la Fiera Letteraria - XII - n. 3 - 20 gennaio 1957

.. Domenica 20 gennaio 1957 LA FIFTTA T FTTFRI-\RT '1,RADO'l'TO IL SAGGIO D'UN ESPEll'l'O I~GLESE * L'ARTE PURA NEL DISEGNO I DUSTBIALE * Un motore in cui i tubi sono nascosti nella testa del cilindro, i fili son sotto cùpertura e gli accessori si dissimulano nel 1nonoblocco, e tutto questo per bellezza, è ,neno bello a vedersi di un motore con i tubi scoperti Solamente un secolo fa. o poco più. cominciò a diffondersi l'idea che il di– segno dei prodotli di consumo dovesse venire affidato a coloro che professano l'arte pura ed ai critici di questa. Tale convinzione non era solo una conseguenza del vuoto culturale che segul il collasso dei modelli neo-classici al loro urto con la produzione industriale, ma faceva an– che un'aristocrazia universale in cui ogni elettore istruito doveva identifict1rsi con un conoscitore ed arbitro dzl gusto; e ciò perché si partiva dal principio che la frattura esistente tra arte. accademica e arte popolare fosse dovuta soltanto alla inadeguata educazione delle e masse •· Questa visione del gusto popolare e del– l'estetica del prodotto industriale traeva molta della sua forza da una deforma– zione romantica del Medio Evo, preten– dendo che - poiché tutti gli oggetti di uso quotidiano che dai tempi gotil:i sono giunti fino a noi sono ben disegnati e decorati da artisti - lutti gli oggetti gotici dovevano esser similrnen te dise– gnat.i e decorali e tutti gli uomini del Medio Evo, dal principe al villano, do– vevano esse1· dotati di un naturale buon gusto. In realtà, la testimonianza degli og– getti giunti a noi ci consente di stabilire unicamente questo: che soltanto gli og– getti abbastanza costo&; da giustificare una decorazione elaborata erano, nel Medio Evo, fatti tanto bene da du,rare quattro, cinque o se; secoli, mentire nulla sappiamo degli oggetti più modesti del periodò gotico perché pochissimi ne sono giunti sino a noi. Tuttavia questo punto di vista sugli oggetti d'uso nel Medio Evo non cadde in discredito nemmeno quando i maestri dell'Art Nouveau e dello stile Liberty voltarono le spalle all'idea del– !'« Arte per il pop_olo• e adottarono lo slogan del!'« Arte per l'Arte•· E quando persino l'Art Nouveau fu respinto dalla generazione dei disegnatori e teorici che si affermarono dopo il 1905 questo con– cetto sopravviveva ancora se Adolfo Loos. respignendo ogni tipo di decorazione (1), ancora una volta dà per certo, senza di– mostrarlo, il buon gusto innato del con– tadino medioevale e interpreta la so– pravvivenza degli oggetti gotici decorati come una riprova del fatto che il gusto grqssolano. delle successive generazioni ha , pemnesso che tutte le opere non decorate dell'artigianato medioevale venissero di– strutte, conservando per contro accura– tamente e restaurando i modelli ormai non tipici e di gusto scadente. Questa diversa interpretazione data dal Loos alla testimonianza storica è impor– tan le perché denota un nuovo atteggia– mento nei riguardi dell'estetica del pro– dotto industriale e questo nuovo a tteg– giamento annuncia a sua volta la for– mazione dei criteri in base ai quali i crilioi accademici hanno valutato da allora in poi i prodotti di consumo. Adolfo Loos, per quanto sia un estremista, può essere considerato un rappresentante ab– bastanza tipico della sua generazione che respingeva ogni tipo di ornamento perché non vi sapeva trovare alcun significato e si rifaceva al concetto della « forma pu,ra • perché esso faceva buona prova contro la fallibilità del gusto umano. Altri atteggiamenti mentali caratteristici di quella generazione erano la revivi– scenza dell'estetica platonica, una larga accettazione dell'idea della Gesamtkunst– werk, una fede romantica negli architetbi come ·arbitri supremi del disegno, e un complesso di dlsdpline concettuali basate sui • sistemi • accademici di Charles Blanc e di Eugène GuadeJ. La grandiosa sintesi di tutti guesti concetti apparve, dopo la p1•ima guerra mondiale. negli scritti di Gropius e di Le Corbusier. Essa stabiliva assiomaticamente una gerarchia sovrana delle arti sotto il do– minio dell'aTCbitettU1'Q (2) e una loro comune dipendenza da Qeggi di forme oggettive, assolute, universali ed eterna– mente valide, I suoi slogans di « rispon– denza allo scopo• e di « fedeltà ai ma– teriali• derivavano la loro forza dalla analisi crudamente materialistica degli elementi d'architettura proposti da Gua– de! (3) e da Choisy (4),. e l'illusione di una «obiettività• comune a questa con– cezione di funzione e di materiali, ri– spetto alle leggi dell'estetica matematica di Platone, era stata un bastone fra le ruote della critica estetica del prodotto indushiale da allora in poi. Questa «obiettività• essendo solamente illusoria, la sintesi neo-accademica - una mistica di forma e funzione sotto il dominio della architettura - è fallita miseramente pro– prio nel campo in cui pareva, intorno al 1920, avesse h·ionfato completamente, il campo della produzione in serie. Nel secolo della critica pura del pro– dotto industriale, che sta 01'Q volgendo al termine, qualsiasi scuola di pensiero, qualsiasi tendenza dell'opinione hanno dovuto formulare il loro atteggiamento nei riguardi della produzione industriale. In contrasto a tutti gli atteggiamenti precedenti, quello della sintesi neo-acca– dei:nica è di entusiastica accettazione, ri– sultando dallo sconh·o delle idee di Loos sui prodotti meccanici come esemplari di forma pura e scevra di ornamenti, con le idee marinettiane secondo le quali gli agglomerat.i periferici delle grandi città. meccanizzati. sono la residenza naturale degli uomini del ventesimo secolo. Ma questa fusione di idee, che portò i pro– dotti meccanici entro l'orbita dell'estetica pura, fu raggiunta solamente a costo di ignorare tre difficoltà fondamentali: sem– plicità, obiettività, standardizzazione. La semplicità geometrica è stata identificata come la fondamentale predilezione delJa estetica platonica fin dall'ultimo decennio del secolo diciannovesimo (5) e la famosa citazione dal Filebo per cui la beltà assoluta Si trova nei tipi parti<:olari, i! * ,li REJ''lTER Bil.L"\!HAiJI retto, i! rotondo, cosi pu,·e nette superfici e nei solidi che risultano daU'opera qeL tornio oppure risultano per mezzo di rego!i e di squad-re... è stata costante– mente usata fin da allora. Questa fu: ,i.se, impiegata molto frequentemente a giusti– fica1Jione dell'arte astratta, è stata anche molto usata nella giustificazione della ipotesi che il disegno industriale dovesse seguire le leggi dell'arte astratta, e i critici neo-accademici tl'Q il 1900 e il 1930, esaminando argomenti come la co– struzione di ponti e il disegno di •;,eicoli potevano 1'Qvvisarvi, del tutto accidental– mente, la stessa specie di geomeh·ia piana che Platone aveva approvato. A chiunque conosca le regole logiche della tecnologia, tali rassomiglianze ap– paiono del butto indipendenti da una qualsiasi relazione « obiettiva • tn,a arte astratta e disegni di macchine, e dovute a una pura coincidenza spiegabiQe con l'abmosfera estetica del periodo e con le condizioni primitive del disegno di vei– coli; ciò non pertanto queste rassomi– glianze erano (e sono state) per i critici neo-accademi~i una prova della obietti– vità del loro atteggiamento. Si riteneva che gli ingegneri lavorassero senw. subire contaminazioni estetiche e secondo im– mulevoli leggi fisiche (6), e il modo in cui le forme risultanti dal loro lavoro andavano d'accordo con quelle apriori- maniera molto confosa (9) da vari Esteti delle Macchine. e generalmente in un modo che fa capire che essi danno alla parola standard il senso di un marchio. un ideale al quale tendere. Tuttavia nella industria meccanica un prodotto stan– dardizzato è essenzialmente un modello stabilito ad hoc, proprio l'opposto di un ideale in quanto è un compromesso tra la produzione attualmente possibile e un possibile sviluppo ulteriore. Ben lungi dall'essere assoluto e permanente è di breve durata ed è tollerato solo fino a tanto che l'ulteriore ricerca non renda possibile cli stabilire un modello nuovo e più rispondente alle esigenze. Come Sinisgalli ha molto giustamente messo in dlievo (10): Una be!La tazza rotta si sostituisce con un'altra bel!a tazza sana, com,pletametne differente e questa doppia consurnabilità, che com– prende non solo l'oggetto <in se stesso ma anche il modello o tipo al quale esso ap– partiene è proprio la caratteristica che esclude gli oggetti prodotti in serie dalle categorie della filosofia platonica, perché il tipo o norma, del quale l'oggetto é una immagine, lungi dall'essere un'idea perma– nente esistente in assoluto, è un'idea che esiste nella mente del disegnatore soio fino al momento in cui l'oggetto entra In fase di ~iproduzione, e trattenervela dopo que- nel disegno in,lust1~iale * di LEONARDO SINJ~GALLI Questo bel saggio, tradotto daU'inglese se,·virà benissimo a informare quei lc-ttori che, stimolati dai saituad cenni sparsi neUe nostre cronache de! mese scorso, ci hanno chi,esto nuovi Lumi su!l'argomento. A questi volenterosi ricordiamo che eslste anche da noi, come in Inghilterra, und~ Libera associazione deU'IndustriaL Desig-r che si propone di intensificare la co!lab1>– razione tra gl'industria!i e gli artisti. l)a qua!che anno viene stampata a Mi!aho, per conto della Editoriale Domu.s, tona rivista «Stile-Industria• tutta dedicata a questi problemi. La « Linea ita !ia.na • è tenuta aU'estero in grande considera– zione. Pare che iL nostro humus sia par- sticamente st:ahilite dalle leggi • obiet– tive• dell'estetica platonica, era conside– rato prova di una comunità di scopi e di disciplina mentnle. Tuttavia in realtà si ha tutto il diritto di dubitme che gli ingegneri lavorino mai nel modo cruda– mente •obiettivo• i:;roposto da Guadet e particolarmente da Choisy c~me base dello stile architettonico, e in ogni modo vi è un riposto doppio senso nell'uso della parola obiettività. Appliçata alle leggi dell'estetica, significa solo che la Jorò lo– gica è jmpeccabile e non che i fatti sui quali sono state basate siano stati sotto– posti alla normale valutazione scientifica. Le leggi dell'industria meccanica, d'altra parte, hanno una obiettività puramente ad hoc ed esistono solo per definire casi limite; per dirla con le parole di J. S. Shapiro (7): La scienza dice al disegna– tore di macchine solo ciò che è im.possi– bile: entro ta!i. limiti eg!i può far quei che gli piace. Ma il fatto che quel che piaceva ai primi disegnatori d'automobili e d'aero– plani fosse una semplice geometria quasi platonica, serviva a nascondere la diffe– renza fondamentale tra l'estetica accade– mica, assolutistica, aprioristica, e il di– segno di macchine pragmatico, sperimen– tale. Di conseguenza le varie « Estetica delle macchine• di Lei Corbusier, Ma– lewitsch, van Doesburg e Bauhaus non sono mai state chiamate in causa. Noi ci possiamo attardare ora i;1 un esame dettagliato di queste estetich~ delle macchine (8), ma il loro effetto sulla critica estetica del prodotto non deve essere trascurato. Con l'enuncia– zione assiomatica di un'entità astratta detta « la Macchina> e avendola dotata delle qualità estetiche di alcuni rami del disegno di macchine che erano allora in condizioni primitive, i neo-accademici misero in circolazione la credenza che tutti gli articoli prodotti meccanica– mente, ivi compresi gli oggetti fabbricati in serie, dovessero essere semplici nella forma e adeguarsi a leggi astratte e rite– nute permanenti, basate sulla pratica architettonica. La reductio ad absurdmn di questo modo di vedere si può trovare in uno dei libri di più larga influenza che siano stati pubblicati sul disegno industriale, e Art and lndustry • di Her– bert Read e può essere condensata in due citazioni. La prima trae da un'os– servazione impeccabile una conclusione insostenibile: I disegni dell'ingegnere e dell'architetto si avvicinano l'uno all'a!– tTo nell'effetto estetico. Problemi total– mente differenti vengono risolti, ma a ci(l,Scuno di essi presiede io stesso asso– luto senso di ordine di armonia. Una simile conclusione suggerisce una posizione di partito preso estetico, e ciò si rivela anche nella seconda citazione, del tutto insignificante come enuncia– zione di un fatto, ma istruttiva come finezza retorica: La macchina ha respin– to l'ornamento. Sotto questa confusione di categoria giace la terza delle difficoltà nascoste cui si è accennato più sopra, la standardi1l– zazione. _Questa parola è stata usata in t1co!armente fertite. Qttesto lavoro, tut– tavia, è rimasto segregato tra gli specia– listi. La cultura ufficiale 1'0n se n'è ac– corta. Ma ci sono buoni seg11i neb!'aria. IL prossimo Salone di Parigi (maggio 1957), la prossima Triennale (agosto 1957) e, sopTattutto, la Esposizione Uni– versale di Bruxelles (aprUe 1958) dovreb– bero segnare mia meritata affermazione delle nostl'e capacità. Reyner Banham è redattore di Archi– lectu ral Review e collaboratore della B.B.C. Un critico attento, informatissimo. un esperto. LEONARDO SINISGALLI sto momento intralcerebbe gli ulteriori svi– luppi della produzione. Noi viviamo m un'economia imperniata sul concetto di « usare e buttar via » in un:,i cultut'Q in cui la classificazione fonda– m'entale delle nostre idee dei nostri pos– sessi terreni Si esprime nei termini della loro relativa consumabilità e restituibilità. Gli edifici che fabbrichiamo possono stare in piedi per un millennio ma la loro at– trezzatura meccanica dev'essere sostituita dopo cinquant'anni, il loro mobilio dopo venti. Una teoria cosmologica può durare il tempo di risolvere un particolare pro– b'lema, che può anche coincidere con il tempo necessario a leggere un giornale, ma giornale e modello sa,ranno insieme di– menticati la mattina dopo; un razzo spe– rimentale, il non plus ulh'Q della nostra avv-entura tecnologica. può incendiarai e ridursi in rovina in qualche minuto; lo strumento più utile nell'attuale teoria ato– mica è il mesone, la cui stessa natura è la transitorietà. Pesate le conseg:ugenze cultu• ,1.li di una Saimile situazione, Robert Lepper osservò (11): vi è un elemento paradossale neUa ri– cerca di simboli durevoli in un mondo dove « rutto vien.e fabbricato per essere butta– to via• e quantunque questo sia un palese truismo è stato a malapena prnso in considerazione dall',intero corpo dei critici del prodotto in– dush·iale, che sernbl'ano riluttanti ad ab– bandonare i criteri della dw·abilità. Eppure è evidentemente assurdo preten– dere da oggetti disegnati per una breve, utile vit.a, che manifestino qualità signifi– canti un'eterna ,validità, qualità come la divina proporzione, la forza pura, l'armo– nia di colore, e, per rendere giustizia a Le Corbusier, dowemmo ricordare che egli fu il primo a sollevare il problema della durabilità e della transitorietà nella produzione meccanica (12). BeUezza effimera, caduta presto nel ridi– colo ... ~ocomotiva schiumante che susci– tava il lirismo precipitato di Huyusma– nitS non è ormai aitro clie ruggine tra i ferriveccht; l'auto de! prossimo Calone fa sì eh.e Citroen realizzi L'ammortizzazione de! suo « chassis • eh.e faceva furore. Ma giunto a riconoscere fino a tanto. egli rifiutò di accettarne le conseguenze, e la sua valutazione del disegno meccanico è sempre quella di un estraneo che vuole im– porre inapplicabili categorie estetiche, in un campo in ctU non son valide. Cosi, tanto lui che Amédée Ozenfant additano fra tan– te l'opera di Ettore Bugatti come quella ,meritevole della maggior lode e considera– no le componenti delle sue macchine esem– pi di disegno meccanico che comprovano le loro vedute sull'estetica del prodotto in– dustriale. Per questa ragione i motori della Bu– gatti son stati considerati realizzazione dei più alti voli dell'immaginazione meccanica. Tutt.avia taluni dei più famosi disegnatori d'automobili non sono di questo parere. Jean Grégoire, per esempio, dalla cui ope– ra nel campo della trazione antel1iore deri– vano tutti i successivi veicoli di questo ti– po, se non altro nell'uso dell'accoppiamen- to omeocinetico da lui inventato. Jean Grégoire ha rifiutato di ammirare il mo– tore Bugalti. Egli parte da un punto di vista di esperto e applica il criterio della transitorietà all'estetica meccanica ( 13). In ttn determinato elemento componen– te, LabeLlezza meccanica corri.sponde ai mi– glior uso del materiale secondo !o stato deUa tecnica contemporanea. Ne conse– gue che la beUezza può variare, perché La tecnica, dalla quale dipende Lauti!izzazio" ne deL mate,riaLe, è ,progressiva e da questo procede a sviluppare un tipo di critica tanto unico quanto istruttivo: Come Si poteva prevedere, Bugattt era fiero deUa sua immaginazione visiva. Egli amava i motori dai fianchi diritti e daUe superfici brillanti, dietro le qua!i Si na– scondevano tubi e accessori ... A rischio di sbalordire i! Lettore, io ritengo che molti ,notori americani, circondat;, come sono da foreste di filo elettrico e di pezzi svariati, e disegnati senza preocciLparsi della Linea, siano più vicini al concetto di belLezza di quanto non to siano gli eleganti motori Bugatti... Un motore i cui tubi son na– scosti nel!a testa del ci!indro, i fi!i son sot– to copertura e gl,i accessori si dissimulano nel monoblocco. e tutto questo « per bel– lezza•, è meno bello a vedersi di un mo– tore con i ttlbi scoperti. Questa deliberata opposizione alle pre– dilezioni neo-accademiche, da parte di un creatore di disegni di fama internazionale fa si che noi Ci domandiamo con quali criteri non accademici egli giudichi quan– to vede, quali siano le qualit':!I positive che egli amrrura. Cerchiamo di identifi– carle attraverso l'esa'Tle dell'oggetto in questione. Un confronto h·a i! motore della Bu– gatti e quello di una VS americana come ia Buick ci sarà utile per qu~to studio. La Bugatti Si presenta con un profilo ret– tangolare, una superficie lavorata a ma– no neutra e omogenea, sagomata in forme che rispondono strettamente agli ideali platonici della circonferenza e del qua– dralo: parole queste che potrebbero ben descrivere, ad esempio, un rilievo di Ben Nicholson, e non per niente Bugatli è stato uno studente d'arte della stessa ge– nera1Jione dei pionieri dell'arte astratta. La Bu1ck, invece, presenta una grande va– rietà di materiali di superficie (e di que– sti nessuno lavorato a mano), in forme complesse, tridimensionali, descriventi cm·– ve composte in un blocco dal profilo ir– regolare ed asimmetrico. Senza dubbio a spiegare le differenze tra i due motori si potrebbero addurre ragioni funzionali in– discutibili, ma si deve anche osservare che i motori denotano che una grande cura è stata posta nella loro presentazione visiva La Bugatti, alta fra i fianchi di un co– fano ristretto, è evidentemente studiata per esser vista (e servita) di lato; la Buick, alla1·gantesi sotto una bassa capote ha le componenti raggruppate in alto, non solo per facilità di accesso ma anche in vista di un effetto vistoso. La B11gatti, come os– servò Grégoire. nasconde molte delle sue componenti entro il blocco e presenta al– l'occhio un'immagine quasi bidimensiona– le, mentre la Buick ostenta il più gnm nu– mero possibile di accessori in una ricca composizione tridimensionale, contrastando il riserbo di ispirazione accademica della Bugatti con una violenta retorica di po– tenza. Questa differenza - che fondamen– talmente risiede nella preferenza di una distribuzione topologica a una distribuzio– ne geometrica - si potrebbe paragonare alla differenza esistente tra un quadro di Mondrian, con la sua superficie neutra e la sua geometria regolare, e uno di Poi - lock con i suoi elementi incrociantisi e la superficie densa ed eterogenea, ma questa non sarebbe una risposta al nostro attuale problema perchè non fa che sostituire una estetica accademica ad un'altra, come nei tentativi di proporre Hans Arp o Anto,ne Pevsner a campioni del disegno indu– striale. Se studiamo le qualità che danno alla Buick il suo carattere eccitante e incon– fondibile, troviamo lucentezza, senso di massiccio, senso d1 tridimensionalità. espo– sizione voluta di mezzi tecnici, che Si as– sommano in una retorica di potenza desti– nata a colpire in modo immediato e dw·e– vole chiunque la veda Ora queste non so– no le caratteristiche dell'arte pura: '.a lu– centenzza scomparve con i cieli dorati del– la pittura gotica. Alberti detestava la tin– ta d'oro, le estetiche platonica e neo-acca– demica appartengono al mondo piatto e bi– dimensionale de.ila tavola da disegno, e l'ostentazione d1 mezzi tecnici non ha di– ritto di esistere dove sia praticata la ::nas– sima • Ars est artem celare». Ma se que– ste qualità della Buick non sono quelle che caratterizzano l'arte pura, sono invece pro– prio quelle che caratterizzano l'arte popo– lare. Le parole « arte popolare » non vo– gliono significare in questo testo l'arte in– genua o grossolana dei primitivi e dei con– tadini, dato che prodotti industriaH come la Buick non fanno parte del loro ambiente naturale. L'arte popolare dell'automobil> smo, in una società meccanizzata, è una manifestazione culturale come lo sono il cinema, le riviste in rotocalco, i romauz; pseudo-scientifici, le cignette comiche, la radio, la televisione, la musica da ballo, lo sport; la Buick con il suo scintillante vir– tuosismo tecnico. la sua raffinata eleganza e la sua mancanza di riserbo risponde m:– rabilmente alla definizione di « Poi:; Art» data da Leslie A. Fiedler (14). La cultura popolare contemporanea, Jun– zione di una società industrializzata, Si di– stingue daU'arte di altre sfere sociali per i! suo rifiuto di presentarsi dimessamente o come un'attività di second'ordine, per il suo Tifiuto di stare ai proprio posto ... Ep– pure gli oggetti che fan.no parte delta cul– t1Lra popolare non sono fatti per ~sscre . conservati preziosamente ma per essere buttati via. REYNER BANHAiU (Continua al prossimo numero) ,. Pag. 3 UI AMERICANO A ROMA NEL 1860 * Questa bizzarra autobiografia è scrit– ta neUa terza persona. Henry Adams nacque nel 1838 a Boston, di una deUe famiglie più distinte degli Stati Uniti, e che aveva dato ai paese i! suo secondo presidente: una di queUe famiglie. come le chiamano ironicamente i concittadini, di e Bramini>, e de!le quali le meno an– tiche frequentano soltanto con le più antiche, e Le più antiche frequentano soltanto Iddio >. Henry Adams Egli stesso dice che se fosse nato lsrae! Cohen e sotto l'ombra deUa sina– goga, non avrebbe potato st,bire. in quel paese e in quel secolo, un più grave handicap. E infatti !'uomo po!itico più intelligente che L'America produsse in quei secolo poté soltanto arrivare, a 62 anni, ad essere segretario personale de! Segreta,·io di Stato di Tlieodore Roose– velt, John Hays. Dopo la morte di Hays ne! 1905_. Adams si ritirò a vita privata: di Lui restano soprattutto la magnifica Educazione di Henry Adams (ma qiian– do un editore italiano si deciderà a pub– blicare una traduzione di questo Hbro senza pari?) i! volume Mont Saint-Mi– che) e Chartres (meno interessante per gli europei) e una importante Storia degli Stati Unit1. Henry Adams fii uno dei pochissimi moderni. e forse L'unico americano del sno secolo a prevedere i pericoli che derivano al mondo daUa scienza liberata dai freni che vi ponevano La fede. Ha persino profetizzato, nel 1902. la distru– zione de! mondo per mezzo dei « pro– gressi tecnici deUa scienza•· Consig!ia– mo a rutti di Leggere questa sua Auto– biografia. HENRY F'CiRTS IL PIU' FELICE MESEDI MAGGIO * di H~~Rr .A.DAJJS Fortunatamente per lui, egli aveva una sorella molto più sveglia di lui - sebbene egli si ritenesse una persona piuttosto superiore - la quale, dopo avere sposato Charles Kuhn, di Phila– delphia. era venuta in Italia, e. come tutti i buoni americani ed inglesi, era una accaldata fautrice della causa ita– liana. Improvvisamente l'imperatore Napo– leone dichiarò la guerra all'Austria e solle,·ò una· dubbia questione morale nella mente dell'Europa. La Francia era l'incubo della Germania, e persino a Dresda si riteneva il ritorno di Na– poleone a Lipsia come la cosa più pro– babile del mondo. Un giorno il com– messo governativo. nella cui famiglia Adams era alloggiato, si precipitò nella sua camera per misurare la distanza da Milano a Dresda. Il terzo Napoleone aveva raggiunto la Lombardia, e appe– na 60 o 60 anni erano passali da quando il primo Napoleone aveva iniziato i suoi successi militari da una base italiana. Un giovane americano illuminato. con gusti settecenteschi coronati da fram– menti d'una educazione tedesca e delle migliori intenzioni del mondo, dovette decidersi sul valore morale di questa forza in lotta. La Francia era lo spirito immondo della politica morale, e tutto quel che aiutava la Francia doveva per– ciò essere cattivo. Verso quell'epoca l'Austria era un altro spirito immondo. L'Italia era il premio da loro disputato, e da almeno millecinquecento anni era stata l'oggetto principale delle loro cu– pidigie. La questione di simpatia aveva turbalo numerose persone durante quel periodo. La questione morale era stata posta sotto luci diversissime. Bisognava essere guelfi o ghibellini? Senza dubbio, si era più saggi dei· prossimi i quali non avevano saputo risolvere questa questione dai tempi dei trogloditi, però l'ignoranza faceva bene di scartare ogni tentativo di essere saggia, perchè la saggezza era stata singolarmente in– capace di risolvere il problema. Meglio scegliere la parte prima, e ragionarci sopra per il resto della vita. Questo non vuol dire che Adams sen– tiva dubbi profondi riguardo alle sue simpatie o ai suoi desideri. Non era stato tedesco da abbastanza tempo per annebbiarsi il cervello slno a quel pun– to, ma il momento era decisivo per molte cose future, specialmente per la morale politica. La sua morale era al– tissima, ed egli si afferrava ad essa per conservare il rispetto di sé stesso; però il vapore e l'elettricità avevano prodotto nuovi accentramenti politici e sociali. o li rendevano necessari nel campo dei suoi principii morali - libertà educa– zione economica e così via -• i quali chiedevano di allearsi con alleati equi– voci come Napoleone III, e rapine vio– lente sopra una grande scala. Finchè egli poteva affermare che i suoi avversari erano iniqui, poteva prendere parte e rapinarli e ucciderli senza scrupoli di coscienza: ma poteva anche accadere che si rapinassero i buoni. L'edu~azione insisteva che biso– gnava trov~re una base morale per la rapma. Egh poteva sperare di comin– ciare la vita col carattere d'un animale non più morale d'una scimmia, a meno che non si convincesse quando e perchè la rapina e l'assassinio fossero una virtù e un dovere. L'educazione fondata sul semplice interesse personale era soltan– to la storia di Guelfi e Ghibellini da capo - Machiavelli tradotto in americano o Le donne, di solito, hanno un senso morale assai positivo; ciò che esse de– siderano, è giusto; ciò che esse respin– gono, è male; e la loro volontà, nella maggioranza dei casi, finisce col deter– minare la moralità. La signora Kuhn possedeva una duplice superiorità. Non soltanto adorava l'Italia. ma nutriva an– che una cordiale antipatia verso la Ger– mania in tutte le sue varietà. Non le sembrava utile che suo fratello fosse aiutato a germanizzarsi, e voleva che fosse incivilito. Era la prima donna giovane che egli avesse conosciuta nel– l'intimità - rapida, sensibile, volitiva o piena di volontà, energica, piena di sim– patia e abbastanza intelligente per for– nire idee a due dozzine di uomini - ed egli fu feiìcissimo di abbandonare le redini a lei, di permetterle di condurlo dove avesse voluto. Fu il suo primo esperimento nell'abbandonare le redini a una donna. ed egli fu tanto contento dei risultati che non ha mai voluto ri– prenderle. Nella vita successiva, egli stabilì questa legge generale della sua esperienza: nessuna donna lo aveva mai condotto male; nessun uomo lo aveva mai condotto bene. Nulla voleva soddisfare la signora Kuhn se non recarsi alla sede della guerra appena fu dichiarato l'armi– stizio. Per quanto l'idea parev;i pazze– sca, nulla fu più facile. Il gruppo attra– versò il passo del Gottardo e giunse a Mi1ano, pittoresca di ogni specie di di– visa e di ogni segno della guerra. Al giovane Adams questa primo tuffo nel– l'llalia oltrepassò Beethoven come esem– pio di educazione occidentale. Come la musica, era diversa dall'altra educa– zione nell'essere, non un mezzo di in– seguire la vìta, ma una delle mète rag– giunte. Più in là, in questo campo, non era possibile andare. Aveva un solo di– fetto: quello del raggiungimento. La vita non aveva nessuna impressione più ricca da offrire; ne offre appena mezza dozzina di simili, e gli intervalli sem– brano lunghi. Determinare esattamente che cosa insegnano, avrebbe potuto con– fondere un giurista berlinese; eppure pare che abbiano un valore economico, perché la maggior parte delle persone rifiuterebbe di disfarsi anche delle loro memorie sbiadite se non per un prezzo assurdamento rilevato. Erano anche ciò che gli uomini pagano più caro: però le nostre idee si confondono inestrica– bilmente quando cerchiamo di ridurre simili forme di educazione a un criterio di valori scambievoli, e, come nella eco– nomia politica, si farebbe meglio di tra– lasciar completamente ciò che non si può esprimere in termini equivalenti. Il vero equivalente del piacere è il dolore, e anch'esso è una forma di educazione. Non soddisfatta di aver veduto Mila– no, la signora Kuhn insistette anche nell'invadere il paese del nemico, e la vettura venne indirizzata verso Inn– sbruck via il passo dello Stelvio. La Valtellina, quando la vettura vi passò, rivelava tracce di guerra. I Cacciatori di Garibaldi erano gli unici abitanti vi– sibili. Nessuno sapeva dire se il passo fosse aperto. comunque nessuna vettura vi era passata ancora. Nelle locande i bei giovani ufficiali che comandavano i distaccamenti erano felicissimi di ac– cettare inviti a pranzo e di discorrere tutta la sera delle loro battaglie con la graziosa patriotta che scintillava di partecipazione e di adulazione, però nessuno di loro sapeva se gli aborriti Jaeger austriaci, loro nemici, avrebbero permesso ai viaggiatori di attraversare le linee. Quando alla fine, dopo essersi arrampicata per quello che si diceva il più bel passo carrozzabile dell'Euro– pa, la vettura voltò per l'ultimo svoltò, dove il ghiacciaio dell'Ortler Spitze ro– vesciava la sua immensa mole sulla strada, persino la signora Kuhn per– dette il fiato quando venne condotta direttamente alla barricata e fermata da una doppia fila di sentinelle che si dilungava da ciascun lato fino su alle montagne. Come educazione acci– dentale, il quadro aveva un certo va– lore. Il primo di questi quadn conta di più. come tutte le prime impressioni, e dopo ad Adams importava sempre poco dell'educazione paesaggista, se non forse nei tropici per amore del contrasto. Co– me educazione, anche quel capitolo ven– ne letto, e messo in disparte. l begli ufficiali biondi dei Jaeger non si lasciarono vincere nella cortesia dai bei giovani ufficiali dei Cacciatori dal– la pelle olivastra (le e pelli olivastre• sarebbero gli Italiani - N.d.R.). La eterna femmina, come al solito, quando è giovane, carina e civet– tuola, poté fare la sua volontà, e la barricata non offriva nessuna vera resistenza. Dopo quindici minuti la vet– tura scendeva veloce verso Malès che brulicava di soldati germanici e 'pulci germaniche, peggiori di quelle italiche· e di linguag_gio, pensiero e atmosfer~ g_ermanici, di cui il giovane Adams, gra– zie a quel che aveva intravvista del– l'Italia, non sentì mai più tutto il vec– chio sicuro fascino ... Appena terminato l'im,erno. egli chiuse e sbarrò la porta germanica con un lungo sospiro di sollievo, e si mise sulla strada dell'Italia. Aveva oramai inseguito la sua educazione, come gli era piaciuto fare, per diciotto mesi, e '

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