la Fiera Letteraria - XII - n. 28 - 14 luglio 1957

Pag. 4 LA FIERA LETTERARIA Domenica l t luglio 1957 "ORA LO DISSE STROZZA,, QUALCUNO DlJE RACCONTI BREfli TRA REALTA'.E JIIJIGIA * TRENO EST*IVOI chiuso e il mignolo leggermente solle– vato. Era una mano piuttosto lunga e molto curata. Il suo biancore spiccava sul gri– gio-ferro del soprabito di lana. dal ta– glio impeccabile. Si scorgevano Le un– ghie tagliate corte, come quelle di una qualsiasi mano di persona pulita: meno l'uitima del mignolo che rappresentava una autentica sorpresa. Il treno fila\·a nella canicola. lungo la tortuosa costa rocciosa entrando e sbu– cando con sferragliamenti assordanti dalle gallerie. Era uno zeppo treno esti– vo. di gente in maniche di camicia e ca1zom leggeri. A finestrini aperti. co– me a v ele spiegate, il convoglio in– ghiot.th• a tutto nella sua corsa: il pol– ve rone dei crocevia. le stazioncine car– toline illustrate e l'inattesa carezza re– frigerante delle gallerie; il solleone e le schiumose ondate quando si correva all'aperto. Uno di quei brutti viaggi in cui non c'è voglia né di parlare né di leggere né di pensare. ma altro che di arrivare presto per levarsi il carbone dagli orecchi e dal muso e il frastuono dalla testa. Con me viaggiava l'intera famiglia di un notaio: sette persone tra figli genitori e il nonno. Al contrario degli altri. essi lasciavano quei luoghi per recarsi a passare l'estate in una lontana valle delle Alpi. Il treno altra· versava paesi e zone incantevoli. che non si aveva il tempo di guardare tutte: il mare dolcemente ventoso, la costa grondante case piante fiori; dovunque lo sguardo si posasse, all'uscita dalla tenebra di una galleria. si poteva essere certi che una meraviglia lo aspettava. I miei compagni di viaggio non si curavano di tante bellezze: i ragazzi non stavano aggrappati ai finestrini a guardare il mare: non vedevano il mo– mento che quell'uggioso entra ed esci finisse. e Quando saremo in Lombardia?> chiedeva uno alla madre. e nei suoi oc– chi c'era la bramosia del ragazzo nato tra scoglio e roccia per le pianure ster– minate. e E' quarant"anni che percorro questa linea, da quando andavo a studiare a Genova > diceva il nonno. e Eppure non riesco ad abituarmici>. e Eh. si. è una linea maledetta > ag– giullge,·a il figlio. vestito di tutto punto, con cravatta perlettamente annodata. e una certa precoce vecchiezza. La signora stava seduta davanti a me e aveva accanto ben stretta la figlioletta pili piccina. e Io tengo compagnia alla mainma > a,·eva gridato entrando nello scompar– timento. La madre ora diceva: e Ridete pure, ma io delle gallerie ho paura, ora che i treni viaggiano a luci spente>. e Pensate un po', se si fermasse. im– maginiamo per un guasto, qui sotto! So– no certa che svenirei. Sento che mi mancherebbe il respiro>. Fu proprio in una delle piU lunghe gallerie che il treno, frenato di colpo, bruscamente si fermò. Dalla freschissima ventata di grotta che ci investi. giudicai che eravamo proprio nel centro della montagnola. Mi aspettavo il grido della signora e il successivo svenimento. Ma il marito iu pronto a rischiarare l'am– biente con una lampadina tascabile. ed essa si limitò a gemiti di spavento. Un sibilo lacerante proveniva dalle carrozze di coda. e C'è l'allarme a Genova> gridò qual– cuno nel corridoio. e quel segnale fu riallacciato ai bombardamenti che per Pintera giomat:a si erano uditi, face:1do supporre una battaglia navale al largo della costa tirrenica. li sibilo si spegneva lentamente. Il vecchio notaio disse: e Se non m'ingan– no è il segnale d'allarme del treno: qualcuno ha tirato la maniglia. Forse è accaduta una disgrazia>. Il treno era stato infatti bloccato in quel modo. Lo dissero i ferrovieri che sentimmo scalpicciare sul binario: mu– niti di lanterne si recavano alle vetture di coda a vedere che cose fosse successo. II fascio luminoso della lampadina tenu– ta accesa nello scompartimento impediva che lo spavento si trasmettesse ?a~la madre agli altri membri della iam1glta. Affacciati ai finestrini, i viaggiatori parla,·ano senza vedersi tra loro e scru– tavano neJroscurità le immagini nere dei !errO\'ieri chiedendo notizie. Trascorse un certo tempo senza che sì capisse nulla: altri ferrovieri passa– rono diretti verso la coda. forse anche il fuochi.Ha e il macchinista. ma nes– suno tornava indietro. Allora qualcuno cominciò a scendere e si diresse ,·erso le tremolanti luci rosse che si scorgevano in fondo. Anch'io mi calai in quella sorta di pozzo e iniziai la marcia verso il luo– go dell'incidente. strisciando con fa ma– no lungo il muro borracinoso della gal– leria, sotto gli spruzzi filtranti dalle con· nessure della volta. A mano a mano che mi avvicinavo. Je lampadine si in– fittivano in un punto. Era accaduto un !atto molto semplice: niente disgrazie o dramma: la candida estrosità di un ragazzo che. non resi· stendo alla tentazione, aveva tirato la maniglia dell'allarme, vendicando le sofferenze di migliaia di compagni che non avevano avuto il coraggio di farlo. Ma perché il treno indugiava tanto a ripartire? Le formalità per la consta– tazione della multa dovevano ormai es· sere flni:e. e Non si trova piU il ragazzo> sentii dire. e Hanno frugato tutte le vetture di coda. inutilmente>. e Suo padre è furibondo> disse uri altro. e Ma guarda un po' che cosa è capace di combinare una lebbra di ragazzo: ti blocca il treno in una galleria e poi sparisce> disse un viaggiatore agitato perché perdeva la coincidenza per l\Ii· !ano. e E che si fa, ora? > iu chiesto a un ferroviere che passava vicino. e Bisognerà pur trovarlo. Ha preso paura, chissà dove si è cacciato in questo budello nero>. Volli andare a vedere il padre. Lo incontrai insieme al capotreno e ad al· tri viaggiatori vociferanti, mentre tor– navano dall'ennesima esplorazione. Lo vidi fermarsi davanti alla porta di un gabinetto, l'apri e la richiuse automati– camente. Era anche lui in maglietta. calzoni di canapa e sandali. si asciugava il volto abbronzato e accigliato. l1 capo– treno disse: e Sul convoglio non c'è. Si– curamente si è nascosto in qualche nic– chia della galleria>, e Si doveva scendere a Nervi> disse il padre. • Chissà che cosa gli è venu– to>. L'angoscia lo prendeva piano piano. • Andiamo. proviamo a chiamarlo> aggiunse, e si buttò giù dal primo spor– tello. Subito sentimmo inattesa un'alta acu– ta voce: e Sandro, Sandro, Sandrino». Dietro il padre tutto il treno ormai lo cercava. Ognuno aveva scordato il suo viag– g10, le coincidenza, gli appuntamenti. Invano il macchinista con fischi lace– ranti invitava a risalire. La galleria fu esplorata metro per metro. e Forse è andato a piedi a Ner– vi> aveva osservato qualcuno orientan· do in quella direzione le ricerche. Fu forse dopo mezz'ora che sbucam– mo in massa all'aperto, su un brevissi· mo tratto di strada ferrata, al limite di un angusto golfo, ove le acque si abbat– tono sugli scogli precipitati in mare dalla roccia a strapiombo. Era un soli– tario meraviglioso luogo. mai visto be– ne nella visione sfigurata dal treno in corsa e nell'accecamento dell'improvvisa luce. Ma da (ermo. che voglia veniva di sostare! E anche il padre qui si fermò. Lo guardavo appoggiato alla ringhiera. Fu un attimo: il suo viso desolato si ri– schiarò. come se un lampo l'avesse illu– minato da! di dentro. Fissava un punto in mezzo al mare, poi all'improvviso si buttò giU a riva con un'agilità insospet· tabile. Allora anche noi fissammo quel punto: sullo scoglio pili lontano un ra– gazzo in calzoncini da bagno era emerso grondante acqua, e in piedi faceva segni al padre. Sentimmo la sua voce squil· lante: e Qui è bellissimo>. E vedemmo che il padre mentre sai· lava di scoglio in scoglio si toglieva la maglietta: si sfilò i pantaloni restando anche lui in costume da bagno. e Ora lo strozza> disse qualcuno. Dal penultimo scoglio si ricordò di noi: si voltò, ci fece gioiosi gesti si sa· Iulo, ci disse come: e Andate. andate. grazie>. Poi si buttò a tuffo dietro al figlio, e li scorgemmo nuotare verso il largo. Xci 1948, nella. Villa l\londadort a Meina. Da sinistra: Al berlo ì\londadori, Arrlro Benedetti, Thomas i\lann, Arnoldo ::'\Iondadorl, Arturo Toranent L'UNGHIA Rare i•olte s'era chiesto perché por– tava con sé quel paio di forbici pieghe– voli. Di solito le teneva nel taschino del corpetto; d'estate quando si alleggeriva. le forbicine oh restavano un attimo tra le mani: e E di queste clte cosa ,te fac– cio?> si chiedeva. tentando di buttarle in un cassetto. Ma una specie di atavico attaccamento. lo spingeva a non disfar– sene, e finiva per cacciarsele in una tasca dei. c-alzoni, insieme agli spiccioli e atle chiavi di casa. Era infatti un'ere– dità paterna il gttsto delle forbicine. Se lo ricordò quel giorno. che improvvisa· mente ne ebbe 1rn bisogno irresistibile. -Rivide suo padre in piedi davanti alla finestra, al primo sole di primavera. beato aggiustarsi le unghie, parlando e scherzando con la gente che passava fuori. Era un'operazione di alta preci– sione, al decimo di millimetro, e poteva durare anche una mezza mattinata. Ter– minata che fosse, d1iudcva le forbicine, gustandone lo !i'Chiocco della molla, le infilava ncL taschino e. dopo essersi ri– mirato le mant e le scarpe. che doveva· no essere altrettanto in ordine, usciva finalmente a prendere L'aperitivo. Op– pure rivedeva suo padre piegare il gior– nate, togltersi. (Ili occhiali e sedare H tumulto scoppiato in cucina perclté non si trovavano piti le forbici dicendo a lui, con un sorriso dl supcrioritd soddi– sfatta nell'atto di sbottonarsi la giacca e di tuffare il pollice e t'indice nel ta– scltino: e Ecco le mie, porlale a quelle sventate. ma le voglio di ritorno; io solo m questa casa non perdo le forbici•· Cosi anche lui un giorno, forse era giQ al liceo. ne compro un paio. Ma non le adoperò mai con vera passione; anzi. a un certo punto, gli divennero pressoche inutili: gli. servivano soltanto una volta o dtLe al mese per tagliarsi frettolosa· mente te unghie quando erano cresciute anche troppo. Non si poteva certo dire eh.e -in quel periodo deUa giovinezza fos· se il lavoratore d 0 fino che era stato il padre. pivano in maniera inverosimile come ,iei rioni popolari, iL motivo bisognava esclusivamente ricercarlo nella crisi del dopoguerra che aveua priuato deU'au.to_– mobile i possessori. di titoli fruttiferi, come lui, e molti dirigenti bancari e del ramo assicurazioni. Trovo. come al soli– to, posto a sedere; era ml tardi del po– meriggio e in maggioranza salivano ri· posate e croccanti signore appena stac– c-at<'si dallo specchio, dirette alle pastic– cerie del centro o aoH appuntamenti clandestini. Ben presto H tram si riem– pi; egli leggeva, ma anclie senza guar– darsi attorno. se11Hva che si avvicinava il molesto momento di un gesto obbli– gatorio: cedere U posto a qualche signo– ra in piedi. Quando un passeggero sbi– lanciato gli franò quasi addosso, piego il giornale, deciso ad alzarsi. ma la persona gli. voltaua le spalle non appar– lcneua all'altro sesso, e di signore in piedi in quel momento non ne vedeva. Tuttavia non riapri H giornale: sape– va bene come utilizzare quei cinque o sei minuti (già il manovratore si impa· zientiua pestando la sua campana agli incroci sempre pi!L congestionati): era L'occasione per una rassegna che sol– tanto in certi casi gli riusciva. Incastra– to là dentro, le Jacoltd gli si sviluppa– vano e con prodigiosa tecnica. riusciva a mettere a fuoco le immagini piti. ne– bulose. Quel giorno l'obbiettivo, dopo aver frugato un panorama zeppo di. assurdità, centro un viso femminile, un volto at– traente, ma con qualcosa di inesplica– bile che in definitiva non prometteva nulla di buono. Cominciava ad assa– porare il piacere e l'angoscia della sua segreta televisione, quando il piccolo quadaro luminoso venne invaso da un corpo es traneo che rapidamente si so– vrappo.se a quelle labbra invitanti, fino ad occ upare completamente la scena. All'opposto della pelUcola, che strap· pandosi riconduce lo spettatore aUa luce. lui era rimpiombato all'improvviso 11eL buio. Non impiego molto a rendersi conto di che genere fosse iL corpo estra· neo che per quel giorno aveva rovinato il suo e cinema>. l'ungliia dei dito mig11olo del signore che oli voltava le spalle, Il quale da un po' di tempo gravaua contro i suoi gi- 11occhi. Appeso co,i il braccio destro al– la maniglia, it vasseooero teneva L'altro ripiegato sulle reni. con. H pugno semi- Dopo essersi prolungata nella forma solita per almeno tre centimetri. l'un– ghia improvvisamente si avvolgeva a spirait', co-rrtt:una scala che si trasformi a chiocciola per poi concludersi capric– ciosamente ln una breve rampa di nuo– vo piana, ma assai pili stretta: gli ultimi gradini che accedono alla torre di un castello. Era un piccolo capolavoro di inverosimile per/~zione. L'opera paziente di uno spirito solitario. Ma al possessore di forbici. parve una cosa mostruosa: il sangue gli si rimescolò come se i suoi. occhi fissassero non una bellissima e sor– prendente scultura modellata in un ma- !~~iij~~od:~i~!i/rdui. ma un piccolo e Fu a questo punto che rivide suo pa– dre. é Le unghie Lunghe ,ervono solo per cacciarsele negli orecchi> lo aveva am– monito un giorno. mentre faceva il suo incantevole ricamo davanti alla finestra. L'ira gli cresceva di attimo in attimo e ormai pensava soltanto ad una cosa. che presto divenne idea fissa. Dominato dall'ossessione dello scempio, non aveva la curiositd di vedere· in faccia neanche L'uomo C'he oli voltava le spalle. Il pos· sessore delL'unghia era forse la persona piti. serena di qu.eL tram. Probabilmente non aveva appuntamenti d'amore o di affari. Egli era uscito con lo scopo mollo semplice di portare a passeggio La sua unghia nelle strade ben frequentate, co– me le vecchie signore sole fanno con il loro barbone. L'abbietto sterminatore non poteva certo capire che quell'unghia era tutta una vita; un p1rnto d'appoggio che, crol– lalo, sarebbero occorsi anni penosi per ricostituirlo. Già si frugai-a nelle ta· scl1e, spaventato di averle lasciate nel– l'altro vestito. f., 'ira e il ribrezzo vennero sopraffatte dalla voluttà di sentire Le forbicine tra le dita. Gustò tutta la gioia di averte conservate per tanto tem– po. Infine le apri, e avvicinatele a quel capolavoro f,i madreperla senza esitare lo recise con un colpo secco alla base. ARTURO TOFANELLI ARTURO TOFANELLI Quel giorno aveva preso il tram alla fermata di. casa. quasi al capolinea. Era un quartiere di alta borghesia, se non proprio il piU elegante della città, e se le vetture anclle su quella linea si riem- Si. accorse, infatti, che stava fissando Orfeo Tamburi: "Lit." (ConUnua_!!_. pa,c. 3) tutto, Je teMre fc,oUe che tre. mavano su.i. tronchi, i passe– ri che cantavano , l"erba che facr:va ca.poli.no fra la gohiaia. VIGOR VLLI su TOFA~ 1 ELLI ~aune~lll,~;p:,~-=~·;• ";i'tui 7 ~tJ'. AJJ l ~ sa nel '33 e Il bene e il male nel '39; ma devono essere il .1ole che vinta Ja foschia ci.~o. in giardino. che pa. rlo.,pungentissima. miracolosa· bicttaua fasci. lumino 3 i attra. agisco. t·tL·o normalmente. mente banale: verso i rami già folti. Era Non ne .1ono affatto stcura. • Telefonai ni Bondini e ai come se so ltanto queUa mat• Rispondetemi subito. caro Restelli. Riu.scii a sedurre i tino ave.ui ape-rto gli occhi amico. Ditemi, vi sconoiuro. .1econ di. i qu ali vennero con sulla nat· ura, era come se pri• che cosa devo fare per vin- altra gen.te che avevano a ma non mi Joui accorta di cere tanta avversità? Di que. pranzo. Non un tavolo. ma nuUa. Al luopo solitario ben sto pa.,.so. come potrò guar- due furono oraonizzati. E presto ci sì arrivò. Ci .sedem- dare in faccia Federico. Ma. qualcuno ebbe anch.E modo mo su una panchina. Egli mi rio e Cristina? di restare a conversare, ton- stava molto vicino. Passò Che cosa devo fare per in• to che _si delineò una serata qualche tempo cl1e si stette contrarlo pili, domani notte. delle ptù vivaci. Per fortuna a g1utarlo tutto quel Luogo, dopodomani? Ho da qualche avevo qualcosa in casa e poi sentii la sua mano risa. sera abbandona to Gue rra e riuscii a lmprovvisare una Urmi. U fianco, e allora mi pace e scovato lnton.so in bi• piccola tavola fredda, che voltai come sorpresa, ma il blioteca un tomo di San t'Ago- venne accolta con grida di mio volto doveva esprimere stino. Ma. ahimè, a nulla è gioia. Federico, poi. fece por. ben altro. perchè egli mi valso Il mio amante (orri- tare - è mansione sua - venne incontro con la sua bile -paroJa), rimane puntua. alcune bottiglie di quelle che grande testa e mi baciò•,.,. le e infallibile proprio come oggi so-no andate a prezzi Tutta la scena accade sol• colwi che ama. E se dovessi iperbolici, ammesso che qual. tanto in sogno, e così si ri- essere sincera dovrei dire che cuna se ne scopra ancora. pete sino alla dannazione:_ anch'fo l'amo. naturalmente Egle Re.uelli ha affermato che ~ Molli giorni sono panari. tn sogno. ,nel corso di quelle un· suo fornitore le ha ojjer. e non una ,ola notte egli è ore che piombiamo in una to una bottiglia di A rmagnac manca.to. St n::a che vi trascrì. altra vita. in cui tulio, come per duemila lire . .- Non l'ho va di e .ue iI diario. (mi sa- si vede. può succedere. qua- voluta .. ha a.Qgiunto, ., berre– rebbe ole-remodo imbara::zan. si non fosse piìt la n ostra. mo Sarti e per chi non lo te) vt sard tac.ile immaginar- Lo amo, lo amo, come r.on vuole c'è acqua fresca ... E' ne la storia. Vi dirò solo che ho. mai amato. neanche Fe• goiusto. Anche noi presto fa• essa è sempre più sconvol- derico, lo confesso, ahimé! Ma remo cosl Mi sembra dovere gente e ormai incide in tut• si può amare così intensa. 1e le mie a:ioni. Ho un bel mente un fantasma? •. di tutti non alimentare. a co• sto di qualche sacrificio, la speculazione. r_imasti ali~ stato di proget– chiacchierando molto: aH uo- era piaciuto come tutte le at- la vostra sapienza Dltemt t1. Ora - m queste doQ1an– mini di guerra, e le donne tre volte Avrei certamente se proprio non c'è scampo de e risposte date qu_i sulla di prezzi, e di tessere. f: ul! d~rmito con. la compattezza Potrei fare delle imeziont? ,,_ Fiera - ~ar:mtisce dt aver– argomenh erano tanto vivaci di u" sasso.-. Per finire. un discorso più ne uno m cantiere. Tutta che a una certa ora U gioco Nè questa scena mondana circostanziato andrebbe fat- la sua fedelta alla narra– !~ sospeso e ci si riuni. tut- è un .inserto nel racconto, to per le ottanta pagine del tiva. anche quando i fedeli t1 nella sa.letta dd camme,. come 11 lettore potrebbe so· racconto L'uomo d'oro. Ba- si contavano sulle dita. e to a parlare davanti a un spettare. tutt'altro. La real· sterà dire che avrebbe po- questa forza unitaria dei rac– gran. ceppo. crepitante, che il tà è pres~:ite_ .non appena tuta, con maggior agio, es· conti dell'Uom!' d'oro fanno n~srro autt.Sta 110n. so dove per ~are p1u rilievo alta sur- sere disteso in un romanzo. prevedere senz altro che pre– d1avofo avesse scovato. r~alta, ma per avere alla Nasce come un racconto sto saluteremo in lui un ro• Con la tfrUa Rossana. recentemente sposatasi col rior– nalJsta. l\Iino Guerrini dire durante la giornata che Ma questo fantasma che quella vera. queUa reale. inghiottisce le notti e l'ani– qu.eila che conta, sono io li ma di una donna. è situato in sa.lotto, in camera~ in cu- in una realtà dettagliata. Si fece mezza.notte goiocando piuttosto distrattamente e Come sempre avviene i.n fme il sopravvento e far paesano, tra Paolieri e Toz· manziere con le carte in re– queste serate, gli amici accen- gravare sulle persone e sul- zi 0 il Pea meno favoloso· gola. Del resto, già questi 11arono di andarsene quando le cose la sua morale ineso• ritroviamo l'ambiente e gIÌ racconti vivono su un uni– orn_uii httto l'abitua.Le,reper- ra~ile, - che potrebbe ':'ro- anni dì Empoli, con quel 13 n- co tempa se~r~to, com': sem- 1or10. deUa .conve!'3a.uone ~ pno esser:e a!lch~. enuncrnta to di grottesco che magari pre deve (mire. ~ v1vern~ esaunto. ~h sentivo un po cost: la vita e p1u forte del fa ricordare per analogia un romanzo: qui 11 tema e stanca ed ebbra; e contraria. s~gn~: il ~ub~~sc!ente riven- non per infl~enze, il primo !"opposizione t_ra l'oro e l'a· mente al soli.t~. avevo_ be- dica I suoi d1ri~ll. m.a la n3:· 8ilenchi della Vita di Piste more: e c_he sia un drar:nma vuto qualche dito di vmo e tura ~~nserva t suoi p_oten: 0 della Cronaca dell'Italia non occasionale. non eff1me– un .po' di. cognac. Anche Fe- lo spinto. fa ben.e a msor- meschina; bruscamenl i ro, baster4::bbe a conferm~r– derico_ mi apparve accaldato gere, pero non e. bene a.t· allarga e si affonda ine unsa lo la stona e la ';Onclus10: e lucido neUo sguardo, cosa tentare _alla materia ... Sem· storia attuarss· .. ne senz_a scampo d1 uno dei che lo accrebbe in gentilez- bra - e sembrata a me al- fondi (qua I li~ma. a f ~t racconti p1u esemplari del za. Me ~e accorsi quando si meno ·-. essere. ques~a la di ricordare ~erta v;f;oster~ libro. Il ~eduttore. li ~uo ro: restò soh e mi sostenne ali.a morale d1 Don Giovanni, che di Mario e il mago di Tho- ~an_zo viene da_ quei co~p1 vi~a - una stretta. fo~te. ~i non a caso si chiude su que~ mas Mann). dove si inne- dt nvoltell~: chi? e come dir~ cui ben co11-0scevo ti s1gn1f1. sta stupenda ironia con la sta. implacabile come il nu- che tanto .1 suoi personag~1. cato - mentre s'andava nel- quale il personaggio di Ma- bifragio che scoppia tra le quanto lui come romanza~· la nostra cam!ra. Det mio in• ria Luisa. pur dopo una cabine. della :;piaggia. un re. hanno sc~_lto per legge cubo - onna, non posso clte I processo alla guerra fascista morale :- p1u ~ncora che chiamarlo così - neppure a~ventura sconvo gente. è del , 40 nella eco a calit- p~r de.stmo. - d1 pagare la l'ombra. Mi addormentai e. rt.condotto ~l~a sua prot?or· tica della battaglia ~ Sta- vita _smo m fondo. Il ro– sausta. e felic~ sul petto di z1on.e qu?t1drnna: ~ S7r~ve· lingrado: è un finale · po- manz1ere ~ ques~o l?erfetto Federico. Felice ~erta~1ente temi sub1t~ - ~osi ~m1sce tente, all'altezza di un gran• pal(~torc_: 1 conti d1. Tofa· perchè avevo senttto di non la lettera d1 Mana Luisa -, de romanziere. ncll1 tornano g1a tuth. essere cambiata: Federico mi sal'Vatemi col consiglio del- Di romanzi, anni fa, To- GIANCARLO VIGORELLI

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