la Fiera Letteraria - XI - n. 36 - 9 settembre 1956

Domenica 9 ett mh,re 1956 LA FTE R LETTER RIA Pag. 5 ----------------------------------------- VINCITORI DELL'ANNO SCORSO E DI QUEST'ANNO AL •• CINQUE BETTOLE,, Il prilllo segn llaccon,to ,li ELIO J-?JLIPPO ACCROCCA Con questo racconto Etto Filippo Accrocca. ha. vin– to il premio « Cinqu~ bettole • per gti inediti. Nella piazzetta di San Mi– chele, la chiesa che s'incon– tra a risalire da Porta Ninfi– na all'ospedale, un muric– ciuolo segna ancora Il limite tra la casa dei Traltlcci e un oscuro negozietto di generi alimentari. La casa ha la cucina appe– na si entra e due camere in– castrate l'una nell'altra, con una scala di calce per scen– dere nella prima e un'altra scala di legno per salire fino allo sbabuzzo. Le finestre si affacciano tulte verso le stal– le di Sarrocco. Attorno, in basso. c'è ancora il gia1xlino dei Tirabocelli con gli aran– ci a portala di mano e un invecchiato cane da guardia• .. Appese alle pareti come quadri, distese per terra o ammucchiate in disordine sulle tavole e sulle cassette della pasta, non si vedevano che pelll di pecora a seccare, forme di pecorino, ceste di vimini e caldaie di polenta in vaghi, e lult.i gli attrezzi da pastore che occorrono per vivere in capanna sui monti deJol'Abbadia. Ha lavorato in Amerjca Il vecchio Tratticci come boss alle linee fen·oviarie della Pennsylvania .Ha fatto pa– recchi viaggi all'altro mondo, come chiamava quel conti– nente, e ogni volta lasciava il gruzzolo, Gèllca, sua mo– glie, coi dollarj ha cresciuto i figli e alla fine ci è scappato anche l'acquisto degli ani– mali. Le pecore erano una buona proprietà, qualche capra, due asine, e figli maschi e !em• mine: uno ad ogni ritorno. Il più grande, Mat·co, aveva se– guilo il padre in alcuni viag– gi, ma se n'era sempre ritor– nato perchè a Cori le ragaz– ze hanno i fianchi come le poledre, diceva. Tra le so– relle, Gisa era la più bella, e a mano a mano che cre– sceva em tenula d'occhio dai fringuelli della Porta. Lavoro, sui monti, ce n'era un po' per lutti, bestie e uo– mini. Un pascolo d'erba no• velia !Tuttava al padrone del– la terra otlo o dieci chili di fo1maggio al mese, qualche abbacchio alla fine della sta– gione e larghe scappellate a ogni incont.J·o sulle piazze del paese. I Tratticci passavano l'esta– te in montagna sulla proprje– là dei Maraflni. Aj primi freddi scendevano sotto il Soccorso nell'olivelo dei Oaz– zetta riparato dai venti. Nei mesi caldi il gregge usciva all'alba dai recinti, e risa– lendo i tratturi della costa, dopo l'abbeverata, si sposta– va fino ai çastagni e alle querce di Montelupone. Mezzogiorno si misura a occhio spiando il sole sulla cresta degli alberi, o s'avver– te al lontano puntuale rumo– re del lreno che spunta da dielro i vigneti della Rocca. A quest'ora, mentre per la vallata che ,,aggiunge il Clr– ceo si scorgono chiari i paesi e le coloniche della bonifica, e lontana è la celeste pen– nellata del mare, le pecore quassù fanno circoli e si ri– petono a tesla bassa, lente, le ultime strnppate d'erba, o do1mono sotto l'ombra tra le rare pietre e H tappeto g1'8SSOdi foglie. Il campano del montone, impatienle, rompe a tratti il silenzio. I pastori stesi in di– sparte, assapomta la fredda polenta del pasto, sognano la pianura con le case. I più giovani intagliano sulla cor– teccia dei vinelli slrane fi– gure a spirale come una firma. Gli ultimi vetturali passa• no salutando a largo coi mu– li ca11ichi di legna. Portano notizie del paese, di sfug– gi la: - Elcco Tratticci - grida Cellìno salutando gli uomini delle pecore. Arrivano fino quassù 01mai i Jegnaiuoli che di anno in anno si spostano da un punto all'altro della l,a sosta è lunga sollo l'om– bra degli alberi. Quando il gregge a gruppi comincia ad alzarsi e le pecore si girano attorno, e una a capo basso tenta di allontanarsi seguita da qualche altra, i grossi cani fe1mano la più avanzata che pare divertirsi a belare un lamento sornione. Allora i pastori si alzano dal sonno e lanciano un fischio secco o lirano un sasso sulla groppa delle pecore più lontane, e aggirano il gregge incanalan– dolo lentamente nella discesa. Escono al sole che già si stempera nell'aria che va rin– frescando. Un leggero vento porta dall'Agro le voci sten• tale delle prime case, men– tre il rumore del treno che ora sbuca dalle pieghe di Montrestino segna l'ora del ritorno. Anche la striscia di mare va cambiando colore– Dal fianchi dei Lepini, inat– teso, proviene il canto di qualche vaccaro o lo stornel– lo di altri pastori che si av– viano verso I recinti. Gisa che è scesa al seguito del gregge è la prima a en– trare nella capanna. Dalle ra– pazzuole stacca il sacco del– la polenta, poi riempie una ooldala con l'acqua del pozzo e accende il fuoco tra i sassi. Gli uomini sono alla con– ta. A due o lre alla volta le pecore entrano nella mandra sorvegliate dall'occhio dei pa· stori che le vanno contando. Quando l'operazione è finita s'avvicinano al trespolo dove fuma spianata sulla tavola la polenta calda e saporosa di ricotta. Tra tticci è il primo a ta– gliarsi la fetta con lo stecco di legno. I cani girano at– torno alla tavola o lra i pie– di dei pastori che di tanto in tanto lanciano in aria tozzi di pane nero. Un pezzo di polenta sollevala con la mano sul loro muso li fa sma– niare, poi un salto, un volo, e si accostano di nuovo alle gambe tranquillamente. E' l'ora delle slorie sulla vita di briganti e contrab– bandieri celebri nella regio– ne, poi i fatti del paese pas– sano su1la bocca di tulti, fln– chè le ultime. parole non re– stano smozz,icate nella gola del vecchio boss. Gisa è la prjma ad arren– dersi. Si slendc sulle pelli macchia comunale. Copella e che ricoprono le !rasche del il figlio Sante seguono le be- giaciglio e vi si avvolge. Gli stie sudate, altri fanno il giro della man- Il pastore Marco, alzatosi dria. I cani sono appostati al– a sedere sopra le foglie, sa- l'intorno e le pecore insonno– Juta il giovane che gli ~ lite s'annusano. Qualcuna ac– compagno di frascm:ce nei covacchiata groppa a groppa mesi d'inverno. Gisa di Trat- .:on un'altra ternulisce nel t:cci. anche lei, si solleva a sonno e ricaccia il muso a!fl– guardare. E' sui diciott_o an~ lato tra le zampe nascoste ni, ca,pelli e occhi nenss1m1, sotto il caldo del ventre. candida sul viso e sulle brac• Restano i fuochi nell'ombra eia scoperte già formate. della notte. Solo qualche f:l.1- Guarda il figlio di Copella co tra i rami delle grosse allontanarsi verso la scarpa- piante aspetta pazientemente ta con la giacca buttata sul- il sonno guardando la luna. la spalla e i capelli che han- mentre le gialle luci delle no perduto il biondo. case che popolano la pianura Superati gli alberi, Sant 7 si vanno a mano a mano spe– chiede al padre: - Non e gnendo. Gisa. quella? Soltanto Gisa. dentro la ca- - Che ti sei messo in te- panna, stenta a chiudere gli sta? - gli risponde Copella. occhi.•. Fino alle pietre che copro- * no Ja curva del tratturo, Gisa Il giorno fa presto chiaro è rimasta a guardare il gio- sui tetti rossi delle case e nei vane il padre di lui che vicoli della malfamata Caca– stras~ica i piedi e i muli ca- nìa. sugli orti che spezzano ricali di some. Poi, ,,ivolta di verde tenero il paese fino al fratello Marco mentre un alle scalette delle Sippòrtica leggero rossore le ravviva le dove le donne già_ risalgono guance, gli chiede: - Non con le conche p~ene . sulla è Sante di Copella, quello? testa. E' l'ora del :iformn:ien~ Marco non le risoondel to dell'acqua Coi reci,Hent1 neanche. Ha chiuso gli OC· in bilico sul capo, luc1d1 per chi e finge di farsi una ?or_- i 1:iflessi d'oro vecchio. chiac– mita. La ragazza non ms1· chierano tra loro raccontan– ste. Sdrai~ta sulle foglie del! do e pas~sndosi la )'oce. . terreno nmane a guardare Tutta .a zona d1 San M1 un filo di sole che sottilissi- chele ha un'aria nuova sta– rno entra dal rami d'un elcio. mattina. Anche nelle altre contrade c'è via vai e aria di movimento. La genle si sposta con pali, traverse, ta– vole, drappi, manl!esli da in– collare, festoni di olivo da inarcare sui portoni. Gli asi– ni e i muli sono sovraccari– chi: faticano anch'essi per la festa del Soccorso. Manca una settimana alla Madonna ma a San Michele c'è gior– nata di nozze oggi. Sante Copella enlra in chie– sa con Gisa di Tralticcl. I due giovani sono accompa– gnati dai parenti pastori e vetturali, dalle comari del vicinato e dai ragazzi che si rincorrono. Testimoni per lo sposo so– no Trinca il calzolaio di Por– la Ninfina e Santuccio ma– rito della sdndia. Capobella. Per la sposa. Cellino hr-ato a nuovo con la fascia che gli stringe i calzoni sullo stomaco e Giammarùca che abita a un passo dai Trat– ticci. Gli uomini quasi tutti ap– postati vicino all'entrata del– la chiesa sono rimasti in pie• di col vestilo nero di pelle di diavolo e il cappello di fellro, stesso colore, tra le mani. Le donne in polacchina scura pieghettata al buslo so– no enlr-ate nei banchi vicino alla coppia e al prete. Sante ogni tanlo posa gli occhi sulla lunga veste di Gi– sa fermala alla vita da una cinta bianca, poi risale, guar– dandola, al velo di pizzo che le ricopre il capo scendendole sulle spalle. Il busto rica– mato la stringe sul petto che appare bianchissimo fino alla linea dove s'incontrano i se– ni, su cui risalla la collana di coralli rossi. Gli orecchi– ni a pendaglio d'oro pesante le tirano i lobi che spuntano da sollo i capelli attorcigliati a ciuffo sulla nuca. Ma più spesso, Sante la fissa negli occhi che non si preoccupano di nascondere un sorriso chia• ro e intenzionato- Dall'01,gano sistemalo sopra un palcheltone cala un suono di pill'eri come soffiati da giovani pastori e il canto a mezza voce di alcune donne. Finila la cc-rimonia, tra grida di ragazzi e auguri a la1,ghc mani, gli sposi sal– gono sui muli 1mbastati a festa. Gisa sul primo e Sante su quello di dietro, Lancian- Nella penombra appaiono soltanto gli occhi luminosi. Sulla rapazzuola di pelli il giaciglio è preparato morbi– do, e alla fine vi si sten– dono con la stanchezza di quel giorno lunghissimo. A destarli è il sole che asciuga la guazza sulle ù'l!t– te ancora acerbe della mon– tagna. - Vogliamo salire fino ai faggi? - chiede Gisa Sante prende la copella del vino, due pagnotte di pane, spac– ca un ruota di formaggio, e s'avviano tutt'e due verso gli alberi della costa tagliando per le rocce. Dalla pianura gonfia di lu– ce trasudano i campi. Sulla strfacia celeste si scorgono i l?escherecci- Dai colli di ce– nere di Velletri, sulla destra, fino ai monti che spiovono sul lato opposto, tutto il co– lore della pianura Pontina con le lucide case aggruppa– te si apre ai loro occhi, per la pnma volta sorpresi di– nanzi alla vasta linea del– l'orizzone che sembra rinno– varsi sotto di loro. - Non mangio dall'altra sera - dice Sante quando sono arrivati. - E io? - risponde Gisa afferrando il pane dalla ma– no del marito e guardandolo dive1'tita quand'egli le si av• vicina. La mattina di domenica so– no svegliati dallo scampana– re e dalle voci che vengono dalla parte alla della case. Passando dalla montagna fanno in tempo a vedere la processione ent'l'llre nel San– tuario della Madonna. Alla festa del Soccorso ar– rivano carrettate di forestieri dai paesi vicini. Scendono an– che i pastori sparsi stille montagne con le donne in costume cariche d'oro. Le donne che fanno il voto sono entrate scalze nella proces– sione ch'è partita dalla valle del paese. Molte pregano il rnsm·io e implorano grazie con gridi improvvisi e lace– ranti, e salmodiando portano grossi ceri che gocciolano lungo la strada rendendo sci– volosi i selci. Gli uomini vestiti di nero come alle nozze si associano confusi al seguito della sta– tua traspontata a spalle. Pre- Luigi Bartolini: « Donne a. Fon le Maggiore Jt do confetti sulla piazzetta e all'imbocco dei vicoli dove la gente aspetta di vedere che passino, si dirigono verso la montagna. Vanno alla ca– panna dei Tratticci a trascor– rervi la settimana di luna nuova prima che i greggi ri– salgano dal piano. Superata la linea delle ca– se, Sante scende dal suo mu– lo e passa su quello di Gisa. Tenendole il braccio attorno alla vita il viaggio continua. Quando arrivano alla capan– na dell'Abbadia, Sante pren– de la moglie nelle braccia e la cala sull'erba. Allora ente il cuore di lei battere. C'è sole alto ancora sui pae– si dell'Agro, ma ai primi di maggio tira fresco sui monti. Gisa e Sante hanno il respi– ro nuovo, pieno di meravi• gliato stupore ... La luna trova il loro viso ancom accostato, mentre su– gli alberi s'intanano gli ul- cede la Madonna la banda dei muslcanti col passo ca– denzalo che va modulando le note di « O Tommaso che ri– splendi glorioso tra i beatt •, che il popolo canta. Dalle piazze del monte la !olla s'in• fila per la salita alberata che porta al Soccorso. Qui i frati dell'antico convento aspetta- no il paese che arriva. La gente, prima di ridi– scendere nelle case, riprende \'Dee e fiato addentrandosi tra le pietre e gli alberi de– gli oliveti che stanno attor– no alla chiesa. Tl'll i gruppi di paesani che si riparano dal sole standosene seduti sotto le piante, tanno qualche sol– do i giocarellari col grappolo di palloni gialli rossi azzurri sulla testa. I venditori di vi• no e di pagnottelle con pro– sciutto cotto hanno appoggia– to la loro improvvisala bot– tega su vecchi tavoli d'oste– ria• timi uccelli che hanno fatto . . . la calata con strepito d'ali. G1sa ha 11 viso arrossato Si alza Sante e va a prendere dal caldo. Qu_ando sono ?as-. ia chitarra dentro la capan sate le donn~. con ia ceia si na; torna da Gisa che ora era sparso ali m~orno un odo– lo guarda e ascolta il lenlo ,·e ~ ana affumicata. Lei ha canto del marito: sent:_to come un appanno a~h occhi. ma attaccata al braccio Se te le vo' magnà qua t· tro cipotle velle a magnà co1nmì, véttene a balle. del marito le era sembrato che passasse - Il sole di stamattina aveva detto Sante. Dalla folla vedono ora Marco staccarsi e salutare: - Buona festa a voi - dice. Tutti e lre si fanno avanti tra la gente e trovano anche la moglie di Copella che si è perso il marito. Poi vedo– no 1'ralticci coi Capobella e il calzolruo Trinca, e li chia• mano. Ma costoro vogliono andare a bere. Scendono al– lora tutti assieme verso il paese con la gen le che si è di,;ciolta dopo la processione. Arrivati al canlinone di via Ninfina entrano e vengono stappati vivi imbottigliati. - Rosolio - dice il padro– ne della cantina. E tutti si siedono davanti alle ciambel– le di magro che fanno da antipasto. Cominciano i b1,in– disi e i bicchieri di passi,to spumano col vecchio frizzan– te che tira l'appetito come la mignatta il sangue, Dopo le fettuccine !alte in casa, Gisa si sente giirare dentro la tesla. Se ne accol"– ge Sante che le chiede: - Che ti senti? - La tesla - risponde Gi- sa, - ma non ho mica be• vulo tanto. Forse perchè non sono abituata al vino. Ho semp1·e bevuto latte io. - Latte e vino - intervie– ne Copella che ha ritrovato la strada di casa - fanno l'omo paladino.•. - E la donna bella - ag– giunge la moglie Nanna. Ma la sposa si tiene la fronte con le mani. Fallasi poi più vi– cina al marito gli dice: - Ho riavuto l'appanno agli occhi come su al Soccorso. Sante allora, prendendo il bicchiere per un altro bnin– disi e accostatolo a quello della moglie, le dice che non è af[are di vino quello. Tut– ti gli altri hanno seguìto il gesto di Sante e tengono il bicchiere sollevato. - Alla salute di tulli - grMa il giovane vetturale. Poi avvicina11'<:lo di più la propria sedia a quella della moglie, le dice piano in un orecchio: - Non siamo più sdli, mi pare. Tutlli gli altri hanno rispo– sto alla salute dei due sposi. E' Santuccio li marito della Capobella, però, che si alza daUa sddia e rivolto dalla parte dei due giownl co- mincia a improvvisare con la voce ondulata più dal vi– no che dalle regole del canto: Ca.ro compare che ti vo– gUo dire, - tt dico che la. cera è bell.a assai, - la. mog!ie. be!!a. fa. pa.ssd !i guai, - la. stampa. buo– na. voglia. fa venire. Lulgl Bartolinl: • Cercatrici d{ chlocolole • Un preziosooggetto * Racconto di BIA.GIA. 1'1\.RNl'l'I Con il racconto che segue, 1 posso avere la niinima sensa.– Siagia MarniU hn vinto, zione di sentinni privo della l'anno scorso, uno dei pre- libertd e preso dal ,nio de– mi ,f(Cinque Bettole». 1n.one l'avvilivo quando sareb- Avevo trentasei anni quari- i be bastot-O tlna mi.a parola, u,10 do mi innamorai di Angela d,omanda affettuosa. a. farle una ragazza bruna. hlnLino~d scorrere tutta la tenerezza eh.e e fresca come un fiore. l\1a aveva. JH!I cuo re. . . fui sul punro dl lasciarla op- A crnqtta.nt 'an111 ho . capito pena capii che Ja sua inge- quant o valga; un sen.h'?tento, nuitd era pericolosa per en- un amore ~in:e~o e. rt~ordo trombi. Ero 1ot uomo stanco, Angel_a con rn_Iuut?_ri,np,an!o· auvilìto da amare esperienze Se ,-_1pen.so a_i.. 11ue1 att~ggu1.~ e reso abulico da ttna giova- mentL succ.cssiu1 _mf. faccio poi nile passione che aveva peg- orrore. Ct l?sc1_0111m_o_tre o giorato ti mio carattere debole quattro volte, rtco'!unc1ammo orgoglioso. male e sempre peggio. La cer- e . . cavo 1lta ero sgarbato; tnolen.- Angela m1 p1aceua e più to. autoritario. Angela avreb– che amarla e_ro. tentato ~alla be dovttto mostrarmi 11guale s~a. estrosa. gt0u1ryez:za. Si dt- perversitd, invece era dolce e prngeva gh oc~1u . che . o~eva riJnissiva! profon di e b eli,, si arriccwt1o Rlpres, a lavorare dopo le fitto I capel.li . clte portat1a cor- sue tante in~istenze. Guada– tissimi e l~sc iava senza trucco gnavo e avevo preso in af– la bocca piccola e rossa. fitto un appartam ento di due Conosco le donne. se 110n stanze che pian pia.no Angéla fossi modesto direi che le co· aueva reso accogll ente e avreb– nosco troppo, 1na con Angela be reso pitl grazioso se non era. diverso. fossi stato li a contrariarla. Facevamo lunghe passeggiate Sarebbe stata "!'a donna feli: lu11go l'Aniene o ci si femwva ce se le aues.St permesso d1 su.i prati. neUa clampagna ver- venire a vivere con 1ne: vi– so Osti.a. Anna coorreva in bi- veva con sua niadre e ,1inse– cldetta. libera e leggera come gnava. nelle sc11ole serah; '!d una farfalla e mi sorrideva. cl opponevo con le scuse p1tì Amo parlare, 1na con lei non sciocche e sostenevo che pro– ci ,-iusciuo; t suoi occhi tn.i in- prio sua 111odre non l'avrebbe terrogavano continuamente e sopportato. io divenivo volubile, canibiavo Ma la vita ha trame -na~co– a.rgomento e finivo cot tacere. I sie e sempre nuove .. U_n g1or- C i d' t rla dall'at-1 no t1en11e a trovarmi ,n ufft- erca ! scu_oe . . va cio la sigrtora Genni. la Lolo ,nos~e. ra. c!uusa 11 ! cm v1t1e . ' della ,nla. prima giot1inoeua. la rnuita, al r, st oran_te, '" Sl era sposata e stanca del oste!,a ove ,ion era ma.t st ata, ma rito. di una modesta vita al cu~em.a, a teatro. e la Tagaz- qu.ootidiana se ne era tornata za agiva come se c1 fosse sem· id z pre andata. Ammirauo il suo a R~•i:,a. E~a. r atta ,n!1 e! ma•. modo di essere a. suo agio lata, 10 fut ripreso dat ricordi 0,'HtnQUe e ~e ri?tanev!1 silen• e C~ncora'I:ios:,ti sembrò dt ri– ro:a pe::~~j t. SUOl OC'Cht. a par- tornare giovane, spensierato ar · ed Angela scom.paroe da.t ctto- vissuto ·m.i. divenne insoppor– tabile, i -ricordi affioravano come genl malvagi ed osti'!L dalle strade e dai giardinl; ti volto di Lola si soprapp one– va a q11ello di Angela, fra.si e piccoli litigi echeggia vano cont.e compone impazzite. non avevo pace e decisi di andar– mene. Ero trascurato. odioso a 111" Sll!sso e agli altri. Con– servai l'appartamento percltè ero deciso a ritornarci appena mi fossi placato. Angela capì che era in.utile contrariarmi: ta sua tristezza era divenuta una seconda natura, ma io 'tlOll me ne accorgevo preso dat preparativi della partenza e dalla nuova avvent11ra della vlta. In un'altra cittd avrei µotu.to essere solo come ,n.e– gtlo a vrei creduto, libero da pensieri, dai ,-hnorsi, dall'a– rnore. Quando rividi An~ela .dttran– te un.a 11ua breve vacanza l'in– contro m, se,nbrò piacevole, ma Angela. mi dtceua che non poteva ,-inuncfarc a me e pur conoscendo i miei difetti ag– giungeva che apparteneva a quel genere di persona clie am.a110 una volta sola e che in qualsiasi modo era. disposta a venire con me. ,., Tu sei te stesso con ,ne >1, diceva. * ma il tuo stra110 mo– do di agire mi umitia, la uita eh.e mi offri non è vita per una donna. Ti a.mo, 1110 voglio essere nie stess a, cos ì 1ni rendi u11 oggetto •. * Perchè non ti sposi Ange– la?*, le risposi. Era una ri– sposta. da far rovescia.re un tavolo, m<t essa si. contenn e e le sue n1ant trentarono com.e foglie al vento. dagli altri, fermo nei principi! e amo i miei. principH come m.e stesso. .,,, Mi cerch.erd ... , dicevo intestato. Se le avessi telefonato 30rebbe stata una aperto condizione di resa. Mi dicevo che Angel.a era a vol– te t11tta di un pezzo e non sapeva prendere la t1ita sotto– gamba. * Angela telefonami!». Ma da quella domenica Ange– la non si fece più viva. Qtia11te volte /io a.spettato una sua lettera o una sua. te– !efo11ata. Sono passaU sette anni. Nella notte qttando l'in– sonnia ml tormenta e accen– do I.a tuce e prendo un libro la 1nia coscienza si ridesta e i ricord.i affiorano fra le ri– ghe; 11e ho un acuto torm.ento. Le ho fatto ,nolto male e ora clte invecchio sento ogni gior• no di pitì la sua mancanza.. Pere/tè Angela non mi cer· cò più? Do'f,o tutto ciò che c'eTa. stato ra noi mi amava ancorar; cosa. la spirue a non uedemti plù? Ogni volta che ritorno nella ,nia. citrd sono tentato di telefonarle e mi as· sale il rimpianto. Ho sciupato la. mia vita e mi sento infeli– ce. Invano ,ni sprofondo nel lavoro. Ammiro sempre le bel– le donne, ,n.a 11011 le frequento più. Il matrimonio mi fa patt– ra. Sola Angela. avrebbe po– tuto essere mia. nioglie: 1ni riaffiora.no !e sue parole, i suoi .1catti, i suoi ragionanienti di ragazza inna,norata e folle, la. sua tristezza senza fondo. Potrei sposare una donna ric– ca, ma non so mentire in mno– re e nel ,natrimonio è neces– sario almeno l'affe 10 rrt ·~ ho perduto la. possibi!itd di saper dare 1111 a)fetto. Passò det tempo: nessuno di noi due rinun.;:iò at!'altro. Ci incontravamo spo radica.,nente e senza speranza. n caso sta spe350 ad a~pettard ad u,n, angolo di strada. ed io dovevo avere un figlio da leL Avrei potuto sposarla. A nge!a. era onesta, fin troppo per il mio gusto e in coscienza ne ero lusingato. Se fossi divenuto suo marito Angela ,ni avrebbe la.- Ma l'altro giorno ho rice– vuto una lettera di Anpela. Mi sono sentito gelare e ho avuto un sussulto. Sono rimasto in• certo se apri.ria. o no. Poi t'lto letta. come se stessi gustando una medici.n.a. C'ern la guerra. i tempi era- re e dai sensi. L'amore e la no grigi e dura11te l'occupazio· semplicltd di Angela <Jdesso ne tedesca di Roma et1itai di ml esasperavavo. ne ebbi ri• farmi vivo con lei. Dopo la morso e tenerezza, ma. il suo venttta. degli Alleati l'incubo smarrimento mi urtò e diven– /inì. si poteva ripensare 01· ni crudele. Era. impossibile !'avvenire e riprendemmo le abbandonare Angela e le of– nostre passeggiate. frii amicizia. proposi di con- Lo sguardo di Angela si fer- tirmare a t1ederci. Volevo al– mava. più a. lungo nel mio, io lontanar!o da me pian piano. la pensavo spesso e comincia- Angela sola. e disperata a.e– vo a. soffrirne. Uri giorno con cettò. sciata. la. stessa libe rid, que!la tibertd clte ho sempre propu• gnato. ma rifiuta.i per princi– pio. Se avesse insistito avrei a cconsentit o, ma ferita nel• l 'orgogl.io essa non si difese. Mi sentii meschino, inferiore at suo datore e in quet tem– po Angela. non aveva. neppure un lavoro. * Mio caro, la mia parola ti meraviglierà dopo tanto si– lenzio. Ricordi che avrei do– vuto telefonarti una domeni– ca., sette anni or sono? Lo de– sideravo. Ma il nostro incon– tro come sarebbe stato? Come i tanti nostri incontri tristi e desolati, e aH'improvviso lto avuto la senMziont che ci !n– contras.1hno come in una casa di piacere, Cost ho lottato per strapparmi dal cuore il mio sentimento per te, Mi avevi reso so!o un tuo prezioso og• getto e tutte te uot1e che ti rivedevo ero conscia di que• sta. mia debolezza. Era. possi– bile ricominciare, ma avrem– mo dovuto essere diversi en– tra,nbi. Mi sforzai, ma. ogni tentativo fu inutile; tu restavi l'uomo di sempre. gran timore !'invitai a. casa. Ma gli atteggiamenti dl An– Abitavo all'ultimo piano nel gela. mi infastidivano. li tro· Corso ed era una. ca.Ida. gior- vavo goffi e cercai pretesti nata di ottobre. Per la. prima per non vederla. Le dicevo volta. Angela. saliva. da me: gli frasi terribili a cui Angela ri– uccelli a.llar ga.,uano i loro giri spandeva con frasi altrettanto sui tetti, si nascondeva.no fra terribllL La sua na.tttra sem– i nidi delle grondaie e co11 plice e impulsit1a. coraggiosa slancio riprendevano !a loro e debole mi sconcertava.. essa pazza corsa. ne aveua·no per si sforzava di essere diversa poco. Angela fu semplice co· e diceva. cose che nori pen– me sempre e la sua semplicità sat1a nemmeno; voleva. r!con– mi atterri. Ero fellce: Angela quistarmi ed era strana e bef– ,ni amava. e si Ìascia.va. strin- farda. Per me divenne com- plessa e lontana. gere con spontanea resistenza. L'amici.zia con Lola non du- Era una. donna. meravigliosa. e rò a lungo. !e avevo trovato fui sul punto di ,nandar!a via; tln Lavoro e una. volta. siste– !a desideravo da. tenipo e la.• matasi cominciò a. trascurar– sciai cfte l'ombra si allargasse mi. Anche Lola avrebbe volti– posandosi sulla. finestra. to con ,ne, ma. mi rifiutai energicamente. Sono un uo- Ricordando quegli anni ca- mo libero e non desidero le– pisco in quante cose mancai ga,ni definitivi. Se avevo la– con lei. La. trattavo come se sciato Angela per Lo!o non ero avesse avuto mit!e esperienze, cosi pazzo da. impegnarmi per la. rimproveravo ridendo della una vita a due. stta. inca.pacitd ad abbandonarsi Dopo la parentesi di Lola come avrei voluto: !ei accet- con più cautela. to rna, da. An– tava. i miei sgarbi con no.tu• gela. disposta a ricomincia.re E poicltè nulla avviene sen– za. traccia mi ammalai. Angela venne a trovu rmi e mi fu vi– cino teneramente. li vederla mi riempiva di sp eranza, sen– tivo clte ,ni da.va. tanta forza e mi accorsi che ! e volevo be– ne. Mi rendevo conto che An– gela. era l'unica. cosa che !a vita mi offrit1a come un dono, quella vita che sgo,nito!avo co– me volevo e interiormente mi bruciava.. Angela. mi era a.mi– ca, moglie, aniante, sorell a e sposa. E un altro brindisi vola ratezza. e fingeva. di non sof• uno nuova. t1ita. per aria, ma con bicchieri di frirne. L'allegria., il sitenzio, Ero esasperato da.Ile vec– aleatico stavolta. L'appanno la. ,nelanconia si alternava.no chie e recenti umitiazioni ave- Nei momenti di solitudine se ripenso alle mie ore disordi– nate e vuote 111i. Ti.conosco l'e~ goista. che sono, assediato da mil!e colpe come in urt incu• bo, ma. non sono riuscito ad essere ditlerso. Incapace di sentimenti ho distrntto dentro di me te cose. Ho una pos,zio– ne brillante, uno spirito acu– to, ,ni. com.piacei.o di essere pi– gnolo, sotti!e, maligno, ma non ho cuore. ~ Que!la domenica riuscii a farmi forza, ad essere di pie• tra: addormentai la n1ia na– tura. It bene non si butta via come uno szraccio che non ci serue più. Accettare un amo– re non è rica,nbiarlo. Il mio grave er rore è stato quello di ritorna.re . Ogni volta. che ri– tornavo da te uccidevo un po– co del mio amore per te, di– staccandomi avrei potuto of– frirti la possibilità di farlo rifiorire. Dovevo sparire non restare, ma ero una piccola ra– gazza. sola, indifesa che ora. ti scrive per un segreto impulso e forse ciò tl fard lieto netta solitudine. vo bisogno di vendica.mi del agli occhi di Gisa è il pri- in lei come il correre imp:Otl· mote fattomi d a Lola e rave– mo segno di vita indecifra. 1 viso delle nuvole. net ctel_o bile e immaturo come il pri- Il suo umore cangiante, vario, sciai su Angela i! peso del mio mo battrto del sangue che mi_ irritava.. Non sopp_orto fo pessimo umore. Per la ragaz- l td za la vita divenne un infer- comincia a far corpo e no- tn st e zza. e a. su~ sene '!'! no, le imponevo condizioni me dentro il cuore di lei. da.va. il ~enso dt essere ptti sempre più inaccettabili. An- - Prima del latte sono i respo n;;abile. gela mi guardava e non ri- bicchieri di buon vino ad Non auevo un lavoro, vivevo spandeva. A t1olte mi assaliva alimentare i figli - dice la d'inviti, pre st iti e debiti: ave- in modo t1io! ento e La temevo; sàndia. Capobella, la quale uo !asciato 0nd0 re i bei pro- poi ritorna.va ingenua e triste rigiratasi verso la sposa le getti fatti dopo la liberazione dand omi ese, npio di una bon– chiede: - Se è femmina co- ed Angela se ne dispiaceva. td estrema. Aveva scatti im• me la chiamiamo? Le cliiedevo tutto e non te provvisi di allegria che mi tttr• _ E se è maschio? _ ri- davo nulla, nè !'aiutavo a ca.· bava.no profondamento e io balte subito il giovane vet· pire la. vita., se stessa., gli altri finii co n l'esserne geloso e sa– turale. e le cose che amavamo. Ero spetta.re del suo eccentrico agi– disumano e giudicavo un mo- re. Co,n inclò a bere e mi sen- - Pippo Copella come suo stra !ei. povera creatura! Le tii vile: l'akool !e dava. una nonno è la risposta di rinfacciavo il suo bene, la sua leggiadra euforia e temetti di Gisa. franchezza, la poca civetteria. vederla giungere su!l'orlo di Quando guarii fui ripreso dal desiderio di rivedere An· gela.. Era dimagrita. e il suo era l'ombra di un sornso. Giunse da me con i fiori ed u.n portacenere azzurro. Il portacenere non ,ni piacque. « Puoi buttarlo vio se non t, piace! », rrii disse. Era pun– gente, uiva. E riaffiorò la vecchia questione di Lo!a. * Non ti ri,nprovero di averla aiutata. ma di aver anteposto !ei a. me, quando sapevi che l'incontro non poteva dt,rare ». Era vero, 1110 non volevo sen– tirmelo dire da. lei. Angela se ne andò orgog!iosa. e triste con uno dei insoliti sorrisi. Sulle città distrutte gli uo– mini ricostruiscono altre cit– td, sulle ceneri di una. vita può sorgere come un bet mat– tino d'autunno, s e s appian·"' riconoscerci. una vi.ta dir e pura. Angela.*· La lettera. di Angela. rie La festa del Soccorso con– tinua dentro la cantina fino a sera. E' notte quando tutt' decidono di alzarsi per an• dare a vedere i fuochi sulla piazza del monte. ELIO F. ACCROCCA Guardavo le belle donne e !e quel vizio o di una lucido fol– lodavo non perchè ne fossi lia Ero colpevole anche se af• preso. ma per notare !e rea- fermavo che non lo ero e per zioni di !ei; alte mie rimostran- maggiore difesa m i dicet10 che ze Angela faceua finta. di non se fossimo sta.ti marito e mo– capire o accennava un inde• glie avrei trattat o Angela nel finibile sorriso. Le uolevo bene lo stesso modo. a mio modo. D'a.ttra. porte non La. cittd ove sono nato e Rimasi con i miei pensieri e mi aggrappai alla speranza de!l'indomani. Angela. sarebbe ritornata. Ma Angela. non s, fece viva. Aspettai con ansia i giorni successivi: Angela non telefonò. Anch'io lto un duro orgooglio, !'unica cosa che ho di positivo, mi sento diverso net suo carattere sensibile non comune. Con lei vicina , nel pieno della sua. giovinez:11 mi sentirei Hbero finalmente da co!pe e rimorsi. Se Angel11 ha. potuto scrivermi così non mi ama più, mi dico; è sol– tanto curiositd la sua. Potrei ricominciare dopo sette a.nni? Ho sbagliato, ma non potrei essere un altro anche se 110 capito. Cercarla. equivarrebbe a riconoscere, sia pure in m.o– do originale. i miei torti: l'or– goglio ha. stritolato e ,trito!a. 1utta. la mia vita. Forse 11mio egoismo, ogni mia difesa e pu– dore crollerebbero se per caso Angela ri1ornasse sulla mia. strada. BIAGIA l\1ARNITI .. \ ..

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