la Fiera Letteraria - XI - n. 50 - 16 dicembre 1956

Pag LA LETTF~,\H!'\ Domenica 16 dicembre 1956 STRONCATA, ANCORA UNA VOLTA, LA LETTERATURA UNGHERESE Intelletto non dolll Per una ,raste fatalità che incombe sulla letteratura ungherese, i suoi maggiori espo– nenti muoiono tutti gioV'<lni.o nel fior del– l'età. Petèifi, il massimo poeta dell'800 come è noto scomparve .nella battaglia di Sege– svàr a soli 26 anni. Appena quarantenni mo– rivano gli altri due gra'!ldi scrittori suoi contemporanei: Kisfaludy e Madàch. Alla stes.."" età morì, nel 1919, il più grande lirico moderno ungherese del nostro secolo: An– drea Ady, mentre il poeta proletario, mili– tante comunista: Attila Jòzsef si suicidò a 32 anni nel 1937. Un altro ottimo poeta pro– gressista. Miklòs Radnòti, fu ucciso nel cam– po di concentramento nell'ultima guerra Tra le due guerre mondiali l'Ungheria perdette i suoi maggiori prosatori e saggisti quali: Eabits. (Premio San Remo. traduttore di Dante). Kosztolànyi. Karinthy, Mòricz, Hunyadi. * Chi erano dunque gli scrittori rimasti sul campo letterario nel periodo della libera– zione dell'Ungheria? Tra i letterati, degni di questo nome furono intanto ben pochi quelli che aderirono al fescismo, a noi ri– sulta solo il caso di Giuseppe Nyiro. noto romanziere transilvano, che ne.I 1945 seguì il governo Szàlasi a Vienna e che probabil– mente si trova anche oggi in Austria o in Germania. Altri come Màrai. uno dei mi– gliori narratori, conosciuto anche in Italie, ha preferito di emigrare fin dal 1948. I migliori, come s'è detto, erano scom– parsi. ma erano rimasti ancora numerosi eminenti scrittori, poiché la letteratura un– gherese del nostro secolo è stata straordi– nariamente .feconda. ricca di opere di pri– m'ordine anche su piano internazionale, benché, purtroppo. poco conosciute all'Este– ro, oppure mal rappresentate come ad esem– pio in Italia. dove per ragioni di ca•attere commerciale erano giunti romanzetti ameni di scrittori quasi sconosciuti in Patria, tut– t'altro che degni di rappresentare Ja lette– ratura autentica del proprio Paese all'Estero. In un primo tempo dell'avvento al potere di Ràkosi. nei numerosi giornali e riviste allora nati, apparivano infatti nomi scono– sciuti al pubblico (all'infuori di qualche vec– chio scrittore com unista come Dèry, il ro– manziere-contadi.no V~res, e qualche altro). Ben presto si sen ti la mancanza della pre– senza di vere opere letterarie, poichè nel campo delle lettere come fa queJlo delle erti e deUe scienze in genere, non ci si improvvisa e le dittature che vogliono im– porre tali improvvisazioni, in sostituzione Qc!le opere deJJ'i..-,~ej!'.no. subiscono nel cam– pb culturale una dura sconfitta fin dal punto di partenza E' vero che dall'URSS era rientrato con grado di ufficiale sovietico, insieme all'Eser– cito rosso, il vecchio scrittore Bèla lllès. - vissuto per molti anni a Mosca, dove pub– blicava i suoi scritti. Ma egli era poco noto in Patria. dove i suoi numerosi romanzi fiume venivano poi subito pubblicati ed esaltati. ma questi aggiungevano ben poco allo squallido panorama della nuova lette– ratura conformista. essendo mediocri. e piut– !oito enfatici. La critica ufficiale era rap– presentata c.ial filosofo Giorgio Lukàcs. vis– suto anch"egli per molti anni all'Estero. sti– mato da tutti. ma forse i suoi saggi, anche se capolavori dell'estetica marxista. non aiu– tavano a risolvere i gravi problemi dei let– terati militanti. a giudicare almeno dal fatto che il suo nome ed i suoi insegnamenti ven– gono citati reramente. Si ricorreva e lui solo nei casi in cui il suo autorevole giu– dizio poteva convalidare una presa di posi– zione o una iniziativa nuova, come recen– temente in un articolo apparso sulla riviste 4'C Csillag ,.,._ ove rautore sostiene la necessità di « conoscere anche le ope're importanti de– gli scrittori occidentali non 1narxist.i, facen– dosi scudo col nome di Lukàcs che: « non nega la vitalità e le possibilità del realismo borghese occidentale, correggendo e scartan– do l'opinione faziosa che sostiene la com– pleta decadenza della cultura borghese» ... L'importanza della collaborazione di emi– nenti scrittori e critici della vecchia gene– razione si fece sentir sempre più viva. visto il livello gradatamente più basso della pro– duzione letteraria e giornalistica, fornita da– gli scrittori improvvisal!i. molti dei quali in buona fede. altri opportunisti. ma tutti indi– stintamente falliti nel tentativo di far della letteratura, un'opera corale osannante A pochi anni dalla liberazione. la stessa critica marxista aveva riconosciuto la neces– oità di creare un'unità letteraria tra ele– menti comunisti nuovi e quelli della vecchia generazione ed appunto a questo tendeva il governo nel cempo letterario con la sua politica di « fronte popolare». Fu questo programma, e non per ultimo. e le parole d'Qrdine ad esso relative, come «realismo». «democrazia» e via dicendo, a indurre molti della generazione prece– dente ad entrare nelle file degli scrittori comunisti, o simpatizzanti. àopo una crisi interiore più o meno violenta. scafurita da proprie concezioni. Ed erano questi nomi illustri. stimati da tutti. compreso gli avversari. Ma alcuni di essi. sebbene pienan1ente d'accordo con le esigenze fondamentali della nuova democrazia. non erano altrettanto convinti della formula del « realismo socia– lista ». quale unica espressione ortodossa di ogni genere letterario. Tra questi ultimi e i loro colleghi le di– scussioni letterarie si estendevano sul piano politico, e la critica marxista teoricamentP tanto tollerante. sul piano pratico si rivelò nei confronti di questi nuovi « compagni di ,·faggio». impaziente e intollerante. ostaco– lando in tal modo l'unità delle due correnti su una piattaforma di libero scambio di idee, e impedendo spesso anche il loro semplice riavvicinamento. Il risultato di questi tentativi troncati al– l'inizio fu che fin dal 1950 la voce della mag– gior parte dei migliori della generazione di mezzo, si ammutolì: per mo! i di essi era difficile trovare un nuovo accento, altri erano apertamente restii a « rivedere e cor– reggere» il proprio genere d'arte e prefe– rivano tacere. Cosi la progetta a unità della letteratura fu raggiunta senza !'in.elusione dei nomi più illustri. quali: Nagy. Laczkò, Tersànszky. Aprily. Milan Fttst, Aron Tamàsi, L. Nèmeth, Kodolànyi, Szabò. Forlor. Tatay e molti altri: e per un Iungo periodo tacque lo stesso Giulio Illyès. il maggior scrittore ungherese vivente. In alhi termini la cosiddetta « unità let– tera-ria» e~a stata creata senza quelle forze * di ' vive, uniche capaci di formare una unità intellettuale valida, e senza le quali. par– lare della letteratura ungherese era una inconcepibile illusione o mistificazione. prima dai sovietici poi dalle altre Democra– zie Popolari. tutti a((Jitti dal medesimo as– sillo di convogUare cioè il carro della let– teratura verso i binari strettamente marxisti. Questi problemi, prima delineatesi limida– tnl?nte. poi sempre più insistentemente erano: la necessità o meno della « tipicità» dello «schematismo* e della .partiticità» della let– teratura. E la polemica, per dir la verità. fu condotta con eccezionale vigore proprio da parte degli scrittori comunisti d'avan– guardia. Il nostro avvenire O. compagno Stalin! di Lui canta: La mia debole voce come potrà mai rappresentare il mto po– /polo!•· Comunque. fin dai primi anni del regime comunista, HJustri scrittori come Giulio 11- lyès già condirettore della rivista d'avan– guardia « Nyugat ,. ( diventata in seguito: <( Stella ungherese». e infine «Stella)). Csillag) accanto a Babits, Pèter Veres ed altri, venivano invitati a collaborare alle varie riviste e giornali. Ciò probabilmente sarà stato fatto dietro le insistenti richieste dei lettori. stanchi di leggere le eterne poe– sie apologetiche e i romanzi e novelle d'am– biente cooperativistico. Accanto ad essi. c'era una folta schiera di giovani ,poeti entusiasti, pronti a canmre ogni innovazione ed ogni passo compiuto dal regime. Non si può certo affermare che tutte le liriche ed opere narrative ispirate al pro– gresso del governo fossero state spontanee e sincere. D'altra parte. Je maggioranza di questi giovani era certamente in buona fede. Vedevano che il Paese - in un primo tempo - stava effettivamente avviandosi verso Ja ricostruzione; i sovietici. e sentire gli organi del Partito (altri giornali non uscivano più) - fornivano gratis e senza alcun interesse materie prime e tecnici, allo scopo che gli ungheresi potessero «costruire il sociaJismo»: il loro aiuto. secondo la stampa ufficiale, era ben diverso degli aiuti del famigerato Piano Marshall che gli USA oifrivano ai Paesi occidentali rovinati dalla guerra solo per impoverirli e meglio soggiogarli. La riconoscenza nei conf.ronti dell'Unione So– .vietica era dunque in quei tempi enorme e sincera. anche se nella stampa ufficiale tale sentimento si manifestava in '110 tono troppo sottomesso e servile (non si poteva ad 1 esem– pio più nominare l'URSS diversamente che la « Grande Unione Sovietica)', o « il gran– de popolo eroico, amante della Pace,, ecc. e! marzo scorso si riunirono perfino la sessione di Filologia e Tradizioni letterarie dell'Accademia delle Scienze. insieme all'Isti– tuto per la Storia della Letteratura, per discutere il problema della « validità della partiticità della letteratura.,. e dagli inter– venti dei massimi esponenti della cultura, risultava unanime la condanna di tale assur– da pretesa, male interpretata e messa ancor peggio in pratica con risultati disastrosi per tutta la ctùtura nazionale. Forse mai a figura di uomo di Stato sono state dedicate tante opere inneggianti la sua saggezza e le sue virtù. come a Stalin in quegli anni dai soli scrittori ungheresi. E' facile quindi immaginare il disorientamen– to di questi. dopo le brutali rivelazioni del rapporto di Krusciov. Dopo un periodo di smarrimento e ricevuta la nuova parola d"ordine: -ritorno al leninismo~, cominciano a comparire timidamente poesie ufficiali che esaltano Lenin. Qualche scrittore mi– nore. abituato ormai all'apologia. dedica questo versetto al Partito (è Ferenc Màtyàs. forse uno zelante della nuova generazione dei «puri»: U. SEGRETARIO DEL PARTITO i capolavori non ma.rx.isti della letteratura mondiale, si riscontra ancora la dipendenza da Mosca, pokbé si premette subito che « analoga. lodevole iniziativa è stata già presa dai sovietici con la pubblicazione dell'« Inostrannaia Lityeratura ""•rivista che pubblicava scritti di Faulkne-r. Feucht– wanger. Mauriac. ecc. Non appena si accendono le prime aperte polemiche e dibattiti « sugli errori del pas– sato .... la critica comincia a !arsi più franca. ad assumere una fisionomia propria: al momentaneo smarrimento succede una at– mosfera di profonda delusione e. quasi per manifestare il loro scetticismo nei confronti dei sovietici. le riviste cominciano ad ignorare 1a letteratura sovietica el nu– mero di giugno della « Csillag ~ di ben 200 pagine vi sono appena due brevi recensioni di volumi sovietici e si legge per la prima volta una poesia che è più d'una semplice allusione: 11 mito di S"talin invece è stato cantato e sentito <a giudicare dal. materiale in nostro possesso) con il massimo slancio e since– rità. sia dal popolo che dài suoi intellettuali. • E' fermo nel fascio di luce del sole, non più con vanga in mano come dieci Lajos Tamàsi, l'autore di « Triste fiacco– la-. (pubblicata nel numero 49 della nostra rivista) nel marzo del 1953 dedicava a Sta– lin questi versi: tanni fa nelle terre dei padroni: no! ora si distingue co1i la fedeltd, con le azioni, col suo cer– Seguono tutti i suoi passi. {vello ! cresce come la betulla presso il mulino, dritto. è come se parlassi ttL stesso. A TE HA DATO SOLO LA PATRIA! ~ Manda a combattere qtti i sttoi figli, il nostro popolo scava nelle miniere dalle sue l,ibbra si staccano le parole come se con lui parlasse ttttto il viltaggio fa costrnire pala.ezi al posto dei t~gurt, il S1to soldato fa la sent,ine!!a. che si è fuso con lui. che ha deposto il ruo avveni-re Rel suo rcuore ! ~- IL GIOGO DELLE CHIAVI * Il giogo delle chiavi è pesante. ci ·manda piloti per i nostri ae rel, dà scuola ai niaestri Lascio il commento critico di questo tri– ste esempio del servilismo più conformista e più avvilente ad altri. più competenti di me. Ma ll più triste_ è che questi versi sono apparsi nella rivista « Csillag ~ fondata dai massimi poeti come Ady. Babits. Mòricz lllyès e che avevano sempre tenuto in alto la bandiera della verità e della dignità del– la letteratura e perfino durante l'occupa– zione nazista aveva osato criticare nelle sue pagine il razzismo e pubblicava le li– riche dei poeti comunisti Radnòti. Al'tila J'òz.."<!f.Komjàthy, ecc l che sono le sue p1tpille. ed a Te lta dato tutta la tua Patria, di cui devi rispondere!». Mentre il poeta Kònya, premio Kossuth. in occasione della morte di Stalin. dedicava al luttuoso evento una poesja commen1ora– tiva celebrativa di ben 3 pagine, intitolata DUE MILIARDI DI CUORI in cui tra l"altro si legge: , Due miliardi di cuori. battono come i.l rul- [lo dei tamburi ricoperti di pa1ino nero. * non solo le mie casch.e, ormai anche il {ceTvello e L'anima generosa. sentono tal peso del rame. del ferro. dell'accia;o. Che strano prigioniero sono! Temo e tremo alriàea di aver lasciaio aperta 1a porta e di non esser protetto dalle sba.-re/ • Tuttavia, nessuno può dubitare della buona fede <li molti di quei giovani scrittori. D'al– tronde molto devono aver contribuito alla fioritura della letteratura apologetica anche gli dncitamen ti e incoraggiamenti, lo stesso Premio Kossuth. massima onorificenza asse– gnata annualmente a centinaia di « artisti del popolo». « lavoratori d'avanguardia» let– terati e musicisti. Il Premio consistente in un diploma, una medaglia e una cospicua somma. faceva entrare di colpo l'insignito nella schiera degli eletti. Ciò non significava però che gli fosse risparmiata la critica marxista più severa all'apparire di ogni sua nuova opera. * Due miliardi di vaci si leva-no al cielo. un colom,bo spicca H volo con sonime.sso [singliioz,:o, il ramo fro,tdoso della Palma della gratò– levianiolo m alto, verso la luce. [t>tdme Fu Lui che ci riportò i sogni di Dòzsa e di [Kossuth. Aila luce deJ.Je rivelazioni del XX Con– gr-e-sso dei P€US. si riconosce nuovamente che è s-tato \Hl grave errore quelfo di far tace-re J,a voce di tanti ottimi scrittori. solo perC'hé non agparhmen!Ji. a'l Partito. In quest'affermazione un po· wnile, come pure nelle timide iniziative successiYe, di voler far conoscere alle nuove generazioni anche In queste parole appare ormai palese l"incubo e il terrore in cui vivono i citta– dini. Il nuovo coraggio si rivela in prin– cipio più che altrove nella lirica. terreno più mimetizzabile il cui linguaggio allego– rico si presta meglio pile allusioni e con– fessioni più o meno scoperte. Molti crittori tacciono ancora: altri ehe prima erano costretti a tacere, come p. es. Milan Filst. pubblicano novelle di tinte de– licate. piccoli capolavori di stile. tanto in contrasto con gli scritti ~prefabbricati .... del realismo socialista ai quali s'era abi– tuati negli ultimi anni Il rimprovero più frequente che veniva rivolto in quel periodo agli" scrittori era di « non aver saputo definire degnamente la figura del segretario del partito», figura obbligatoria in ogni romanzo o opera tea– trale; di quel segretario. addetto a fianco degli operai di ogni azienda o officina che. secondo lo schema , doveve rappresentare l'elemen..ro posiii.vo, colui insomma che in una qualunque s ituazione sapeva trovare la giusta soluzione. la parola e i1 gesto più opportuno (figura che avrebbe pot.ito benis. simo far parte della letteratura deamici– siana). Di contro. accanto ed essa, d1aveva Immancabilmente apparire la « figura nega– tiv.a », il tipo avverso al regime se mon addi– rittura nemico del popolo. sabotatore e rea– zionario, ed il confHtto necessariameme scaturito daJ contatto tra i due an:tegoni<ati. doveva per forza segnare il trionfo del– l'elemento positivo; diversamente lo scrittore doveva sorbirsi il coro di prote-ste della cri– tica ufficiale e le le tere biasimanti inviategli dai zelanti capocellula della provincia. Altri problemi tanto discussi 1n quegli anni erano quelli già ampiamente trattat,i Tant"è vero che. per esempio. nel campo teatrale negli ultimi anni si è dovuto ri– correre ai vecchi capolavori perché il pub– blico non disertasse gli spettacoli. Scor– rendo i programmi della rivista « Teatro e cinema~. si notano infatti soprattutto nomi come Shakespeare. Moli~re o i grandi drammaturghi russi dell'800. Le commedie imperniate sul superamento della norma da parte degli operai (come questa che presentiamo nella nostra fotografia), che qualche anno la tenne il cartellone per mesi e mesi. non attira più nemmeno la massa lavoratrice. (Negli « Eroi dei giorni feriali'». si narrano le vicende di un Forno Martino che avrebbe dovuto esser int;ran– dito onde raddoppiare la produzione. se– nonché il tecnico. un ingegnere della vec– chia classe. reazionario e nemico del pro– gresso comunista. ostacola tale progetto. Dapprima sembrerebbe che le sue opposi– zioni .fossero di carattere tecnico. risulta invece che egli è un sabotatore: trionfano quindi gli operai stakanovisti. il forno -raddoppia 1a produzione. il nemico del popolo è sconfitto e cala la tela l Inutile aggiungere che simili lavori tea- RAPSODIA MAGIARJIJ di * PIETRO CIMltTTI Quando scoppia u,a bomba. I quest~ notti brucierò tutta la in qualche parte del globo, gli mia - poverissima - biblio– esseri ensibili la avvertono teca: perché ho capito che i dentro il petto. che ,frange una libri sono sonni!eni del cuore e vetrata di abitudini, che dila- ora corre nell'aria un vento di nia un selciato di giorni inu- risorgim-ento che impaurisce le tili. Questi giorni in cui tutti cqpertine pallide, i vigliacclli. i gioi-nati del mondo ,si arros- che non mi sru1110 dire: Vai, sano di descrizioni sanguigne, lotta; dicono soltanto: Siedi, e riverbera dai titoli la puszta leggi. Una di queste notti farò in fiamme, e Budapest liquida un grande falò. Almeno questo ai sangue scorre sotto i ponti darò a godere alla mia giovi– della rivolta. il mio petto s'è r.ezza. gonfiato d'orrore e insieme di Ma non soltanto Sandor Pe– e altazione: <!Ome un magiaro tofi questi giorni m'è entrato cammino sotto la pioggia di nel cuore. e cantando scuote la Roma tremendo d'impazi za, vile lentezza delle giornate ro– pcrohè non posso correre a Bu- mane. Anche mia madre è tor– da coJ mio fucile e la mia pen- nata alle prime piogge: di not– na. E intanto nel n1io cuore te. quando i morti piangono, ~ suonano a stormo le campane piange la pioggia sulle gronde di Sani.o Stefano. E la notte e ulle foglie d'aspidistra. E" sogno inni marziali in una lin- tornata una di queste notti di gua sconosciuta. Ho telefonato acqua. coi piedi nella mota. tra a tutti gli uomini importanti le foglie annegate; è tornata che conosco. ma nessuno sa in- dentro il mio sangue. senza dicarrni la v1a più breve per dolore. anzi sorridendo, col l'Ungheria Le ambasciate non dente di metallo che luccicava, sanno dirmi niente. Ho chiesto le mani arrossate dalla lisciva, ai giornali. ho chiesi.o dovun- i capelli ancora più esili. come que, a costo di sembrar pazzo. se il vento a furia di pettinar– come si PUÒ andare in Unghe- !!lieJi li avesse corrosi. Mia ma– ria: nessuno me l'ha saputo di- <ire è tornata e s'è seduta ac– re. L'Ungheria è lontana, nes- canto al mio letto. nell'unica suno sente gli echi del cannone sedia libera dai libri e dai che io sento nei petto. Sono panni che nessuno più ram– dei pochi che questi giorni menda da febbraio. quando camminano sotto la pioggia te- partl. E la sua voce è leggera, tra di ottobre cantando sotto- acquosa, parla in un linguag– voce spondei bellicosi. che pla- gio che mi fa nascere nelle chino un ooco 10 spasimo in1- pupille un'ansia di verde - potente dèlla mia giovinezza non verde di cipresso ma di magiara. foglia, d'ecbaspagna autunnale Dunque, questi giorni Sandor -. Dice cert.e cose che io com– Petofi sè destai.o in me e io prendo ma non so tradurre. vado a mangiare nelle osterie Petofi e mia madre sono ora dalle insegne più romantiche, a nel mio cuore. Come una pian– b,;re insieme agli operai il vi- ta selvatica cui abbiano inne– no delle rivoluzioni, a sognare stato due talli fruttiferi, io nelle mezzette rosse la fiamma- stringo in una mano un cuore ta liberatrice d'acqua, che forse ancora sof- Non posso fare altro, crede- tre anche se non lo dice. e temi. E invidio Petofì che a nell'altra mano un cuore tu– mezzanotte sentiva passare multuoso. che ogni tanto getta ero1ct fantasmi magiari nel sangue. all'eco delle cannonate crogiolo gialloro della sua can- lontane che sfondano l'etere dela di sego, invidio tutti i notturno. Una spugna e un me– quarantotto della storia. Ho già lagrano stringo nelle mani, co– bruciato diversi libri. Una di me i miei ,frutti: un dolore an- ico su cui ha già piov1:1.to e le sue rime. mentre scendeva una freschisshna illusione san - azz-u.nra come un grembiale di guigna. fantesca da un balcone aperto: E una terza ospite è venuta cerano las ù due gerani. due da poco in m<!, Ta n io grande trombe allegre per la bocca e ·buono è il ouore ehe non infantile del mattino. Ed ora la rifiuta nulla, e tutto ama. E' canzone, che avevo desiderato ur,a cosa da nulla, troppo pie- per un a-ttimo, m,i s'è infilata cola. certo troppo poco i mpor- nella .memoria: e mi canta, e tante per essere messa in ie.me io non so d.irle ancora: vattene. a mia madre e a Petofi. Oh si. Ma 'la ascolto. è leggera e fa appena una -canzone, nep,pure bene come una pasticca di bellicosa per Sandor. neppure menta dentro la bocca. funebre per mia madre; non No. non è sacrilegio' rican– antica; nè nuova; ma facile, tarla. ho capito. Neppure con– sc1occa, che tante volte avevo frontata a1 sangue che vortica ripudiato perché non aveva sotto i ponti di Buda. alle bar– nulla da diI\llÙt ed ora mi s'è ricate e ai poeti magiari che conficcata nella memoria e si bruciano i libri nelle fornaci canta da sola. anche quando della rivoluzione. E mia madre non vorrei udirla. Avvengono amava le ca:izo::ii. le amava, io trane cose nella vita. Avviene so, anche se non le cantava più perfino che una giovinezza da vent'anni. Ed ho capito che eroica si ainmorbidisca in pas- la canzone è sonnifero amoro– atenwi femminei, come quella so che debbo bere, perché la di Achille, come questa mia Ungheria è lontana e non po– giovinezza. E' avvenuto questo: trò mai raggiungerla: ho ca– accanto a Petofi che grida sulle pito che debbo dormire e di– barricate delle mie vene. e ac- meticare di aver desiderato fi– canto alla mia madre antica. no all'orlo del cuore di seguire eroica, sacra, che è tornata a i! mio iPelofi fino alla grande morire; è venuta la terza ospi- piazza di Pest dove si com– :c leggera. una canzone nè an- balte per la libertà deìla gio– tica nè sacra nè eroica. di po- ,inezza. chi soldi, con qualche rima Io volevo andare a combat e– troppo rimata (come nella mia re, a :portare la Ìomba di mia memoria sono ancora rimate la madre nella puszta. sotto le grande finestra del refettorio e eriche: volevo vivere la mia la mi.nestTa delle suore Dorn- giovinezza come il Signore me tee, ro sastra con le isole d'oro l'ha messa nel sangue. irruenta, del! 'olio, vent'anni fa). fresca, che ama i mattini quan- Sul principio qualcosa di me do spalancano tutte Je finestre gridò alla profanazione. perché della speranza (e a notte sof– mia madre è eterna e Petofi è (re di non aver dato nulla alla passeggero ma divino. dentro vita ). Avevo già bruciato i li– il mio petto, e non potevano b.ri che fino all'altr'ieri m·era– essi dividere le mie passeggia- no parsi indispensabili per te con una facile canzone di qualsiasi viaggio. Avevo già femmine. Ma poi bo capito che mes-so nel sacco da viaggio una ntùla è più sacro nella vita di candela e una penna d'oca, per ciò che nasce per desiderio daJ scrivere l'inno romantico. Ma fondo dell'anima: e quella non importa, non serve più. sperduta canzone 10 ravevo de- Giovani si è proprio per urtare siderata in un'ora di dolore, la testa contro le porte di l'avevo voluta cantare perchè bronzo della paura e della cosi esigu.l e facile pure em-1noia: l'Ungheria ora è chiusa. piva l'aria d'un mattino di sole chiusa da tutte le parti, da e di nubi, davanti a Fontana tante porte di bronzo, di paura di Trevi. Era bella. anche con e di noia a,ppena appena spol- verata. domani subito ricoper– ta, riaddormentata. Adesso l'Ungheria è chiusa à0 tutte le parti. e molto molto lontana. Lontana e chiusa qua– si come una tomba di m~a ma– òre, sigillata in un bagno di sangue che 1entamen te raggru– merà e poi verrà la pioggia ... I vol~ntari debbono essere ric– chi, ho capito, comperare col proprio denaro il fucile e l'eroi– smo della giovinezza. Mai. mai, Sandor Petofi. l'Ungheria è stata cosi lontana! E per dimen– tica re tutto questo spazio e tutto questo tempo, questi a– bissi freddi in eui la giovinez– za annega lentamente, sprizzan– do faville come un tizzone nel– l'acqua, ebbene, 10 per dimen– ticare canterò il sonnifero ri– mato della canzone, che udii scendere da un balcone a Fon– tana di Trevi, e venne a get– tare una moneta d'argento nel– l'acqua del ritorno. Laggiù romba il cennone: lo sento bene. Petofi. E nella guerra d'erba dell'autunno. marnma, carn.m:inano eserciti di putredine lungo il tuo corpo sacro; e camminando distrug– gono, ma in un falò che non arde; che non trionfa in un solo rogo della tua antica bel– lezza: no. non è un rogo: è una lenta corrosione, una traditrice deturpante corrosione d e 11 e mani arrossate dalla lisci va. dei capelli fini, fini come ragna– teli, degli occhi che splende– vano, quella domenica di ne,·e. nella stanza d'ospedale. Quel giorno è lontano, lon– tano quanto l'altro giorno del quarantotto. quando Petofi per– dette il suo corpo in mezzo alla battaglia. Io a,vevo tentato, con tutte le mie forze, di an– dare in Ungheria. a ritrovare mia madre in mezzo alla pusz– ta. e là seppellirla con Je mie mani. come si fa COi soldati. Ma nessuno mi ha aiutato. E' stato un sogno di giovinezza, un'illusione maligna. E stanotte il cannone rom- ba den ro il mio petto. Tutto il sangue se ne va eccitato per le vene. come una folla di ribelli vestiti di rosso per le vie di Buda, come una fium.ana di giovani vendette sotto i ponti di Pest. I feriti non si contano più. stanotte. i morti son mon– tagne inutili. 4:0me è inutile la morte. Ogni pausa del mdo cuore è un magiaro colpito, un grido spento, un fucile tuonan– te. 1..Ùlabocca di ragazzo pie– na dell"infinito stu!pore della morte. Oh. nel mio cuori! arde la più grande rivoluzione! Pe– t.ofi è stato ferito sulla grande piazza: i suoi poeti non lo sanno e cantano sotto il cannone l'in– no magiaro. I giornali escono eccitati coi loro servizi neri di titoli come la fronte d'una tomba recente di marmo. Gli amici dicono che sono paz-· zo perchè voglio correre an– ch'io a 'O'ivere.anche a morire, si, ma è vivere finalmente quella morte libera, lontana dal– la putrida noia di questa piog– gia d'ottobte. E il cannone can– ta, cantano i pali deJ telegraio, men tre si passano di legno in legno, sull'altalena dei fili, i nomi dei giovani di Buda che non hanno avuto paura di mo– rire. Ma l'Ungheria è lontana come un altro mondo. Solo mia madre può andarci: lei si, lei può essere stanotte negli o– spedali di Budapest a correre di corsia in corsia, di letto in letto, cercando un viso. un vi– so ferito, un giovane che è stato ferito a morte sulla Piaz– za Grande, un poeta, non sa neppure léi con1e si chiami, che capelli abbia. e che lingua parli, ma è un giovane poeta. e ditele dove è ferito. ditele dov'è. suo figlio. Sàndor Pe– tofi. Oh, mia madre stanotte mi cerca. ha bende e panni per curare la mia più grande fe– rita, con dita d'acqua leggere come le foglie del platano, quando sono cadute nella· piog– gia. PIETRO CIMATTI 1 trali prima di andare in scena erano stati discussi e spesso modificati dalle autorità non competenti. ma incompetenti in fatto di drammaturgia. In ultimo. forse per non chiudere i bat– *nti dei teatri. si è dovuto ricorrere anche alle vecchie operette insulse, in mancanza di una nuova produzione. Anche nei campo della narrativa in cui prima uscivano annualmente opere di grande rilievo, in questi ultimi dieci anni Don si è vista una sola opera letteraria che fosse all'altezza della produzione pre– cedente. Basta del resto leggere « I soprav– vissuti,.. romanzo cbe conquistò il Premio Stalin. pubblicato in Italia per i tipi degli Edi ori Riuniti. per rendersene conto. * Dopo le denunce degli Hrori di Stalin gli scrittori aspettano ancora una volta fi~ duciosi la destalinizzazione. 'ei mei suc– cessivi (maggi.o-giugno-luglio) i radicali cambiamenti. promessi non vengono. ossia sono promesse contenute nella risoluzione del Comitato Centrale, del resto nemmeno divulgata attraverso l'organo del Partito, co":e s1 legge da una protesta degli scrit– tori apparsa nel loro !oglio. Allora i rrugliori intellettuaJi, fedeli al Partito e desiderosi appunto per questo di un profondo mutamento democratico, colo– ro che non accettano p,ù l'eterna scusa de– gli e errori del ~sato • e desiderano eli– minare gli errori del presente, interpreu del_ malcontento generale dt tutta la popo– lazione. si riuniscono al Circolo PetOfi (luglio) centro della Gioventù comunist~ magi ara. e denunciano apertamente dinanzi al ~ inist.ro _dellEducazione Popolare pre ·en– te, L !a tti già noli a tutti. chiedendo libertà di stampa e del pensiero ecc. ecc. Forse con quella riunione gli Intellettuali e gli studenti volevano solo saggiare ru– more, le vere interzioni dei circoli u[ficiali ed invitarli ad una maggiore . ollecitudine r.el campo della destal:nizz~zio:>e. G ià dal nmprovero che il romanziere Aczèl fa ad un funzionano, lamentando che il Panito non ha dato lo slanciò a teso da tutta la na21one alla destalinizzazione. ap– pare pale~e che gli scrittori si sentono .in– gannati. e che si tratta di nuovo di und vana parola .::for ine. E gh scrittori la esi– gono insistentemente. spes o con mmacce del genere: e C"è un grosso equivoco sul nostro compito che dabbiamo dissip are a l nostro Congresso: qu.esto è ferrata. valu.ta– zione del compito e la funzione sociale d el– la let.t.eratura.. la sua. degradazione a pura e semplice funzione pratica e utilitaria. A coloro che insistono e si ostinano a ripeter-e tale errore, possiamo assi-curare molte de– lusioni nell'avvenire, e quanto più noi ten– deremo ad elevare il livello della produ– zione letteraria in conformità della sua no– bile !unzione, tanto Più grandi saranno le delusioni di co toro!> ... Un tale atteggiamento coraggioso non po– teva non trovare eco net cuore degli operai e studenti che forse da gran tempo aspe!· tavano l'ora della riscossa. Ma la risposta dall'alto !u inaspettatamen– te drastica: espulsioni, licenziamenti di re– dattori letterari. ammonimenti agli scrittori che avevano osato levare le loro proteste e chiedere la democratizzazione del Paese. Cosi si matura la tragedia ungherese sca· turita dal profondo desiderio delle masse e dei 6UOÌ intellettuali di rompere con lo spirito dell'era staliniana e dalla scarsa v<>– lontà dei dirigenti ad esaudire tali legit– timi desideri. * Già nel periodo precongre,;suale della Fe· derazione degli Scrittori che dovrà svol– gersi il 11 settembre, il convegno si de– linea burrascoso. nonostante le rappresaglie e persecuzioni seguite alla riunione del Cir– colo Petofi. Scrive il drammaturgo Giulio Hày. nella Gazzetta Letteraria dell'8 settembre (quan– do queste apeTte denunce potevano essere pubblicate, il Goi,erno Gero evidentemente non era. più i1t grado di controllare la. si– tuazione): CARTA BlANCA! e La. carta bia,,ca è tale nella letteratura solo se t:on lettere invisibili vi fu. scritto. sopra un decreto inviolabile: qu,ello concer– nente la libertà della letteratura• • Piena libertà alla. lettera.tura?· do7114nde– -ranno spaventati i soliti pa.-u.rosi. Sì, natu– ralmente, sia sottintesa quella libertà illi– mitata che tt possibile tn una società civile. Ossia: non sia vietata alla. letteratura ciò che non vieta il codice civile alla società. E' evidente che deve essere proibito anche allo scrittoTe di incitare ali' omicidio, fuTto o saccheggio e via dicendo, ossia che non dovrà trasgredire nè certe norme sancite dalle legge. nè q uelle comunemente accet– tate da una sa.na legge morale. Di contro sia premesso anche allo scrit– tore, come ad un qualsiasi altro cittadino di esprimere a.pertamente il suo pen siero'. cioè di criticare chiunque e qualsia.si cosa, di pensare alla =te e al'amoTe e non soppesare se nelle sue liriche le luci e le ombre sono messe in « TO.pp< >Tto d'equilibrio•. Gli sia permesso di credere nell'onnipoten– za. di Dio, o negare l'esistenza di Dio· du– bitare nel!' esattezca di certe cifre del Piano quinquennale, non pensare secondo l'ideolo– gia maTxista. o ragionare marxisticamente, (anche se le sue idee non figurano ancora ,n,ei te,ti maTXisti obbligatori) - gli sia permesso di giudicare basso il tenor di vita anche di quella categoria. l'aumento sala.– riale de!la quale non è ancora contemplato nel mtot,o piano economico: di giudicare in– giusto. cio che oggi. ufficialmente è ancora. ritenuto giusto. Gli sia permesso di non sti– mare cert, dirigenti della. vita politica. ed economica e di indicare la. via d'mcita. dj

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