la Fiera Letteraria - XII - n. 18 - 5 maggio 1957

Domenica 5 maggio 1957 LA FIERA LETT~RARIA' NARRATORI ITALIANI DELLA ~~FIERALETTERARIA,, (Camera da letto dei ragazzi, di cui una metà in ombra. Dino è rimasto solo, già coricato, dopo l'~<ldio dei ge– nitoi·L Si intravvede una mano di don– na,~ inguantata, che tira dietro di sè la porta di comunicazion~, e si ode una voce dolce, ma leggermente fretto!.:>sa. « Ciao, Omo». D:no s1 ng:ra nt:!1 letl.– no, si aggiusta il cuscino dietro le sp3J– le; la lampadina proietta un conu di lùce sul libro di favole che il bamoino leggiucchia, svogliato. [J bambino mor– mora con disprezzo, buttando il libro fuori da~ letto): - Favole, ancora e sempre favo·le. Speriamo che non si metta a tuonare. (Intanto, quasi a sperimentare la pos– sibilità di mettersi in comunicazione col mondo, alza il cornetto di ebanite dell'apparecchio telefonico sul comodi– no. Poi lo ·riposa, sconsolato. Proprio in quel momento la pioggia prende a scro– sciare sui tetti e contro i vetri della finestra. Lampi e tuoni si alternano, ta– tuando la parete contro la finestra di 6egni zodiacali. Dino non resiste, na u~a paura folle del tuono, meccanicamente compone un numero. e appoggia l'orec– chio al cornetto. che regge spasmodica– mente con entrambi lè mani. e Pron:.o. pronto ... :t, monnora, prima dell'altra voce). (L'altra metà della camera· si illumi– na gradatamente: spazio metafisico in cui appaiono, a turno, i cliiamati. La pri– ma voce appartiene a una vecchia si– gnora inferma; e la signora appare su una sedia a rotelle: il telefono è. su un tavolino bassi), a portata di mano). Vecchia signora - Pronto. Di-no - Sono Dino. Sono solo in casa. I miei genitori a teatro, e ho tanta 'Paura. Vecchia signora - Che posso fa ré per te? Dino - Non so. Ma ora che ti pario, la paura si allontana. Non odo più ru– mori sospetti nèl corridoio; né intrav– vedo lampi che cercano di penetrare in camera mia attraverso le persiane. Vecchia signora - Quanti anni hai? Dino - Dieci, soltanto dieci. Vecchia signora - Non ha,i un librn? Dj.no - Tanti. Libri di favole, ma mi annoiano o accrt?scono la mia paura. Vecchia signora - Bambino mio. an– ch'io sono sola, ma sono vecchia e ma– lata, ho 70 anni; e, anche se volessi, non ' potrei correre da te. Perchè tu hai bi– sogno di .non essere solo. Anche io, del resto. Non ti consola, ora, il fatto di non essere l'unico a soffrire di soli– tudine't Dl·nb - Ma io non soffro per la so– litudine. Ho paura. Ho sentito dire che uno, di paura, può persino morire. Vecchia signora - Mi strazia l'animo pensare che tu sia così solo, e che fuori -esista tanta gente che potrebbe consn– lare la tua solitudine; ma io sono vec– chia, malata, e ho altrettarnta paura di te. Non della notte; né nella tempesta. Un'altra paura. Perdonami. Sono vec– chia, malata. Posso fal'ti compagnia sol– tanto da lontano. Vuoi che ti racconti Una favola? O preferisci raccontarla tu a me? L'ultima che stavi leggendo, per esempio ... Cosi ci faremo ottima com- pagnia. , Dino - Oh~ che bello! t.a shi que)la clel diamantè vero in mezzo ai due falsi, 1asciatl in eredità dal vecchio padre ai •tre figli egualmente amati, in un paer.e della Siria, al tempo dei tempi? Vecchia signora - Chissà come sarà meravigliosa. Ti piacciono i diamanti, Dino? Di.no - Ma è una fiabn simbolica, ti a\!verto. Si tratta della vera religiòne, insomma. In quanto ai diamanti, non ne ho mai veduti, ma la mamma, che ne ha parecchi falsi, dice che splendono più della luce del cielo. Vecchi.a signora - Più della luce non credo; poichè è appunto la luce a farli splendere. Dino - Tu ne hai visti? Ne possiedi? Vecchia signora - Tanti; ma, non so che cosa farmene. Temo che siano falsi anche queUi. dato che non .sono riusc!~i a illuminarmi né il cuore né l'animo. Di.no - Non essere triste anche tu, ti prego. Allora incomincio. (Emozionato, ·il bambino, per pren– dere il libro caduto sul tappeto, posa distrattameote il cornetto nella forcella. Appena ha in mano il libro, sì avvede del1'errore. Scoppia - a piangere, guar- 3~n3o 1/~r~el{t~fiYe U:~~f~n~c~g;i~é1ip~t 1 ~i riafferra al telefono, alza il ..:vrnetto, compone un nuovo numero a casacc:o. La parte in ombra della scena, rabbuia– ta per l'errore del bamb:no, si :llumina di· nuovo, e accan-to al telefono appsre un giovane, già pronto per uscire. Giovane - (con voce gaia e fretto- ilosa) Pronto! Chi parla? Dino - Parla Dino. Giovane - Dino chi? Dino - Un bimbo di dieci anni. Giovane - Figlio di chi? Dino - Mio padre si chiama Ale- manni. , Giovane - Io non lo conosco. Ma sbrigati. Chi cerchi, che vuoi? Ho una fretta... · Di.no - Dovresti venire a farmi com– pagnia. Mi hanno lasciato solo, e ho tanta paura. Senti come tuona? Giovane - (ridendo) Ciao Dino. E sogni felici. Quando avrai la mia età, e avrai la ragazza, capirai la mia fretta. Dino - Aspetta un solo momento. Non mi abbandonare (ma il bambino si accorge di essere rimasto di nudvo solo. attacca anche lui e risolleva il ricevi– tore. Questa volta soltanto per sentire i,l rumore confuso della conchiglia ma– rina. Allontana il cornetto dall'orecchio e fa vibrare per gioco il segnd,e nel vuoto: il segnale che gli riporta la me– moria delle rive di Costajonica con l'o– dore delle onde e della pece de-Ile vec– chie barche fuori uso. Il sibilo del ven– to. raffiche di pioggia sferzano violen– temente le persiane; le rare luci inter– mittenti dell'e5;terno diventano fioche e fuggevoli. quasi inseguite e spente d~l– le trolTlbe di aria gelida. Allora Dino non esita, l'organo cresce. a og.1l nu– mer:o senza risposta che egli compone, mai scoraggìato, ma sempre più i""!pau– rito. Finalmente una voce, un altra voce). Dino - (quasi cantilenando) M.i chia– mo Dino, ho dieci anni, sono solo m casa e ho tanta paura della pioggia e del vento. Mi aiuti, signore. Arche se non può venire di persona. resti un po· ~l telefono e parli con me, da lontano. 111 modo da farmi compagnia. Il sonno po– trebbe anche sorprendermi, al ritmo della sua voce; e solo allora lei potreb– be riattaccare, !-enza rimorsi. O vuole TELEFONA.TA NOTTIJRNA Racconto dialogato d, R. ili. DE Ail'6ELIS * Persona1n:i: Dino; Vecchia s'guora; Giovane: s;gnore: Donna: Voce di donna che le. racconti io una favola? Signore - (lo interrompe brusca– mente. con fare annoiato e disgustato) Che scherzi stupidi alla tua età. Se fossi veramente un bambino di dieci anm, non sapresti adoperare tante belle frasi che non commuovono uno sconosciuto, sorpreso nel meglio della serata. o al– meno con l'idea che la serata potrà da un momento all'altro diventare interes– sante. Magari per una telefonata rfce– vuta di sorpresa, e da una persona che non si conosce. Imiti male la voce di un bambino di dieci anni, f!, se io fossi tuo padre, saprei come castigarti. Ti dirà che hai sba,!?liato bersaglio, poichè anche io sono solo. Sono vedovo, io, e, senza figli, e abito in una casa di dieci stanze, in cui potrei alloggiare un'ip– tera tribù di ragazzi che non fossero discoli come te. Dino - Signore, mi creda, io non avrei mal potuto immaginare di arre– carle tanto fastidio e tanta pena; ma le giuro che sono davvero un bimbo di dieci anni. Abito al ·numero '712 in Viale delle Milizie, mio padre si chiama Ale– manni e fa l'agente di borsa. Mia madre ... Signore - Si, tua madre 'farà la bal– lerina in un ritrovo nottu·rno e tuo pa– dre è andato a. prenderla. per proteg- gerla dagli applausi degli avventori av– vinazzati! Di.no - (offeso) Signore. io non ho più paura e posso fare benissimo a me– no della sua voce e della sua com– pagnia. Signore - Che. schifo. Eccola questa gioventù d'oggi. Maligna. cinica e stra– fottente. Pnma ti invocano, nel cuore della notte, poi al minimo contrasto ... Basta, chi ti ha chiamato? Donna - (per un cont~tto, s'intro– mette nella convet·sazione una terza voce. di donna questa. che si vede ap– parire all"altro lato della stanza. con un altro telefono in mano. Ma, per es– sersi inserita così a proposito, s'inten– de che la don.na abbia ascoltato quasi tutt.a la conversazione) Nessuno ... Nes– suno mi ha chiamata. Non si v~~gognd, lei, di trattare così un bambino? Poichè. anche se bambino non è, se non ha dieci anni, la sua voce non è certo quella di un adulto. Si.gnore - Da dove parla·? Cosa c'en– tra lei? Donna - Mi sono inserita per un contatto. A volte il caso è un regista senza rivale. Dino - (con 'lOCe implorante) Signo– ra, mi dica subito il suo numero, cos! io la richiamo se il contatto dovesse interrompersi. Almeno. anche se non può uscire di casa, mi potrà fare com– pagnia da lontano. Signore - Vergognatevi voi. piutto– sto. a rec;tare questa commedia. Si può sapere che gusto ci trovate ad abbin– dolare la gente per bene? Fuori piove, in casa vi annoiate. fate a caso il pri– mo numero chii vi capita. e il merlo ci casca (il merlo;dovrei essere io!), pron– to a farsi strappare le penne ... Donna - 271248 signora Albis. C.:h1"'l– ma quando vuoi, Dino. E a quanto a lei, signore, perchè non va a cc,ntrc - lare se il bambino le ha detto la verità? Se lei è vedovo. non dovrà render con– to a nessuno, anche a un·orn così tarda. e. a prendere un taxi. di certo non si rovinerà; potrà compiere un'opera buo– na, confortando un bambino abbando– nato e forse ... (il contatto s'interrompe. la donna è riassorbita dal buio). Signore - E forse ...? Dino, vengo su– bito. Aspettamj, vorrà dire che telefo– neremo insieme per sa-pere se la signo– ra ci ha detto la verità o ci ha dato un n:umero falso come fanno di solito le belle signor-e. Di.no - Faccia presto. O meglio, per– chè non prova a telefonare prima di ve– nire? (con voce trionfante) Cosi potre– te venire in due, faremo una bella festa, R. M, Dc Angclis, la. cui attività di pittore ha avuto recentemente alla. « Mosfra dei gion,atisU pittori » te– nuta a San Remo il riconoscimento del PrcmJo del Prcsiclcntc della. Repubblica. e di quello del CONI per una natura. morla., torna alla. ri– balta lettera.ria,, dopo circa. t.re an• ni, con H suo nuovo romanzo dal titolo « I camosci arriveranno» che uscirà. prima cli giugno presso la. Casa Editrice Vallccchi. La ri– vista. M Maschere <l'oggi~ pubbli– cherà. inoltre prossimamente un suo lavoro teatrale intitolato « L'aman– te borghese», desunto da. un ro. manzo da.Ilo stesso titolo non an· cora apparso. Dc Angeiis poi ha. in– tenzione di raccogliere in volume, nella. prossima estate, tutte le sue pocsJc dedicate al mare con il titolo di « Invito alle isole» proprio una bella festa. Io so dove i miei na~Ig~~~;o ~ d()~~i :ttia1~~~ 0 ~llenzione, Dino, m'infilo il cappotto e prendo un taxi; numero 712 hai detto? Alemanni? Che interno? Dino - Interno dodici. Presto, pre- st~ig~~;:to~ (attacca, forma tÌn nume– ro, ma non è quello della donna, è quel– lo per prenotare un taxi) Un taxi, Pre– sfo, al numero 12 di Via del Corso. ingegner Annibale Preziosi, numero 321214. (Riattacca, dopo qualche istan– te. il telefono risuona per il control– lo). D'accordo. Sc~ndo subito. (Monologando) Cento contro uno che si tratta di una sorella e di un irateL lino, o di una mamma giovine, senza marito. Avventura, avvent•urieri? Non saprei proprio dirlo, del resto, tra poco sa·prò. Oh, che voce dolce. Chissà come si chiama e di che colore sono i suoi Occhi. In quanto al bambino, lo•faremo subito addormentare, con la ninna– nanna che mi cantava mia madre. Stra– no, ma mi sembra di ricordarmela an– cora. Una ninna-nanna che sin dal prL mo verso mi faceva piombare nel sonno. (L'uomo sparisce nell'ombra, e la mez– za camera ritorna nel buio). Dino - (scivola dal letto e aspetta con ansia che sq,uilli il campanello della · porta di entrata). Fa. mio Dio, che trovi aperto il portone. Di solito è sempre aperto; ma con questa pioggia e con questi tuoni, fors'anche Il por~IP,.e ha avuto paura. (Squillo insistente del .campanello. e squillo del telefono. Il bambino, turbato. confuso. esita. fa per andare verso la porta, alza la mano per afferrare il ricevitore, poi sconsolato. si ricaccia a letto e prima di ficcarsi con la testa sotto le coperte, mormora): Che cosa diranno i miei se apro la porta a uno sconosciuto? E se non è il signore di pocanzi. e se è un ladro? Si stanche– rà dì suonare. (Nascosto sotto I-e .:o,t-::, il suo corpo si muove, quasi fustigato dal suono del campanello di entrata. Poi tutto tace. A intermittenze, lo squil- . lo del telefono. Poi il silenzio » (Dopo una breve pausa, si ode una voce di donna. quella della mamma di Dino, che segue uno scnlpiccio soffocato di passi), Voce - Benedette favole. Non fa al– tro che leggere e si addormenta sempre con la luce accesa. (Si vede la stessa mano inguantata dell'inizio allungarsi sulla chiavetta della luce, smorzare; e, mentre la camera piomba intera nel buio, cala lentamente il sipario). R. M. DE ANGELJS L'~4NGELO Cl!STODE ELISEO aveva dodici anni, e già da tre si trovava rinchiuso in un grande, bello, ma fosco collegio di gesuiti po– sto, sim'ile ad un antico maniero, sui jcolli laziali di fronte a :t,=tpma. Una domenica mattina in cappella, durante lo svolgimento della messa fe- , ·'"stiva, nelJ'òsServar'e intorno 8 sè qu•ei compagni che portavano sul petto il bel· collare rosso degli Angioli Custodi e immaginando ciò che egli stesso sarebbe• potuto diventare se avesse fatto parte della Congregazione. si era sentito ac– cendere di tale entusiasmo che non ave– va atleso un sol giorno per fare la sua brava domanda d'ammissione. Poi, su– bito dopo averla scritta, al pensiero di sé consacrato al proprio Angiolo Custo– de, aveva provato nell'animo un nuovo e strano sentimento. quale di una cal– da, dolcissima sensazione; e questo tan_ to gli era piaciuto che fermamente si era proposto di far di tutto affinché non avesse ad essere respinto. Cominciò, pertanto, non solo a man– tenere una condotta esemplare, il che, essendo egli pe'r natura solitario e tran– quillo, non gli fu difficile da ottenere. ma unche spontaneamente ad imporsi dei sacrifici. Così. per esempio, alcune vnlte rimase in ginocchio durante l"in– tiero svolgimento delJa messa, anche quando, cioé, era concesso lo stare se– duti sui banchi; in aHre non giocò du– rante le ricreazioni: e in altre ancora per tutto un giorno mantenne il più assoluto silenzio. e via via con tanto · maggiore accanimento in queste ,prati– che continuò per quanto. nel sottoporsi ad esse. sentì n:tscete e diventare vivo e profondo un senso d'intuno piacere e di personale soddisfazione. Né si lhnitò a questo. Sapeva che il padre spirituale. il cui giudizio agli ef– fetti della candidatura era il più impor– tante, il definitivo. disponéva oltre che dei prefetti, di alcuni segreti informa– tori reclutati fra gli stessi collegiali. Un giorno, ne1 dubbio che le notizie riportategli potessero essere per lui o poco esatte o poco benevole, sempre te– mendo di non dovere essere ammesso, pensò che non avrebbe fatto male se gli avesse fornito di tanto in tanto, in ma– niera personale e diretta, alcune prove della p:·opria bontà e devozione. li padre spirituale ìn un collegio di ge.;uiti è, per la sua funzione, un sa– cerdote di molta e delicata importanza; è l'eminenza grigia dell'intiera comu– nità. sulla quale sovrasta con la sua grande ombra di uomo che ha il com– pito di lavorare sulle coscienze. La sua responsabilità è tanto più grave se si pensi all'età di coloro delle cui anime deve aver cura. Dagli otto, nove anni, da quando. cioé. i ragazzi entrano in collegio, e l'ani111.a è ancora quasi da plasmare, fino ai diciotto, diciannove, quando ne escono, con l'anima che può essere irt diversi modi e per diverse vie già definitivamente incrinata, corre l'età critica nella formazione dell"individuo. Sono davvero fortunati coloro che, a– vendo avuto accanto durante questo 'pe– riodo un uomo cui è stata affidata l'in– combenza di guidare la vita del loro spirito, si siano imbattuti in chi, al di fuori di ogni schema e di ogni fredda logica, si è veramente preoccupato di comprenderli e. prima di dar retta al– l'orecchio e all'occhio. ha cercato di scrutare nelle profonde e vaste regioni del cuore. Il padre spirituale che si ,trovava in quegli anni nel collegio di Eliseo si chiamava Silvio Tenassi. Era un uomo di una strano dolcezza. Sotto la tonaca nera gli s'indovinava un corpo magro e debole, forse anche patito per quei rigori ai quali, tra i collegiali, si diceva * Racconto cli GIUSEPPE GIRONDA sguardo chi-aro e un volto così pallido da parer trasparente là dove, intorno agli occhi, la pelle scoloriva in un AUnto di azzurro e cli viola, quasi alabastro, e, tuttavia, a ben gu3irdarlo, non privo di una sua tagliente energia. Era consue– tudine. approvata dal rettore. che co– testo pa<lre ogni sera, durante le ore cli studio, ricevesse nella prwria ca– mera: una grande e bella stanza con un balcone da cui si scorgevano, in fondo alla campagna in quell'ora im– mersa nell'oscurità, brillare lontano le innumerevoli luci di 'Roma. I convittori manifestavano il desiderio di essere ri– cevuti da Jui mediante dei biglietti reca– pitati da uno di loro, ed egli poco dopo li mandava a chiamare individualmente. Ma non sempre riceveva tutti: non solo perché a farlo gliene mancava il tem– po, ma anche perché. godendo di certe particolari slle simpatie, era solito dare la precedenza a queste e ai suoi infor– matori, i quali ogni sera con maggior dovizia di particolari di quanto potes– sero fare i prefetti lo andavano tenendo al corrente delle tendenze. dei discorsi, della condotta dei compagni. Eliseo pensò di approfittare di tale che egli lo sottoponesse. Aveva uno consuetudine e. forse per la sua qualità di candidato alla Congregazione. forse perché fino a quel tempo il padre spiri– tuale non aveva avuto né modo né pen– siero di conoscerlo a fondo, fu da quegli ricevuto fin dalla prima sera eh~ ne fece richiesta. Tale eccezione, se da un lato lo colmò d'intima soddisfazione, dall'altro servi a porlo ,sul momento ìn non poco imbarazzo. All'improvviso si· scoperse impreparato su ciò che avrebbe dovuto dire o compiere per manifestare, così come si era proposto, la propria fede e la propria devozione. Nel biglietto aveva scritto: e La prego di ricevermi. Ho molti dubbi. Mi sento tanto infeli– ce :t; ma queste accorate parole gli era– no state suggerite dal solo desiderio di imp1--essiona1·e talmente il sacerdote che quegli non avrebbe potuto non riceverlo subito. L'imbarazzo crebbe allorché, po– co dopo, si trovò di fronte al gesuita, seduto di fianco alla scrivania, oltre la qtJale si vedeva il balcone con il buio fondo della notte. Tuttavia non rimase in quella situazione che pochi istanti. Rendend'osi eonto che non avrebbe po– tuto continuare a tacere, pensò che se si fosse messo a piangere non solo avrebbe in qualche modo im,pressionato il padre, ma, coerente con quanto aveva scritto nel biglietto, sarebbe riuscito a dimo– strare la trepida ansia e il timore dei quali, in quel periodo di prova, era CINQUEDOMANDE a Giuseppe Gironda D.' - Dovendo esprimere con un semplice voto it suo giudizio sulla let– ieratura italiana contemporanea come voterebbe? R. - Perché vuole che segua l'esem– pio dei membri di quel ministero i quali, allorché il governo, di cui essi stessi fanno parte. chiede la fiducia alla Camera. non si astengono, ma votano a favore? D. - Mi parli. allora. del suo lavoro di scritto-re. R. - Srtno proverbialmcmte pigro: né le condizioni generali per uno s~rittore sono tali in Italia da solleci– tare me e chi è altrettanto pigro quanto me. D. - Ha quaiche U.b-ro ill prepa– razione? R. - Due. Un roma11zo « L'angìolo Custode» già ultimato da tempo: e una raccolta di racconti, che s'intito– lerà .. Storie di Baroni». D. - Questo ti.tolo mi fa ricordare che 11na volto, nel co-rso di una di– scus·sione. la t1dH af/erma1e eh<? ella era .- borbonico,._ Può spiegarmi co.~a intendevfl di.re con quella f-rase che non sarà stata. immagino, un'affer– mazione poli.Hca? R. - Paradossalmente lo è anche stata. Comunqµe voleva essere una affermazione polemica contro un co– stume di vita. e manifE'stava il mio amore di tempi lontani. Vorrei espri– mermi con parole poverissime: rim– piango una società in cui il bucato si faceva con la cenere. e non ap– prezzo questa di oggi che adopera o aspira a\1a lavatrice automatica. Tut– tavia. non creda .che il rimpianto che ora io le ho manifestato apertamente non sia oggi abbastanza diffuso. Lo é. ma in uno stato d'inconsapevolezza. Per esempio. la moda attuale per lo arrr>di:tmento in· stile ottocento. i bei mobili e 1e prezlosf' suppPllt?ttili dei nostri nonni. lo esprime più chP non si C'rPrli:tAnC'he i bei mobili rantano !"OmP Pa1il V.e1!1?rv dicev:i dPi bt?i pa– lazzi. P nPJ dPsidPrio di arrNhire la casa con dei mobili in slilP ottocento c'è, forse. oggi, da parte dì molti, e· Giuseppe Gironda al di là di ogni snobismo, !"inconscio desiderio di sentirsi narrare da essi di tempi in cui abbondavano ed era– no motivi di vita quei sensi di gen– tilezza. di equilibrio, di gusto. di se– renità. di signorilità e umanità che oggi, invece. cosl largamente difettano. D. - I Ubri di cui mi ha accen– nato poco prima risenlirnnno di que– sta sua posizione patemi-ca? R. - Come potrebbe essere diver– samente! colmo il suo piccolo animo. Cercò di riuscirvi, e quando di lì a poco udi l'al– tro che diceva: e Ebbene. caro, perchè taci? Cos'hai di tanto difficoltoso da dir– mi? :t, non senza compiaciuta ,1nei:avk:– glla, sì accorse di avere, già pronte, le lacrime negli occhi. Si lanciò riverso sulla mano 'che quegli gli aveva teso e cominciò a piangere. a piangere poi sempre meglio, a dirotto, man mano - che asco.Jtandosi andava accorgendosi di saper piangere veramente bene. e Oh, padre! - disse singhiozzando. - Sono così infelice! Ho tanta paura di non essere degno per la Congregazione!~- Il padre 1 1 enassi non sospettò neppure, non solo la falsità degli scrupoli maniie– statigli, ma neanche come questi potes– sero essere il segno di una fantasia esa– gerata e cagionevole. Cosicché, ricor– dando le informazioni che proprio in quei giorni gli erano pervenute sulla condotta esemplare del tagazzo. posò dolcemente una mano sul caipo di quel– lo ed esclamò: e Non lo credo!· Mi par– lano tutti cosi bene di te! :t, ed Eliseo, dopo che queste parole ebbe udito, giu_ dicò che fosse al fine giunto H momento in cui avrebbe potuto terminare di piangere. Il comportamento di quella sera do– veva fruttargli non poco. Il padre spi– rituale, come si è detto, godeva ave.re delle simpatie e, carezzevole sempre e morbido nei modi, queste andava di so– lito rivolgen<lo verso quei convi'ttori che per il tratto e le maniere erano a lui più somiglianti. Forse riteneva che quel– li non solo fossero i caratteri più ido– nei ad un rigoglioso sbocciare della Fe– de e della pietà cristiana, ma che di queste, i.n un certo senso, ne fossero an– che un prodotto. Ora nulla come quel pianto in cui cosi accoratamente era scoppiato Eliseo sarebbe stata cosa adat– ta per suscitare in lui la più profonda simpatia e tenerezza verso il fanciullo. Trascorsero pochi giorni e f4 difatti egli stesso, a chiamare Eliseo durante la ricreazione pomeridiana, che era la più lunga. Era ·solito, in quell'ora. compiere delle passeggiate per gli oliveti e i bo– schi che circondavano il collegio e farsi accompagnare ogni volta da due o tre convittori. Spesso giungeva ad un monte sulla cui cima s'er:geva una gran croce di legno, o andava a far visita ad alcuni monaci camaldolesi che sulle balze di quello avevano non lungi il loro pie_ colo e bianco convento. e Devo andare ai CamsJdoli! - disse quel giorno a Eliseo. - Va a dire al tuo prefetto che vieni con me, e chiama anche Barbaglia e Rossetti! :t. Poco dopo la piccola co– mitiva camminava per il sentiero che, affondato in un bosco di castagni, saliva verso il convento· e la cima del moote. Una volta giunta ad una curva dalla quale, a differenza delle altre, lo sguar– do spaziava sulla pianura sottostante, si fermò. Era vicino il tramonto, e il si– lenzio, in quel luogo sperduto e tra·n– quillo, completo. Anche il vento, che1 poco prima aveva soffiato leggero tra i rami distaccandone le foglie secche e ingiallite, adesso era caduto del tutto. In fondo alla pianura, confusa nella rosea vaporosità dell'ora, si scorgeva Ro– ma simile ad una lontana e bassa nu– vola grigia. Stato alcun tempo in silen– zio a contemplare il paesaggio, il padre spkituale con una dolcissima· .roce al fine esclamò: e Quale maraviglioso arte– fice è nostro Signore, e come bene si diverte a .dipingere dall'alto dei cieli! :t. Quindi, detto questo, riprese il cammi– no. Subito, come per l'infrangersi di un i-ncanto, Barbaglia e Rossetti si allon– tanarono da lui cominciando a rincor– rersi per la strada, ma Eliseo, pieno an– cora dell'improvvisa commozione che le parole testé udite avevano suscitate nella sua anima, gli rimase a cammi– nare a fianco. Un altro giorno il padre Tenassi man– Qò nuova,fllen,t.e a chiamare Eliseo, ma questa volta pei;-chè gli servisse la mes– sa che e~li celebrava ogni mattina in una cappella diversa da quella nella quale s1 radunavano i convittori. Questa cappella era assai piccola, tenuta in una calda penombra, e sempre discreta e so– litaria. Le pareti damascate in rosso erano ricoperte di cuori d'oro, sui pochi inginocchiatoi di mogano scuro pog– giavano morbidi cuscini e sull'altare di marmi pregiati splendeva, in una gran– de cornice dorata, una piccola imma– gine della Madonna con una corona di platino e di pietre preziose incasto– nata nella tela. Il luogo piaceva som– mamente ad Eliseo che quella mattina, al pensiero di dovervisi soffermare per servii-e la messa. sentì nascere e diffon– dersi nell'animo, quale un indefinibile piacere, tma dolcezza sen'za pari. Acca– deva cosi anche per gli a1tri, o non era egli l'unico'{ si domandò, e rispon– dendosi come cotesta seconda ipotesi Qovesse essere la più probabile, nuova. mente si commosse ed entusiasmò al pensiero dell'intensità della propna de– vozione. Preso così da un mistico rac– coglimento, si accostò al padre spiri– tuale che già aveva cominciato a reci– tare -le orazioni e lo aiutò a indossare i paramenti sacri, avendo cura ogni volta, prima di porgerglieli, di avvici– narli devotamente alle labbra per ba– ciarli. Nel corso della messa, poi, ingi– nocchiato dietro le spalle o a fianco del sacerdote, ma sempre a lui il più vicino possibile, mantenne un coniegno oltre– modo raccolto e compunto, mentre nel rispondere alle preghiere andò, a secon– do delle occasioni. variando il tono del– la voce. Al Confiteor si mostrò entu– siasta, al Credo risoluto, alla Comunio– ne, battendosi il petto, commosso. Al– l"Elevazione, distratto nell'osservare il quadro della Madonna, alle cui fonde tinte oleose il riflesso di una candela concedeva toni ancora più caldi, dimen– ticò di suona re il campanello, e aven– dogli di poi il sacerdote fatta notare k cosa, tranquillamente rispose d·essersi trovato in quel punto così .preso. quasi per una sorta di profondo rapimento, d'avere del tutto dimenticato di farlo. Dal venire chiamato così spesso e sen– za sollecitazioni Eliseo ben presto com– prese di essere entrato nelle simpatie del padre spirituale. 'Ma se questa con– statazione, dandogli il modo di pensare come tutto ciò quasi sicuramente non sarebbe accaduto se il gesuita non si fosse re~o conto delle sue ottime e sicure, qualità lo colmò di gioia e inti-. ma.mente lo inorgogli, non valse, tutta– via. ad acquietarlo. Sempre preso dal suo ardore egli non lasciò trascorrere due giorni senza chiedere al padre Te– nassi di riceverlo. Gli piacevano la mor– bida dolcezza con la quale il gesuita aveva preso a trattarlo e i quieti discorsi che gli rivolgeva, quieti persino nel tono ora pacato o"ra musicale della voce. Nel- 1::i. compagnia di lui trovava. un godi– m_ento quale non riusciva mai a cogliere ne da que,lla degli altri pa?,ri, né tanto meno dall altra, sempre chiassosa e dL <:tratta, dei compagni. . Adesso, però, ·a differenza dell'a pri– ma volta, aveva cura d'inviare il bigliet– to solo dopo essersi ben preparato in Qualcosa con cui avrebbe potuto conti– nuare a manifetare quella che. d.1;:nt,ro d1 sè, senza incertezze, sempre più fer– mamente credeva fosse la Fede. Alcune sere. pur sapendo che era consuetudine che ciò si facesse al mattino durante la messa, chiedeva di confessarsi, e con ç

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