suo palese impaccio} quando egli si accomiatò tutte le persone presenti in quel salotto ammisero che, eflet– tivamente, l'Imagini.fico era un essere davvero• stra– ordinario. Trent·anni fa Paolo Vita-Finzi, un allora giovane diplomatico che riempiva i suoi ozi coltivando acutamente le Muse, pubblicò due preziosi libric– cini di parodie dei nostri massimi scrittori sotto il titolo di Antologia Apocrifa. Le parodie ebbero fa– vorevole accoglienza da ,parte del pubblico e della critica: solamente, qualcuno notò che, per un certo scrittore di cui non facciamo il nome, il parodista aveva un po' troppo calcato la mano, esagerando la de!ormazione caricaturale e non ra_ggiungendo quindi gli efietti dovuti. Si scoprì, qualche tempo dopo, che il Vita-Finzl, con perfidia cartesiana, aveva pubbli– cato, proprio di quello scrittore, non la consueta pa– rodia ma, prese così com'erano da un suo libro. al– cune pagine oniginali alle quali non era stata aggiun– ta neppure una vil'gola. Quando venga a mancare questa indispensabile, anche se istrionica, capacità di menzogna o di arti– ficio, gli uomini si trovano a contatto con la vita vera, nuda e cruda com'è: è allora che avvengono i delitti, è alloI'a che si scatenano le risse, è allora che fioriscono i suicidi: l'uomo ha paura di vedersi tale·, l'uomo non può resistere all'idea di restare solo con se stesso. Anche i vestiti, i colori delle stoffe, le am– bizioni di ricchezza, i guadagni 6frenati, le automo– bili di lusso, le battaglie elettorali, la conquista del potere, gli odi, le guerre, i massacri derivano sempre dalla stessa fonte: la paura, cioè, di doversi sentire, disperatamente, un vero uomo. Questa solitudine, com'è logico, può dare ialora ben altri frutti: Shakespeare era figlio di un macel– laio fallito e di una donna che non sapeva scrivere nemmeno i1 proprio nome. Beethoven era figlio di una tubercolotica, figlia, ,a sua volta, di una cuoca e di u~ ubriacone. Schubert era figlio di un conladino e d1 una donna che era andata a servizio. Ma, nella loro vita, era mancato l'odio: che gli studiosi di Harvard abbiano ragione? ELIO TALARICO LA" FTERA LETTERART-\ j Domenica 9 marzo 1958 BIBLI( TECA STRANIERA DCPIETRO CIMATI! * America bifronte
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