la Fiera Letteraria - XI - n. 52 - 30 dicembre 1956

Domenica 30 ·dicembre 1956 llil \iOII E .JIOLTO A ili A TO * RENATO SERRA elasua concezione lett raria * Vorremmo che una gene,razione di studiosi, di sensibilità, di gu. LA FIERA tETTERlRil STREil'i'VE DI Fl.VE D'Al 10 * I BAMBINI E I POETI * di ELIO FILIPPO A.CCROCC.\. Pag:. 3 Leonardo inisgalll sto evuluto, e adeguato a1 tempi, torna. se a quegli intere * I libri-strenna giungono a ogni fine d'anno come intelligenti portafortuna, de– liziosi auguri ai quali siamo abituati per tradizione, e più si fanno apprezzare ~e al buon gusto dell'intenzione si aggiunge la qualità dei risultati. stranieri de! '900 tradotti da poeti ita– liani del 1956, tanto per limitarci a que– sti ultimi anni. Quella per il 1957 è un gustoso e in~ teressante libretto: I bambini e i poeti, una pubblicazione di cui va sottolineato l'intento che vi si nasconde. anzi una du– plice dimo trazione che sta alla base dj questo felice • incontro > tra i poeti pre– sentati (Montale. Quasimodo. Saba. Si· nisgalli Ungaretti) e i bambini-artisti che banno illustrato, con quanta maestria tecnica e con quale studio psicologico del verso. una scelta di poesie non certo occa– sionali ma quelle più rispondenti alla loro sensibilità di giovanissimi lettori. crato, mentre un altro sold,.to, alpino, il poeta de L'AUegria. è seduto su un mas– so e scrive. coi piedi poggiati sulla canna del fucile abbandonato per terra (oh, bea– ta speranza del ragazzo!) • lettere piene d'amore>. eia nella poesia offerti dai bambini di S. Andrea, frazione del comune di Badia Calavena. Una fiducia nella v.ita. come scrive Zavattini nella prefazione. di tJ.LGLI-'1JLUO PETROJXI ELIO FILIPPO ACCROCCA Diversi anni or sono più una letterale antiletteratura. d'una volta mi accadde di par- Antiletteratura vera. intesa lare della necessità d'una re· come negazione tessa della visione delle opere e delle letteratura e non come un idee letterarie. Era invero un trapasso da un concetto iet· modo assai semplicistico dl terario travolto dagli eventi affermare che gli strumenti ad un altro da formarsi sul più sorpassati che consuma- significato più duraturo de– ti coi quali si era giunti al- gli eventi stessi. la fine del diluvio non ci ri- Q.uando oggj ci guardiamo sultavano più adatti; anzi, la attorno. vediamo molto spes– loro inadeguatezza. piuttosto so e con compiacimento uo– che limitare intralciava la mini più giovani di noi i qua– possibilità di un adeguamen- li non fanno fatica a convin– to spirituale. a quelle che, più cerci assai soddisfacentemen– che nuove esigenze, erano te di aver tutte le carte in nuove aspirazioni, nuove sco- regola, eppure c·è in loro un perte da fare. , I C?mpromesso tre la prepara- .Le nu'?ve scopert_e a tutt ?g- z10ne adeguate. la conoscen– !P non c1 son,o g1unte: 0IlZJ 11 za storica e la capacità di processo nell ms1eme c1 pare gusto viluppata. che ci di– ia stato _inverso, come ad ~s- mostrano. e la soggiacenza a sere corsi frettolosament~ m- tutti gli elementi estranei che d1etro nel tempo per rune-. la loro stessa preparazione d1are alla mancanza col rt: dovrebbe poter scartare con spolverarnento d1 elementi intuito sicuro. Perchè non sorpassati dal p~gresso. ~e riescono a liberarsi delle pa– non . dalla ev?lUZ10:1e delle stole e degli inganni di questa cosc1e_n2:e.al_ fme d1 fornire lotta quotidiana tutt'altro che un ali_b1_ facile e largamente ideologica, anzi soltanto stra– ~cces~1b1le, n_on alla. mancata tegica? A volte si ha l'im– mda~ne de, nostri rurba- pressione che pensino che le m~nh, ma ~ile grossolane po- loro capacità d'indagine criti– ht1che per 11possesso de! po- ca dipenda più dalla soluzio– tere _e della supremaz.a delle ne d'un contrasto su una leg– part1. Che cosa tlossa ~.ver a ge della quale s1 interessano che fare. m s_è:1so d:retto. i parlamentari, di una scara– guesta nE:suma:"o_ne d, Jor,~a- muccia politica della quale si n1 canoni vens11c: . o pura· interessano i tirapiedi tlei mente ~ormah che siano. con partiti, piuttosto che dalla de– J'evoluz10ne della rappresen- limitazione del loro interesse ta~one artistica ~- i':<:t•::rpre• ad una ricerca specifica. ap– taz1one dei travag.: de, !l0stro passionata e profonda. Non temp_o, ce lo hannv volut(? deve certo trattarsi, almeno far tnten<!er_e lari:~mente l per molti. di calcole.la soggia– propagandist1 pohhc1: ma sn- cenza ad intere ssi lontani cora non ce lo na:1.""1_0 detto dalla indagine letteraria co– coloro che, allo studio delle me questi O anche quelli de:– lettere. alla indagine profon- da e interiormente elaborata le varie politiche culturali, deve essere certamente qua:– che cosa di più complesso. Lo sappiamo. e,,stono ln,.n– boni nei quali le moli.i della vanità. la paura di non essere •presenti•· il desider:o di facili incassi. delc!·minano cose di questo genere: ma tutto ciò non fa al caso ,oro. C'è allora da pensare che il nostro tempo abbia otalmen– te compromessa la possibili– tà intellettiva di una qt:aU– ficazione spirituale da mci• dere anche sui più dotati. da imprimere in essi timori irr:– sori ma inevitaoili. C''è da pensare che la crisi sia più profonda di qua::i:o non r:u– sciamo a distinguere e :.esca a mantenere in sospensione gli elementi stessi delta ~·ita intellettuale. in modo che non si possa più distinguerli da quelli che ne son;i la nega– zione. Ameremmo molto che una generazione di studiosi. di menti critiche. di sensibilità cti gusto evoluto e adeguato al tempi. si manifestasse. an– che in assoluto contrasto con tutto ciò e cui crediamo. ma un contrasto sul terreno qua– lificato, sul terreno specifico, giacchè. ripeterlo non è male. è su un terreno specifico. è nei limiti della propria vo– cazione. che si è a contatto col mondo con una apertura universale che non ootrà mai essere tale quando la si vo– glia abbracciando in superfi– ce tutti i contrasti ste si nei quali il mondo si muove. GUGLIELi,tO PETRO 11 Non tanto per la consueta preziosità della edizione, guanto per l'azione svol– ta in pro della poesia. segnaliamo oggi la Strenna del Pesce d'oro pet 1957 curata da Vanni Scheiwiller. e che viene ad ag– giungersi alle strenne degli anni prece– denti sempre alla stessa insegna: Anticlie poetesse italiane dal XIII al XVI secolo del 1954, Poesie aUa madre di alcuni poe– ti italiani contemporanei del 1955, Poeti Salvatore Qua.simodo Le trenta tavole che illustrano le sei poesie di ciascun poeta vengono non sol– tanto a dimostrare- la riuscita interp~e– tazione artistica delle liriche scelte. una interpretazione ottenuta a mezzo d'inci– sioni su linoleum. ma ancora una volta stanno a dimostrare l'accessibilità della lirica del Novecento italiano presso i più giovani allievi delle nostre scuole. In questo caso si tratta addirittura del– la scuola elementare di S. Andrea. mi– nuscola frazione del comune di Badia Ca– lavena sulle montagne veronesi. Si guardi l'interpretazione di • Portami il girasole ch'io lo trapianti , di Montale dovuta al bambino Alberto Trettene, che ha illustrato anche • Ride la gazza, nera sugli aranci > di Quasimodo: la chiesa e l'albero stilizzati. i fanciulli intorno al– l'albero che • danzano in gioco,. la pie– tà della sera e le ombre • riaccese sopra l'erba così verde, - bellissime nel fuoco della luna >. • Tredicesima partita , di Saba è H– lustrata da Luciano An elmi: il sole - smisurata raggera - spenge • dietro una casa il suo barbaglio , e illumina ancora per poco il campo schiarito dal • presen– timento della notte >. Lo stesso bambino interpreta •Veglia> di Ungaretti: e volta al plenilunio > è la bocca digrignata di un compagno massa- Da Carmela Marana sono interpretati invece i versi di «Natale>• dello stesso poeta: « come una cosa - posata in un - angolo». seduto su una sedia dinanzi al « caldo buono » del focolare - le quattro capriole di !umo sono ritratte come piume sulla fiamma . un uomo passa 11 suo Natale, solo. senza alcuna voglia di tuf– farsi nel gomitolo delle strade: brucia qu_i la propria stanchezza, purifica qui, nell'incisione della bambina Carmela Ma– rana. la propria anima. Un «Natale» di molta gente. • Via Velasca, di Sinisgalli è-ritratta da Adriano Zerbato: « quasi affondata, la via incredibilmente si è stretta ,, un pe– sce s'illumina entro la boccia di vetro in primo piano. l'unica cosa concreta che colpisce la fantasia del bambino. Di Gaetano Ramponi è l'interpretazione di • Poesia per una mosca•. • Autobio– grafia IV,. e I fanciulli battono le mone– te rosse > sempre di Sinisgalli. Si veda l'ultima incisione: grosse monete come pietre battute contro il muro. poche case attorno al piazzale, due alberi. il profilo di colline e le cartelle di scuola posate a terra: come normalmente avviene du– rante il giuoco dei ragazzi di Gianni Faé, a S. Andrea, e loro si riconoscono nei versi del poeta lucano che donò alla scuo– la la piccola tipografia. E così Luciano Presa, Alberto Trettene, Ugo, Graziano e Luciano Anselmi. Otta– vio Stoppele, Gaetano Ramponi, Rino e Adriano Zerbato, Giovanni Carpene. Car– mela Marana. ebbero modo di accostare la propria anima. i propri occhi, alle liriche dei nostri poeti. Coi risultati che si pos– sono ammirare nella Strenna del Pesce d'oro per il 1957. Un augurio e un atto di concreta fidu- Eugenio :Montale d'un trapasso come quello A cui abbiamo assistito. dovreb- LE PftlilJFJ D~LLA bero sentirsi chiamati. LIBRERIA: Ul"10 SCRl1.""l'OBE SIGNIFICATll 7 0 PER LA NOSTRA STORIA. Abbiamo amato assai Re- nato Serra negli anni della nostra giovine=, ne amiamo tutt'oggi la finezza come un bene perduto, lo ricerchiamo spesso nelle e Lettere •· ma la perplessità che desta in noi la sua maggiore professione di fede, quella più acutam=– te sofferta, il suo e Esame di • coscienza». è oggi ingigantita; eppure non è tanto a lui che sentiamo di doverci rivolgere non è awunto alla ·sua dram– matica fedeltà ad un concetto letterario che sentiamo la ne– cessità di rivolgerci, quanto ai suoi ipotetici eredi trentenni, se ne esistono nel senso che intendiamo. L'erede attuale di Renato Serra dovrebbe essere leal– mente in contrasto con la bella affermazione di fede ch'egli fece, com'è da ritene– re che Serra stesso sarebbe forse in contrasto con se stesso di allora se avesse vis– sute le nostre esperienze. Cioè, più che un contrasto. egli dovrebbe oggi porci une. evoluzione del concetto d'in– dipendenza della letteratura dalla storia quotidiana degli uomini e della società. Gli uomini in contrasto alla concezione letteraria di Re– nato Serra esistono anche troppo evidentemente: ma il loro contrasto è nella diser– zione dalla letteratura e dal– l'approfondimento dei signifi– cati delle forme e degli :m– pegni spirituali: la loro è una diserzione per un mil,hnte– simo spesso volgare in seno ad Sino a qualche anno a que– sta parte. non oltre, mettia– mo, il J 945, ogni nuovo libro di Alessandro Bonsanti. sia che recasse ,per titolo La ser– va amorosa. sia I capricci del!' Adriana. o Racconto mi– litare. o Introduzione al gran viaggio, era accolto come la espressione e anche come la cifra di una sua particolare e complessa civiltà letteraria. Non erano soltanto un certo suo gusto nella scrittura. un periodare che lasciava avver– tire una capziosa (e perchè non polemica?) fedeltà otto· centesca. un dialogare misu– rato su una sorta di cerimo– niale urbanisaimo di una ur– banità persino leziosa. una certa sua autorevole sostenu. tezza, sotto la qwile tra– spariva quasi sempre il serpeggiare di una ironia. ma erano soprattutto un sorvegliato moraleggiare. un suo pieno distacco di giu– dizio denunciato dalla stessa qualità della prosa condotta non senza sussiego attraverso intricate e complicate analisi Ilei ricordi e dei sentimenti che in certo senso spogliava– no i suoi ,personaggi di ogni difesa consegnandoli alla fine inermi all'indagine del letto– re. Mi sembra che sia appun– to questo il senso di certa orosa e di certa narrativa del Bonsanti' una vivisezione allo interno delle sue creature, una cauta ma assidua opera– zione di scomposizione e di I (JAVALLI DI BRONZO * Nel nuovo romanzo di Alessandro Bonsanti si scoprono i motivi, il- clima e la civiltà letteraria che guidano lo scrittore sin dai tempi storicam~nte definitividella rivista ~-Solaria" ricomposwone. un'analisi in– sistente. ma non tale tuttavia da condurre il lettore sino a smarrire i connotati psico– logici del personaggio. Sarebbe utile per renderci conto della qualità e dei limi– ti della cjviltà letterarie. ed anche della formazione cultu– rale del Bonsanti stesso. sfo– gliare le annate della rivista Solario, che il BonsaRti dires– se. insieme ad Alberto Ca– rocci. a Firenze tra il 1926 e il 1934. Solaria è stata forse la più veramente europea tra le riviste letterarie italiane che siano apparse in quel pe– riodo, europea, s'intende pro– prio per una vocazione alla indagine psicologica e critica dei suoi scrittori, nel cui e– lenco si leggono i nomi. tra gli altri. di Alberti. di Bur- di zio. di Chiaromonte, di Co– nusso, di Gianfranco e di Sandro Contini, di Debene– detti, di Ferrata, di Franchi, dei due ~dda, di Garosci, della Levi (che Si chiamò più tardi Ginzburg). di Loria. del– la Manzini. di Montale. di Morra, di Pavese. di Piovene, di Poggioli, di Quasimodo. di Raimondi, di Saba, di Solmi, di Svevo. di Tecchi, di Un– garetti. di Vittorini. accolti, si badi. non in nome cti un qualsiasi eclettismo lettera– rio. bensì con un rigore di scelta che mirava soprattut– to a marcare la presenza di un clima, di una cultura let– teraria opposta alle facilone– ria corrente nell'Italia d'al– lora. me nel tempo stesso senza l'ossequio ai canoni di bella letteratura conservatri- * F EHD I .\T AN DO JTIRDIA ce e tradizionalista che sino a pochi anni prima aveva si– gillato i ben diversi rigori della Ronda. I nomi di Chia– romonte, dei Contini, di De– benedetti, di Garosci. di Mor– ra hanno oltretutto tra questi un signi!icato non solo lette– rario ma anche politico-cul– turale e quello di Svevo ci appalesa c.hieremente sino a che punto si spingesse l'aper– tura della rivista alla quale proprio a Firenze era affida– ta altresì una funzione di contrappeso verso la sempre più ristretta e retriva lette– ratuTa cbe faceva capo Pl gruppo Papini Be.rgellini Sof– fici. Cosi Pavese e Vittorini non ancora e.Ile loro decisi– ve eSPerienze di rottura, ci offrono nelle pagine delia ri– viste un senso senza dubbio indicativo quello che sm da allora doveva essere ed era il dissidio dei più giovani dalla letteratura ufficiale. Il clima di Sol.aria può es– ser considerato oggi come assai simile a queèlJ di una sie pur minore N .R.F. tra– piantata in Toscana. con tut– te le aperture e con tutte le chiusure che una tale speci– ficazione po:eva comportare: da una parte il naturale ri– fiuto verso ogni provinciali– smo, verso ogni retorica e verso ogni vieto tradiziona– lismo (ne è la prove la pron– ta apertura verso Svevo), dal– l'altra il persistere di un cer– to estetismo che potremmo riscon trare in taluni atteggia• menti gidie.ni e ancor più nel modo nel quale si accoglieva e si travasava nella lettera tu- ra italiana militante la re– cente apparizione. in quella {rance5e, di Proust. apparizio– ne. come si sa. sconcertante e non certo accolta pacifica– mente dalla critica d'oltralpe, e tanto più sconcertante da noi dove taluni' appar'!nze (e non solo talune apparenze) e parentele estetizzanti poteva• no insinuare facili, troppo fa– cili, accostamenti dannunzia– ni. TI. trapianto fiorentino di questa letteratura e di queste inclinazioni letterarie condu– ceva a taluni !rigori di ricer– ca stilistica, ma non così tut– tavia da comportare un'ade– sione e canoni <li scrittura, o neoclassicismi accademici. La sorvegliatissima pro;;a del primo Bonsanti (assai giova– ne, oltretutto. non toccando allora gli anni venticinque) che appunto nelle prime ope– re denunci.ava sotto una lie– ve ma acuta velatura d'iro– nia, una pastosità tutta otto– centesca. sarei per dire g:-an– ducale. senza smancerie boz– zettistiche: me non era dif– ficile rendersi conto. ~pecie nel lungo racconto I ca;>ncci dell'Adriana, e !Il'3J!arj a una sua seconda lettura, che quel– la pastosità ottocentesca, era in gran parte frutto di una attenta costruzione stilist:ca condotta persino non senza fumisteria.. che permetteva allo scrittore di accogliere dietro un'abile scelta di gu– sto e senza avvilirsi in una pedissequa imitazione, i ri– sultati di una letteratura psi– cologica che appunto in Proust trovava uno dei nuovi modelli e conducendola altresl su un piano di evocatsa boni. Huber. Ottinetti, L'attenzione verso Proust, attenzione critica prima che ricerca di affinità sul piano delle inclinazioni spontanee e di quelle connesse con lo stesso gusto dell'epoca, era anche per il g:imrane Bon– santi una scelta di affinità e– lettive: egli mirava sin dai suoi primi racconti e dalle sue prime prose a produr~e in essi le testimonianze di una. società pervenuta a un raffinamento interiore che permettesse anche un'indagi– ne pressochè disinteressata dei suoi sottofondi memoria– listici, del mutarsi e intr:– carsi delle sensazioni e delle sue reazioni più sottili e dif- ficoltose a dipanare nel loro intimo tessuto. Sin dall'lniz:o i personaggi di Bonsan ti e1·.1- no personaggi spe.rimenta.!1. inteso tale aggettivo in senso molto diverso da quello che ha assunto oggi; e più che di personaggi sperimentali sl potrebbe parlare di personag– gi e eventuali>, con una e– spressione che è evidente– mente cara allo scrittore che da essa appunto ha tratto il titolo dì un suo recente li– bretto (Sopm alcuni per~o– naggi eventuali) edito dal Carpena di Sarzana che è ap– parso quasi contemporanea– mente al romanzo I cavalli di bronzo (Sansoni edit. Firen– ze. 1956) che offre l'occasio– ne di questa nota. Personag– gi eventuali per una certa 10- ,----------------------------------------------------------------------------------------------------------, ro disponib ilità sul piano psicologi.co a una costruzi.o;;e BREVE RITORNO llllLANBSB COL GUSTO DI SEMPRE * LA SCARPA E lL GRATTACIELO * di LEO!\ .-IRDO SINISGALLl Torno se mpre a Milano col gusto di 5empre. Mi ci muovo a occ.hi chiusi anche se mi tocca, spesso, battere la testa c ontro le palizzate. Ho un itinerario intimo, due o tre piazzette, due o tre negozietti, due o tre stradine che mi vengo a rivedere. Le scavatrici e i martelli, le grues e i carnions spezzano e inghio t– tono i rioni della vecchia città. Pure un brace.io di via Chiaravalle è ancora miracolosamente in tatto, via Pantano, via Poslagbetto, Piazza Richini Ho girato intorno al recinto del nuovo grattacielo di via Velasca, Qualche lettore ritroverà nellà memorfa i miei versi di una volta: e Il calpestio di tanti anni - L'ha quasi affondata, - La via incredibilmente - Si è stretta ... •· La bottega di erbe aromatiche è passata sull'altra spondà. La Torre-Serbatoio è ancora nascosta dentro la rete dei ponteggi e delle stuoie. Intravedo qualche dettaglio, ;;, pietra rossa del rivestimento. Ho l'im– pressione che gli spigoli 6.iano smussati, che il rac– cordo tra il prisma inferiore (16 piani) e il prisma superiore (10 piani) non sia brusco. Questo grattacielo tiene in ansia tutta la città. Questo chiodo massiccio, a pochi passi dal Duomo, a pochi passi dall'Ospedale Maggiore, è entrato dritto nel costato della città Ma non posso dire più niente. Sicuramente l'inge– gneria ba giocato una carta grossa, e l'industria dei materiali per l'edilizia, e l'industria dei materiaU sanitari, l'elettrotecnica, l'elettronica. Davanti alla fi– nestra del mio albergo spicca l'edificio più alto cti Milano, il grattacielo di via Vittor Pisani. Lo guar– davo dai portici del Caffè Ricci, al crepuscolo. Poche finestre s'illuminano nella notte. Ho l'impressione cbe sia mezzo vuoto, un cattivo affare. Anche a New York sentii drre che i grattacieli sono brutti affarL Eppure io non condivido l'avversione al grattacielo. Pellegrinando nella bruma di Milano ripetevo a me stesso che forse mi sa-rei trovato a mio agio, lassù, dietro la finestra illuminata al ventesimo piano, piut– tosto che dentro una baita alpestre o in una casa di campagna. L'uomo è meno lupo di guanto si creda, vive meglfo in branco. Ecco perchè ho trovato incredibile, da Bagutta, la confessione di una signora milanese: e Sto facendomi una casa tutta da ridere . Hanno avuto quassù molto successo le automobili bicolori. Sui vetri del tram una locandina traspa– rente fa pubblicità alle nuove calzature e pilon •· c'è la silhouette nera di una scarpa di camoscio nera stampata su fondo viola. Spero che nessuno dei miei Jettorl si meravigli se io metto dentro lo stesso sacco un grattacielo e una scarpa. Questa è la città dei • designers •, vale a dire degli architetti, degli artisti· artigiani, degli inventori di prototipi, di capostipiti della produz.ione di serie. C'è Nizzoli, c'è Albini, Ponti, Zanuso, Rosselli, Menghi, Munari. E' molto probabile che a Milano una scarpa o una padella riescano più significative di un grattacielo. E che, a farci ricordare, a farci e soprav– vivere», serva più un utensile, ahimè!, di un mo– numento. E mi pare che alla Triennale prossima, c.om· è giusto, Architettura. Industriai Design e Grafica sa – ranno allineate, a contatto di gomiti. Oltre al e Com– passo d'Oro • che la Rinascente dà in premio da qualche anno ai migliori • designers • nazionali e internazionali, una speciale commissione, a Milano, assegna. ogni anno. la Palma d'oro della pubblicità. Il discorso s·intnstisce. Nelle stanze del palazzo Ser– belloni, in Corso Venezia, sono esposti gli effimeri fogli, le grida, i messaggi, le ii.rnmagini, gli argomenti, gli slogans che ai quattro punti cardinali h=o pro– clamato le virtù dei biscotti Pavesini • Meglio la Coca-Cola•• diceva un vecchietto. Meglio i dentifrici, le benzine, gli aperitivi, le gomme, le saponette, gli oli. Meglio l'olio di fegato di merluzzo. A noi non è toccata la ventura, come a Rimbaud, cti mangiare carbone e ferro, ma linoleum, macchine per scrivere, pneumatici, cinghie trapezoidali, cavi elettrici e treni, navi, turbine, trattori, aghi, telai ... aprite il mio stomaco e e.i troverete, come dentro i manichini di De Chirico, tutto questo caos. Rim - baud teneva i morti nel suo ventre. Noi abbiamo ingo·ato tutta roba indigesta. Al diavolo la pubbli– cità! Il cornm. Bellavista può andare orgoglioso dei suoi successi. L'uomo cbe ha scritto questo réfrain: e Pavesini, i dolci biscottini per la merenda dei bam– bini • può infischiarsene dei nostri malumori. Il poeta è lui, non certo d'Annunzio, Cocteau, Desnos o Fortini. Ho fatto in tempo a portarmi a Roma la prima copia dell'annuario 1956-57 della pubblicità in Italia, edito da L'Ufficio Moderno. Non c'è neppure una tavola dedicata ai biscotti famosi. Come la mettiamo? Che significa questo scisma? Bella,vista continuerà a van– tare i suol trionfi, e Grigna.ni, Pintori, Steiner, Car– boni, Hubert, Ottinetti, Borcini, Stefanoni continueran– no imperteITiti a lavorare per • sopravvivere». Ma dove s'è cacciata la fantasia? Anche la pubblicità, come il cinema, passata l'età d'oro dei pionieri, è diventata routine, la più noiosa. Qualche scintilla ogni tanto, qualche sgorbio, qualche mostro, qualche prodigio! L'architettura, se manca di autorità, è re– sponsabile anche di questi equ.ivooi. LEONARDO SINISGALLI P. S. Ci ca:p.ita di leggere sulle pagine severe, accigliate, ironiche, de n Mondo (18 dicembre 1956) un bell'articolo di Eugenio Battisti, presentato al posto d'onore della rubrica e La Vita Letteraria»: Le pentole nel .Museo. Siamo troppo impegolati in queste faccende, al punto che quale.be volta abbiamo temuto il ghigno, il disprezz.o d ei f ilosofi. Eugenio Battisti non disdegna di accostarsi ai nostri tavoli e di prestarci il suo consiglio, il suo giudizio. Sull'esem– pio de n Mondo vorremmo che altri giornali inter– venissero a chiarire i nuovi rapporti, le nuove paren– tele tra arte e tecnica, tra la merce e l'oggetto. Ab– biamo guadagnato dovunque una posizione di ri– spetto e di prestigio, con le nostre idee e con il nostro lavoro, muovendoei con accortezza e con co– raggio sulla via del nuovo umanesimo e lungo la linea di confine tra l'utile e il futile, la ragione e il senti.mento, la quantità e la qualità. Si tratta cli conferire uno stile, una consapevolezza alla nostra produzione, di non riservare alla cultura soltanto oziose querele. A Milano sono andati a ruba in una mostra orga– nizzata da e La Rinascente• tanti piccoli oggetti arri– vati d al G iappone. E lo continuo a ripetere agli amici e.be dirigono l'Istituto del Commercio Estero cbe per vendere i nostri impianti, le centrali, le mac– chine dobbiamo far conoscere le nostre valige, le nostre secchie, le nostre pentole. o ricostruzione costantemen– te rielaborata o rielaborabile a seconda di esigenze e di si– tuazioni moralL Sin dagli ini– zi, dalla Serva amorosa, dai Capricci deLla Adriana. il pri- mo del 1929, il secondo del 1934. la vocazione di Bonsan- ti è quella di un moralista: la sua caute penetrazione nei sentimenti e nei ricordi dei suoi personaggi non ha nul– la di documentario e nemme– no di letterariamente d ocu– mentario, ha ben poco a e.be fare - nonostante l'innega– bile presenza (ma si tratta di una esperienza puramen'e stilistica, che corri5I:0nde tuttavia a una espenenza ambientale) di certe affinità - con una -reche-rche prou– stiana: essa è una penetra– zione in quelli che sono i mo– venti dei suoi personaggi. e non tanto quelli òel loro fa– re quanto del loro pensare, del loro porsi di fronte ai fat– ti della vita. quanto di una loro rievocazione al lume della - coscienza dei personag– gi stessi. Una tale vocazione I si conferma sempre più nelle opere successive. in Racconto militare del 1937 nei Dialoohi del 1940 e soprattutto nella fntroduzione al gran t:iag9io del 1944 e nel romanzo La vipera e il toro apparso pure oresso l'editore Sansoni op– pena lo scorso anno. e direi che col co::i!ermarsi essa perde quel certo suo colore ironica– mente ottocentesco per trovar– si invece su un piano lettera– riamente ctiderottiano se non ~ddirittura marivaudiano. La nostra indagine a questo punto potrebbe portarci s:no a ricollegare l'antico europei– mo di Solarla e più tard quello più dichiaratamen e estetico di Letteratura - la altra rivista diretta dal Bon– santi nelle sue varie reincar- FERDINANDO VIRDIA (Continua.~ pag_ 6)

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