la Fiera Letteraria - XI - n. 42 - 21 ottobre 1956

Domenica 21 ottobre 1956 R. M. de Angclls: Adolescente Ballata di Scilla e Il ferry-boat carico di lumi sembra la veliera dei sogni, cosi come appare a ogni viaggio tra le due rive. La luna lo adorna a poppa durante le notti estjve, Cariddi e si staglia leggero contro il cielo fatto di cartavelina. Se non fossero i lumi bicolori nascosti nella sua groppa, farebbe pa:ira ai delfini che appaiono all'ora di notte? Le ragazze di Villa San Giovanni gli affidano il cuore a ogni viaggio, e cosi trascorrono gli anni tra un approdo e un veloce passaggio. A volte nessuno Io aspetta al termine della nottata, ma sempre eguale è la mtta, monotono il loro destino ad ogni stagione incantata. Odora l'arancio amaro, o l'essenza del bergamotto, jJ tempo sempre più avaro annunzia perdite al lotto: un cuore ad ogni passaggio offerto in pasto al delfino, Scilla tempesta di lampi, Carriddi risponde a bengala da un orto a un orto-giardino. Tutta la notte l'aroma sotto la lingua resiste, il cielo diventa triste, più triste del cupo destino. Tuttavia questa notìe che traluce di stelle fitte in cielo e in tondo al mare, ha un corteo raro e lento di ·lampare messe di g-.rnrdia tra Scilla e Cariddi: qui il ferry-boat si dovrà fermare come un'isola, proprio in mezzo al mare. Le ragazze di Villa San Giovanni t'A' FTER A L E T T F' R i\ R T'A' n. M. De Angel!s: Ebrea tra stcverlno. R. M. De Angelis: I ,•cechi lu.m1 (Galleria-libreria Macchia) i POESIE DI R. M. DE ANGEL S lo andranno, tutte in barca, ad assaltare. Il nostromo, sarà quella brunetta che ha i fianchi ansati di un'anfora greca, al timone la bionda reginetta che si ricorda degli avi normanni... oh, chi sarà l'eletto, il capitano? Vengo da un altro mondo a voi straniero, ma io stesso non sono forestiero: se mi eleggeste a capo della ciurma, resterebbe, la nomina, in famiglia• Eccomi pronto a nuotare da Scilla a Cariddi, il coltello tra i miei denti bianchi di Iupacchiotto della Sila, nè ho paura di tonni o pesci spada. Aspettatemi a bordo, in mezzo ai lumi, voi stelle, voi veliere, voi profumi. Che musica, che brezza, che silenzio: siamo riuniti e pur cosi distanti, ognuno segue '.lna scia differente, un profumo diverso, un'altra rotta. Questo si avverte e ci spaventa jJ cuore affidato alla notte che lo strazia con i suoi echi di luci e richiami. «M'ami, forse tu m'ami, e se non mi ami dimmelo solo all'alba di domani. Non questa notte, in riva a questo mare, ora che passa (o scivola?) il battello dei. nostri sogni dispersi dall'onda che si dibatte tra Scilla e Cariddi: un battello che tocca opposte rive, e spesso approda in fondo al nostro cuore. Sfamo sospesi a quei lumi, a quel viaggio, al nascere. e al tramonto della luna>. Ed infatti la l:ma è tramontata, il silenzio si annida sul battello ancorato di qua o di là dal mare, forse a Scilla, o a Cariddi, (cosa jmporta?) ancorato a una rada che non sarà mai porto. Poemetto a colori A che somiglia il giallo? Alla luce sulfurea del limone scoperto tra le foglie di un verde unito, appena variegato ... Il rosso impera, anche quando sconfina nel viola di un bel cielo orientale ha il timbro del destino ed è fatale come un sigillo impresso ad un segreto. Regina dei colori è invece il nero che avvolge di ombre le forme concrete; il bianco è luce, luce casta e pura specie sul verde di madre Natura. E dunque siamo al verde: la speranza Io muove di un incontro appassionato: come un serpe si snoda in mille tinte, che rif.llgono a un segno appena osato. Amata mia, tu certo vuoi sapere che cosa si nasconde sott'il velo di ogni colore. Tante volte, il cuore, spesso lo slancio di toccare il cielo• E che cosa è il colore? Un po' di sogno spalmato in fretta sulla bianca tela, prima che si cancelli dal ricordo. Quello che vedi forse non esiste, son io che l'ho creato sulla tela, appena illuminato e già scomparso a un tocco del pennello chè magia. Rimane, appunto, un poco di colore impastato alla meglio; altro non so dirti di tanti segni e tanti sogni. Ho male a.gli occhi e forse male al cUC'' a furia di sorprendere il colore. Roma, 26 sette~bre 1956 Autoritratto Io non arriverò ad alcun porto, nè avrò abbondanza di pesca, o estranea mano che mesca vino e miele nel mio bicchiere, sino al giorno in cui sarò morto. C'è sempre una maglia rotta nella mia rete di caccia e un pizzico di veleno nel fondo delJa mia bocca. Persino le fronde di tùivo percuotono la mia faccia; e, se mi specchio in un rivo per rinfrescarmi la bocca, dove l'onda risciacqua, sempre una biscia o un'anguilla intorbidano il pelo dell'acqua, a rubarmi l'ultima stilla. E' la ruggine del tempo che ossida l'asse della mia r.1ota: e non c'è olio bastante, nè balsamo, nè grasso di balena per farla scorrere con nuova lena. Che importa? Lontano o vicino dal luogo in cui son nato, l'altro porto è segnato in cui si compierà il mio destino. Ho una famiglia, desco e fuoco, libri colori e sogni: non è poco. Se dura forza di animo e di occhi a raccontare la vita, non ci sarà ferita che mi piegherà a ginocchi. Pianura belga Abbiamo visto morire il sole l'altro giorno, affogato nel suo proprio sangue, sulla pianura ove la Mosa scorre placida e lenta, e il verde delle erbe accentua l'agra stagione che da noi chiamano primavera. (Qui sonq spazi che toccano il cielo con le prime giunchiglie celate tra gli spini dei boschi: pianure interminabili, oro e verde - e il cielo come una bocca sulla terra amata. Tutto traspare, e il grigio ha trasparenze delicate di azz:irro: poche nubi veleggiano, merletti trafora ti)· Il sole dunque affogava in un pozzo balenante di luci, e l'orizzonte, sommerso da quel sangue, ardeva al fuoco del tramonto con raggi di martirio. Sole spaccato in due, rosso di sera, emblema di altri cieli più distanti, io ti ho riconosciuto: mi appartieni, chi! annunzi la stagione del mio mare acquattato tra scogli digradanti. Sole, come un granat~ mezz'aperto in un riso di amore dirompente; ancorato al tuo cielo, sei scomparso a!fìne, come un'ostia, dietro i monti, R. M. DE Al\GELIS I PENSIERI E LE ORE * Castelli d'Italia * di S. SAMEK LUDOVICI Ammiratori appassionati de! paesaggio appenninico ci siamo chies'i il perchè di un fascino non giustificato nè dalle altezze dei rilievi, nè dalla finezza detL'aria, nè dalla copiosità di acque, di verdi pascoli o di folte abetaie, come avviene nel– l'alpe. Cl siamo chiesti il perchè del fascino che eser– cita su di noi una natura più modesta, oseremmo di– re, casalinga, senza trova– re risposta. Poi abbiamo riflettuto che, forse, una ragione sta nell'essere quel– la natura e quel paesaggio animati dalla presenza vi– vente della storia. La sto– ria degli uomini. Se è vero, per dirla alla H egei, che questa • vecchia armeria d'Europa~ reca dovunque. ,Hssem!nati, i segni di guer– n e di prepotenze, è pur vero (e forse in conseguen– za di cio) che. do•·unque. ha !asciato i segni de! dolore, dell'arte e dell'amore. Que– sto vale particolarmente per !e testimonianze archi– tettoniche o semplicemente costruttive (è ormai acqui– sito che vi sono aspetti in– teressantissimi anche nella cosidetta architettura mi– nore). Ora iL destino degli Europei è quello di essere attratti, consapevolmente o no, dalla natura solo se animata dalle imJ)?'onte del– la dvUtà umcna. L'fmmcn"', il ciclopico, !'orrido strappa all'Europeo accenti di stu– rare. ma non di consenso affettuoso. Del paesaggio appennini– co. particolnrmente quello tosco - emiliano, animatort impaqabili sono i castelli. sia che si estollano grifa– gni sui picchi delle altu r• a presidio di confini o a guardia di paesaggi e stra– de - anche net pietoso aspetto di moncherini tera– ti contro il cielo - sia che si presentino nella loro at– tuale /isonomia di dimore signorili. It castello, le dimore-ca– stello sono entrati dunque a far parte integrante del– l'ambiente naturalistico. In– dubbiamente questa è una funzione integrativa che non deve farci dimenticare la realtà di bellezze archi– tettoniche e artistiche da difendere per se mede.!ime. Voglio dire però che n fat– to di esseTe i! castello-vili.a un elemento insostituibile del paesaggio costituisce già di per sè un motivo suffi– ciente per stimolare gli ita– liani alla difesa. Ma spesso l'urgenza della sua conser– vazione è motivata dalla sua bellezza intrinseca, se non dalla sonorità dei fatti sto– rici o dei personaqgi che vi hanno vissuto e deUe lo– To gesta. Tant'è, una delle condi– zioni essenziali per ama re P conoscere. E noi abbiamo ------------------------------------·-------------------------------------------■-----------------------------------, salutato con gioia il recen- I 'MIEI BICORDI D.I AL JTAHO Il ricordo di Corrado Alvaro è in me legato a quello degli anni lontani della mia adoie· scenza. San Luca, il paese do– v'egli è nato, dista da Carerl, mio vilJagg10 natale, credo non più di cinque kilometri in linea d'aria, ed è uno dei più selvatlci e strani della pro– vincia di Reggio Calabria. Ag· grappato a un rip:do pendio, tra il torrente Bonamico e il monte, quasi senza strade. per– chè non si possono chiamare strade i sentieri contorti e i rigagnoli che dividono tra loro le ca,;e; a osservarlo dal bas– so, dà l'impressione che gli abitanti, quando lo !8''Jbricaro· no, lo abbiano !atto in un mo– mento di panico. senza avere il tempo di scegliere un posto migliore e di cercarsi un or!z· zonte. Il mare, per esempio. ch'è la grande ricchezza dei paesi della riviera orientale; !I bel mare Jonio, che nelle ore del vespEro prende Il colore del· l'indaco, non si vede quasi de San Luca. Non si vede nep· pure la montagna, che riman• alle spalle. e davant: al paese non si vedono che terre ari· de, coperte di stoppie, di car• di e di piante spinose che (o· rano i p:edi ricchi di resina, e consuma– vano la cena respirandone d forte e inebriante odore, che si spandeva per tutto il paese. Finita la cena, la torcia veniva Gpenta e la famiglia usciva &I· l'aper\o e sedeva sui pianerot– toli o sulle pietre predisposte davanti alle case e chlacchie· rava coi vicini, sotto il chia· rore delle stelle. In quel temp0 io a San Luca ci and3vo tutti gli anni, du– rante le vacanze. per passare qualche settimana in casa di una sorella d: mio padre che aveva sposato in seconde noz– ze un signore del paese E fu in casa della Zia Francesca rhe conobbi il maestre ele– mentare del luogo, Antonio A 1 varo. La zia lo chiamava , u niputi professu.n •, perchP avendo l'Alvaro sposata una nipote del suo secondo mari– to. era diventatd suo nipote d'acquisto. Mi par di vederlo ancora. li professore Alvaro. col tubino duro In testa. ve· stilo con una certa cura. in– •o'ita in quel paese di caprai, il sorriso franco sempre pron– to <Corrano, in un3 pa2ina di « L'Età Breve~ lo qualifica con due aggettivi: e festoso e lusinghiero •l e que!la espres– ~ione affabile e Insieme pro– tettiva che gli derivava dalla sua professione d'inse~nante, e insieme dalla coscienza di es– sere. col parroco ch'era un (amoso predicatore, Il consi· gliere del paese. La gente. però. vi cresce ga· gliarda. di bello aspetto e astuta. Le donne specialmente sono ardite e fac!li all'amore e ali'!ngznno, ma infaticabili lavoratrici ed ero:che ,empre nelle cure dei fl,ll!i e della fa– mi~lia. Quando io vidi per la prima volta San Luca, ebbi la impr<?ss'one di un paese appe· na u•cito da un incend'o. Tut– ti gli arc'1 itravi degli usci e le finestre erano affumicati. come se i! fuoco fosse stato spento qualche ora prima: e ciò a ~ausa de! metodo asso– lutamente primitivo con cui si provvedeva ali'illum'na1.ione. Non la illuminaz'one ester· na. s'inten<le. ché nes.•uno pensava a un lusso del gene· re. ai Drincìo; di que~to f;e colo nel bor2h! c'ella Calabria. ma oue1Ja 3'J'lniPrno delle ca– se. Essa \'eniva fatta con l'ac· ccns'one <li sche~~e di pino nortate ,l!iÙ dalla montaena Quanc'o annottava le (ami~lie, anche ouel!e de! massari agia– ti, accendev~no una schesil(fa di quei pJru di Aspromonte Natu-almente le differenze d1 classe e di casta erano allora in Calabria. e lo sono in par· te anche adesso, r'spe!late con una e-osi inesorabile e irraizio– ~evo!e s olidità. che li profes· sore Alvaro. tlgllo di un [aie· ~na:ne, rimaneva ~empre un !lO' ai mar.l(ini davanti ai si· ~nori del paese, Bnche se la si2norla di costoro non aveva tradizioni di tempo e di au· tentica s!!!'norliità. Da ciò la suo ambizione di rlva!ersf e'evando i fii?liuoll. Nel romanzo • L'Età Breve• òove i due prota~onisti. i Dia– rono. sono Alvaro e suo pa– rirc. ,.,uando ouP~ti hR deC'i~o ni ,nan<lare il fl2lio in °0\le· aio, dice alla mo~lie: « Voglio che Jo vedano. r"e sappiano. eh<> creofno d'invidia•· TI maestro Alvaro era un ')uon Insegnante. scriveva dei di * FRANCESCO Pl~RRI versi e questa sua passione che di farne un giornalista- di sua proprietà, ch'era fra le - E dimmi, figlio, come ve che io vi ho ora descritta. In per la poes,a aoveva river,ar· scrittore, esule perpetuo dalla più pulite e dignitose del pae· la passate in casa, avete le vo- una di quelle caratteristiche 1a su! suo pr,mogemto, 1..or· sua casa e dalla sua terra, alle se. ed aveva anche un mode- stre comodità? composizioni di Alvaro. che rado. Pareva che la natura prese con le difficoltà mate- sto pezzo di terra. Perciò la - Abbiamo tutto, mam:na, sono poemetti in prosa, musi– ghe lo avesse dotato appo,;ta, riali fino alla maturità, in urto famiglia viveva al riparo del- ma bisogna comprarlo. cali e profondi come uno sPet· per farne lo strumento ae,le coi potenti del mondo. stacca- le difficoltà materiali ed era - Come... dev; comprar tut- tacolo naturale: • Madre di ,ue ambizioni e delle sue ven• lo come un frate dalla vita molto rispettata. La vera po- lo: la frutta anche? Non ave• Paese•, egli mette In scen.a ~elle sui meschino ambiente pratica: solo, scontroso e :eso \rertà, que!la dell' uomo solo te del vostro un cestello di sua madre, la tipica madre ca· cne 1 o circondava. interamente a servire il suo nel vasto mondo, ser.za casa, fichi. un p<,1 di verdura, di labrese. Di questa specie di prede· sogno. Eppure non altro che senza pane. senza sicur ezza e formaggio? Ella è venuta col marito a sunaz1one paterna vi è una questo fu il figlio del maestro senza speranza, se non si han- - Tutto dobbiamo compra· Roma per vedere il figlio, e ,estimomanza precisa in un Alvaro, che sali il suo calva- no lanari in tasca, egli l'ha re. mamma! per non turbare la sua quiete libro di Alvaro apparso nel ·41 rio fino alla cima. sperimentata fuori di casa sua. - Anche l'olio devi com· familiare, i due hanno preso e ripubblicato di recente. Ir. Qui, prima di procedere, de- come la ho esperimentata io I prare? . alloggio in una casa modesta quel libro vi è un ritratto del sfdero chiarire una circostan- lasciando la Calabria: e mi - Anche l'olio... vicino alla chiesa di San G10- padre che comincia con que· za. Quando si dice che Alvaro ac~orgevc- dellr differenza fra I - Anche il pane? - E mi vanni. Straordinariamente poe· ste parole. • Mio padre vole· en nato da famiglip povera 1' due povertà, quando dopo fissava con quei suoi occhf tica è la ingenuità cor cui la v& che il suo primo figlio fos· bisogna intendersi perchè vi d. essermi creata un:i famiglia pietosi, in cui già si forma- madre specifica che quella Sl un poeta•· è povertà e povertà specie andavc di quando in qu:rndo vano le lacrime. A lei, che chiesa è di San Gianni, come Un critico giudicò quel ri• quandc s. tratta del Mezzo a! mio oaese per rivedere ,mia avevt avuto sempre tutte in se dicesse di un amico di fa· tratte « scritto con un vigore giorno. In senso assoluto certo madre. Quando di sera, dopo casa, sembrava impossibile che miglia E!la he portato tutto il cht: rasenta il rancore>; e in gli Alvaro non eranc ricchi, le cena, si rimanevé" soli. io io dovessi comprare anche iJ necessario con sè. paste !or~ un certo senso il giudizio è specie per ciò che si riferisce e lei davanti a' fuoco. la sa:,ta pane cosa che ella laggiù ve- maggic olio, prosciutto. per· esatto. ai mezzi necessari per fare donna. ch'era continuamente deva fare solo ai poveri. a fino le posate A lei non in- Bisogna essere poeti come lo studiare i tre maschi nati nel- angustiata per la inc~rtezza quelli che non avevano beni teressa sapere che in città si fu Alvaro - il maggior poe12 !a famiglia: ma in sensc re• della mia situazione economi· di fortuna trova tutto. La roba buona e m prosa di questi ultimi tren· lativo la posl!ione del maestro ca. mi interroaava cautamen· Ot<':Jene.aprite il libro di Al- genuina come ouel!a fatta dal t'anni - avere portato fin da Alvaro. nella ben maggiore te. con cìrcospezione, temendo varo e Incontri d'Amore• alle le sue man!. in città non ce ragazzo il peso di questa pre· povertà dell'ambiente, era una ad ogni mia risposta di udire pagine 327 - 328. e voi troverete l'hanno. destinazione, essersi ubbriaca- oosizione privilegiata. Oltre rivelazioni che le avrebbero una scena che ha la stessa con- E dopo avere enumerate al lo, come dice !I Baudelaire. l'impiego. egli aveva la casa spezzato il cuore. tenuta drammaticità di quella figlio le sue provviste, lo in· • en chantant du chemin de la terroga timidamente, come mia Croix •• per comprendere il 1 -------------------------------------------.madre faceva con me: - Co· rancore affettuoso del figlio me stai, sei contento? _ Non eletto per il cammino del Cal- gli chiede se deve comprare vario. lutto. ma il (atto che ha por· Ma Alvaro, prima ancora che lato con sè da lontano tutte dal padre. era stato eletto dal· le provviste, dimo tra che r.on la Natura al sacriftzio, e servi si fida delle ricchezze Jella il suo destil)o. città e nelle parole al fig!lo vi Io lo cono':Jbf quando aveva è la suprema pietà della ma- cinque anni, in casa df mia dre verso di lui. che delle zia. buone, saporose cose fatte c!al· Corrado non fu mai bello, le sue mani egli ormai è pri· ma aveva degli occhi di una vo per sempre. vivacità inquietante, ed era ca· Un senso di rimpianto e di pace di cosi ardite ed estrose dramma scorre come un fiume iniziative nelle sue monellerie sotterraneo per tutta l'opera di infantili, che già a quell'età Alvaro su questo tema: il rim· era qualcuno per tutto Il pae- pianto della seren,tà fam,lia- se. Si parlava di Corrado, del re, della dolcezza angusta ma bambino de! professore, rome sicura e calda del focolare do- di un fenomeno. I! padre ne mestico, coi suoi profu mi e era orgoglioso ed incanta\o. odori casalinghi, con il rir.or- perchè da un figlio cosi intel- do del pane spezzato dalle me• 'igenle egli pensava di trarre nl materne, sacro come unv quel liPo dl uomo. che la sor· eucarestia; e la febbre del e non aveva consentito di es- mondo grande, dove !':in'ma sere a lui: un famoso avvo· 1 nquieta trova le eue an~ie vi- cato, un n,edico: uno di que- tali. le sue lotte e le conqui· ~li eroi locali della eloquenza s e dello spiri o. che rendono 0 della sagacia clinica, u cui alta e degna ]'esistenza. dnchc i nostri contadini. sempre im• se costano dolori e si ragglun• maginosi. costruiscono subito ~ono con la rinunzia e la co· Jna leggenda. scienza dell'infinita vanità del Certo tutto poteva so~nare Due immaglnl nel tempo di Corrado Alvaro 'e conqu'ste u:nane. V'è una il maestro Alvaro, sull'avvenf- pa~ina bellissima, f•a le tante re del suo primogenito, meno bellissime del romanzo di Al· varo « L" Età Breve•, in cui il sapore dei cibi domestici acquista un valore quasi dire– mo sacrale. Il ragazzo è stato scacdato dal collegio e si trova con suo padre in un boschetto: e Sta– vano mangiando - scrive Al– varo - un pollo arrosto cu– cinato dalla mamma; c·era an– che una bottiglia dl vino de) suo paese. Suo padre diceva che con questi rimedi egli sarebbe guarito, e Insisteva perchè mangiasse di quel pa– ne fatto dalla mamma. ,;:on quello sarebbe guarito •· E infatti il ragazzo mangia: e Le pere - dice - avevano un sapore di rosa appassita (notate bene: dice sapoce e non odore dt r06a appas.ma) e poi seguita: • Da un pezzo egli non provava più l'impces• ~ione dei cibi del suo paese e disse: Mi sem)ra di crescerP a mangiare questa roba•· Ecco il segreto dell'attacca-, mento carnale di tutti noi ca– labresi alla nostra terra, ed ecco perchè il santuario più venerato della antichissima Reggio era dedicato alla Dia– na Fescennina. che gl'italici identificavano con la madre terra, la dea dalle cento mam– melle, a cui si nutrivano gli uomini. Perchè tutto in Cala– bria viene dalla terra e tutti noi ci siamo nutriti dei trulli saporosi dei suoi alberi. delle sue erbe odorose. e come la madre carnale, non possiamo dimen !caria anche se andJ,1:no in capo al mondo. la torniamo all'argomento Ancor fanciullo Corrado fu mandato a Roma in colleg10 oer prosegu;re i suoi studi, 10 lasciai la Calabr;a per prose ~u~re i miei e non ci rivedeJn mo che nel 1914 a Rom3. Ci Incontrammo di sera davanti all'Aragno, \'erso la fine di ot tobre. E~li partiva per Firenze. do· ve era stato destina•o pe, il <-~rv 1 7 1 0 di Ie,·a. La ~uc?rra eurooea era scopp'ata in a~o– ~to e noi o,.eoara amr, 11 no– rtro in•e,.ve.-.to. Ci c:::cam--,:am mo ooche n~ro1e con la oro– mec:,,-;a d • c;.cr~ ere; Quando nell'estate del nt• snoar ·e sul , 'Reste, ~el Car• 'ino ~ la nr"m"'l c:et'n::i:J::nione di FRI\ 'rP.SCO PERRI (Continu;-i;;- 6. pag.) "' volume di A. Ghidiglia <,/uintavalle (I Castelli del Parmense, Parma, e I! Rac– coglitore•, 1956) che r.i permette il magico itine– rario per i castetli di Fon– tane!lato, Soragna e Bus– seto, Roccabianca Siss<t, San Secondo. Baganzola. Benece– to, Bargone, Scipione, Ta– biano, Contignaco, Gallinel- la. Pe!legrino, Varano-Me– legari, Vianino, Varsi. Bar– di, Compiano, Sala Bagan– za, Felino, Ravarano, Tor– chiara. L'autrice, che è una valente e nota studiosa di storia dell'arte, ha nelle precise note tracciato la storia degli edifici rimasti, corredandola dei riferimen- ti bibtiogTafici ponendq a contributo non solo le fonti e i repertori classici della storia di Parma da Salim– bene alL'Affò, al Pezzano, aL Benassi, a! Drei ma al– tresì :ronache e memorie manoscritte della Bibliote– ca Palatina. La visione di– retta dei luoghi condotta con amore e non fuggitiva le ha permesso di compilare tma guida breve di grande utilità (anche da punto di vista inventariale). Ma La Autrice non si è limitata a trarciare la genesi aTchitet– tonica degli edificl, de!le de– cora.:ioni murali. del!'arreda– mento, delle raccolte arti– stkhe, ~cc., bensi nella 1,ar– te Più imp egnata de! volu– me si è abbandono.ta al– L'estro (for3e con sca ndalo di Qualche togato profes– sore) provandosi a ricostrui– re la vita che in quelle di– more si è svolta. Così il cosmorama figurativo si è fatto più pungente per- i! suono delle voci umane evoca te dai silenzi della storia - voci dolorose, di– screte, assidue, confortatri– ci - specie quelle di donne che di quelle dimore furo– no re!line e vi passarono co– me /ìamme divoratrici o fìo_ri. delicati. Questo fem– mtmle riguardo ai perso– nagQ1 femminili t1~tto pro– prio dell'autrice ci ricon– duce appunto a considera re i! fascino dei castelli di cui dicevamo prima. La donna con la sua atmosfera di amore-passione, di co!pa– sublimaz10ne neL clima dj., tradizioni e leggende che t•anno affiei·olendosi, ma ancora sussistono Ci dà for– se la chi a t>e per spiega re il fascino della natura do– mesti_ca ed umana del!' Ap– pennino. S. SAMEK LUDOVlCl

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