la Fiera Letteraria - XI - n. 24 - 10 giugno 1956

LA FIERA LETTERARIA Pag. 3 ALCUNE PAGINE INEDITE DI UN ED ARTISTA .ITALIANO u;1c1 BARTOLIJ\il Le presenti « Stesure liriche», comple– tamente inedite, sono le prime venticin– que cartelle d'un nuovo ltbro di poesta composto da Lu1g, Bartolini nel 1955-56. L'intiero lib~o si compone di,89 cartelle e verrà presto pubblicato. Suvvia non è per te - è per la tua te– nera figlia Luciana che tu non devi mo– rire. - E' per Luciana! Coraggio! - un al· tro poco - tanto che l'Erinni muoia pri– ma di te. - Medea scivoli nella fossa co– mune - come un ramarro che va final– mente a nascondersi - nel suo buco sot– toterra. * Oh voi non direte - che il timore ùel- la Morte - onnipresente timore - non sia fondato - giacchè nel fondo dei vostri cuori - già sciaborda l'acqua di Stige. - Il cane latra su questa - e sull'altra riva. - Noi non sappiamo su quale . ..J Ma cer– tamente un angelo dalla più chiara - che fu nostra - voce ci attende. - Oh voi, giacchè il peso delle vostre lordure - già vi maciulla - e quali Jombrici v'intride tra melma terrosa - voi che non cono– sceste - da dove provengono i mali - nè perchè il fardello misero - a lungo alber– gò nei vo tri cuori - o perchè tu ignora– sti il desiderio - cercando senza tregua nel tuo prossimo - ciò che invece poteva già essere dentro di te - il sublime ane· llto - il paterno amore - o giacchè non ti piacque la tua casa - o la tua sposa - forse perciò non vorrai - della piena Mar• te - uomo fallace aver timore? - Nè tu vorrai temere la sua falce - improvvisa e silenziosa. - Il terrificante suo aspetto pallido; di colei che in eterno miete. - La Morte entra per ogni uscio - disserrato o errato - è lei che ci attende al varco - allora che ignari noi pensavamo - alle nostre mercanzie opime - recavamo iJ fardello dall'una i.ll 'altra città. - Ogni volta che Ti ravvisiamo - nell'oblio dei nostri sogni - si offusca Ja presenza del Bene. Tu. rea, abbassi le nostre pupille, mortifichi i nostri desideri - fai, della no• stra speranza, scempio - Come noi pos– siamo pensare che sia nostra - colei che s'abbandonò fedele al nostro $eno - se tu sei là in agguato per togliercela ·1 - Sen– za la tua ombra - mai labbra tremante d'amante aJJ'altra s'accosta - Soltanto quando noi desideriamo - ciò che non abbiamo - pos iamo per questa pena - a Te quasi gemella - dimenticarti. Chi mai si sottrasse a te - infernale Dea? - Tu mieti ciascuna generazione, si che es– se non appena hanno occhi - cessano di vede,·e. - Mai cesserà il timore d'Ache– ronte per noi, mi eri mortali. - Oh se ·si potesse della tua inglotiosa memoria sor– ridere, diva spettrale distruggitrice che senza posa rodi noi coi tuoi tarli, - .ap· panni con la tua iste a polvere le frà· granti apparenze, avvizzisci i dolci petali della rosa, solchi, le già candide gote, di rughe odiose - e poni lacrime al ciglio deJJa vecchiaia. affievoli ci i nostri sensi - e rendi pi-etosa, à ciascuno, l'ultima strada - anche se egli fosse vissuto con– forme a vita armoniosa; anche se avesse schivato il male; e preferito il suo sacri• ficio (all'amore per altrui) non disse chi disse (è chiaro) - la verità. * Chi di noi, mortali, non amò, almeno in un certo tratto della Sita età. il dolce esistere? - le sue diuturne apparenze - dal primo tenue raggio dell'aurora - al profilarsi, corrusco, per gli antichi sentie– ri, deJJ'ultimo sole? - Chi non amò le case e le strade? Oh, chi, potendo, non vòrrebbe vivere in eterno - mai saziar i di Te, onnipossente Luce - creatrice del– l'infinita varietà delle cose. E chi non ama voi. creature femminee, loquaci nin– fe sparse solitarie lungo le rive dei bei flui? - Chi non ama te. testimonianza dell'Eterno, figlio degli Dei, e tu stesso divino, o Dioniso? * Sebbene grama - si ti sorridette per alcune ore la comune vita dei mortali - Chi bramerebbe che mai cessasse l'amo– roso viaggio - e chi sperare non vorrebbe che le ore deJJa esistenza fossero eterne? * Anche il cane da caccia - sebbene fe– dele sia, a tutta prova. al suo vecchio amico e padrone - se lo si percuote si ri– volta - e s'avventa e ti morde. - Si av– venta e ti morde, o mugola afflitto - la coda fra le zampe - il cane fedele. - Ab– bassa le ricciute orecchie - il suo sguar– do si fa triste - Dimentica presto (è ve– ro) ingiurie e percosse - anche e ingiu– ste siano state; ma tu non devi, perciò maltrattarlo - E' una creatura anche il tuo cane. - E' simile a te per la grazia dei suoi sentimenti - e per l'affetto che esso porta a tutte le creature umane. - Gli animali non feroci paventano l'uomo che uccide; fuggono lontano - hanno ra• gione - Oh sì ebbi ragione quando mor- STESIJRE LIR CHE DJ.LITJG.J Bi .RTOLJ.NI morai contro di voi. iniqui - contro di voi, Giuda, schierati - sorridenti e men– zogneri - o scherni tori di me - che di buon cuore vi stesi 1a mano. La stesi a chiunque - giacchè non sapevo - aprivo loro il mio cuore. - La vostra perfidia era a me ignota - ma come altrettanti me voi non eravate! * Non mugolai, come il cane, - anzi, con dolce voce, l'amato canto - il grido di Lino il greco - io !ra voi rinnovai - O, se anche gridai, il mio grido fu celeste - L'angelo io ero CE tale dentro di me - sono rimasto - lo non lo dico a chi non crede - Non più verso di voi volgerò lo sguardo - è inutile il maledirvi - ed an– che il consiglio è vano. Voi lo sapete. Voi ciò che siete lo sapete. Perduti alla gran– de luce - andate insieme, come i ladri di notte. on guadagnate le ante ore deJJ'esistenza - voi non amate nulla di ciò che io amo: solitudine che a me i pi– ra oblii - Una verità v'è tutta ignota - bella come il volto d'una Dea. A voi per sempre ignoto tale volto timarrà. Voi stessi tremate dentro voi stessi - v'è mor– chia - vergogna è nel vostro fondo - ca– naglie attruppate in mille. nella città. fe– rite il PoE>ta- e lo additate quale un Are– tino secondo - un folle d un mentecatto; uno - voi dite - che suole pugnalare alla schiena - rabbioso come un cane costrin– giamolo al cauto subbio. Egli pur gridi (lontano ed isolato) dal uo pagliaio - Ma non già cane da pagliaio io sono - io sono la voce, invece, del vostro rimorso - Ecco perché mi temete e mi sfuggite - ecco perchè e voi ciechi, e voi sordi, mi disprezzatè. Il mio tanto puro s'innalza nell'azzurro - suo solitario - ancora.s'in– nalza: nè più per convertirvi. ma per se stesso. - Io canto per me; fra me e il mio Dio - o per i pochi a me eguali - Ma tu, o sudicia plebe - tu, numero, fai come il verme, come il lombrico fai - lu– brico corre opra il fango - d1 fango i nutre. Ma passa la ruota del carro e, misero, lo schiaccia - Perchè tu vivi, o fango mortale? perchè voi vivete, vermi della città - brulicanti vermi. Senza oc– chi, per chi vivete? * Donna beUa - che stai alla finestra - cori il rammarico dei giorni che si perdo– no - non siamo più al tempi dei miti delle ninfe e dei pastori. - Quei tempi fuggirono - e tu stai solitaria affacciata alla finestra - nella strada più che soli– taria - bella donna dai neri capelli anno– dati a casco - blusa bianca. mani ebur– nee - osservo il tuo nudo braccio - Per– chè esso non mi abraccia cosi più mi pia– ce. - Donna bella - pari ,.;ttime siamo - d'un tempo non più cordiale - d'un tem– po che ruota soltanto rivolto al male. * Intant.:i abbracciare non ti potrò - co– me nel desiderio ecreto brameresti - E forse con me- verresti pei vasti campi - i\liti sono le bianche strade della campa– gna - Oh passeggiare io e te, insieme - spendere la crudele moneta del tempo - spenderla bene. Non si può. Il pregiudi– zio lo vieta - nulla concede a noi poeti - Si deve morire senza, dianzi, vivere - e.si – stere fra i teli di ragno del pregiudizio - smor,are, finalmente, e piallare noi ste i - miseramente allontanarsi da questo mondo - con un pugno di mosche in ma– no - Oh bella, oh cara mia vicina. Oh giovane che tu ei ! - Almeno io godetti al mio tempo - quando .al pregiudizio osai ribellarmi; io sì che trascorsi i miei bei giorni per le rive dei fiumi! - in com– pagnie più o meno celesti. è vero. •· ma cosa a me importava dell'umiltà deJJe mie compagne? - Bastavà un raggio di sole fra i lunghi abbracci o l'ombra dei fras– sini - il grido della gazza festevole. D'al– bero in albero pariva il suo canto dora– to. - Tu, forse, neppure conosci la gioia dei bo chi, i ciclamini delle forre - il can– to degli u ignoli liberi quali angeli - d'un paradiso - che da voi a voi vi siete tolti o miseri mortali. - Tenera donna alla fi. nestra - io le conosco le tue brame - è, !orse, 9rmai, prigioniero anch'io - anelo invano, il ritorno dei miei anni passati. - Prendi, da me. e empio; non invecchiare inutilmente!; i tuoi desideri siano simili ad ali frementi - che non conducono al• l'inferno, ma ad un cielo chiaro. - Oh s'io l'indussi a tentazione, perdonami - Mai Amore recò danno. * Eccomi, o Dio. sono pronto - la semi– na fu scarsa - ho da raccogliere ben po– co! - ma, o mio Dio. come rapido - ba– lenante trascorre il tuo tempo - come si giunge presto alla fine - fra l'uno e l'al– tro enigma. Non si sa, infatti, da do,·e si viene - e nessuno a, è cosa· certa, do– ve va. - Oltre ai limiti del visibile, oh l'Invisibile! l'eccelso! Anch'io, inutilmen– te, tentai di conoscere l'Inconoscibile. Sempre la polvere i posò - sopra le car– se mie ali - Eccomi, o Dio, sono pronto per raccogliere la mia mè e - che, come ripeto, è ben scarsa - Oh se seminare di bel nuovo - ad ogni creatura fosse dato dalla tua Volontà. - Si potes e risemina– re - una seconda volta. Io potrei - fatto esperto dei vari mali - ricominciare cor. più lena. Oh si potesse più di una volta esistere! - Invece Tu, o Giove saettatore, togli ap. pena dal ciò che hai dato. - Perchè fai codesto, oh Signore? - Perchè Tu can• celli senza requie le eguali generazioni? - Tregua esse non hanno come le onde del mare minaccioso - Perché, o mio Si· gnore, tu fai codesto? - Fare e disfare. la tua lavagna sempre canceUa - Vola– no già le mie foghe al vento - del no– vembre fra le nebbie - Si nascondono fra la beJJetta invernale - Perché, Signore, fai codesto? - Trapassano le generazio– ni - e non la iano cli é cfie un cattivo specchio. empre eguale è. o Giove, la tua equazione sbagliata! - Storia inutile alla nuova la precedente generazione - - Ecco il grigio novembre! - non c'è più ansia di guardare - si emigra e si la– scia il ramo. La foglia è grama; !u scar• so il frutto ch'io raccolsi. Oh cammina– re - ancora. perché sostare? - Giove non permette più d'una minima ragione - Tutto si deve dimenticare - innanzi di giung-ere a ~forte - Oserò. Ma non più per voi - rive dei fiumi amati, osare - Addio memoria dei quieti passi - non ((1[955•j{95(i)) ~ ~w; .-~ ' . , ~ VW«., ~·-1 .;. \ ., .;.,{ .~~ -,, ... \;~~ più fra i bianchi sassi ìarli suonare< •– Le gazze andavano innanzi aì nostri pas• si -,Delle aralde il grido non più! - non più il melodia o grido - Voi avvertivate le olitarie giovani lungo il fiume - Tut– to queste è per me perduto. Non più la gioia degli incontri femminei. Non più i gineI)ri azzurri. - Forre con gorghi d'ac– qua nelle ombre - gambe Tgnude e rilu– centi -· erano i vostri orecchi. oh ragaz– ze. .avvertiti dalle gazze che il cacciato• tore era per il fiume. - Breve fu il tem– po di tale gioia - Giove barbuto non per– mette che si ritorni due volte· all'i tesso fiume. In altri giovani l'inganno sussi– sterà simile a queJJo che fu del mio amore. Ho paura del nero asfalto su cui •guiz– zano bisce d'automobili - Scivolnao le in• fami biscie,• non più fra i capelli at– torti della Medu a - Investono il povero passante - e l'umiliano a schiaffi di pol– vere. A chi. perversa? - nemica d'ogni amo– re? - Fra le tue braccia funeste - im• pallidisce ogni urrtano splendore - s"af. fioca l'eco d'ogni voce - di Morte distrug– gitrice d'ogni calda voce vivente. Signore. fate che io non deceda in– nanzi il fare del loro giorno - Signore fate che, dopo di me. non siano ad es e le ore ostili - e che Luciana e che Anita non sappiano, dopo di me, quanto cattivo mi fu il mare e che le innocenti neppure supponganò il veleno che è neJJe unghie del demonio. - Si dispiegherà, 5,11 di te. dopo di me, Anita. l'esistenza con tutti i trabocchetti - Velo non faccia ai tuoi oc– chi la ua inenarrabile cattiveria - Prima la si subisce che cono çerla sino in fon– do. Ma io la sorte che spetta a vai. buo– ne creature. a voi che andate con il cuore alla mano in mezzo ai lupi mascherati oh io la conosco! Suonate le campane - suonatele a fe– sta - Si sono disserrate le finestre del mio vicino - stavano serrate da tre anni - ed egli non era fuori di Roma - Ecco oggi si vede l'interno deJJa casa del mio vici– no - Nella sua stanza color cotenna egli stava come il tarlo nel vecchio libro - Vi stava come l'acaro della cabbia - neJJa pelle deJJ'animale malato - Oh il mio vi– cino, che teme l'aria! - Eccolo là: tra– sudano i suoi tavoli. i suoi stracci sven– tolano - LP. eggiole dai neri schienali traballano - Le poltrone - stracciate. a sbrandelli sembrano quelle degli ospe– dali dei p~veri. La mia villa romana - Ho anch'io una villa - una villa luculliana in Roma Qm• brala e soleggiata - alta u Roma - il disegno fu di Raffaello - e se rimase a metà - la colpa va, al plito - al tempo - "che fu 11 giu tiziere dei diversi padroni. Infatti, il divino RaffaeJJo mori innanzi che la mia villa fo se compìuta - Gli ar– chi rimasearo alati a metà appassiti so– pra le mezze colonne. Mi piacciono anche di più i suoi bianchi e ro a oleandri - i suoi antichi pini - le sue nere iliciche forse rimontano al tempo dei Sangallo -· Tale è la mia nobile ViUa - dicosto a Montemario. Soltanto che ormai - che ne hanno serrato i cancelli - a me non re- LUIGI BARTOLINI: A Mezzogiorno sta che se:lermi davanti ad -essi - Chiusi cancelli a colui che se ne riteneva il si– gnore a torto. Signore perchè vi passeg– giava liberamente tutti i giorni. .... Deh, ch'io non pronunci - parola terri– bile - se tu non mi ami - pensaci mille volte, prima d'amare me, o falena mera– vigliosa. * Tutto il mondo è innamorato pazzo - ma non lo dice - si trattiene dal confes– sarlo per un suo lungo pregiudizio - In– tanto i finge giudice; ed arcigno e cat• tivo, condanna gli innamorati. Invece ama la cosa che di pregia - Quante io ne vidi di fòlle in ira per cose da nulla e che si sarebbero rimediate con un poco d'amore! E cusl quante persone che dissero di odiarmi! }I.. Quante ne amai di giovani donne alle quali non dissi alcunché - non una delle parole che, per esse, trabocca vano. * Cosi il mondo gira. Che mal si compor- ti - che rechi a se stesso il danno che arreca a ciascuno Io sa·- o lo dovrebbe sapere: cosi come lo so io. Teocrito ebbe le sue fontane. le sue ninfe, i suoi pastori - Oh. la eco teocri– tea! - (s'è fatta, attrave~so i secoli, an– cora più canora di quando nacque, cara agli Dei) <se ne esistono ancora). - Soa– ve. comunque, a noi mortali - Teocrito, è il Dio del ver o che scorre come l'ac– qua del Fonte Aretusa. - A me. tu, mae– stro di gioventù - indicasti il piacere sommo. Infingimenti non sono nel tuo canto greco - on v'è traccia di "allam– lJicchi contorti - e tanto meno v'è quella dei poveri aborti - dei miei contempora– nei vati - Costoro non vis ero da uomi– ni nati per frequentare il sacro, occluso tempio delle Muse - Mai ebbti, da questuanti s'addussero aJJe fontane teo– critee; conobbero la Poesia soltanto at– traverso Jibr2schi echi (e for e neppure la conoscno bene.•. - S'impappinarono fra gli steli dei papi:-i c!i Siracusa. - Ince pi– carono e caddern fra i ranocchi del ru– scello - oh gli inutili poeti contempora• nei! - Essi non anno mai che cosa vo– gliono dire. - Ma a Te, Teocrito, maestro della mia gioventù - io sempre ritorno con il labbro assetato. - Te amo; con te, per te, la tua terra mi è cara. Cara a mc che conobbi la fontana di Melibeo, e le ir– sute rupi dei Ciclopi - e gli antri scavati nelle rupi solenni - !'ombre dei circostan– ti frassini. Inoltre, ronobbi i verdi dorati aranceti. Furono come se fossero mie le candide vene dei ruscelli - e le strade dei cacciatori, e la pia gente siciliana - pri– mitiva dei grandi tempi - Caro mi !u se-– stare con essa gente negli antri !avolo,i · - caro il condividere il loro pane nero e salato. - Ammirare le loro caste donne - che accompagnano lo sposo al lavoro Clontano) dei campi; entrambi a sella rn neri cavalli vanno battendo per la valle la strada solitaria - la battono due volte al giorno - all'alba e all'imbru– nire - Oh il grande mito teocriteo per es– si è ancora vivo. In Sicilia appare eterno. La vostra dote. o donne di Sicilia - è cli seguire fedeli il vostro uomo - Amate la sua marra, amate la su avanga. * Ad ogni momento - quando vorrai, o Giove - io ti ritornerò quello che è Tuo - ~- ,_~ \ ti' """ L'usufrutto contò poco - pochi denari In più di quelli mi prestasti Tu. oh mio dolce Signore. - Non costano di più, un soldo - ed an<i è un conto che ritorna. - Basta non aver nè dilapidato né sciupato - nè venduto, o falsato (oh non lo feci ma1i - né cercai di fare usura) dopo che era sbocciato il mio fiore. All'aurora era già sbocciata la mia rosa. Eccomi già maturo per un'altra vita. - Per questa no. sem– pre rimarrò immaturo - senza volere en– trare nemmeno per poco nei suoi mi er– rimi inganni. Degli uomini io seppi che molti dei vostri onori non valgono un fi• co secco. Ma per Te sono maturo, o mio Dio, giacché sono stanco di questa esi– stenza che non fa per me. Come scherza bene il gatto col topo! - e come scherza il ricco con il povero - Il povero topo ha sempre torto - torto an• che se rosicchia poco formaggio. All'uno piace iJ tenero cacio - all'altro neppure il duro cacio dispiace. :Ma mai gatto si vide - mangiato dal topo - E sempre topo si vide - mangiato dal gatto. SICILIA - Io no non ti posso cantare - per non sembrare eguale agli altri tuoi cantori ; paesani e stranieri - che l'asso• migliano ad una donna che si vende per divertirsi - oh terra non da forestieri! Ti profanano i loro passi fra i sassi, i fichi d'India in strade recluse - Gli aran– ceti solitari tanto sono belli quanto più stanno in luoghi olitari. Per me soltan• to - volentieri di te a cuore cantando ram.mento che da te fui - confuso tra i braccianti. Andavo per le tue strade - con i braccianti che tornano dai campi quan– do le luci e le ombre sono cessate fra gli oHveti e gli aranceti - La strada dappri– ma è piana e il mulo non trabalza - la sposa riposa sopra il basto - contenta della sua fatica e di quella del suo uomo - Po; l'iste se strade s 'arrampica.no - ad erte spirali ino ai banchi di sporadi d'el– Je case della Città. Antri bianchi. L'ac– ciottolato risuona di molti zoccoli, verso notte. Cessate di cantare la Sicilia dianzi che si offra ad ogni forestiere. * Luglio. Si appir.cicano i miei gomiti sul– le carte del tavolo, su la copertina di ny– lon. Il cane sorseggia, anfana - come la locomotiva - che s'arrampica sull'ultima collina di Te! o di Senales - Se mi reco in terrazza, il sole m'investe come un lan– ciafiamme - Oh che orrore Ja tortida esta– te! - Non sa; se tenere aperte o chiuse le finestre - Per refrigerio all'eccessiva afa tu le dischiudi: allora un caldo vento - un ghibli da deserto - inyad,e la tua ca– mera, soffia. dal tavolo, via le carte co– me farebbE> il demonio che fosse, in per- ona, entrato dalla finestra. Ogni ogget• to appiccica e trasuda - Ogni cosa è fuo– ri posto: dove sono andati? Dove sono andati a nascondersi i rrue1 occhiali? E dove la mia busta degli OC· chiali? Dove le mie chiavi. la mia penna stilografica? Sopra la mia tavolozza asciugano - i colori - a vista d'occhio. Co– me l'acqua piovana che l'arido tufo as or– be. Tutti gli impiegati si cknno e fuori po– sto•· Se telefoni non rispondono che il ca– pufficio se l'è squagliata - ma rispondo– no che è fuori posto - Per Via Vodice (ar– roventata, subi sata da lanciafiamme di raggi solari) è rimasto il solo - solito portiere del casamento nuovo. G l. ... VOTO NEL TE lPIO. - Dolce bugia del– l'Oracolo Tabella del Sette Pianeti ,\n. tica scultura mal decifrabile a primitivi caratteri - E tu, ohvo che gemesti il dol– ce miele - Fortuna primigenia. madre di Giove - sotto cui tumultua l'oceano .lm· menso, azzurro profondo. Acque dell'ocea– no - voi tutti Sacerdoti dell'Arcano - abi– tatori della sacra caverna mistica - sia– temi pii Specie tu assistimi, dolce bu• gia dell'Oracolo - nell'antro buio dove scorre Iene acqua alla superficie del musalco per cui Preneste è celebrata dai poeti - Voi tutti e li demone anch'egli mi assista - Ecco il mio voto ai benigni Ma– ni. Fate che perisca colei che eia trenta anni mi cagiona del male - infaticabile ricattatrice mi rincorre quale lupa fa. melica che sbranare vuole il pavido agnel– lo - Non dite che era umana - donna che bestemmiò - contro il Po,,ta - Né mi dà pace, né mi dà tregua Infame ed abomi– nevole - Deh, voi, Furie anguicrinite - esangui voiti corrucciati - vesti nere in– trise di sangue - lingue che schioccano fra le feroci labbra - Deh voi, mostri d'A· verno, precipitatela - schiacciatela. fic– catela sottoterra - Bruciatela in un fuo– co di notte. SI che di costei neppure la pol– vere si ritrovi. - Aletto, Tesi.fone. ~legera - ma dianzi mostratele lo specchio perché in esso possa ravvedere le sue brutture - Inventò, contro di me, ogni sorta d'intri– ghi - mi carpi, allora. sino all'ultimo cen– tesimo - (nello specchio ella osservi IP. sue tristi azioni, prima di morire) - Poi, nel Tempio dorico. io mi affaccerò - de– tergerò alle sue onde - le cicatrici dei miei dolori - II mondo. dopo il suo trapas– so, mi sembrerà tutto nuovo - tutto chia– ro - Come inlatti lo era, per me, prima di imbattermi in costei. ' * Premure, le mie, che non giovarono a., nuJJa contro Ia legge anche per te. o ca– narino, del disfarsi lento eppoi dell'ul– timo atto del morire - Dicevo, ad Anita < domani Io troveremo morto> - L'alba risorgeva '!d io con l'alba anzi prima del far dell'alba desto dai miei dolori - per prima cosa verso la gabbia andavo - fe. Iice di riveòere il canarino ancora vivo. :.. ;\Ila come a noi, animali umani, che già sof– friamo - prima che morte giunga, di– sfacitrice ora lenta ora violenta, sempre cattiva e crudele - cosi io sapevo che a brevi giorni saresti caduto dal finto ra• mo. Già sapevo che una mattina ti avrei ritrovato a zampine all'insù - accascia– to in un angolo della gabbia riverso il ca• po. Te fortunato che non litanie t'impor• tunano decedendo - Te, beato, che poggi, morto, sull'amica palma della mia ma– no. Dimmi, innocente, quale tua colpa vi• vendo ti designò a morte? - Ditemi guaii sono I peccati d'un canarino - o dovet2 piuttosto dirmi se non si muore egua!– mente senza aver commesso alcuna colpa. * AL CAZsARINO - Quanto temp:, ti di· fendesti - con la tua ala stanca - il pet• to ansante - il cuore malato - che a sten– to ti regge,·i - gonfio batuffolo giallo - color limone - Alfine u giorno - cadesti dal tuo ramo finto di legno. - :-.1ella tua gabbia - di te, non più - ;I.la quale col– pa avevi - quale colpa avevi per morire? - Tu non, come me, reo - o ucceJJino già canoro - per lunghe e lunghe stagioni - e tanto che sembrò tu vivessi anni - sin troppi - per te o canarino! * Peggiori, di secolo in secolo. le nuove generazioni uccidono sé --piU crudcl– ment~ con armi nuove. Imperterriti. si moltiplicano i vermi. Sarete, per colp.t vostra, in dieci, i nventi sopra il med<,– simo metro di terreno. Oh che vi gioverà allora - il canto d'un innocente canarino? Non avrete più una ragione; e tanto me– no una speranza fatti sordi dailo star ma– le - Va, dunque, canarino, anche tu a tra– sformarti in vermi, in polvere, in radici d'erbe e di fioti. * Sino a quando durerà questa mia ,;ta grama, in mezzo a così grami artisti. e perfetti Giuda? - Ciascuno di essi è un traditore del vecchio credo delle arti. Fra– mezzo a quali canaglie il mio angelo è ca– pitato! - Alla larga da v.oi, oh Giuda. on Farisei: alla larga! - Se non v; sono degli altri, diversi da voi - in mezzo a voi - quale vergogna per me appartenere aJJa vostra genia! * Una volta non contavo le mie ore - Era- no, i miei momenti, quasi eguali - Liberi quali ali d'uccello - oggi, invece. non più - non trovo sosta, non trovo - a giorni re. quie - E le mie ore sono contate - come quelle dei condannati. * Scegliere questa e queJJa - affinché possa - talvolta un quarto d'ora soltanto. Non di più. Ritrovare la mia solitudine antica; la mia pace - ohimè che torna - di nuovo a disperdersi - non appena io l'abbia - p2r poco - riafferrata. * UNA CORO, A SOGNAI - Io sognai non corone. non co)teJJi, non sangue; non avere mai un servo e mai servire. - Solta!lto un'ombra mi fosse vicina. E quale altro bene. infatti. sarebbe giovato di più - a me - luce - se non la bramata ombra? * Oh aspetto - immobi!e - di Villa Pam• phili (Doria Pamphili) ancora. dal sei• cento, aspetto eguale - Kegli acquerelli del Lorenese sono le istesse luci e l'istesse ombre - catafratte e ricamate - non geo– metrizzate - non riducibili a regole - Tutto è dovuto all'estro d'un Iddio natu– rale in codesta Villa; e tutto, nei disegni. è dovuto a quello di Claudio - pittore si!– reno - Oh maestro, tu. sl, a me! - Ti con– cedo e testimonio; né mi occorre molto dire che il tuo estro supera il mio. * Si :nvano fu un sogno - o paese di tu- lipani - paese di geometrie di giacinti e di gretti falsi fabbricanti d'orologi. * Cane Liebe, cane innocente - Je sarabande nel cerchio dell'altana - ca– ne di me non prigioniero, ma mio comp.~– gno - Non v'è alba, non v'è - non v'è ora rossa del tramonto - che tu non mi lam– bisca la mano - Basta che io ti appaia - Mi o5servi, splendi negli occhi - alzi la zampa sinistra, poi la destra e mi salti addosso carezzevole. - Tu vuoi carezze da me - oh amico costante - ~empre eguale - mi ami ad ogni ora - non dubiti del tuo padrone; e soltanto dopo le mie carez– ze corri ver o la scodella del pane. Caro il mio unico amico, la tua costanza ammire– vole m'è di norma - Ora so che nella na– tura non tutto è mostruoso ed irregolab1- le. V'è una regola di costante affetto ed è la tua regola. La regola del vero amore .- .:.

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