la Fiera Letteraria - XI - n. 47 - 25 novembre 1956
Domenica 2; novemhre l 9S6 CA F T F R .&.. T. F, T T F, R A R TA R O ili A i\1 E I MISTElll DU(J(JIO UARA 11AGGIO PICASSO )f. di ATTILIO BERTOLIJCCI Neglì ultimi dieci giorni si son potuti vedere a Roma il film di H.G. Clouzot Le Mystère Picasso, proiettato alla Gal– leria di Arte Moderna in un aula sbipata dalla meglio gioventù studiosa della Cfl– pitale e, di contro, all'altro capo della città, esposti ne1le severe ma convenien– temente riscaldate sale dell'Istituto Cen– trale del Restauro, Duccio e Caravaggio restituiti a prisbina forma. Gli applausi che, ad ogni fine di eser– cizio pericoloso, il vecchio ma sempre in gamba jong!eur Picasso strappava al pubblico ci trovavano ogni volta consen. zienti. Peccalo però che al fruscio del carboncinC\ sulla carta e al silenzio gre– mito del pennello intento alle campiture cromatiche o aJ d,ialoghi borbottati fra ii pittore e il regista, elementi tutti atti a tenere la suspense dello spettatore legata al puro realizzarsi figurativo. venisse poi a sostituirsi il supporto musicale del pasticheur Georges Auric con ritmi di b!ues e di fiamenco. Svigoriti sì dalla tra– duzione in par~ino, ma pur sempre effi– caoi; tanto efficaci da giustificare il so– spetto che una buona parte dei battima– ni andasse più alle ossessioni musicali che ai mirabili mostri del pittore. ComunqÙe il fiLm è molto interessan– te: una conferma, ci pare, incontrover– tibile, della natura manieristica del ge– nio picassiano, le cui conclusioni sembra– no spesrn venir suggerite più dalle lan– cette dell'orologio che da un effettivo ap– pagamento morale. Ogni stadio dell'ope– ra che preg-redisce sullo schermo è nel suo !urente formalismo una vittoria splen– dida; ma ohii ci garantisce che quello fi– nale sia anche quello giusto, baciato dal– la grazia per sempre? Nell'ultima, divertentissima sequenza marina assistiamo non solo alla vertigi– nosa metamorfosi ma addirittura alla di– struzione di un opera d'arte, che finirà per ~stare ne!la nostra memoi,ia come un cartone animato di qualità suprema, senza più alcun rapporto con il tempo fermo della pittura - poesia sino a Paul Klee. Il Picasso documentato in questo mistero (l'unico che il regista di gialli Clouzot si dichiari incapace a risolvere) è il penultimo e ultimo, dalle ~auroma- chie a!le ir<•nico-se11timentali (avole mediterranee: i tempi degli ai·leochini e del cubismo sono lontanissimi, quasi per– duti, per il pittore settantacinquenne, non meno di Fernande rispetto a Dora Moar Con implacabile energia e inesauribi!P brio Pablo Picasso continua a trovare senza cercare. Non c'è un secondo del film in cui egli non trovi, infatti. E va bene che c'è sotto il trucco, che ci sono voluti dei mesi per mettere insieme que– sti minuti, ma non importa. La superba impazienza creativa che fa d'un pesce un volatile e di questo w1 fauno, potrebbe esercitars.i all'infinito, con esiti paurosi. Vorremo perciò metterci a piangere sul destino dell'arte, messa in liquidazione d~l pittore spagnolo? Non ci pare ne sia il caso: l'arte, per– chè prima la vita, ha possibilità di ricu– pero infinite. Basta salire al poggio di S. Francesco di Paola, dov'è esposto Duccio, per ri- prender coraggio. Le parti della Maestà per l'Altar Maggiore del Duomo di Sie– na che l'Isl>!tuto del Restauro espone, ap– partengono al tergo della grande tavola. Una ricca, minuta documentazione foto– grafica, accompagnala da didascalie espli– cative, rende conto del lavoro che c'è voluto per arrivare al risultalo odierno E presto seguirà la resbituzione della par– te frontale. con la Madom:i.a in trono ·fra Angeli e Santi. Cosi, salvo le cose pur– troppo perdute interamente e quelle emi– grate in Inghilterra e in America, l'in– comparabile complesso senese sarà d• nuovo ofi-erto alla contemplazione e allo studio. Duccio, come Giotto negli stessi anni, assolvendo a quel compito di rmarrazio– ne della Storia Sacra che si pretendeva allora dalla pittura, doveva chiedere alla vita di soccorrerlo nel ridar sangue a una arte che si era andata stremando da se– coli in una maniera, sia pure sublime. E lo fa, si capisce, col più grande puJ dore. trasponendo l'episodio immediato in figura eterna. Come quel bambino che s'arrampica a rana su una pia'llta a lato della strada per cui dovrà passare Gesù pe.- entrare in Gerusalemme, e già altri ragazzotti attendono dietro un muretto, un po' stanchi, forse, per esserci venuti., portati dall'entusiasmo, troppo tempo prima nel necessario. Il pio mattino, più di Toscana che dJ Palestina, è d'un tepo– r~ primaverile, appunto da Pasqua; ma com'è cambiato il tempo nella Negazione di S. Pietro, se gli apostoli debbono scaJ– darsi a-1 un fuocherello di legna ohe però non gli fa passare il tremore interno che li ha presi. Continuando a leggere questo « Vangelo per i poveti » ci accorgiamo che le nozioni, cosi uti1i, di linea e massa ecc., non vogliono tornarci alla mente che non saprebbe che fame. oggi. Anche noi siamo come quei «poveri» di S. Grego– rio; e allora quello che c'importa è di ve– d~re Pilato profilarsi aguzzo con la co– roncina d'oro sonante in capo da una parte. e dall'altra Cristo meditare dolo– rosamente dinnall'.lzi ai malinconici militi aggruppati, con elmi e armi, nel solito ruolo di figli del popolo spinti a !are scem– pio dei fratelli: Palestina come Unghe– ria ecc .... Passare dal forma lo ridotto delle ta– volette df Duccio al Vista-vision della Decol!azione del Battista di MJchelange– lo da Caravaggio non è un salto da poco. Ma la circolazione dei gusti entro di noi (Picasso insegni) è così rapida che l'adat– tameuto a\7\•iene quasi subito. Poteva certo esser più dolce non uscire ,da quei pae,i è da quelle città e stanze di una geolog,a e cal'penleria tanto genti!J, an– che se C!'udelmente macchiale dal San– aue di Nostro Si,gnore. Ma pure la torva ~etropoli secentesca su cui spicca il san– gue del Battista dal volto madido di in– tellettuale martire, ha la sua suggestione profonda. Ed entrativi, non è !acile ve– nir:ie fuori, liberarsi dall'ipnosi di quel « pomeriggio chiaro e lento, co!Jno di di– sperazione a vita» di cul parla Roberto LonghL ATTILIO BERTOLUCCI A.ltTISTI rrA.LIANI Iniziativeculturali ali'estero RJNAtDO BUBATTIN T' * ,li GIUSEPPE SCIORTINO Rin,aldo Burattin, che opera a Prato, in un am– biente nel quale accanto ai com.merci 1hanno u~a rigogliosa .fioritura le arti, ha studiato all'Accademia di Firenze con Oarena· ma nessuna delle sco1ie che relegano in un clima 'di riflessi le tele del vecchio pittore è presente nell'opera sino ad ora fornita dal– l'antico alunno. La formazione di Burattin, se mai, è di origine cu•bist,a; un cubi<smo nato dal prepotente bisogno di spaziare oltre le usuali Iorme deUa pae– ooggistica toscana. Perbanto le sue ricerche ,prop1,1amente estetiche lo han portato a risultati d'un certo rilievo, avendo egli vinto dopo Jl 1951 ,premi a P1,ato, a Livorno, a Mon– tepi,a~o, alla Bienrr{ale d'Arte di Verona e, quest'annc~ a Viareggio il premio « M,asoherè di carnevale• ex– aequo con il pittore veronese Trentini, quellb del « Titano » (San MaT.ino), ecc. L'operosità d•i Burattin, che ha avuto inizio nel 1950. vjene documenbata dalla sua impegnativa par– tecipazione alle prùpoipali mostre nazionali; ed è Jn Rinaldo ,,,i/ ~ ... -~" « Ritralto di Carrà » cotali occasioni che abbiamo ritenuto opportuno se– gnalarlo, sia pure con quella rap\dità che è nece;;– saria quando si recensiscono le grosse colletive. . I quadri di Burattin, che in esse abbiamo notati, pur essendo a una ten~enza in quelli che sono, i mo~i strutturali e disegnativi, denunciano sempre PIU espli– citamente una ricerca cromatica personale, l'assillo di superare il linguaggio generico per conquistare uno stile, l'intima esigenza di passare dalla sperimenta– zione alla attuazione. Nei d'isegni - che spesso ritraggono sembianze di uomini noti: De Ch!rico, MarcuccL D'Ali, Unga– retti, De Pisis, Carrà ed altri - è evidente l'mten· zione psicologica; anche se il mcdo scade soven!-8 nel modulo e il segno non riesce ad essP.re convernente– mente modulato. Il che, se non erriamo, induce a una uniforme staticità. che non consente alla grafica di Buratt.in di spazi,are in obbedienza aJl 'est.ro e alla fantasia per giungere a risultati piuttosto personali. Ma anche i disegni, sia pure m relativa misura, contribuiscono a compietare la schietta figura di 'questo giovane artista, che non ha esitato ad abban– donare il giornalismo per misurarsi, con empito ed ottimisticamente. nei difficile agone della pittura. GIUSEPPE RC,()R l'l~O SI potrebbe !are molto dl più: per esempio insistere perchl nei cataloghi dell'UN&SCO fossero inserite In maggior co– pia op~re dei nostri maestri contemporanei intorno ai quali è curiosità attiva, mercato, in– teressi anche economici (né più né meno di quelli che s'osser– vano in Franc,a); facilitare la esportai:ione di sculture e tele moderne senza :frapporre osta– c-oU burocratici che avversano l'artista e la sua carriera sul piano internazionale (a Geno– va. sul "Corriere mercantile~ del 19 oitobrc =rso. Oreste Mosca faceva ri-lcvarc il danno di tall barriere. burocratiche, vere e pastoie ~ come in una intervista dichiarava l'editore De Luca. le qual' Pt>sano poi sulla nostra economia genera– le). E facilitare anche l'espor– tazione di libri in lingua ita– liar,a. senza dover più ricorrere alle doppie etlizioni come ha àovuto fare ·1a , Electa , edi– trice di Milano. per le sue pub– blicazioni a carattere artistico. E altrettanto, per certe colle– zioni, Ira cultura e turismo, fa anche Leo Alschki di ~•irenze. (Sul difficoltoso intervento di– retto dell'Italia, una diretta pe– netrazione coi nostri libri in lingua italiana sul mercato del– le idee, il Bollettino del Sin– dacato Nazionale Scrittori, apri– le 1954, in una nota di Valen– tino Bomplani editore, infonna– va largamente delle molte dif– ficoltà che si pongono a osta– colare il commercio librario no– stro all'estero. tua2 di caratte– re burocratico). Per concludere il discorso di avvio, gi:i molto ampio, sarà opportuno ripetere che un re– pertorio della nostra attualità all'estero manca, mentre non mancano punto gli elemen'i. le ragioni, le « voci• sulle quali impostare quella rubrica che domani potrebbe essere molt~ utile. Per le arti figurative (mostre italiane all'estero. col– lettive o personali, d'arte a,1- tice o moderna) serve otti– mamente il Bollettino dell'ar– chivio storico della Biennale di Venezia; non esiste però un catalogo di traduzioni da con- sultare, nè esiste qualcosa che sul medesimo piano iruforma– tivo (salvo si passi alle pub– blicazioni tecniche) serva e rendere nota l'attività all'rste– ro d i nostri architetti: quanti in Italia, per citare un mode– sto esempio, sanno che il pia– no regolatore di Zagabria è sta– to vinto da un gruppo di ar– chitetti romani? E quanti san– no ancora che altri progetti- . sti toscand hanno vinto un con– corso intero.azionale a San Pao– lo del Brasile (il progetto pre– miato è il mercato dei fiori costru.ito due anni fa a Pescia, tn Toscana). e che !0 attua– lità della nostra archi etture fa perfin testo? Se ne conclude. non generi• camente. che la nostra• cul– tura non vive in solitudine. ma come accoglie idee e suggeri, menti d'og,1i luogo e vento ar– rivino, altrettanto dà. solleci ta, promuove, interessa e sem plicemente incuriosisce Si vor rebbe di qua un maggiore P brillante comportamento degli organi interessati: 1'Enit pnma di tutti. coi suoi grandi uific: e belle sedi a Parigi, a Lon dra. a New York o Bruxelles. * di REJ\lATO GIANI eccetera. In•vece di esporre .sparilt.! di canzonette napoleta– ne (ne abbiam viste in vetri– na, a rue de la Palx, Parigi), perchè non allestire mostre cu– riose. vlve. che richlamino lo Jnteresse culturale su un Pae– se oltre che su un paesaggio? C'è fonse disinteressamento to– tale? Non potremmo dirlo. se si pensa che manifestazioni «italiane., si svolgono costan– t'emen te qua e là per il mon– do. Ma son tutte valide, iuite buone, merilevoli di buona cri– tica? Una costosissima mostra del libro allestita da Sa-poni al Cairo e AleS\Sandria d'Egitto. dava un ben miserando qua– dro delJ'Jtalia: non si spe'di– scouo a rappresentare la nostra cultura le grammatiche italo– tedesch o le treduz.ioni dal– l'americano o dall'inglese, e neppure 1e poesie di Francesco Sapori. o i suol testi di crltl– ca d'arte (dedicati a « L'Italia in armi.,). Meglio la selezi0<.1e del libro itallano esposta a lstemboul (seicento voti. abba– stanza uW! a fare un quadro). Le critiche riguardruio la man– canza di co11linultà, pluttooto. e una certa carenza psicolo– gica. Diremmo perfino che gL u!!ici stampa della Lux. della Ponti o De Laurentis, che han !anelato sul mercato interna– zi0<.1aleprodotti cinematografi– ci capaci d'un reddito non di– sprezzabile, siano meglio or– ganizzati di quelli ministeria– li. Cardazzo della « Galleria del Navl,glio., in una Jntervi- Cortina d'Ampezzo ma con lo sta al "Punto»· lamentava che intervento di una giuria di ar– ll lettore d'italiano di Upsa1a tisii e critici francesi, • rive– l'avesse avversato nell'allestl- lava• nel 1952 ai collezionisti mento d'una mostra dl ddsegni francesi e stranieri i nomi di itali-ani di ertisti contempora- Antonio Music e Antonio Cor– nei, « perchè a suo giudizio {IOn pora, e nel 1953 Marcello Ma– rappresentavano l'arte tradlz!o- scherlni, i quali esponevano nl– nale ... la Galerie de France e alla Qa. Parlare dunque di , disinte• lerie Drouand-Davld presenta– ressamento • degli uHici com, ti rispettivamente dà saggi cri– petenti è dir troppo; e l'esem- tici di Jean Bouret, Christian pio raccontato da Moravia tem- Zervos, Ossip Zadkine. (Il di– po fa a proposito di un errore scorso vale 'Qnche per il pre– m-archian0 avvenuto a cura mio 1etterario e scientifico dell'Ufficio culturale dei Mini- , Ulisse - Cortina • fondato da stero degli Esteri ( venne man- M. Luisa Asta!di ). dato nel Libano non un artista Mentre dunque Il consuntivo sibbene un tranviere), è un ca. della voce « relazioni cultura– so limite e sl spera lrrepctibi- li • è genericamente passivo le. Costosa e , ufficiale• la per l'insufficienza di assegna. mostra del libro del Cairo, nel zionl di bilancio ( 150 milioni 1951, s1 diceva, e altrettanto annui divisi fra quaranta Isti– oc ufficiale• un certo « Centre • tuti ~parsi nel mondo: cifra d'arte italiana che tra il 1949 inadeguata al lavoro che sareb– e il '52 !u allogato in rue des be utile sviluppare), l'attività Ecoles a Parigi, presso una li- dei privati ha consentito una breria per allestirvi mostre de- larga esportazione intellettu.i– dicate a qualche nostro giova- le. Rifacendosi alla pittura, è ne: sia per la scelta sia per il confortante sapere che opere poco credito, fu un buco nel- dei nostri Maestri contempora– l'acqua. E' notorio che a Pa, nei e di parecchi giovani sono rigi solo le grandi gallerie han- entrati nelle coll~zionl dei no autorità di « lancio •, o i maggiori musei degli Stati Un i– grandi critici. 11 • Centre • non tl, del Giappone, del Belgio, ebbe punta fortuna, non diver- della Sviuera, deH'lnghilterra samenie da un istituto nostro é Francia e Austria. Le tele sperso nei sobborghi parigini di Antonio Music e_ <?apog~os– e dove si insegna l'arte cera- si. di Franco Gentilm1 e Cr4p– mica e musiva. Daccapo si do- pa, di Sironi e di M.ro .- cosi veva all'attività di privati se come 1~ sc~lture d_iMarmo Ma: un « Premio Parigi• istituito a rini 1 G1org10 Deg1org1, Fazzit:1 o Greco, rappresentano le m1- BIBl,IOTECA * gllori e autentiche •voci• di un bilancio che anno per anno favorisce specialmente i più giovani artisti. Non si deve di– manticare che rispetto alla pit– tura d'oggi, ove si tolgano 1 una decina, quindici pittori vivi nei loro tempo,. la nostra arte ~ assai prossima a quella dei paesi balcanici. Negli • incon– tri• e negli « scambi • diven– tati sempre più frequenti, la cadenza assunta dai più giova. ni e coraggiosi artisti nostri ha ora caratteristiche sue. cui ha giovato non poco la crea– Rimatori ,·omico realistici * di 1'1ASSl1'10 VECCHI , ella collezione « Cla.ssicl [taliani » della UTET sono sta– ti editi due volumi di Mauri. zio Vitale intitolati ai « Rima– tori comico-realistici del Due e Trecento•· L'opera. che sl apre con una lunga introdu– zione ed è corredata di note hio-bibliografiche per ciascun poeta, intende sottolineare i caratteri di quello stile comi– co. enfatico, ironico, concreto volutamente triviale. spesso osceno, che riesce a dare una rappresentazione viva della società del tempo con lmme· diato ed efficacissimo vigore e,;pressivo. Nell·antologla appaiono or– dinati e raccolti tutti i com– ponimenti. che la storia ba :ramandato. apparlenenii a Bustico d1 Filippo, Iacopo da Léona, Mino da Colle, Nicola Muscla. Dante Alighieri nella tenzone con Forese Donati l'ecro Anglolieri. Meo de' To– lomei, Muscia da Siena, Jaco. mo de Tolomei detto Gran!io– ne. ME!<'ser Fino d"Arezzo Giuntino Lan!redi. lmmanuel Romano. Parlantino da Flren- 1.e Folgore da San Gimignano Cenne da la Chitar-1, Pietro de' Faitinelli, ser Luporo da Lucca e Castruccio <'Pgil An- zione dt alc~ni • cutel\i • che telmidelli nella loro tenzone, raccolgo~_o mteress1. e_ c~mu– e Pieraccio Tebaldi. R1cordan. nan,a d tdee d1 art1st1 duna do cioè tutti l rimatori toscani medesima scuola anche se non di quella poetica e quell'Imma- della medesima città ( uno di nue! Romano. poeta ebreo e questi, da ricordare, è compo– vo!gare. tanto vicino al terni sto da Af o, Corpora, Pram– bu rlesco-realislici. I versi sono dettati in !in- polini, Magnelli, Santo Maso. gue,gg:io comune e possiedono Severini, Vedova, e !e loro un sapore gustoso d'att.lwltà opere per tutto intero l'anno quotidiana, di pensieri ed im- 1953 sono state esposte in pulsi suggeriti dalle piccole Svizzera, a Berlino, nel Belgio, cose e dalle più ri])06te neces• a Colonia e Hannover e altri sltà dell'anima e dei sensi. centri). Può essere stato elfi– spesso con fin troppa aderenza cace nella sua prospettiva di al parlato. Ma sempre descri- vono fatti e vicende con spre mercato il fatto che la Regina giudicata. giocosa, consapevole Elisabetta abbia graziosamen– potenze. componendo un qua- te posato per il pittore Ann1- dro polposo de-I costume, inti- goni, ma sotto !'abito critico mo ed esteriore. non' c'è ai, 10 che pubblicità Le note a fondo pa,gina dàn- All estero ci chiedono opere di no, nei punti oscuri o dubbi. !a traduzione dal vernacolo e con ampi riferimenti e docu– mentate i<1dicazioni chiarisco– no le intenzioni ed il dgnifi cato d'ogni verso. Due volumi di alto intere,;se che cl presentano panoramica– mente un angolo, certamente ed 0 torto, poco noto della no– stra letteratura. prestig\0 1 non ritratti e all'an– tica •· Meglio quindi il contri– buto di Caruso, di Brindisi, d1 Scialoja, di Fieschi, di Scana. vino o Lattes che quello di un De Chirico fissatosi a fare una pittura ru bensiana secentesca. RENATO GIANI MASSIMO VECCHI (Continua al prossimo numero) ALTRE MOSTRE ROMANE )f. diLORENZATRUCCHI La «guida pittorica e citta– dina* di Fabio Failla è ormai a buon punto. Dopo l giardini, gli obelischi, le cupole, ecco esposti alla Alibert i suoi ul– timi paeseggi dedicati alle «mura)) (sono quasi tutti scor– ci delle mura vaticane), che completano la singolare Roma « in minore», monumentale ma non retorica, del nostro pittore. L'occhlo-lente di Failla no,1 è mal staio cosi severemente metico-loso. quasi l'artista si losse imposto una rigorosa fe– deltà reale impedendosi qual– siasi cedimento sla sentimenta– le, sia intellettuale. Cosicchè dlrei, per assurdo, che se Fail– la fosse invece dl pittore !oto– gra!o farebbe delle brutte fo- 10grefte a color!, non aggiun– gendo nulla a quanto ritrae ed inquadrando l soggetti in modo talora fi troppo duro e linea– re Ma Failla !a della pittura. e proprio quel rlgoroso e scon– certante realismo diviene la !orza del suo stile. La tecnica levigata e preci– sa, la tavolozza brillante e chiara, la prel.crenza per le forn1e architettoniche. plu sem– plificate (obelischi, mura, cu– pole, gradmate), la _precisione minuziosa dé:1 particolar1, la assenza di qualsiasi aurea me– tafisica, Gurreale o romantica che caratterizzano le recenti tele dell'artis'ta, non trovano molti riscontri ed affinità nella pittura italiana contempora– nea e ci rammentano pluuosto, malgrado la sOstanzlal dl,t!c– renza di soggetti, cert" pittura dei cosiddetu lnimacolati ame– ricani del periodo reallsta, In auge intorno al 1'930 (Chnrles Scheelr e il plù romantlco Spenccr), ma n1cntre gli Jni– mucolatì ebbero alterni cd in– cessanti commerci coo astratti e surrealist.l, Failla resta a!let– tuosamente legato ad una quo– lldlana realtà; ne sono prn,va le monache!! , le coppie, 1 vec– chietti, l pretini, che animano questi quadri e che !orniscono quel garbato contrasto !ra sto– ria e cronaca cosl tipico ne!Ja vlta dl Roma, un contrasto che l'artista già si propone di me– glio mettere a iuoco nel pros– simo ed ultimo capitolo della sua « guida romaa.1,a » intera– mente dedicato al quartiere di Trastever)!. . .. All'ultima Biennale di Ve– nezia avevamo già notato tre grandi tele dl Karin Van Ley– den esposte a Ca' Pesaro ove erano ospitate le opere de,gll artisti stranieri residenti In Italia. Ed ecco ora alla Schnei– der lo personale della pittrice a confermarci nella nostra fa. vorevole impressione. Dall'arte me.ssicoo,a dlrettamente studia– ta in Messico dove ha so,gglor– nato a lun,go, Karin Ila desunto moltl clementi: il senso del monumentale, la ,passione per la va.sta composizione impo– stata con la grandlosllà dello affresco e quel ~ calore uma– no .. che fa dei grandi artlstl me,;sica:n! l diretti, eroici inter– preti del mondo ind.lge.10 e popolare. Ed è plù precisa– mente da Temayo che la no– stra artista trae la ..,ua sintassi pittorica, composta come quel– la del pittore messicano, con una !elice sintesi dl pittura popolare, di sculbura pre.-co– lomlblana e di cubismo. Tutta– 'Vi6 queste affinità con Tamayo, talora assai palesi, non resta– no fo Karin una e,;trenea so– prastruttura trovando un pro– !ondo riscontro umano e psl– cologi<:o nel suo vitale caratte– re naturalmente a;pe-rto a que– sto genere dl pittura corale, e ricevendo dal suo tempera– mento, plù Urico che narrati– vo, un timbro spesso incon– fondibile. . .. Raffaele De Grada, presen– tandosi per la prima volta a Rom-a. ha espos~ ella Galleria del Vantaggio una ventina dl olli, scelti fra la più recen1e produzione dell 'art!sta lombar– do. De Grada, partendo da un espllcit-0 riferimento a Cézan– ne, riesce a impiantare una paesag.g!stica controllata, ade– rente alle cose, ricca di un ti– mido quanto profondo amore aJ vero assai spesso rappresen– tato oon una esemplare coe– renza stilistica. I luoghi che rivivono nella pittura di De Grada sono qua– si sexm,re San Gimlgnano e Foo-te dei Mannl; peccato che, r,ella scelta delle opere da presen-tare al pubblico romano, !'artista non sia stato sempre felice. Le opere che il giovane e pro– mettente pittore àrmeno Ava– nessian espone alla Galleria L'Aure!lana torse non sono di qua!Jtà superiore, ma hanno senz'altro il pregio di una au– tentica naturalezza e dl un vero estro pittorico. L'Avanes– sian che è stato allievo, alla Accademia dl Roma. di Ame– rigo Bartoll (come ci informa Renato Guttuso nella prefa– zione al catalogo,) ha certo appreso dal suo mee-stro LI vi– bra<1te realismo pieno di fan– asia e di sentimento e la squi– •ilezza cromatica messa in ri– salto, in questa omogenea se– rie di paesaggi romani. dalle ubbidiente tecnica .della tem– pera che egli usa di preieren– za. Ma sono certamente qualità già tutte sue la «trepidante» abbreviazione del motivo e la snce,;tra!e, poetica nostalgia di vasti orizzonti che donano un 10,10 tanto inedito alle più fa. miliari ed usuali visioni di Roma. • Selezione. è il titolo di una delle 26 tele esposte da Tommaso Le Pera nella sua presuntuosa e per nu!la sele– zionata personale a! »Camino». ... La scultrice Maria Mariani, presentata da Va!erio Marian,t. ha aperto u,na mostra al • Pincio •. LORENZA TRUCCHI Pa,z 7 La corrente liaustir (ConUnua. da pag, J) ceccardi e di Camillo Sbarbaro; pendio caratlet'izzato da una mesta rassegnazione e da un'accora tezza pro– fonda, che trovano più d'una corrispondenza 1,eil'ar,1mo ligure e nostro. Figtlo, la primavera è ritornata a Inghirlandare il cielo e i prati; e Infiora I sepolcreti, e fa meno severa !a breve tomba in cui non so pensarti. Anche !a madre tua, che al tratto e al pianto sembra bambina an.cora, rifiorisce. Un altro bimbo cresce entro di sè; ma piange e dice: - Sarà bello, certo. questo bambino che mi nascerà; ma quello che m'è morto non tornerà ... Ed io chino la testa, tacendo, e mi par colpa il consolarla ... Con tele dolente fellcllà diverso si apre il secondo libro dl Grande La tomba verde, dedicato all'amico Angelo Barile c~n questa versificata premessa, che ci dà Intera l'immagine di Adriano Grande non s,ilten' come uomo ma anche come poeta: Sospinto dall'Istinto, dal confuso sentire, l'animale alla sua meta procede, indefinita, senza voltarsi Indietro; chè gli rimane ignoto del suo soffrire l'uso. Dal mio morire al!a comune vita io mi rilevo infantilmente nuove' forse la mia ventura è appunto questo metro dolente e affaticato ch'esprimere mi provo. Fra tutti i suoi confratelli ligul'i, forse, Grande e quello che, nella sua svariata e movimentata vita, ha sofferto dl più. Ma mai si è abbandonato alla cieca disperazione (il suo dolore anzi ha avuto pol un esito cristiano), e tutta la sua poesia, ricca di dolenti effetti familiari, di umane sconfitte e raumil!ate resurrezioni, di fantasie tenaci contro una triste cronaca che dl con– tinuo tenta di diroccarle, appunto appar di continuo sospesa fra la tentazione di cedere ella Sirena, e l'altra d'un ragionar continuo, che fatalmente lo riporta sem– pre a toccare il proprio umano cordoglio. Ma quanta grazia poetica in certi suoi teneri siml vocativi! Nuvola col.or di gota bambina, onda gremita di fiori. ah perchè giovane non è ptù la mia vita? La citazione è fatta a memoria, e Grande cl perdo– nerà gli errori. Ma basterà, credo, a invogliare a rileg– gere questo poeta cosl articolato, in un mom~nto che appunto cerca di riportare Il discorso poetico -- dopo tante contrazioni - a una naturale e sciolta sintassi. i:,a poes.ia più bella di Grande è !orse qu<?3la. inti· tolala Alla sera: F'tetosa sera, io rendo grazie a te. L'ora clie accese ol sommo del remo abbandonato a!t'acque chiare sottomarine luci, rese le nubi ricche come aiuole e fece al sol morente tm funerale dorato, troppo svegliò nell'indifeso cuore l'ansia d'un esaltato giorno perenne. quale, ora è gran tempo, !'anima, illusa da un'immaginaria mem.oria, dentro di sè sperava suscitare. Ma tu discendi; e bendi il rinnovato -male, e !'accarezzi con dita d'ombra, e sulla soglia arcana del sonno l'accompagni dove il mondo, trasfigurato, accetta docilmente che l'animo dell'uomo si guarisca e ammali nuovamente. O !lmpide ragioni bevute In sogno, illuslva sorgente di libettà, smentita in ogni istante dalla sveglia vita, !'ore che l'alba schiude sono prigioni per qualunque gente: e non c'è modo di mutar condanna. La promessa che sola non inganna è quella che fai tu, pietosa sera, con le tue grigie bende, con le tue dita sopra il nostro male. Divamperà come i! sole al tramonto la nostra vita giunta al di fatale: POI seguirà la pace del trapasso simil.e a quella che da te ci scende. E il sonno che verrà, sonno di sasso i,guale a quello delle cose intorno, o sonno popolato d'interrotta paure, o di let(Zie aperte, sarà l'eterna libertà che il giorno rifiuta al cuor dell'uomo e che dormendo la sua mente avverte. Con Angelo Barile e con Adriano Grande (ma gio– verebbero anche esempi di Gugllelmo Bianchi di Gio– vanni Descalzo soprattutto) la nostra conve~ione e eseurlta. E non perchè finisce con questi noml lo svol– giment~ d'una linee. ligure nella nostra poesia (ligure, ad es., e anche Ugo Crllllo, che con tanti altri non ab– biamo nemmeno citato; e liguri sono - della Quarta generazione - Nicola Ghiglione, Giovanni Giudici e Cesere Vivaldi; tre poeti che hanno già una loro per– sonalità definita), ma perchè con l poeti d! Ctrcoll la corrente llgustica cessa (o interrompe) la eua splnta dalla terra ligure a quella italiana per rientrare sen– z'altro, e sen~a più la necessità dell'aggettivo (se non come lndlcaz1one topografica o se vogliamo di carat– tere) nella normalità dello svil~ppo deJla co~ente ita– ltana. Ma la Liguria può esser fiera di questa sua non breve storia ipoebica, che da11remoto 1895 e da più in– dietro ancore., giunge alle soglie della s~cònda guerra mondiale come spirito motore. La Liguria la quale ap– punto grazie ai suol 'l!Oeti, ha saputo diventare' una regione del nostro sentimento e della nostra intelli– genza di cittadini del corrente secolo allineando ac– canto a quelli che vorrei chiamare, se' è lecito, i Santi Padri della nostra attuale poesia (Ungaretti Saba Car– darelli e que.j pochi altri che vi parrà gl~sto aggiun– gere) almeno due figli suoi: Sbarbare e Montale. Figli della sua s~aordlnaria civiltà e, anche, testimoni della sua generosità, qu~ntunque nel vasto reame del luogo comune si continui a dire che la Liguria per natura è avara. ' ' Avaro il ligure lo è senza dubbio, e invero non c'è reg1~ne d'Italia che maggiormente puLluli, oltre che di calligrafiche • M • mariane, di P. P., che dissemlnati fin su ogni più piccolo cantuccio di marciapiede signi– ficano, giustappunto, Proprietà Privata. Ma non bisogna confondere queJla ch'è una virtù dell'animo genovese, col vizio, col peccato. Quegll innumerevoli P.P., ben lontani dal testimo– niare l'avarizia del !lgure, ne riaffermano piuttosto la prima virtù dell'amore per le cose ferme (i .beni sta– bili), e quindi per gli oggetti della terre.. Un amore •necessitato• (prendiamo tra le pinze delle virgolette l'irsuta parola) dalla nQtura §tessa del luogo, che di continuo rapinato dalle seduzioni delle sue luci e dai suoi marittimi sali, trova valido scudo soltanto nel possesso pieno, e « privato•, della realtà materiale. (Ii finale del nostro lungo pro-memoria non vuol aver soltanto il sapore d'un invito al viaggio, d'un'esor– tazione al turismo letterario. Ma vuole soprattutto ac– centuare come anche l'amore per gli oggetti (così pro– prio della p9esia ligure, che in quelli tenta di pe::e– trare il sibillino libro della vita) abbia anch'esso le sue radici in questa lig_ure «avarizia•, che ancora ur.a volta benediciamo per averci dato almeno almeno due interpreti della nostra anima contemporanea, e almeno due liberatori dalle « g'lfuerose • verbosità e musicalità d'una volta). GIORGIO CA'PR'"l'1t En·ata•cor-rige: li1 « disperato ottatvtno • dl cui alla prece– dente puntata (pag. 6, I col., diB 71 non è ohe una fantasia musicale del Unoti.plsta. Si tNitta dl un semplice e disperato ottatl,vo •· Per ,le dfhe saliate in a'1tra parte, pazienza.
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