la Fiera Letteraria - XI - n. 47 - 25 novembre 1956

Domenica 25 novembre 1956 Vittorini e il Premio Salento riceve il « Premio alcnto 1956 » da Luigi amministrazione provinciale di Lecce alla presenza di M. Bellonci e M. Saponaro deHa CON ·ORESTE MACRI' tra i poeti del nostro secolo * d·i GIACl1 7 TO SPAG,l'OLE'l'Tl L'uscita del nuovo volume di saggi di Oreste Macrì: Ca– ratteri e Figu.re de!!a Poesia Italiana Contemporanea (Val– Jecchi, 1956), Si pTesta a va– rie considerazioni, di indole storico-letteraria. e perfino psicologica. sul piano dell'in– teresse che la lirica del no– stro tempo è venuta man mano suscitando nell'autore, dall'inizio della sua attività ad oggi. Questo interesse fa parte jnnanzitutto degli svi– luppi della nuova critica ita– liana, ma è al tempo stesso singolarissimo di Macrì. che già nel 1941, licenziando gli Esemplari de! sentimento poetico contemporaneo (« ela– borati, come egli ora dice nel– la premessa attuale, nei pri– mi quattro anni - 1936-1940 - de!!a gioventù creativa della mia generazione • J pro– metteva: « Un bel giorno prnbabilmente solleciteremo noi stessi a donare una sin– tesi unanimemente consonan– te di queste varie e diverse file analitiche. per le quali abbiamo tentato di persegu!– Te alcunchè di molto .:.•.u– nente alla poesia. 4uale :1 set, timento poetico •· Da a:· Jora anzichè tentare una sintèsi. quasi timoroso « di legiferare sub specie aeter– ni » Macri si è tenuto ancora alle' « spaTse fila•• conti– nuando un costume proprJo della sua « generazione •. for– se coincidente con l'illusione di protrarre « la giovinezza e la mHizia letteraria •. Un modo di dU'endersi contro le inesorabili svolte del tem– po quasi che una visione sto– rica completa della poesia possa privare del piacere di restar fedeli ad un'ideale di azione critica giovanile? Sem– brerebbe una ben strana ra– gione questa addotta. per cui al posto di un esame 1;1inu– zioso (o se vogliamo d1 una sintesi) adeguato a un pe_– riodo letterario - tutto tl secolo in corso, nientedime– no - il nuovo li<bro Si vede procedere per balzi e per H– Jumfnazioni particolari, sten– dendo un'ombra -sull'even– tualHà di un'oTdinata e gra– duale trattazione in chiave storico-letteraria, quasi il dubbio che ancora essa non sia possibile, nè augurabile. Già ci pare, difatti, di sentir concludere il lettore di que– sto libro: se- in quindici an– ni di intensa « millzia lette– raria•• Macri, come si desi– derava. non è riuscito a ~e– nir a capo di un orgamco disegno critico, vuol dire che c'è da disperare che questo accada presto ad altri, e do– potutto. vista la gran diffi– coltà non è male, forse. che tale panorama storico-lette– rario ci manchi. In Tealtà, poi. leggendo attentamente nel libro, al_-, meno nella sua parte cospi– cua e non occasionale - che è la prima intitolata ai • ca– ratteri • e alle •figure• del– la poesia attuale - un dise– gno storiografico balza ev~– dente, anzi imperioso: turb_i~ na e non si vede solo da cm non vuol vederlo. L'arte del critico sta proprio nel celarlo alla gente di poca fede, col tono della dotta conferenza (un po' privato ed egemom– co). condito dall'entusiasmo, del resto giustificato, di colui che si sente parte in causa di almeno uno sviluppo im– portante - quello ermetico - determinatosi nella no– stra poesia dal '35 a'1 '45. On– de l'impressione finale: che se anche di proposito Macrì si fosse accinto - co:ne ha fatto per la poesia spagnola di questo secolo - al « !JQ– norama •• adoperando tutti gli ingredienti necessari alla sua sublimazione criti~a, il risultato. in ultima analisi. non sarebbe stato gran che differente. ai fini della sua trattazione. L'idea che Macrì qui ma– nifesta della nascita della poesia italiana oggi trlon– fante, che è poi la defi.."lizi~– ne della sua vera e propna natura, sembra 11 roves::io della medaglia 'ncisa dal Gargtiulo nel noto « P,rno– rama • (e sappiamo ::be raz– za di incisione essa fu). Se– con<lo Macri, l'atto di nasci– ~ di detta t)oesia non va datato nè fra i crepusco1ari nè fra i futuristi, nè fra j vociani di stretta csscrvan– za. nè fra i rondisti d~: coté bacchelliano. La .IU0"a co– scienza poetica, so:~e arma– ta col canto dei Rebora, dei Campana e dei Cardarelli. sorvolando a ;noJta a,te;;za tutto il cosidetto peric<lo di tormento formaìe e morale deglj anni stessi. La Voce compresa, e le sue co1;se– guenze e reazioni. Niente - stando a questo ai!e,ma Ma– cri - nasce Jal niente: e niente era la oerdma pt•ra crepuscolar-fttturis,a, p,.JuC:e d'intervallo fr,;i la terr:i del– la Triade e que:la rad .ante dei Nuovi. Il contrasto con l'immagine c:·itica acqu:sta– taci dal Gargiulo è evidente: « La costruzione crH,ca gar- Giacinto Spagr,oletti è r,ato a Taranto nel 1920. Vive a Roma. Ha pubbli– cato un volwnie di poesie (A mio padre d'estate. Mi– lnno 1953), du.e romanzi (Tenerezza, va/lecchi. Fi– renze, 1946; Le Orecchie del .diavolo, Sansoni. Firenze, 1954), e ì,ari 1Jolt,mi di sag– gi e antologie dedicati spe– cialmente alla poe.sia con– temporanea. · La S'tia attività di critico. ininterrotta dal 1940, ,i è lnter,sifìcata in qu.e.sti tilti· mi temJ?i. Nato a Bologna nel '22, vissuto un po' dapertu\to nell'Italia Settentrionale. Laureato in lettere a Bolo– gna. Val '4:J al 1 -19 visse in Friuli, a Casarsa. Dal '49 vive a Roma. Opere: « Poesie a Casar– sa • (in friulano, Bologna, 1942), « Diarii • (Casarsa, 1945), « J pianti , (ib .. 1946), « Dov'è la mia patria• Un !r., ib.. 1948), « Nel cuore di un !anciullo • (in fl'., Tri– cesimo, 1953), • Antologia c!ella poesia dialettale del 900• (Guanda, 1952), • Dal diario• (Caltanissetta. 1954), « La meglio gioventù• (tut– te le poosie in fr., Sansoni, 1954). • li canto popolare• (La meridiana. 1954), • Ra– gazzi di vita > ( rorr,ianzo, Garzanti. 1955), « Canzoniere italiano• (antologia della giuliana si sforzò di e.sauri-. re gradualmente nn intero svjluppo seco!are di forma e tecnica poetiche, Jal pe– riodo melodico Jeo!}a:-duano ai ribmi ba1·bari, carduccia– ni. dal libero stroflsmo dai)– nunz1ano ai numeri sPn11- prosastici dell'um11i'.l\a, no– stalgica. autoironica pot>s!a crepuscolare, donde i! Ji1 :– smo, sterilizzato degli ele– menti w canto e ritmo, che perviene.stremato e boccheg– giante alle soglie dell'imme. diatezza e della essenzialità ungarettiana •· E continua: « Ora che abbiamo studiato meglio l'A!!egria sappiamo che è caduta la rettorica de– gli accapo. degli spazi, del sillabato. della parola vergi– ne. dell'umiltà. del fantacci– no, del misticismo astrale; sappiamo che per nessun mi– racolo Ungaretti sar~bbe riu– scito a passare dal ;:>0elici– smo prosastico leopardiano, carducciano. danounz1ano. crepuscolare al ritmo e al canto senza un nuovo aprio– ri lirico-sentimentale, senza un impulso nativo di ben di– versa natura: e tutto il resto dell'Al!egria resta documen– to personale di autoeduca– zione letteraria nella tensio– ne tra impressionismo e umanesimo ». Fermiamoci un momento, col pe1messo di Gargiulo e di Macri, a considerare se ili questione possa esser solubi– le nell'uno o nell'altro dei da li cri tic i oJTertici, Il meto– do «algebrico• di Gargiulo è chiaro che -soiTrisse della crisi di crescenza dello sto– ricismo,• a cui l'illustre criti– co aveva imprestato la sua duttile intelligenza lctt~r:i– ria (l'epoca del «panorama• di Gargiulo è que'lla del tra– pas o ideologico dal crocia– nesimo puro alle dominanti esclusive della critica for– malistica), ma tutto ciò che è «capillare» e discrim;na– torio nella lettura gargiulia– na deriva non solamente dal- GIACINTO SPAGNOLETTl (Continua& pag, 8) poesia popolare it., Guanda, 1955), Collabora a molte riviste letterarie (rubrica di poesia su « Il Giovedì •• • Parago– ne• e ora « Il Punto•). Di– rige, con Leonetti e Rover– si, la rivista « Officina ,. L'uscita de!!e poesie di Noventa, finalmente rac– colte in volume (ed. di «Comunità•), dopo an.n,i di attesa da parte dei suoi privati ammiratori, e premiate con uno squi!Lante Viareggio, ha rinnovato un certo interesse intorno a!La poesia dialettale. Anzi per molti è stata una scoperta, in quanto problema di stile _e fenomeno di cu!tura: e a!!ora si è avuta una sene di interventi che, riguardo a que! problema e a quel fenomeno, si dichiaravano apertamente agnostici o Le~ citamente incerti. Ma bastava, almeno, che questi facitori di recensioni e notiziari leggessero qualche pagina degli scritti usciti in questi u!timi anni del Devoto, de!!o Schiaffini, de! Contini, per rendersi ?on– ta, almeno, di come andasse impostata la questione, e ne!!a fattispecie, per capire i! fenomeno Noventa: cite non è affatto eccezionale. Anzi, è tipico. La scelta di una lingua inesistente in natura è un caso di que!!a che a proposito detta poesia dia!etta!e, vien definita « e~asività ». Che poi, nei dati interni, !'operazione in Noventa si complichi, si faccia inconfondibile, è naturale. Per anticipare un.a possibile ipotesi su tale 01·!ginalità, diremo che la • lingua. in.esistente • (un dia.letto veneto genericamente di terra ferma, circa tra Venezia, Pado va e Trev iso, se non erriamo), scelta da N oventa come materia.le - vero e proprio mate– ria.le grezzo - p er la sua poesia, è una lingua che, come spesso accade nei dialetti, implica una forma di salute psicologica, ne! poeta perduta, e ritrovata, per simpatia, nei parlanti: ma, ne! caso di Nove1!'ta, si tratta non della salute del popolano, del contadino, de! piccolo borghese artigiano, come per !o più ac– cade, ma della salute del grosso borghese cotto, ma- LA F l ERA I. El TERA RIA Pag. 3 LA COBRENTE LIGUS11ICA NELLA NOSTRA POE ANGELO BARILE e * ADRIANO 'GRANDE Col nome di Eugenio Montale, ripetiamo, potrem– mo considerar conclusa la nost1,a veloce rassegna; in quanto - e anche questo lo abbiamo detto - con lui cessa d'avere un senso non limitativo il parlare ancora di linea ligure nella nostra poesia. Monbale dnf\albtli non soltanto è H coronamento di tale J!Obusta linea, e uno dei suoj maggior.i protago– nisti, ma simultaneamente, e sopra;ttu,tto. è il fonda– tore d'una nuova corrente italiana: è Jl poPbatore d'un linguaggio poetico nuovo il quale, riuscendo a fon– dere l'eredità nativa coi più ap erti ,i nteressi europei, e a far consonai'C con l'animo ligu.re quello italiano, investe con i,an,ta energia l'int ero n ostro territorio poetico, da trovar forse un unico rJscontro, rper l'in– fluenza esercitata P'roprio nell'intima disposizione del poeta, oltre che sulla scelta e sulle attribuzioni del lessico, solbanito nel Pascoli. di GIOllGIO C .. \.PHOl\l simn Lamento per la figlio del pescatore, concorde– menk - e a ragione - r:tenuto una delle più belle poesie della nostra età: Ne, fresco glomo ha calcato si poca terra i! tuo piede scalzo· llai fatto questi due passi fra !'or!o de! mare e !a piana og!ia iridata di salso àet!a tua casa a terreno. Eri su.! lembo de! suo!o che i! grande azzurro frantuma Da qttesta ruga di spuma vaci!!avi già in braccio al serenr come st, !'t1scio de! mo11do. Oh. su !a nostra marma il tuo soggiorno tu mite e sottovoce, fanciu!!a che mi regala una l~e tranqui!!a .. Da tanto tempo non l'ho più nutrito, tenuto vivo a! mio ca!do. Dov'era? Certo ha bruciato !e morte radici, ha. ribevuto i! mio sangue trascorso, abitatore notturno. Ogni vo!ta me !o fingo sepolto sotto la pietra lavata dagli anni, con !e mie mani dirozzate a croce. Lo rivedo di colpo apparire su! bianco simulacro. Dello stesso millesimo di Sbarbaro, Batlle, ripetia– mo è uno dei nostrj poeti più puri (quasi celeste, puT cosi ricco di umori terrestri e marini), ma egli non ci interesserebbe tanto in questa sede se, sempre sulla linea ligustica che parte da Ceccardo e attraversa il desola lo territorio di Sbarbaro, non fosse riuscito a darci una sua coordinata nuova: quella coordinata cri- La forza, la trattenuta veemenza della poesia montaliawa è ,tale, da averci più d'una volta mdotto a domandarni (di fronte ad uno di quei suoi testi, dove « l'antefatto ad !ibitum del lebto1>e• seduce di cèmtinuo l'arotenzione, smarginando il ristretto retta,n– golo deila pagina nell'a,lone d'un roma,nzo già prima bruciato e di cui resta in cuore il calar bianco); la poesia montaliana. dicevamo, più d'una volta C'i. ha :indotto a domanda,·ci, tant'è forte, se essa ,non sia per caso qualcosa di di più - di diverso - dalla poesia stessa: una sorta, se è lecito, di poesia dro– ga>ta. Ma, scherzi a parte, e per to1nare nel semina,to del nostro discorso. è un fatto che se senza Montale (senza la sua tecnica nuova che instaura con i,nimi– ta,bi!e fortuna, nel compoTre poetico, i mezzi e per.fino H fine della musica) jJ volto d · tutta la nostra poesia irtaliana sarebbe venuto a configurairsi ben altrimenti, non per questo sarebbe giusto concludere la pre– sente conversazione dimenticando g!Ji a'1bt.1i poeti che, accanto a Sbarbaro e a Montale,- e con carati.eri' ori. ginald, ha,nno con1ribuJto a i,rro'bustire \,a vena di cui discorriamo. Ad esempio i già menzionati poeti del ,gruppo di Circoli, rivista che apparsa a Genova nel 1931 (di,rettore Adri,ano Grande, comitato di reda– zione Angelo Barile. Guglielmo Bianchii, Giacomo De– benedetti, Eugenio Montale. Cami!lo Sbarbaro. Sergio Solmi), lodevolmente si propose w_ c_ontinu~:rre,ma co~ minore ec1ebtismo l'opera della Rtv1era Ligure. Ce1'Co cioè di contimia~·e quella tradizione tutta ligustica di disinteressaito amoTe per Ja letteraltura in genere e la poesia in particolare (Circoli « rjveodica,va • • i « diri,tti • della poesia in piena polemica fra conte– nutisti e oa.Jl1igrafl),jniziatasi, come abbiamo Vlisto, con La Riviera Ligure, e, prima ancora, con quell'Endy– mion di breve ma in,tensa vita, che già ad tempi ero,ici del cenacolo stu1,1ese a,prì le sue paginette alle più sottili e reconde aure dell'inltel~igenza eU1·opea. SCRITTORE E SUOMESTIER * di GlJGLIELHO PETROilil Devkindo un momento dal nostro assunito, ed en– tmndo en passant nell'o1·to d'un,a minore cronaca locale. diremo che in verità la storia delle riviste liguri d:rebtamente interessate al1a poesi•a non f10_i– sce qui, se almeno una citazione meritano, ad esempio, Lirica ed Espero (flonte negli ann'i difficili del fasci– smo) e, oggi, Nuova corrente che. con jmpegno nuovo, insieme con Itinerari, tiene alta tale ligure tradi– zione E ciò senza parlare - di proposito - della spezz:na Eroica, che medta,tamente trovò maggior fortuna a Milano, dove il Cozzani si trasferì con tutto il proprio bagaglio di ca<btivo gusto florealle (anch'esso prettamente 'ligure, basti pensare aUe archiitettoniche e orma,i famose Sem-benellina•te sparse sulla riviera, o aila Genova sUile Jtafo-argentiino: ca,ttivo gusto del resto euccoso e non privo di conseg.uen:re, dopottitto, sui caraltteTi de]l,a stessa poesi,a U,gu,·e, J,a più ailta compresa), o di quella Rassegna Latina (di breve vi>ta, ahimè), attuata - come ddce Pjer Angelo Ba– ratono - « con ammirevole intento dal disdegnoso e aristocratico spirito di Mario Maria Marti,ni •: il be– nemerito fondafore, aggiungiamo. della più nota Le Opere e i Giorni. Ma per torna.ire a Circoli e a.i suoi poeti, chi, d·ella nostra generazione, ,non ha ancora m menite, per averle lette e ama/te su quelle p-agine, tante belle poesie di Sbarbaro (J Versi a Dina, ad esempio), a d.l BaTile, o di Grande, o - anche - di Guglielmo Bianchi (forse ormai del iutto perdute), w Gjacomo Prampo– lmi, di Aldo Oapasso d1 'Renzo Laurano, e dd altri ancora (liguri e non 1iguri), come Quasirnodo, Ratffaello Prati, Emilio Servad.io (proprio l'illustre psicana.Ll.sta, che forse ha dimenticato quei S'llcti ve.rsi, che invece noi contJinuiamo ad amare. a :firammenti, ne!Qa .nostra memorJa) eccetera? Di Angelo BarJ.Je rilegg,iamo a1meno quel notls- Vi sono una infinità di picco!i problemi di me– stiere che ancor oggi, per co!ui che adopra la paro!a come materia prima deUa sua attività, restano soUe– citanti ed aspettano wna revisione del tutto rivolu– zionaria; eppure credo che non vi sia scrittore appar– tenente a!!a. trad'izione de! vecchio mondo i! qua!e, quanto più è investito da!!a consapevolezza de!!a ne– cessità di una revisione de! genere, non ne senta ne!!o stesso tempo !a vanità: !'assenza di disc1i.ssioni su! mestiere letterario ce ne dà una riprova convincen– tissima. Essi ci appaiono oggi come quei problemi domestici senza i quali !a famiglia non troverà mai i! su.o binario, ma che vengono di vo!ta in volta accantonati in attesa di tempi più propizi, essendo1>i atton10 qualche cosa di pit't vasto che mette in di– scussione addirittura !'esistenza de!!a famiglia ste.ssa. cosi come si è abituati a concepirla. I! ricordo dei piccoli problemi in tal coso però non è affatto inuti!e, esso serve a conservarli in qual– che angolo delta. memoria; e 1a inutilità che rive– stono im quel dato momento serve a far compren– dere che !e preoccupazioni particolari a nu!!a. ser– vono quando que!!e generali, qu.e!!e de!!a coscienza, de!!'idea stessa deUa nostra presenza in mezzo ag!i altri sono tutte da rigenerare, anzi da ricreare ~u. que! che rimane di que!!e precedenti. Tutto ciò ha una forte analogia con quanto prova !o scritto-re che oggi. esercita i! suo mestiere, ed lta impegni di lavoro, ma ne!!'esercitarlo sente !a neces– sità di accantonare !a. revisione dei propri -stmmenti giacchè, fuo·ri del suo mestiere, fuori dell'ambito tra– dizionale in cui i! mestiere stesso !'aveva coUoca.to, vi sono cose di fronte a!!e quali è in discussione !ui stesso, non più come scrittore, ma addirittura come essere umano in rapporto ad ima comunione con gli ammainata come una ve!a nel bianco de' tuoi pensieri. Ora canti su l'altra tua riva. Noi tristi che non ti vedremo cucire più le bionde reti, riempir di gu!zzo i panieri, i tuoi occhi di calmo celeste. Ora tuo· padre ha dipinto le sue barche di un filo di !tttto, · pii tremi viva ne! flutto battttto da! lagrimante remo. Ma leggiamo ancora, di questo caro poeta (,il più trasparente ohe abbia avuto la Liguria) ques ti altri umanissimi. versi, forse ancora ignoti ai p.iù : L'OSPITE SENZA INVITO Segregato dagli altri che nel cuore si conciliano come a sera amici, 1m mio pensiero ritorna, il più tristo. Ritorna repentino a!!a mensa che termina, e i rimasti si sono fatti più. accosto: leggiera tma sparecchia, !ascia su!!a tavola l'ultimo vino. L'ospite senza invito m'invidia ques~o sorso Dialetto nella poesia enel romanzo }(-. di PIER PAOLO PASOLl/1 1 1 gari . mr,che erudito, che per aristocratica tradizione famigliare, usi ancora con gti amici il dialetto. Os– sia: i! parlante «tipo» di Noventa, è !ui, Noventa. Naturalmente guardato in chiave di rimpianto (altra componente tipica della poesia dialettale): guardato come un Noventa quale sarebbe stato se ben diverse fossero state !e condizioni civi!ì e cu!tura!i de!la na– zione: un Noven.ta morto prima del fascismo e colti– vato ne!!a memoria degli antifascisti, perduti e scac– ciati ai margini, appunto, da! gioco, patetico ma ste– rile, della memoria. E' difficile, stando così le cose, concepire un caso più. contemporaneo di quello di Noventa: la sua protesta contro !a «modernità• (nella specie, in letteratura, contro !'ermetismo) non è che un aspetto tipico di quella modernità ( e de!!'evasìvità ermetica: anche se questo può parere assurdo). ll problema del dialetto, però, non riguarda la sola poesia: ma !a narrativa anche scritta o rappre– sentata cioè i! romanzo e i! cinematografo ( e forse ormoi anche un po' il teatro: si veda !'ultima com– media « La bugiarda • di Diego Fabbri: dove guarda caso !'urtica persona vera, viva. e non un. manichino pirande!!iano dedito ai vecchi birignao riveduti nei centri sperimentali, è la ragazza de! sarto, che !a tasta in sitettzio, ma in un si.!enzio dialettale). La differenza esterna tra l'uso del dialetto ne!la poesia e !'uso de! di.aletto nella narrativa è che ne! primo caso è totale, n.e! secondo variamente parziale, frammentario. Ma le deduzioni che si possono trarre da questo dato di fatto, sono contraddittorie. Il dato di ·fatto di un volume twtto in dia.letto, quasi clie lingue letterarie o koinè non esistessero nemmeno, potrebbe far pensare a una tendenza asso– lutamente centrifuga rispetto a quella !in.gua lette– raria o a quella koinè. L'assunzione totale di un dia.letto potrebbe far pensare a un. rifiuto dei centri linguistici tradizionali, anzi a una tendenza eversiva.. Ma sia. nei poeti mediocri, dilettanti, antiquati (come finge di essere Noventa.), che sono un residuato ro– mantico ormai de! tutto provinciale - sia nei poeti migliori, al !ive!Lo, per qualità e necessità ai mig!!òri poeti in lingua (Noventa, per es.), non c'è nulla che autorizzi a pensare a uno Sturm und Drang !in.gui- stico contro !a lingua letteraria. La scelta del dialetto è dovuta, ne! primo caso, a una poetica romantica, ritardataria (moltissimi poeti di questa categona sono stati fascisti, e sono comunque di un estremo con– formism o: str apaese implica reazione); è dov11ta, ne! secondo ca.so a una poetica estetizzante, su! filone sto– rico att uale' n ecessario, de! post-romanticismo deca– dentistico. L;a priori de! dialetto non consiste in questo secondo caso nel.I.a « spontaneità• e affini, ma ne!!a. misteriosa fisicità di una lingua diversa. Che è ttn po' !a lingua pura - trascendente la storia - _che andavano cercando gli ermetici neUa loro operazione di dilatazione semantica e ipotattica su!!a lingua let- teraria e strumentale. . Ecco dunque che tm !ibro di versi tutto in dtaletto, si presenta come un prodotto, marginale - ma for~e più coraggioso e perfetto - de!!a coeva poesW: in l.ingua. La tendenza genera.le che conforma e un~fi,ca 11 n novecentista in lingua, u. n dia!etta!e come Giottt e un dialettale come Noventa, è una comune aspira– zione all'evasività: un in.soluto desiderio d'assoluto. L'ermetico cercava di tradurlo in uno stile oscuro e sublime, inalienabile perchè, pur profonda.mente ra– dicato ne!la grammatica, veniva liberato da.!!a cadu– cità semantica - dall'evolversi de!!a storia - per ascenderfl a!!'asso!utezza del fonema. Un dialettal.e come Giotti, invece, cercava di tradurlo in una !ing_ua che, quando è viva, è fin troppo viva (i! triestino storico del!a piccola bo·rghesia e del popo!o), e, scritta diviene tolllt comi:, com'egli stesso dice, la lingua' della poesia. Un dialettale come Noventa, in.– fine cerca di tradurlo anch'egli, in una rinuncia alla sto;ia, non però abo!endo !a storia, come gti erme– tici non riducendola, come i dialettali squisiti, ma fac~ndola patetico e un po' ambiguo oggetto di rim– pianto. Al contrario, il dato di fatto di un volume scritto in par-te in dialetto, potrebbe far pensare a un'assun– zione del dialetto al livello delta lingua, a un suo ridimensionamento storico. Sì, in parte è vero, ma bisogna distinguere. C'è anche in questo caso un con– tingente di prodotti di quarto ordine: analoghi a que!!I che abbia.mo visto in poesia: resto di un. ro- altri uomini che deve essere riveduta pressochè pQr intero. La figura de! letterato non si può più mettere 11< piedi con gti elementi che fino ad ieri potevano pa– rerci assai va!idi, essa cerca adeguazioni nuove; !o scrittore significa qualche cosa quando riesce a sta– b!!ire un rapporto con la società in cu.i vi1Je; ~ssa si è a!!argata, il mondo intero è .l'elemento a cm st deve adeguare, !e frontiere non. gli servono. più da indicazione sicura. tJ;e! mondo gli stessi diritti del– i'u.omo sono in discussione, vengono presentati sotto forme antitetiche che dànno esca a!!e esplosioni dt tragedia che esorbitano da!!e misure spaziali e tem– porali di poch e decine d i anni o-r sono, ed in questo momento tra !etteratu.ra e vita si presenta u.na.scelta che so!o un c antastorie q ualsiasi può far pesare più da!!a parte del!a Letteratura, c'è dunque una scelta di fronte a!!a qua!e !o scrittore preferisce mettersi in mezzo ed affidar!a. a ciò ch e molti chiamano la storia giacchè, pare, essa alfi.ne conc!ude sempre con una indicazione meno in sicura de!te altre. Ma, per una definizione meno occasiona.Le e diva– gatoria. rimanderei- chi !o desideri, ad un breve scritto di Sergio Antonie!!i apparso 1·ecentemente su « 1! Punto», non tanto pere/tè egli dica, .,n ima breve nota, qualche cosa che a!tri non dicono, anzi g!i in– terventi e le azioni di tutti gli europei più rappre– sen!at-ivi uomini de!te lettere, oggi non significano altro; ma perchè mi sembra che que! breve scritto riassuma, con chiarezza assai rara, !'aspetto del dram– ma da cui lo scrittore non è assente anche se lo vo!esse, ed anche perchè « I! Punto • è un fog!io importante che la stampa italiana pare 'ignori mentre invece spesso contiene le indicazioni più attuali e clegne di discussione. GU'GLIELMO PETRONI stiane. (nel bel mezzo della ligure disperazjone), che raccolta po.i dal genovese I! Ga!!o (l'ardita rivistina compilata da Nando Fabro), e da un gruppo di giovani intorno al G«!lo operanti, continuerà ad offrirci l,a lim– pida espressione d'un cattolicesimo molto vicino, in quei giovani, a quelfo dell'amico fiorentino Carlo Be– locchl, o di Luigi Fallacara. Purtroppo di Angelo Barile conosciamo soltanto una raccolta di poesie, belle come acque marine (Prima.– sera, edizioni di Circoli, 1933), nè la sua natura schiva e così Ternala dai rumori mondani Ci induce a sperar troppo sollecita Ja pubb!icazjone d'un'altta raccolta. Ma siamo certi che il ,giorno in cui questo accadrà, sarà un bel giorno per la poesia nostra, e per molti gio– vani soprattutto che quasi ignorano interamente que– sto poeta. Come Barile è coetano di SbarbaTO, Adriano Grande lo è di Montale. La produzione di Grande (fondatore e direttore di Circoli) è numerosa, e piuttosto varia. Ma sia La tomba verde (Buratti, 1930), sia Nuvole su.I greto (Circoli, 1933), sono due libri che non possono essere tralasdali qui, appunto per quell'altra coordinata che essi instau– rano, sempTe sul versante dj Ceccardo Roccatagliata GIORGIO CAPRONI (Continua-.:- pag, 7) manticismo fattosi domestico, paesano, conformista e puramente vivace (tradizione de! teatro dialettale, passata direttamente - anche se attraverso un'appa– rente suggestione neorealistica - nel cinema com– merciale <napoletano• o, ora, «romanesco•). I casi che ci interessano non sono certi questi (che sono però estremamente indicativi). Nella letteratura che im– porta, i! dialetto può entrare - a incastro, a inser– zione, a reagente - con due diverse ftmzioni: una che potremmo chiamare soggettiva, e un'altra ogget– tiva. Del primo caso abbiamo un esempio cosi tipico e clamoroso, che ba sta d a so!o a colmare un piatto della bilancia. E' il ca.so di Carlo Emilio Gadda. In questo scrittore, i! dialett o, milanese o romanesco, co>i frequenti tessere meridionali, è una delle com– ponenti de!!o spettacoloso « pastiche •: !a mimetizza– zione del par!a.nte che ta!e componente implica, non si attua però, in Gadda, attraverso un regresso a quel parlante, cioè in una mimetizzazione del suo monologo interiore: chi monologa è Gadda. I pezzi dialettali, incastrati in discorsi diretti o in discorsi indiretti, sono in funzione caricaturale, lirica, anche se !a !oro lontana origine è naturalistica e manzoniana. Gadda s'impossessa con una vorace zampata di un brandello d'anima. dia!etta!e-rea!istica e !a schiaffa sanguino– lenta e piccante ne! mosaico. L'altro caso, quello a funzione oggettiva, non pre– senta un paradigma così perfetto e assoluto com'è Gadda: comprende la produzione neorealistica, ed è di origine e fo-rma in.terna verghiana. Qui i! dialetto è un reagente che distrugge !'italiano ne!te sue punte !etternrie, borghesi e lo assimila a sè, nella sintassi, nei modi, net lessico: ne è l'unica e decisiva com– ponente, fino ai limiti del gergo, non solo popolano, ma piccolo borghese, arrivistico. Da ciò risulta chiara !a sua funzione oggettiva :il calarsi cioè, dell'autore a! livello de! suo oggetto, !'anima di un parlante pro– letario, povero - dialettale, insomma • e nel suo ambiente. Ne deriva una mimetizzazione continua, un continuo rifacimento. più o meno approssimativo, del discorso interiore. Nell'uno e nell'a.ltro caso. però, quello soggettivo e quello oggettivo, si dà un comune atteggiamento polemico, spesso violento, contro !a lingua letteraria: i! che implica tm atteggiamento' ugualmente polemico e violento, contro la classe soc!a!e che di quella lingua è depositaria. Ma, mentre nel primo caso è d-i tipo anarchico - è !'atto del borghese, profonda– mente e inguaribilmente ferito. che protesta senza speranza, perchè la sua illusione è troppo radicata - nel secondo caso è di tipo socialistico. è l'atto del borghese che si pone in lotta contro la propria classe. in nome della classe dominata. dialettale crea11,do!t una diversa itlustone. PIER PAOLO PASOLINI •

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