la Fiera Letteraria - XI - n. 47 - 25 novembre 1956
Domenica 25 novembre 1956 T~ 'A' f.' T F R I\ f F T T F R 'AR T 'A Pag. S RICORDO DI GIOVANNI PAPINI SPIRITUALITA' di GiovanniPapini * Fra le mura della morie che già gli si chiu- devano attorno, egli giunge, alfine, al conse– guimento di una superiore pace in meditazione * di NICOLA LISI La mia amicizia con Papini, Ma non bisogna tenere in cominciata nell'anno 1923, quan- picciol conto quel che mi è do con Bargellini e Betocchl rimasto ed è molto ed è U facevamo la rivistina , Il ca- meglio. }Pnda.rio dei pensieri e delle E' bensì vero che le cose mi pratiche solari .., è durata, appariscono come forme ind e– senza permali e neppure tiepi- terminate e appannate, quasi dezze, sino alla sua morte. Pos- fantasmi attraverso un velo di so dunque sperare, da ereden- nebbia cinerea; ed è· anche ve– te nella immortalità dell"anima, ro che io sono condannato alla che essa avrà una ben più alta tenebra totale: riesco ancora a ripresa. godere una festosa invasione dj spiaggia. • • PAPINI MAESTR * La sua lezione di scrittore non può essere colta da chi non la illuf:Uini e non la decifri con quella del– l'uomo; pagina e biografia s'intrecciano fino a saldarsi m una impressionante, trasfigurante unità di LlJIGI * SANTlJCCI Lo scrittore è degn 0 di que– sto nome - non è nato e non ha scritto inutilmente - quan– do il nome di scrittore si !a uguale a quello di maestro Non parlo di vani oracolismi o profetismi letterari; intendo 'dire semplicemente: quando per averlo incontrato, la no– stra vita si fa In qualche modo diversa, se non già migliore. più esperta e ricca: più vicina alla luce. avere invece solo li pondo di una sentenziosa solennità. Ma nel suo caso ecco poi che, in ultimo. le due lezioni parallele dello scrittore e del– l'uomo, delJa biografia e della pagina, s'intrecciano fino a saldarsi, in una impreseionan. te, trasfigurante unità. Papini - Giobbe, sappiamo: Papini murato per quattro anni nella tomba del suo corpo inerte ma dolorante, neU'oscurità de– gli occhi e nella goffa balbu– zie della lingua. peggio che mutlsmo per chi vive della parola ... bre attorno a lui. Non basta– va Ja conversione a Cristo, oc– correva e venne la conversio– ne a San Francesco. Gli italiani che mi leggo– no 3anno a che mi ri1ensco Penso alle sue ,fio; schegge•, a quel rapsodico poema alla vi– ta che ci ridà - la parola non è eccessiva - un Papini gaudioso. Il Paplnl che ama– vo ma che mi faceva troppo spesso paura e irritazione da ragazzo quando lo scoprivo nell'inquietudine della puber– tà, mi attendeva a questo var– Cò Inatteso dopo vent'anni. E questo suo te,;tamento cl am– maestra perchè noi discepoli sappiamo bene cbe non si trat– ta di un'artificiosa arcadla pa– piniana, d"un bozzettismo dJ senescente. di una ricamata bandiera di re•a sull"ispida fortezza. Ma di una commossa palinodia d'amore. Si è parlato, suUa scorta di sole e la sfera di luce che s'ir– alcune sue opere e di alcuni raggia da una lampada. Posso articoli artkoli giovanili, di una I inoltre intravedere. quando perdurante 1rreqwetudlne con- vengono molto avvicinate al– traddittoria dell'uomo. Quando.[ l'occhio destro, le macchie co– àopo l'inevitabile silenzio che !orate dei fiori e le fattezze di segue la scomparsa di un au- un volto.· Eppure questi ,barlu– tentico scrittore, specie se ar- mi ultimi della ,visione abolita tlsta, si faranno sentire, sem- sembrano miracoli gaudiosi a pre meno timidamente. voci un uomo che da più di venti nuove a riproporre l'ascolto di anni vive nel terrore del buio quella che ,fu la vicenda lette- perfetto. raria e spirituale del Papini, apparirà, invece, chiara l'inti– ma fedeltà della sua anima nel far convergere l'intelletto su uno stesso itinerario di poesia Non basra: ;,o sempre la gioia di poter ascoltare le parole di -un amico. la letbura di una bella poesia, o di una bella sto– ria. posso sentire un canto me– lodioso o una di quelle sinfo– nie che danno un calor nuovo a tutto ressere. E tutto questo r,on è nulla a paragone dei do– ni ancor più divini che Dio mi ha lasciato. Ho salvato, sia pure a prezzo di quotidiane guerte, la fede, l'intelligenza, la memo- Pianto.d 1 un amico La morte di Giovanni PapJ. ni ci trova attorno alla sua tomba - già sfiorita dopo mesi daJle occidue tenerezze dell'autunno - pieni di lul, ricchi di quello che cl lascia quanto poveri per la sua scom– parsa terrestre, e !orse anche il modo del nostro dolore è stato in parte egli stesso • mo– dellarlo, Perchè noi come mol– tissimi altri che non lo sanno. o non lo vogliono riconoscere, siamo suoi discepoli e con or~ goglio ne portiamo nell'anima l'eredità. « ·rutti del>bon-0 •a. JuJ qualcosa: magari un mo– mento fugace d'esaltazione, o un moto improvviso dell'ani– ma; Ja scoperta d'un libro, più spes,so d'un mondo; la. fierezza d'un ideale. se non addirittura della fede. il gusto dell'arte, se non addirittura della vita; il disgusto della viltà, se non addirittura della morte spiri– tuale», 6Crive, !ra i tanti ami– ci, Piero Bargellini In una com– memorazione che quasi è più un ruggito che un pianto. tan– to v"insorge l'ansia che la me– moria. la gra_ndezza dell'amico sia per essere tradita dall'in– comprensione e dalla malafe– de dei più. E' questa sua poltrona di agonizzante cbe si affolla del dlscepoll più commossi, ma sopratfutto più persuasi anche sul plano della poe,;ia e de] messaggio papiniani. Se Pa– pini fosse morto prima della conversione del 1919, egli sa– rebbe stato solo un imperso. nale. enciclopedico maestro di negazione e di disperazione: avrebbe reso una testimonian– za capovolta della Grazia e sarebbe rimasto uno dei tanti Renan: più che un ~ maestro nero», un maestro inutile e perituro. Se ci avesse Jasciatl dieci anni orsono, prima della cecità e della paralisi, la sua lezlone sarebbe rimasta. in– compiuta, per molti anzi vana e indecifrabile. E io almeno, pur ammirandolo, forse non avrei saputo oggi scoprirla e riassumerla. .La Provvidenza ha voluto invece che la sua navigazione fosse precisa e conclusiva, nell'apparente in– temperanza e tumulto del suo serpeggiare. Che trovasse una foce. e nella foc11 un porto. Cosi prese congedo da noi: buono e luminoso come un pa– triarca. Nel verminaio convul– so del dopoguerra questa sua voce delle «Schegge• suona sola ed estranea. come un pu– ro violino serotino nel fra– casso di una rissa. E noi amia– mo quest'ultimo Papini che va ricapitolando i suoi temi au– tobiografici e giunge a !arll colncldere con quelJi di una autobiografia Ideale e univer– èale dell'uomo. Le cose acca– dute, i luoghi visti. i sogni e le battaglle tutti, gli o! fanno fantasmi attorno. come ilgll !orti: prodighe creature che l'amore ha richiamato a casa in tempo per !"abbraccio del padre. * e di fede. I momenti di crisi, che sa– rebbe semplice nominare coi titoll di non ;podhì suoi libri, quei titoli, il più tdelle volte, calati sull'opera quasi a sug– gello di essa, si identificano con la 1breve esaltazione di una parziale sc!>perta, lì per lì ap– tli La 'mia testimonianza per Ja morte di Giovanni Pa– pini, ha soltanto il volto del dolore e l'amaro delle lacr1mE:-. Le critiche e gli inventari che si pu 1 'Jb1icano ora nei giornali sui suoi meriti d•i letterato. non mi sembrano neppur riguardare il mio Papini, I suoi stessi libri, che ml stanno intorno, Il guardo piuttosto come creature vive che come testi Jet.terari. Perchè Papini. per me, è soprattutto Lui, l'uomo. la sua an;ma: è la sua vigile, fraterna, animante preGenza, ch'io rimpian– gerò per tutti i giorni che mi rimangono. è la suo assi– stenza soccorrevole di maestro, la sua affettuosa com– prensione e benevolenza. L'opera maggiore di Papini è forse da ritrovarsi, ano– nima, di tra la schiera dei suoi amicl, che furono in vario modo, da Lui, vorrei dire, « beneficati>. Chi non ebbe con Lui dimestichezza per qualche lustro o de– cennio, forse non ml può capir bene. Intendo dire che Papini aveva il genio della comprensione e dell'aiuto generoso per chi gll pareva meritevole. Con la parola incisiva e stimolante, maga;! con i rimbrotti arguti e sferzanti, con gli stimoli per far lavorare. per spingere a qualche opera degna, con la sua dignità ed il suo IIEBORA ese,npio nell'operare e nel soffrire con pazienza, con lutti questi incitamenti di cotidfana, spirituale eleva– zione, Papini ha costruito oltre quello dei suoi libri, un altro grande edificio. di stupenda religiosità. mora– lità e poeticità. senza strutture ben definibili, ma mi– steriosamente suggestivo. Le sue Jodi pacate, i suoi cor– diali anche se pungenti rimproveri, il suo fraterno in– coraggiamento a lavorare, sempre dettato da superiore disinteresse per ognì degna affermazione spirituale. ri– marranno come una luce amorosa diffusa sulla sua gloria. Non dobbiamo ricordare Papinl come se il :;uo splrito non fosse ancora tra noi a stJmolarci ed a guidarci; come se il monito a bene operare. dormitanfrum animo– ru.m excu.bit0r 1 non rimanesse valido per tulti, come &e la sua voce - quando ancora vibrava d'intelletto d"amo– re non si ripercuotesse tuttora come un'eco mLoi;terio– sa~1ente viva e persuasiva. Alziamo anche noi, accorati. il lamento <:li Adonais che gli era caro: • ... Egli non è morto, egli non dor-. egli si è risvegliato dal sogno della vita; siamo noi che. smarriti in visioni tempestose, continuiamo a lottare invano con dei .fantasmi•. PIERO REBORA Alludo a quella che vorrei chiamare la sun seconda, fi– nale conversione Giacchè pe, lui non doveva bastare la con– versione a Cristo: occorreva quella ulteriore riconciliazio– ne c011 Ja vita. con la terra. con Je meravigJie del creato. con le creature minute e la suppellettile domestica: inilnt con la gioia di vivere, proprio quando la vita era solo un ricordo di vegliardo immobile e cieco, un alitare di care om- E la lezione d! Papini ri– marrà ben questo: una lezione d'amore che deve ancor dare il meglio del suo !rutto dentro e !uori di noi. Per oggi essa è tutta. intera e fragrante, nel– le mani dì Anna, la piccola amanuense di quanto egli ha voluto dettarci prima di an– darsene. Anna. l'ultima alunna e insieme l'ultima maestra dì amore del grande innamorato Giovanni Papini. LIDGI SANTUCCJ oarsa come essenziale; ma poi ria, 1 'immaginazione, la !anta– ~iconoscluta. almeno tacltl'men- sla. la passlone di meditare e te, per una aperura di validità di ragionare e quella luce in– soltanto transitoria: donde il teriore che si chiama intuizio– breve compiacimento e, di con- ne e ispirazione. Ho salvato an– seguenza, anche [I !breve ri- che l'affetto del familiari, la poso. La creduta staz.ione di amicizia degli amici, la facoltà arrivo, subito che ,gli sJ rive- di amare anche quelli ohe non lava quale staz.ione di sosta, era conosco di per.sona e la felicità abbandonata nel faticato e fa- di essere amato da quelli che ticoso viaggio. Il rischio dello ml conoscono soltanto attra– smarrlmento si r!);olveva, dun- verso le opere. E ancora posso que, ogni volta in un esercizio, comunicare agli altri, sia pure esemplare per• obbedienza e con martoriante lentezza, i pazienza. Sono es,,e le virtù miei pensieri e i miei sénti- che illuminano, éome s\ella- menti. "' cometa, la buona volontà di Papini. Dipende. perc10, a mio pa– rere, da una conoscenza plutto– sto occasionale dello scrittore e dell'uomo. parlare, come si è fatto per molti anni, e come si contiuua a fare ancora, d1 una conv~rsione del Papini, documentata suJla " Storia dl Se io potessi muovermi, par– lare, vedere e scrivere. ma a,vessl Ja mente confusa e ot– tusa. l'intellgenza torpida e sterile, la memoria lacunosa e tarda, la fantasia svanita e stenta. dl cuore arido e ind:if- Anticip • I d'epistolario E" un·ansia che turba anche me, mentre mi associo a que– sta serata di commemorazio– ne papiniana. E sono contento di essere ancora abbastanza giovane perchè questa mia po– vera testimonianza rechi alme– no la smentila di un falso luogo comune: che l giovani avessero voltato le spalle a Papini; avessero da tempo ces– sato di comprenderlo e di vo– lergli bene. Certo, da circa tre lustri a guasta parte fu snob disprezzare Panini. E scaglJ la prima pietra chi anche fra noi non s'lnçlignò, non s'incol– lerl, non si deluse talvolta di lui: chi non se ne scandaJJzzò. Perchè, si, Ja sµa fu una le– zione difficile. E non tanto per le intemperanze. le eccen– tricità del funambolo, l sog– ghigni dell'«antropofago~, del– lo «scrittore belva» (che an– zi parrebbero garan lirgli il EttoreAllodoli Cristo•. La couversione è. sempre, u.na determinante assoluta, pe– rentoria. donde il convertito, pur rifuggendo dall'averne con– sapevolezza. accede all'area della samità. Di solito Ja con– versione si potrebbe anche de– finire una sublimazione, che si manifesta nel pr"ocedere. conse– guenziale, della volontà per le asperità dell'ascetica, sino al– J"ingres,;o dell'anima nel giar– dino dalla mistica fioritura. Co– munque essa implica soltanto una alternativa di pene e di slanci, conglungenti il deside– rio all'ardore. ferente, Ja mia sventura sa– rebbe infinitamente più terri– bile. Sarei un'anima morta den– tro un corpo inutilmente vivo. A che mi varrebbe di possedere una favella intèlllgLblle se non avessi nulla da dire? Ho sem– pre sostenuto ia superiorità dello spirito sulla materia; sa– rei un truffato1·e e un vigliacco se ora. arrivato al punto dPlla riprova, avessi cambiato sotto il peso dei patiri ». * Carissimo AttiUo, abbi pa– zienza se non ti ho scritto pri– ma. Gli ultimi due giorni che ero costd ho scritto più di cin– quanta lettere e Ilo ripreso la penna in 1nano solamente sta– mani». Più di ci11quanta lettere in due giorni.? Non era un'iperbo– le per giustifica re all'amico Vallecchi una pur breve pausa di silenzio. C'è da pensare fos– se proprio l'esatta realtà. Se al– la sua opera di scrittore intese attribuire costantemente il sen– so di una missione be11 pii'< e/te Letteraria; se i suoi Hbrt si pre– sentaron quasi tutti come mes- E poi. a conclusione di un"al– tra Scheggia: Papini resta, invece, nelle particolari e parziali xisoluzlo– m fin q11asi al tenmine della sua vita; sin dopo. a voler precisa– re. l'uscita del suo libro • Il diavolo,, nel quale si ba una ,-sovbitaote. terrestre, !Persino polemica, interpretazione dello ~more divino. che Je medita– zioni, ricorrenti nella solitudi– ne de!Ja malattia. ricondurran– no alla misura celeste. quella che è nell'ordine stesso della "canna d'oro• dell'Apocalisst. "E' tornato il sole, è tornato Dio. Quando. ai miei occhi di prossimo sepolto, il sole per la ultima sera varcherà le mura c>cddentali, Dio saràl sem,pre con me. sole dei soli 11, saggi di verità e di salvezza, i11dirizzati a tutti gli uomini., per riformarne la difettiva na- tura. e chiedeva no in qualche modo. così. una risposta.; non diversamente il suo bisogno rton m.ai sazio di comuntcare con gli altri si ma11ifestava nel– le 1etterc che per tutta la vita fu solito scrivere, ì.n numero certo eccezionaie, sia agli ami– ci più o meno vicini. più o me– no illustri, sia puntualmente rispondendo, fin quando poté, a tutti gli a11onimi lettori cne gl.i si rivolgevano Anche nei 11w– menti di più felice vena, il pe11- siero del nuovo libro non lo dominava m.ai totalmente; cosl che, senza sacrificio, ma co11 al– trettanta felicità, interrompeva il lavoro un'intera giornata o– gni tre o quattro, per la cor- 1·ispondenza. Né minore soddi– sfazione gli abbiamo conosciu– to. quando. anzichè numerare col lapis colorato le cartelle manoscritte deU'opera nuova, contava e soppesava le buste piene, vi appiccicava da sè • francobolli. Fra •Je mura della morte che già si chiudevano attorno egli, fin.ito per ostinata consunzione. nell'in<volucro del corpo sino, c non un minimo di più. ai misteriosi limiti deil"intelJetto, giunge, alfine, al conseguimen– to di una superiore ;pace in meditazioni e contemplazfoni, ormai. necessariamente, verti- ...cali, sino a trasferirsi, del tutto, con l'anima, sulle ali della gra- 1.ia , quale parte viva dell'albero. al quale ~sù stesso dà figura all'inizio della Passione: • Io la gloria che desti a me l'ho data a loro. ond 'essi siano uno: co– me noi siamo uno. Io in loro e tu in me. che sia.mo consumati nPll'uno. e sappia il moodo che tu mi hai mandato e che li ami come amasti me». Di ciò, a parte testimonianze personall, fanno fede alcune tra le sue ,, Schegge•, pervenuteci. se ri– fletto a quanto so e a quanto ho visto. direi quasi miracolo– samente. " Mi stupiscono, talvolta, co– loro che si stupiscono della mia calma nello stato miserando al quale mi ha ridotto la malattia. Ho perduto l'uso delle gambe. delle braccia. delle mani, e so– no divenuto quasi cieco e quasi mutò. Non posso dunque cam– minare nè stringere la mano di un amico nè scrivere neppure il miO nome; non posso più leg– gere e mi riesce quasi impos– sibile conversare e dettare. Cerio, dunque. fu necessaria alla finale purificazione di Pa– pini - ricordiamo l'articolista di Lacerba - la prova della sua malattia: un prolungato martirio. Ma se è lecito. a que- sto punto, indagare quale ab– bia potuto essere, verso di lui, la maggiore sollecitazione del– la grazia, sentiamo ohe dovre– mo rifarci dal suo. sempre, ap– passionato cuore. Non mai < arido e indifferente»; sem– pre disposto. anzi, per dono di calore nativo, a bel1e e improv– d.se aperture. sulle quali tanti buoni lettori e, tutti, gli amici. possono lietamente testimonia– re. In me resta incancellabile il ricordo di come lo vidi pochi giorni ,prima dhe morisse. La testa messa in tutta evidenza anche perchè quasi in abbando– no sulla spalliera della grande poltrona. Io ero nel cerchio do– menicale degli affeziona (J aml– ci. Per la prima volta. in q•1el– la sera estiva, il Papim appa– riva staccato. assente dalla coniversazione che. mossi da pietà, cercavamo d'intrecciare, colmandone i ricorrenti vuoti con parole di ansia, le quali tradivano, lo stesso, la forzata disinvoltura. Gli occhi, quegli occhi, che lo avevo visto tante volte argutamente e bonaria– mente sorridere sotto le spesse icntl. spingevano il semispento chiarore ceruleo del tutto ruori dall'orbita. La bocca ostinata, In tlrare, al posto della guan– cia destra ritratta. La pelle. inscurita. aderente e purtutta– via in abbandono, sulle oss! del volto. Egli mi si ri ,dava, • po– co a poco, per ra'isnmig!ianza crescente, come uno di quei Cristi bizantini cile v1st1 una volta, anonimi. ma t'ernu. quR– si di pungolo. riman~Pno 1•e1Ja memoria NICOLA LISI Ecco perché diciamo che quelle decine e decine di mi– gliaia di lettere, profuse in quasi sessant'anni di operosi– tà ininterrotta, son destinate a darci. quando verranno pubbli– cate, non soltanto una docu– mentazione estremamente stt– molante della cultma e della vita nei vari tempi che egli attraversò, da protago11ista spesso, a testimone attentissi– mo e interessato sempre, ma anche l'immagine nuova di un uomo in cui non vennero mai meno pienezza d'affetti, neces– sità di partecipazione, amore del mondo. Immagine nuova, in qua11to liberata davvero dai travestimenti diversi sotto i quali l'opera letteraria (e la sua fortuna) volta a volta ne dissimularono la piit profond.a e vera umanità. E d restitui– ranno, questo è certo. l'alta misura dello scrittore. Dai due carteggi che abbiamo potuto fugacemente vedere, quello con Attilio Vallecchi e quello con Piero Bargellini. riportiamo alcuni brani che testimoniano dell'uomo e dell'opera. Il 4 luglio 1914 scrive a Val– lecchi. ed è la prima lettera datata Pieve Santo Stefano, dalla sua casa famosa di Bui- * di IUARJO GOZZlì\"1 compagno d'infanzia ciano, finita appe11a di tiro r su: ...Mentre te scrivo un bel ven– t.o fresco mi scompiglia le bu– ste e mi scende giù per il col– lo. Questo per consolarla della mia assenza - se per caso il d.ispiacere ha resistito alla pro– va classica dei tre giorni. Si sta ben.e. Ieri piovve e oggi l'aria è giusta e pie11a- di salute. Su per il mio poggio sta salendo una carovancL di bovl e di duchi che portano i miei mobili. Sarei vicino atla fine delle mie tribolazioni se l'imbianchino avesse finito - invece ha appena cominciato. Ci va rrd tutto il mese per si– stemarnii da gran signore». E a Bulciano ritornò, per trent'anni. e vi lavorò se1npre con alacrità nuova, in compa– gnia del vento: . ~ Quassù par d'essere alla fi– ne d'ottobre: una tramontana che mugghia proprio nel mio studio mi fa compagnia tutto il giorno ed è freddo e spesso piove. Ma io lavo·ro Io stesso,,,_ E' il 25 agosto del '20. Sta– va fonendo la * Storia di Cti– stq ». Podi.i giorni prima. U 7. aveva scritto: * Scusa se scrivo poco e di rado. Sto lavorando a tutto an– dare. Tt, mi pari.i d'una vitto– ria lmminente. Quale? Se si tratta della ltta casa editrice, mi pare che la vittoria c'è di già. Esser diventato in poco più dì un anno, uno dei più. grandi e stimati editori italiani, nti pare w1 resultato tale di insu– perbire clt!u11que. Ma il tuo trionfo definitivo sarà nel 1921. Bada che io qualche voita so– no profeta. E ti sare, amico fe– dele anche se tu non fÒssi il m.io editore ... E' necessari.o ohe i: lib·ro venga, per qllanto pos– so, perfetto. Di salute sto be– ne e iavoro senza sforzo le 1nie otto ore al giorno. Dentro set– tenibre mi vedrai arrivare con un grosso pacco d'originale. Vorrei uscire in ottobre~. Non uscì in ottobre. Ma nel marzo 1921. E la profezia pun– tualmente s'avverò. A Bulciano rimase, senza ri– tornare a Firenze, nell'inverno tra il '43 e il '44. E-ra un du– rissi·m.o inverno di guerra; ma il lavoro, la sua fedeltà d'ar– tigi.ano al 1)1"0priomestiere, no11 pativa soste né smarrimenti. A Bargellini. i! 10 marzo 1944: ~ Da un mese son prigioniero della neve e flagellato dalla tramontana, che romba e fo– schia attraverso ! vetri de! mio studio. Ma nonostante tutto e a di– spetto di tutto ho cercato di lavora-re. Vorrei clte fosse uero quello che dici delle mie ope– re. A questa che sto scrivendo vorrei raccomandato tl mio no– me se la terribilità del!' argo– mento e la sua gravità e vasti– tà non o!trepasseranno !e mie forze. Il titolo è q1,ello stesso del– l'affresco di Michelangelo siti prestigio, in anni come i no– fondo della Sistina: Il Giudizio bia,no trascorso giorni tremen- stri di truculenza letteraria) Universale. E' l'idea antica clte ti. Molto lto perdu(o ma in ve- Ma più probabilmente perchè s'incontra nell' Uomo Finito rità nulla 110 perduto pere/tè Papini sembrò imporre Je sue (Dies irae) 1na svolta men ro- l 'an.i.ma è fa.tta, 1ni sembra, 1n.i• scoperte, i suoi amori e Je ~ue 11ianticamente e più cristiana- gLiore in queste prove e si collere e i suoi culti - i suol 111.ente. Tutte le mie risorse e salverà... contenuti, in3omma - con Ja riserve di poeta, di pensatore, L'avvenire dell'Iw.lia e del spavalderia di un linguaggio di credente, di moralista, di mondo è peggio che buio, ma spesso eroico ed egoista, clas– sto·rico. di uomo visruto tenta non dovrà più. fortemente sìcamente sonoro: che !u iaci– di spe11dere in questo libro gi- splendue, proprio per questo, le. negli ultimi decenni, deil– gantesco e tremendo. ta luce di Cristo? E non tocca nire fastidiosamente « retori- Ho cominciato il lavoro nel ancne a noi riaccenderla e di- ca» solo perchè non somlglla- 1940 - spero d, finirlo dentro fenderla?». va alle altre più recenti relo- il '44. Ho g,à scritto 4300 cartel- E' . 1 1 d i reso riche che Ci giravano per casa: le. Molte pagine son da rifare. , ' tema e te sar r P . quella ambigua e spesso co– t-utte da l.lmare. Tieni per te i. airno seguente, a f!Uerra fi~•- moda dell"ermetismo e quella q1teste notizie e prega elle Dio ta,. nelle lettere d, CeleSh_no bastarda e sbracala del reali– mi dia fòrza di non sembrare VI. 1 l s~gno de~la trasformCLZio- smo amerlcanesco. Restando troppo inferiore al stiperbo as- ne degl, uomtm attraverso Crt- fedele al suo stile Papini pa– sunto ». sto. Ma in questa Lettera un re invero aver scelto. con gbi- Non lo finì nel '44, le cartelle altro tema appar_e, quel_lo della gnante dispregio, la strada crebbero anche negli anni clte sal_vezza dell amma, sicuro e dell" impopolarità, Ja dispettosa seguirono, diventaron più di gridato qui, ma tn qualch~. mo- e sfidante posizione dell'ana- 6000 ma il sogno superbo _ do preludente a quella g1a ce- cronismo. Ci sono libri sba– ~ sogno taumaturgico, vertigi- lebre pagina di dieci anni più gliati e ci sono pagine retori– no8o, invincibite,. aueva scril- tardi degli ultimissimi anni,· che di Papini. Ma nella gran– to nell'Uomo Finito _ non è nella qua!e, dopo prove certo diosa stimma delle sue opere, a 1 ,cora tradotto in piombo e in.finitamente più aspre di quel- scaldate dalla fiamma della carta stampata Da ltii nor. lo le della guerra il sognatore su- genialità. la «retorica» di Pa– sarà più. perbo inchiodato e muto ora, pini è un mito sbrigativo e La tramontana gli era com- nella' conquistau, umiltà; vit- bugiardo: è colpa i:ion sua ~a pagna nel lavoro; rria di l.ì a torioso davvero e per sempre, nostra, che ne ab~iamo f!a.lll~ poco, per il vento deUa guerra, prega cosi: ~ Ma io spero che teso 1 accento. d1Bavvezz1 aJ dovette abbandonar la sua ca.sa. Dio mi concederà la grazia, no- romb'? della _sua vera, !?rza Da Arezzo, il 20 settembre nostante tutti i miei errori, di scan_d1ta nel rigore dell ariste- del '44. scrive a Bargel!ini: giungere all'ultima giornata crahca eleganza. ~ Poco mancò che la Verlla con l'anima intera» Certo Papini non può dirsi non fosse il mio sepolcro. Ab- 1'1ÀRIO GOZZINI ~e~ni~a:sl~1 ;i~to s;~~1ico1!~i ULTIMO RITRATTO *' LlJIGI FALLACAIIA proprio percbè come tutti gli esiremisti. i sopravvissuti per sola forza di genlo, ha navi– gato su un limite arduo e mi– sterioso. Per tale rùipetto egli rimane un solitario senza scuola, con tanti amici e nes– sun possibile discepolo. Guai agli epigoni di Papini: ren– derebbero il peggior servigio al maestro. La lezione dello scrittore Papini ha un altro carattere, tipico e costante in quasi tutte le figure dei veri grandi: che non può essere colta e assimL lata da cbi non Ja illumini e non la decifri con quella dell'uomo: pagina e biografia. interpretate con studio e amo– re paralleli. C'è un periodo nella vita di Giovanni Papini che è pochis– simo conosciuto. o soltantò per qualche notizia via via data dall'unico che di quel periodo è stato testimone. E' il tempo de1'ragazzo Papini che ha avu– to il suo sviluppo tra il 1891 e 11 1898-1899: un lungo pallido dinoccolato ragazzo, serio e in– sieme motteggiatore, beffardo terribile, con caratteri che poi si man1!estarono in pieno ma che allora erano in erba; di· versi a:>eròda tutti gli altri. Se poi questo ragazzo non fosse divenuto Jl celebre scrittore che si chiamava Giovanni Pa– pini. se questo ragazzo !asse morto su.i suoi dodici o quindi– ci anni o vissuto tranquilla– mente attendendo ai registri dJ cassa nel mode6to negozio dJ mobili in Borgo degli Albizi, o avesse !atto il maestro elemen– tare servendosi del suo dlplo– ma preso alla Scuola Normale (cosi si chiamava allora l'Isti– tuto Magistrale) di via San Gallo, ebbene questo ragazzo sarebbe restato ugualmente il ragazzo che fu, che colpiva for– temente neJla sua infanzia e nella sua prima adolescenza tutti quelli che lo conobbero. Nessuno lo ha conosciuto più intimamente di me. di classe inferiore s1 legò per un istintivo bisogno di gioco nuovo, puerilmente serio o se– riamente puerile, che gh do– vt?va servire di sfogo spiritua– le. Cominciò a scrivere libri, a fare giornali e riviste con lo aìuto di un po' d'inchiostro e un po' di carta raccapezzata qua e là. Queste fanciullesche e intellettualistiche esperienze durarono alcuni anni anche quando Papini andò alle scuo– le tecniche e l'altro invece al ginnasio. Papini ha sempre dimenti– cato questa sua produzione che però, come vedremo, è inte– ressante: nel suo romanzo li• rico Un uomo finito che non va preso propriamente come documento autobiografico, non accenna a tale v~mente desi• derio d'imitazione dei grandi ma quando dice, in principio del volume, • io non sono mai stato bambino • viene ad allu– dere al periodo in cu.i visse e si formò il Ragazzo di cui par– liamo, Esistono quadernetti scritti con la sua calligrafia allora un po' più rotondetta e 'imi,J~ di quella che ebbe dopo ma so– stanzialmente molto simile. Uno di questi romanzetti che non sono un copiaticcio di Ver– Prime a fermarsi furono le gambe che percorrevano a grandi p&ssi la città-. Si fermarono sottò uno sciaJle scozzese. Poi si ab 1 .Jassò la mano sinistra, mentre Ja destra poteva ancora vergare le pagine. Era aneora vita che fluiva in nero ilio d'inchiostro dalla punta delle dita. Poi cadde anche sulla mano destra il grande peso. L'lnchioslro non scorreva più; si era raggrumato e sec– cato per sempre. Ma rimaneva !"aria, egli poteva ancora formulare la sua parola nell'aria, riconoscersi in essa, muoversi In essa. La vita era tutta Concentrata in quel– J'ar-ia che usciva dalla bocca modulata in parole. Egli forse vedeva solo questa, perchè il re,;to per lui era già ombra. e ombre. Egli era ormai un grande tronco inaridito, con la vetta ancora percorsa da voli. Poi, d:Jche la voce si spense. Ma, a mano a mano che il corpo diventava immobile, la vita saliva sempre più su. Ed egli la reggeva coi busto saldo sulla poltrona, la testa eretta. o,nbrata da capelli devastati ma ancora a grandi ciocche, la bocca ancor più vuota che per la mancanza dei denti. Nessun lamento, nessun ritorno no,;talgico erano in quell'aleggiare di pensieri intorno a quella testa muta; solo la consapevolezza di Jover portare intatto, come un nau(rago sulle onde alla riva, un mondo sofferto, giudicato, ma, soprattutto. amato, E perciò sorrideva; non c'era sforzo in lui, come non ce n'è mal sulle cime: come non ce n'è mai nell'amore. Cosi i suoi pensier·i supremi furono i più belli, ed egli dovette sentire la morte venire dalla cima, per Cogliere l'ultimo suo flore. Il più alto. LUIGI FALLACARA Beati quelli che hanno come me (e sono molti) un incontro. un aneddoto giovanile con Giovanni Papini. Chi ba sag– giato il sapore dell'uomo seden– dogli o magari tremandogli ac– canto nella vecchia casa fio– rentina di via Guerrazzi: la burbera e subito tenera. qua– si fanciullesca bontà. Affermo che per raccogliere senza frain– tendimento la sua lezione è ne– cessario averlo conosciuto e re– spirato vivo. Chi non abbia incontrato per esempio, nella sua primastica e imprevedibi– le figura, la !accia dell'umori– smo (quell'umorismo papinia– no beffardo e sarcastico ep– pure bonario e giocoso. le bur– le e gli epigrammi satirici ai letterati. i motti ~ gli aned– doti comicissimi) non coglie intera la lezione di Papini maestro, non saprà interpre– tare in luce di segreta Ironia Lo sfondo in cui si muoveva ne o di Mayne Read (Salgari questa figura è il più bigio e non era nelle nostre simpatie) meschino che si possa imma- è contenuto io 45 paginette ginare. In tale grigiore anti- ormai corrose dal tempo. In eroico le arditezze di pensiero esso si racconta una storia po– del fanciuUo assumono, per liziesca a proposito di un ca– contrasto ,un valore quasi sim- davere trovato nella miniera bolico. La vita Abitudinaria di di Morgantoco: viene arrPstato lui si svolgeva nella parte più il protagonista del racconto ristretta della gloriosa città: come supposto colpevole ma tra il Bargello e Piazza della costui fugge e si rifugia m un Signoria, tra piazza San Fi- alberguccio di Londra. Jnse– renze, Santa Croce e il palaz- guito da polizie di vari paesi zo Nonilnito: le case ove i suoi traversa Europa ed Asia finchè abitavano erano, ora in via tornato in America a s. Fran~ Ghibellina, ora in Borgo degli cisco, questo tale si dà per Albizi, sempre all'ultimo pia- vinto e si consegna alle guar– no a cui si arrivava per scale die che lo hanno raggiunto. dirupate, lunghe, faticose. La Ma, oh meraviglia, invece di scuola elementare era In via sentirsi dichiarare in arresto dei Magazzini. piccola strada gli viene annunziato che il ve– con le case alte che pare si ro assassino era stato scoperto uniscano sopra le nostre teste e che un suo zio gli ha lasciato per nascondere il cielo. A due una eredità in titoli sulla San passi il teatro della Quarcoia Francisco 'S Bank ammontan– po1 detto Nazionale (ora adi- te a 22 milioni di dollan, più bito a cinema) dove Stente- un'acciaieria a Chicago e un rellc- ogni sera faceva la sua albergo a New York. lo nes– comparsa nei drammi popolari sun romanzo di Verne c'era divisi in atti e quadri e pre- un'ironia intenzionale e spon– ceduti da prologhi, con l'attrai- tanea più acuta di questa: chi tiva di un combattimento ad si credeva il più disperato de– arma bianca dei Tramagnini; gli uomini trova a un tratto più in là la casa di Dante e d1 la ricchezza, la pace, l'amore; fronte la Pretura schiamaz- perchè la fidanzata, una certa zante e piena di figuri e di miss Lucy, che non ba ma, du– cavalocchi: daJJe strade vicine, bitato della sua innocenza. di– ove c'erano depositi di grossi- venia sua moglie. La sorpresa sti, veniva un odore di bacca- paradossale che la vita può là secco che entrava dapper- procurare era più che mai de– tutto e pareva restasse appie- scritta in un altro romanzo di cicato alle vesti. Dentro que- cui il Ragazzo stese soltanto sl'aria grassa, sotto questo pi- la trama. Aveva letto in un gro cielo, « vidi un fanciullo giornale che certi animaletti pallido e dimesso• Faceva la microscop1cl rodono carte e quinta elementare: non aveva documenti in modo cosl rnvt• compagni a cui desse la sua slbile che quelle carte e quei amicizia o la sua protezione documenti rimangono apparen– o a cui si svelasse. Ma ad uno temente intatti ma basta toc- tante pagine che sembrano
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