la Fiera Letteraria - XI - n. 28 - 8 luglio 1956
Demnica 8 luglio 1956 T,A FTFRA TFTTFRARTA " ...PERCHE' CIO' CHE E' ESISTITO UNA VOLTA FA PARTE DEGLI ARCHIVI INDISTRUTTlBILI. ..,, P1,ul Cl1,udtl Scene. IV dtUa II Giornata (I Parte). SAN GIACOMO * Facendo bruscamente seguito ai lamenti vocali de • l'Epreuve • l'or– chestra lancia in un grandioso tur– bine il tema musicale di San Gia– como. li castello di Donna Onoria è spa– rito e la scena è occupata in tutta l;i: sua larghezza dalla distesa piatt.i dèll'Oceano (corpo di ballo che imi- 1 a l'Oceano). Nel centro, un altissimo perso– naggio mascherato (tre metri e me,– zo circa) sta in piedi in mezzo alle onde. Da ciascuna parte, sul mare, \'O– gano due minuscole caravelle: q4el– la. di Donna Prodezza, in viaggio per Mogador, e quella di Don Rodrigo che la i.nsegue. L'ombra di San Giacomo che pre11- de tutta l'altezza del teatro, si ~o– vrappone esattamente alla costella– zione di Orione. Notte. La scena è occupata in tut– ta la sua altezza da una figura gigi.n– tesca e tutta seminata di fuochi di San Giacomo (Santiago), con le conchiglie di pellegrino e il bastone diagonale. (Si sa che il nome di San Giacomo è stato talvolta dato alla costellazione di Orione che visita volta a volta l'uno e l'altro emi- . sfero). Pellegrino dell'Occidente, a lungo il mare più profondo del mio basto– ne m'ha fermato su questo torrione di quattro strati di terra massiccia. Su questo roseo Atlantico che al– l'estremità del continente primilivo chiude il vaso interno dell'Europa e ogni sera, suprema vestale, si bagna nel sangue del sole immolat9. E là, su quel molo a metà inghiottito, ho dormito quattordici secoli con Cristo. Fino al giorno in cui mi sono ri– messo in cammino davanti alla cia– ravella di Còlombo. Ero io che lo traevo con un filo di htce mentre un vento misterioso soffiava giorno e notte nelle sue vele. F'inchè nell'onda nera vide le lun– ghe trecce ornate di rubini delle 11in– fe nascoste che il marinaio chiam·a • uva dei tròpici •· E ora -in cielo, senza mai uscire dalla Spagna, io monto la mia guar– dia circolare. Sia che il pastore sull'altipiano di Castiglia mi ritrovi nella Bibbia del– la Notte fra la Vergine e il Drago1 e. Sia che la vedetta mi riveda die– tro Teneriffa già affondato nel marP sino alle spalle. E. quelli che l'abisso separa h:m– no solo da guardare me. faro tra i due mondi, per ritrovarsi insieme. Occupo troppo posto nel cielo per– chè l'occhio possa sbagliarsi. E tuttavia nessun posto come il cuore che batte. come il pensiero che nelle tenebre appare e sparisce. Nel seno della Grande Acqua ai miei piedi ove si riflettono le mie conchiglie e il cui sonno senza -n~ sente se stesso urtare l'Affrica P l'America allo stesso tempo. Vedo le scie che fanno due anim:? che si sfuggono e in ieme si inse– guono: una delle navi fila in linei: diritta verso il Marocco; l'altra con– tro correnti scònosciute e vortici avversi riesce appena a mantener la sua direzione. Un uomo. una donna, ambedue mj guardano e piangono. Io non vi mancherò. I felici e i soddisfatti non mi guar– dano. E' il dolore che fa n,~J mondo quel gran \·uoto attraverso il quale è piantato il mio semaforo. Quando la terra serve solo a sr– pararvi. nel cielo ritroveret<' le \"O– stre radici. Tutti i muri che eparano i vostri cuori non impediscono che f'Sistiatc in tJno stesso tempo. Mi ritroverete come un punto di * Da"Lesoulierde satin" * d i P A. (; l_j C L A t· -D E L riferimento. Tn me i vostri due moti s'uniscono al mio che è pei·enne. Quando sparirò ai vostri occhi, sarà per andare nell'altra parte del mondo e riportarvene le nuove, e subito dopo sarò di nuovo con voi per tutto l'inverno. Poichè pur avend'io l'aspetto im– mobile, non sfuggo un istante a que– st'estasi circolare in cui sono ina– bissato. Levate gli occhi a me, figli rrjei, a me il Grande Apostolo del Fll"ma– mento, che esiste in questo stato di estasi. Scena X delta II Giornata (I Parte) L'OMBRA DOPPIA Si vede l'ombra doppia d'un uo– mo insieme a una donna, in piedi, proiettata su uno schermo in fondo alla scena. Simultaneamente: Ornbre han fatto di me un'o1nbra senza padrone. Poìchè di tùtte le effigi che slila– no sulla parete 1lltnnmala dal sole del giorno o da quello del!a notte. Non ce n'è una che n,m .:oriosca il suo autore e non ritracci feùelmente il suo contorno. Ma io, di chi si dirà che sono l'om– bra? Non di quest'uomo o d1 questa donna separati, Ma di tuUi e due in una volta che l'uno nell'altro in me si sono som– mersi In questo essere nuovo fatto di m– forme oscurità. Poichè mentre questo sostegno e radice di me stessa, lungo questo muro violentemente investito dalla luna, Mentre quest'uomo passava ~uJ cammino di guardia, recanjosi alla dimora che gli era stata assegnata, L'altra parte di me stes,·, e la sua stretta veste, Questa donna, a un tratto comm- UNA BELLEZZA sf<)lgorarite, prof()nda * di RO.IIEO Ll CèH'ESE I brdni Qlli scelti dalta mia tradllzione present.aio a Parigi con trionfale successo de « Le soulier de satin" di P. Claudc! alla Con,édie Françafse nel 1945. F'u poi sono stnti presi eia una trasmissione del rappresentar.o dalla Compagnia di Bar– Terzo Programma che fu eseguita per la ra11lt nel Sttd America con ,trèpltosa ac– prima voltn nel 1952 eppoi replicata altre coglienza. Mi rimlta inoltre che una sua volte alla Rc,dio. Da allora io ho corretto ttadu.zione tedesca ebbe enorme successo e ricorrcttC' questa traduzione, che è la. a Vienna qualche àntto fa. prima_ in lingua itali.a.na 1 esem1i/a pe\. t~- La •bclleeza profonda 'e sfolgorante di sto d\. P... Claudel: T11éatre - Tor_n~ Il · questo drllmma ~crftto nel classico ver– de la Plerarte." Ed. N.R.F. ~ _G~!llmard: setto biblico ripreso da Claudel; l'avvin- 1952 .- trad""':''<ne. elle _appnnra 111 quest, cente trama dei fatti; gli scontri delle g,on!t nelle librerie edita da (< Massimo n passioni e dei dove"Ti; l'im1nenso arazzo - Milano. . . . . . su clli essi si svolgono correndo dalln « Le souhcr de satin» e sicuramente 11 Spagna di Carlo v (eppoi di Filippo 11) massimo capolavoro di Clattdel. Q_1,estoa Mogador. t1ell' America Centrale per eg!t ha affennato ne, suo, dtalogh1 con toccare il Giappone e tornare di nuovo A mrou?lte. apparsi sttlla Nouvelle Reyue in Spagna poco prima della battaglia di França,se (agosto 1953), e questo rttiene Lepamo· ttttte le caratteristiche del gran– generalmente In critica militante. Eppure de dran;ma spettacol-are alla Lope o alla quest'opera imme~1sa in cui Cla~idel ha Calderon con in più. il pensiero, la sen– c~nsegnato. ttltt? 1I su~ va/or~ d,. uomo: sualità. la forza espressiva di Claudel e d, poet~. dt arusta e _dr c~rro_l1co, e QllaSI i resori della dottrina del cattolicesimo sco11osc1ttta al pttbbltco ,rallano. Ciò si . . . . .. spiega in parte .,e si pensa alla mole del con le sue 1m111aoh11 pocttclt~. e nvelatr,c1 dramma (mai rappresentato nei teatri dovrebbero ~ortare presto l 1nterèsse. del d'Italia) alla ctd edizione integrale l'a11- nostro pubblico a ,, Le so~ller de sat111 ", tore lavorò dal 1919 al 1924 e che rimlta che ha que,tc dt'.• epigrafi: • Deus escr~– composta di cinqtie giornate e 1111 epilogo. ve d1relto por l111l1as tort.aa " (proverbto • Le soulier de satin• ripreso dall'autore, portoghèsc) rd "Etinm peccata" (Sa11- co11 la collaborazione di Jean Louis Bar- t'Agostino). ra1dt. '''""' adnttato per la scena e rnp · RO~JEO l,UCCHESE I - lamenti cantati delle duè voci a bocca chiu a; II - testo linco, detto a due \'oc1: III - pantomina delle ombre s;illo schermo. Io pol'to accusa contrò quest'uomo e questa donna ché nel p11e·e dèllé ciò a precèdèrlò senza eh se ne ac– corgesse. E il ricònoscimètito d; lui con 1ei non fu più rapido dclì'uno e dl"lla saldatura immediata delle loro anime e dèi loro corpi senza una parola e della mia esistenza s1 Il 1~urn. Ora porto accusa ..:nntt,J quest'uo– mo e questa donna per opera dèi quali sono esistita so:tanto un se- condo per non finire più, e sono sta– ta impressa sulla ,,agirla dell'eter– nità! Perche ciò che è esistito una volta fa parte per sempre degli archivi mdistruttibili. E ora perchè haimo scritto sul mu– ro, a loro rischio e pericolo, quel S:"– gno che Dio aveva loro proibito? E perchè avendomi creata, m'ha,1- 110 così crudelmente separata, me che sono soltanto uno? Perchè han– no portato alle estremità di questo mondo le mie due metà palpitanti, Come se 11011 fossi io sola a esiste– re e la parola pe un istante fuori della terra leggibile fra i battiti ài aìi smarrite. Scena XI della II Gioma.ta (I Pa,rteì LA LUNA, DONNA PRODEZZA, DON RODRIGO * L'illummazwne cambia. A si,nistra, si vede Don Rodrigo disteso su dt un piccolo tappeto che rappre~nta il mare. Dorme, con .la testa appog– giata contro il bozzetto minuscolo della sua nave. A destra, Donna Prode:ì:za che. su di un suolo rosso, dorme ugualmen– te, colla testa rovesciata sul braccio. Questo oscilla ancora lentamente ce>– me una palma orientato verso Don Rodrigo. Di Donna Prodezza, si ve– de solo 11busto, il resto del suo cor– po essendo nascosto sotto una minu– scola e preziosa bianca ténda araba. Appare a sinistra, nel vuoto: La Luna, accompagnata dal suo téma musicale. L'Ombra sparisce e lo schermo e occupato durante tutta la durata di questa scena solo da una palma via via più indistinta e che si rriuòve leggermente. LA LUNA (parla acéòl'l'lpàgnata m sordina dal suo tema music-1é): - L'Ombra doppia s'è disgiunta s..il muro che in fondo a quella prigu!lne corrisponde alla mia ptèsenza in cielo, E al posto di quel ramo unico che se ne distaccava, di quel bracci0 !'\U– do di donna con la mano in ciYna che dondolava lenta e debole, C'è soltanto quella paln'ta ché il vento del mare a tratti, dòpo lul'lfhe pause, fa muovere e che trémola. li– bera e tuttavia prigioniera, concré(l e senza peso. Povera pianta! Non ne ha a\,uto abbastanza tut1o il giorno a diten– àersi dal sole? Era tempo che io giungessi. E' bel– lo! Ah! com'è dolce dòt.n ,i.re 60Jl n'te! Quale silenzio! appena un de~ole grido in qualche istante di quell'uc– cello cui è impossibile svegliarsi. L'ora del Mare di Latte è nòstta; se mi si vede così bianca, è p~l•chè ono io Mezzanotte, il Lago di Lat– te, le Acque. Io tocco con mani inél'fabili quelli che piangono. Francesco i'\ta.ffcl: " DCJ)Osltlone" Sorella, perchè piangi? non è oggi la tua notte nuziale? guarda il cielo e la terra illuminati! e dove pensavi tu passarla con Rodrigo altrove clw sulla croce? Guardatela, voi che m'ascoltate. Guardatelo, quel dolore di donna 111 ginocchio sepolta nella luce! Non sarebbe cominciato se non l'avessi baciata nel mezzo del cuore. E forse sarebbe spirata al primo àssalto fra le mie braccia, se duran– te la p;iusa del mio cuore, non le avessi proferito questa paroln: • Mai! • • Mai, Prodezza! •· DILUa IX Scetta d1Hla II PMte IL VICERE' (DON RODRIGÒ): * Uft\ciàli, c6~pagni d'attne, uo~i111 riuniti qui vagamente respiranti in• totno a me nell'oscurità. Voi che tutti avete udito parlare dèlla lettera a Rodrigo e del l,mgo desiderio fra questa donna e me che è un proverbio da dieci anni fra i due Mondi. ... Guardatela, infipe essa è appar– sa sulla mia nave ed è venuta a chiedermi conto del mòndo ch'!:lla m'ha obbligato a cr·eare! Innumeri donne sono venute al mondo per la ròvina delle città e de– gli impet;i, per la vergogna e lo ster– minio delle anime umane. Ma io accuso questa che è stata per me più crudele e più spietata. Non per la sua presenza e per ;J lèttò che ha diviso con me. Ma per la sua continua assenza d1 dieci anni, e pèr il letto, per quel letto, per il letto della sua continua assenta di dieci anni e che no:i ha smesso di dividere con me! E ora vi prendo tutti a testimoni che io ho còmpiuto l'opera mia ed ella nòn ha più nulla dà chiedermi. Voi m'avete trovato duro, vinlt>n- to, crudele, esigente e talvolta 1r,– giusto; ma ho forse risparmiato mc stesso? Vi prendo a testnnoni che ho còl'r\– piuto la mia opera, e che un nuovo mondo è sorto dal mare e che que– ste mani gli han dato una forma! La forma di questa donna in que– sto mondo che mi è stato per sem– pre negato di possedere! Il più umile artigiano riceve il suo salario, e io, io prenqo il cielo e la terra a testimoni che non ho avuto il mio compenso! Accuso questa dom1a apparsa sul– la mia nave solo per farsi giuor.o di me. E per mostrarmi un'ultima volta il viso ch'essa ha voluto rifiutarmi per sempre! Quel volto, quel vòlto crudPle, ch'essa ha dedso di rifiutarmi i:er sempre! . Quel volto fatto perchè io lo pos– sedessi e ch'essa ha deèiso di 1 ifir,1- tarmi per sempre! Ma vieni ora, ti prenderò per ma– no, Signora, vieni con me, amor mio, vieni, delizia mia, vieni, iniquità. P.rendi la mia mano! Ti mostrerò la via, l'amara via su cui ho camminato solo infinite notti nella tua amara compagnia, nella t:ia detestabile compagnia. Da un'estremità all'altra déll'0rri– bile veranda, rimandato da un estre– mo all'altro déll'òrribilé veranda come la spoletta nelle mani delle nere tessi tric i! Non è lunga la via che dòbbiamò fare tu e io in questa vita. Alcuni passi soltanto insiert.e, amor mio, ma in cui v'è tutta una vita, la vita d'un cuore troppo amo– roso, troppo fedele, mio amòre. la vita d'un uomo miserabile. PAl,;L CLAUDIIL (Per gentile concessiòne delte Edizioni • Massimò • Mtla,no) POESIE GIOVANILI DI DYLAN THOMAS Pontormo; «Particolare» Da una guerra d'ingegni emergenclo Da una guerra d'in,,asni en'lergendo. quando follia di (parole Era per me follla del n\Ondo. e le sillabe tutte Cadevano dure con'le ~cudisci sopra un'antica ferita, Il mio cervello gJun~ gridando nella fresca luce Chledébdo ·un confesrore. ma non c'era ' Da assolvere nessuno dopo la lotta dell'ingegno. E il sole mi a!)battè n\Uto per lo stupore. Pregate che sia in~fT'O il mio corpo, ed lo possegga (membra E non tronconi, dOpo l'Ora della battaglia. Per la fuflilità del mio corpo e il bianco della pelle. Ringraz.iate che SOio gli ingegni sian feriti dopo la [lotta dell'ingegno. Sopraffatto dal sole, col cervello a brani, Resto sotto il conteuionale della nuvole, Ma i raggi ardenti mi spogliano della parola, Dopo i perlgli del discorso degli amici Stendo le braccia supplicanti al cielo latteo. E dopo una raffica di domande e risposte Alzo il capo ferito dall'ingegno perchè il sole · (comn1iseri. E il sole guarisce. chiudendo occhi dolenti. E' bene che il sole· risplenda, E, poi che ha sole. la luna medesima, Poichè fuori da Ul\a casa di tavole e di pietra Ove ogni uomo discuterebbe finchè le stelle non [diven·gon verdi. E' bello uscire sulla terra. soli. E restarne stu,piti, anche se solo un attimo. Prima che noi si ,·ada nudi di madre Ptirrta che noi si cada nudi di n'ladre Sulla terra dell'oro o del petrolio Fra l'incursione e la reazione Della carne e dèll'ossa La nostra riserva è recinta di pali una volta ~r tutte Presso alla cava o al pozzo Prima che le promesse siano mantenute E le gioie divengano dolori. Prendete allora gli zamp!lli O il cal'l'tpo Dove tutte le pietre nascoste son d'O~o Noi non abbiam scelta la nostra scelta fu fatta Prima del nostro sangue Ed i~ costruirò il mio mondo liquido E voi, Prima che il fiato si raggeli E il destinb compiuto e le vene spillate. La vostra solida terra. Scegliete il campo di mattone e d'osso O l'oscura sorgente del cervello Prendete una cosa e lasciate che l'altra rimanga. L'almanacco del tempo L'almanacco del tempo oscilla n.el cervello· Le stagioni che il sole intimo enumera. ' Gli anni invernali. nella fossa del!'u<)mo se ne vanno· Il suo grafico è ritmico come una pagina di dolor~ Che si muta alla penna dall'utero rosso. Il calendario dell'età oscilla nel cuore Un pensiero d'amante ne strappa le d;te, L'inchiostro de! tempo è ridotto a un'impronta Da età e giovinezza. dallo stato mortale e eia! pensiéro Che notte- e giorno invecchiano. DYLAN THOMAS (Versioni di Roberto SanesiJ I.
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