la Fiera Letteraria - XI - n. 21 - 20 maggio 1956
Do1:1~11ica 20 maggio 1956 LA FIERA LETTERARI,<\ Pag. 3 'PAGINE INEDITE PER L'ITALIA DI UN GRANDE SCRITTORE INGLESE - - - Te111i e art ZI DI . In cima alla scala principale dell'Univer– s1ty College a Londra si trova una strut• tura di legno verniciato a forma di sca• tola, un po' più grande di una cabina tele– fonica,' un po' più piccpla di un vespasiano. Quando la porta di questa casa in minia– tura è a,perta, una 1uce penetra nell'interno e quelli che stanno ulla soglia si trovano di fronte un piccolo, vecchio gentiluomo, seduto ben diritto in una pol\rona, il quale sorride con benevolenza allo spazio. Ha i capelli grigi che gli arrivano quasi alle spalle; il suo cappello di paglia a larghe te e sembra uscito dalle illustrazioni di una vecchia edizione del Paolo e Virginia; indossa una giacca strappata (verde, se ricordo bene, con bottoni di metallo) e pantaloni bianchi, abbastanza logori. Que– sto piccolo vecchio signore è Jeremy Ben– tham, o per lo meno ciò che rimane di Jere– my Bentham dopo la dissezione anatomica operata per sua volontà: uno scheletro con le mani e il volto di cera, vestito con gli abiti che una volta appartennero all'autore del Principi di morale e di legislazione. Mi recai a visitare questo strano reli• quiario (così caratteristico, nella sua ecces– siva moòestia, dell'« angolosa isola di Al– bione>) in compagnia di uno dei più stra– ordinari, dei più ammirevoli uon1ini del Dlf manca della perfezione logica del Panop– ticon; ma è ispirata a quella };lessa smania cli precisione so,Tumana che animò i fra– telli Bentham e che è stata, eia tempo immemorabile, caratteristica di burocrati e dittatori. Prhna dell'epoca cli Howard, di Bentham e dei quaccheri di Filadelfia. nessuno, chi sa perché, sembra aver mai pensalo di dar ordine ed c/llcienza alle prigioni. Le galere alle quali Elizabeth Fry portò I suoi inesauribili tesori di carità e di buon senso erano, per così dire, l'in– carnazione di qualche delirio criminoso. Al di là di quegli usci, il prigioniero si trovava condannato a un'esistenza simile allo stato di natura immaginato da Hob– bes. Dietro la !acciaia di ewgate - una facciata che il suo ar~hiletto, libero dalla faticosa necessità di trovare un po:1toalle finestre, è stato in grado di rendere ele– gante - non esisteva un mondo di uomini e di donne, neppure un mondo di bestie, ina un caos, un pandemonio. L'artista l.a cui opera riflette più fede!- PONTORMO: Ritrailo nostro tempo, il dottor Albert Schweitzer. Molti anni sono passati da allora; ma ri– cordo molto bene l'espressione affettuosa– mente divertita che a,pparve sul volto di Schweitzer quando guardò la mummia: < Caro Bentham > egli disse alla fine «caro Benr.ham! Mi piace tanto più di Hegel. Fu responsabile di tanto minor danno>. L'osservazione fu inaspettata, ma vera e, riferita al nostro ventesimo secolo, peno– samente a.pprc,priata. p filosofo tedesco fu orgoglioso di essere tief, ma fu completa– mente privo dell'umiltà che è condizione necessaria deJla pre>fondità vera, fonda– mentale. Ecco perché egli fini come ido– latra dello Stato prussiano e padre spiri· tuale di quelle teorie.marxiste della storia, nei termini delle quali è possibile giustifi– care ogni atrocità da parte dei veri cre– denti e condannare ogni azione buona e ragio11evole compiuta dagli infedeli. Ben– tham, al contrario. non ebbe nessuna pre– tesa di "profondità". Superficiale. amabil· mente e ragionevolmente superficiale co· m'era di moòa nel diciottesimo secolo, egli considerò gli individui come persone reali, non come cellule di un organismo sociale la cui anima sia lo Salo. Dalle profondità di .Hegel sono nate tirannia, guerra e per– secuzioni; dalle superficialità di Bentham, una serie di modesti, ma reali benefici: l'abrogazione di legg'i antiquate, l'introdu– zione di impianti di fognature; la rifo1ma del governo municipale, quasi tutto ciò che vi fu di ragionevole e di umano nella civiltà del diciannovesimo secolo. Solo in un campo Bentham non vide mai il noc• ciolo della questione. Egli aveva la pas– sione dei logici per l'ordine e la coerenza, e voleva imporre le sue idee di precisione non soltanto ai pensieri e alle parole, ma anche alle cose e alle istituzioni. Ora la precisione è innegabilmente un bene. ma un bene che è facile avere in eccessiva quantità e a un prezzo trc,ppo alto. L'amo– re della precisione si trova spesso. insieme alla brama del potere. tra gli elementi base della tirannide. Nelle questioni uma– ne l'estremo del disordine è l'anarchia; l'estremo della precisione, un esercito o un pen)tenziario. L'anarchia è nemica della libertà. e lo è anche, oltre certi limiti, l'effi– cenza meccanica. La vita può essere vis– suta bene soltanto in una società dove la precisione sia predicala e praticata. ma non troppo fanaticamente, e dove l'effi– cienza sia sempre circondata. per cosi dire, da un'aura di disordine tacitamente tolle– rata. Bentham non fu tiranno. né adora• tore dello Stato efficientissimo. onnipre– sente e provvidenziale. Ma egli amò la precisione e inculcò quella specie di effi– cienza sociale che è stata ed è considerata una scusa per la concentrazione del potPre nelle mani di alcuni esperti e per la irreg– gimentazione delle masse. E nello stesso tempo dobbiamo ricordare il fatto. strano e piuttosto allarmante. che Benlham de– dicò circa venticinque anni della ua lunga vita alla accuratissima elaborazione di un piano per l'organizzazione di un carcere efficientissimo. Il "Panoplicon", com'egli lo chiamò, doveva essere un fabbricato cir– colare, costruito in modo che ogni condan– nato passasse la vita in perpetua solitu– dine rimanendo nello stesso tempo sollo la perpetua sorveglianza di un guardiano col– locato al centro. (E' abbastanza sgnific;i– tico il fatto che l'idea del Panopticon fu suggerita a Bentham da suo fratello. sir Samuel, l'architetto navale che. mentre costruiva navi per la Grande Caterina. aveva disegnato una fabbrica secondo schemi panottici. allo scopo di ollenere I! maggior rendimento lavorativo dai con– tadini recentemente industrializzati). Il progetto benthamiano di edificio totalita 'rio non fu mai attuato. Per consolarlo deJ<la delusione, il parlamento votò a be– neficio del filosofo un'erogazione di ven– titremila sterline. L'architettura delle prigioni moderne me11te la natura di quest'inferno è Ho– garth, non lo Hogarth dei dipinti armo• niosamenle colorati, ma quel(o delle inci– sioni dal tratto duro e spietato, l'implaca– bile illustratore del male assurdo e del– l'infelicità caotica, sia negli interni di 1 ew– ga(e, di Fleet e di Bedlam sia fuori di esse, in que·lle altre prigioni, quegli altri mani– comi, le bettole di Gin Alley, i postriboli e le• sale da giuoco di Covent Garden. i cortili della periferia dove i bambini tor– mentano i cani e gli uccelli con raffinala crudeltà. Nello spazio di trenta o quarant'anni l'Associazione per la disciplina carceraria compi una straordinaria riforma. Da su– bumanamente anarchiche, le prigioni di• vennero subumanamente meccaniche. Fin da quando sir Joshua Jebb costruì la sua prigione modello a Pentonville, la consa– pevolezza di trovarsi nell'interno di 'una macchina, realizzazione dell'idea di ordine assoluto e irreggimentazione perfetta, ha costituito il principale elemento cli pena dei condannati. Nei campi di conce)ltra– mento nazisti l'inferno sulla terra non era del vecchio tipo hogarthiaho. ma nello. preciso. assolutamente scientifico. Visto dall'aereo. si dice che il campo di Belsen sembrasse un laboratorio cli ricerche ato– miche, oppure un ben progettato stabili– mento cinematografico. I fratelli Bentham sono morti più cli cento anni fa. ma lo spirito del Panopticon. lo spirito della fab– brica di sir Samuel per costringere i con• tadini, ha progredito verso strane e terri– bili destinazioni. Oggi ogni ufficio efficiente, ogni fabbrica aggiornata, è una panottica prigione in cui il lavoi:afote soffre (più o meno, secondo il carattere dei carcerieri e il suo grado cli sensibilità) della coscienza di trovarsi nell'interno di una macchina. Credo che soltanto in letteratura vi sia stata una traduzione artistica adeguata cli questa co– scienza. De Vigny, 1)2r esempio, ha tra t– tato con acume e sensibilità il tema ciel• l'asservimento del militare a un ideale cli ordine assoluto; e in Guerra e Pace vi è uri capitolo Indimenticabile sulla maniera in cui le forze impersonali degli ordini su– periori dell'alta politica che si manifesta attraverso il funiionamento cli un istema trasformano i bonari, carcerieri francesi di Pierre in automi insensibili e spietati. Ma nel ventesimo· secolo l'esercito è solo uno dei tanti "panottici". Vi sono anche i reggimenti dell'indu tria, i reggimenti della contabilità e dell'ammini trazione. Questi hanno provocato una certa quan– tità di scritti feroci e accusalor\. ma non molto. e non moll~ di oddisfacente, nel campo delle arti figurative. Vi furono. è vero. alcuni cubisti che amarono dipingere macchine o rappres~ntare figure umane come parti di macchine. Ma la macchina, dopo tutto, è es a stessa un'opera d'arte, molto più ingegnosa. molto più, interessan– te, da un punto di vista formale, cli quanto possa esserlo qualsiasi rappresentazione cli essa. In altri termini, la macchina è la più alta espressione artistica di se stessa e non può che perdere nell'essere sempli– ficata e quintessenziata in una rappresen– tazione simbolica. In quanto alla rappre-. sentazione degli esse"i umani in sembianze meccaniche, ciò è elllcace solo fino a un certo punto. Poiché il vero orrore del Pa– nopticon industri/Ile o amministrativo non è cl1e.gli esseri umani siano trasformati in macchine (se potessero essere cosi tra• sformali, arebbero perfettamente felici nelle loro prigioni); no, l'orrore consiste precisamente nel fatto eh~ non sono mac– chine, ma animali amanti della libertà. inlellatti di vaste possibilità e s,pirili simili a Dio, che si trovano subordinali alle m3C· chine e costretti a vivere entro la galleria çieca di un sistema arbitrario e di umann. Al di là delle carceri storiche del troppo ordine e di quelle dove l'anarchia genera HllJXJLEY l'inferno del caos fisico e moraJe, si tro• · va110 ancota altre carceri. non meno Ler– ribili in quanto fantastiche e incorporee, quelle metafisiche che hanno sede nell'in– tellello, le cui mura sono fatte di Incubi e di incomprensioni, le cui catene sono l'ansietà, e Je torture un senso di co!pa personale o anche generico. L'Oxford Slreet di De Quincey e la strada in cui· egli ebbe la visione di morte improvvisa sono carceri cli questo genere. E tale è il lussurioso inferno descrilo eia Beckforcl in Vnthclc. Tali sono i castelli, le aule di tribunale, i bagni penali abitati dai perso– naggi di Kafka. E, passando dal mondo delle parole.a quello delle forme, troviamo queste stesse prigioni metafisiche delineale con !orza incomparabile nella più origi– nale e sotto molli aspetti la più ·bella delle acqueforti di Piranesi. Le generalizzazioni storiche sono deli– ziose a farsi ed emozionan li a leggersi. Ma di quanto, mi chiedo, contribuiscono alla omprensione dell'enigma umano? A que– sta domanda non mi azzarderò a rispon– dere. se non con una serie di altre do– mande. Per esempio, se, come ci dicono, l'arte di un periodo rifiette la storia sociale di esso. in qual moòo precisamente le pit– ture del Perugino esprimono l'epoca la cui storia è scritta nel P.-inci'J)e di Machla• velli? Ancora. gli storici moderni ci assi– curano che il tredicesimo secolo fu l'èra de!Ja fede e vide un grande progresso so– ciale. Allora perché tutti i moralisti che vissero nel tredicesimo secolo l'avrebbero considerato un'èra cli decadenza, e perché il suo pi(l brillante cronista, Salimbene, Ci•avrebbe dipinto una società che si com– portava come se non avesse mai sentito parlare di morale cristiana? Oppure, con– sideriamo il quarto secolo a Costantino– poli. In quell'epoca e in quel luogo, ci assi-· curano alcuni storici, gli uomini era-no completamente assorbiti da problemi cl! te,ologia. Se questo è il caso, perché gli scrittori dell'epoca lamentano che i loro contemporanei vtvevano solo per le corse dei cocchi? E, infine, perché Voltaire e Hume dovrebbero essere considerati più rappresentativi del diciottesimo secolo che non Bach e We'sley? Perché io stesso, poco fa. ho parlato della gentile e ragionevole superficiali là del diciottesimo secolo: quan– do questo secolo dette i natali ,a uomini quali Wi!liam Law e Saint-Martin, all'au– tore dei Canti dell'esperienza e all'incisore delle Carceri? La verità è, senza dubbio, che in ·ogni periodo esiste ogni varietà di esseri umani. In religione, per esempio. ogni generazione ha i suoi feticisti, i suoi fautori del fanatismo, i suoi l~galisti. i suoi razionalisti e i Suoi mistici. E qu~l– siasi possa essere 'lo stile prevalente in arte, ogni èra ha i suoi romantici conge– niti e i suoi classici naturali. Vero è che in ogni periodo le fogge orevalenli in art.e. in ;·eligione, nella maniera di pensare e di sentire sono più o meno rigide. Di con– seguenza è sempre più o meno difficile esprimersi per çoloro il cui temper::1mento è in contraslo con la consuetudine. Ogni data opera d'arte può essere raffigurala come la diagonale in un parallelogramma di fo1-te, un parallelogramma di cui la base è costituita dalla tradizione prevalente e dagli avvenimenli socialmente importanti dell'epoca. e l'altezza dal temperamento cieli' artista e dalla sua vita privata. In alcune op2re la base 'è più lunga dell'al– tezza; in altre l'altezza è più lu.nga della bas~. Le Carceri di Piranesi sono creazioni ciel secondo genere. In esse ]'altezza personale. privata e quindi universale e durevole. è notevolmente più lunga della base mera– mente storica e quindi transitoria e loca· le. La prova di ciò è data dal [alto che que~te straordinarie acqueforti appaiono di assoluto ri-lievo e moderne, non sol• tanto ne.' loro aspetto formale, ma anche come· espressione di oscure verità psico-. logiche. Parla vano alla genet·azione di Coleridge è di De Quincey e parJ.ano 11611. meno eloquentemente alla nostra. Ciò ·che Piranesi espresse non va soggetto a mutamenti storici. EglÌ non registra, co– me Hogarth, i fatti della vita sociale con– temporanea. Né cerca, come Bentham, cli progettare un meccanismo che cambierà la. natura di tali fatti. II suo intere~s~.'è per gli stati d'animo, di molto indipen– denti dalle circostanze.esterne. sempre ri• correnti quando la Natura, nel suo eterno gi1.1ocodi probabilità, combina secondo determinati modÙli i fattori eredita•ri del fisico e del temperamento. In passato la psicologia era generai– mente considerata un ramo dell'etica o della teologia. Cosi, per sanl'Agostino, il problema delle di!fercnze umane era lo stesso problema della grazia e del miste– ro d~lla volontà divina. E soltanto in epo· ca recentissima gli uomini hanno impara– to a parlare cli idiosincras)e nella cchc!ot– la personale in termini diversi da quelli di p2ccato e cli virtù. Le carceri metafisi– che delineate da Piranesi e descritte eia tanti poeti e romanzieri moderni erano ben note ai noslri antenati. ma non come sintomo cli malanni o comunque cli parli• colarità del temperamcnlo individuale, non come stati psicologici da essere ana# lizzali ed esp,cssi da poeti lirici, ben i co– me imperfezioni morali, delittuose ribel– lioni contro Dio. ootacoli sulla vh della luce. Così il u:cltschmerz, di cui i R{)man– lici tedeschi erano tanto c, rgoglio.si. l'en• nu,i, fntit de la, morne ·inru.riosifé, che Iu il tema di tanti fra i più splencli,li versi di Baudelaire, non è altro che quell'accidia a causa della quale gli annoiati cosUtu– zionali sono puniti da òan,te nel terzo canto dell'Inferno. Ed ec~o ciò che santa Caterina da Siena ebbe a dire circa la condizione intellettuale che è proprio il clima e l'almosfera part:colare dei roman– zi di Kafka. « La confusione è una lebbra che inaridisce il corpo e l'anima e lega le braccia ciel santo desiderio. Essa rende l'anima insopportabile a se stessa, di po– nendo la mente ai con(Jitti e alle fantasie, priva l'anima della luce soprannalurale e ne oscura la luce naturale. Fate che i de– moni della con.fusione siano vinti dalla !e– de viva e da.I santo desiderio>. A chi. co– me santa Caterina, ricercava principal– mente l'unione con Dio e la salvezza del– l'anima, o anche a chi, come Dante. si preoccupa va del cristianesimo più come filosofo che come santo teocentrico, ride'! cli tratta.re la confusione s.pirituale o qual· siasi altro lipo di carcere metafi'sico co– n1e mero argoriiento di ricerca scientifi– ca o manipolazione artislica, sarebbe sem• brata delittuosa imbecillità. La base sto– rica sulla quale i pensatori e gli artisti medioevali eressero la loro personale al– tezza era cosi lunga e cosi profondamen– te radicata nella teologia e nell'etica Lra– clizionali, che Si dimostrò impossibile fi– nanche per Boccaccio narratore nato e appassiona,to umanista quale era, dedicare alla psicologia un interesse se non assai super!iciale. Nel Decamerone a,nche lo a&petto esteriore dei personaggi è appena descritto, e la caratterizzazione è limitata a semp1ici aggettivi come "gentile", "cor– tese'', "avaro", "amorosoJI e simili. Era necessario un genio superiore e \tno scet• ticismo più profondo di quello di Boccac– cfo per inventa-re una psicologia indipen– èlente dalla teologia e dall'etica. E non bi· sogna dimenticare che Chauccr, il ·Chau– cer degli ultimi Racconti di C~nterbttry, rimase senza rivali fino all'epoca di Sha– kespeare. In rapporto alla sua base tra– dizionale, la sua altezza personale è la più alla in tutta la letteratura medioevale. La risultante diagonale rappresenta un'ope– ra di originalità veramente unica. Su scala molto minore le Carceri di Pi• ranesi sono anch'esse sorprendentemente originali. Nessun pittore o disegnatore aveva mai fatto prima alcunché del gene– re. Vi erano stati .natu.ral/nente moltissi– mi fantasisti prima dell'epoca di Pirane– si. anche fantasisti che si espressero in termini cli disegno architettonico, carne ! Bibbiena. Ma i Bibbiena erano uomini di teatro e le loro invenzioni architettoniche avevano· soprattutto lo scopp di sbalordi– re il grosso pubblico, di esprimere non l'attività sotterranea dell'anima tormen– tata, ma quelle aspirazioni assolutamen– te volgari verso la grandiosità che, du– rante i secoli diciassettesimo e diciottesi– mo. tormentarono i grandi della terra, insieme a tutti quelli che per snobismo vo– levano imitarli. Un altro più famoso fan– tasista fu Salvator Rosa, colui il quale, per ragioni che sembrano .ora incompren– sibili, !u considerè.to dai cri-lici cli quattro o cinque g~nera'zioni fa come uno dei più grandi artisti del mòndo. Ma le fantasie romantiche di Salvator Rosa sono piutto– sto volgarucce e banali. Egli è un melo– drammaturgo che non penetra mai oltre la superficie. Se fosse vivo oggi, sarebhe noto, molto probabilmente, come l'infati– cabile autore ·dei più cruenti •e avventuro• si «!umetti». Molto più vàlente fu il Ma– gnç15co,specializz;tto in tempeste e in mo– naci a lume di candela secondo una figu– razione goticheggiante o alla El Greco. Le sue invenzioni sono sempre piacevoli, ma sempre sembravano prive di qualun– que significato profondo o,continuo, cose cteate arbitrariamente su ,uno dei piani più alti della coscienza, ohi ·sa dove, v'ici- 110 alla cima di una sOmmitl1 oa\pricciosa , e perfetta. La fantasia presenta,ta nelle Pontormo: flguro. Aldous Hu.xley in una via romana Carceri è di ordine completamente diver– so. E' una fantasia senza precedenti, ba– sata sui falli, che Piranesi fu il primo a descrivere in termini pittorici. Tutte le la– stre della serie sono evidentemente varia– zioni di un unico simbolo, che si riferisce alle cose esistenti nelle profondità fisiche e metafisiche delle anime e dei corpi uma– ni, all'accidia e alla confusione, all'incubo e all'angsl, all'incomprensione e al timor panico. II fatto più sconcertante, per quanto ovvio, in queste carceri, è l'assoluta man– canza di sighi[icato che regna dappertut• to.-L'architettura è colossale e magnifica. Si è portali a credere che il genio di gran– di artisti e il Iàvoro di innumerevoli schia– vi sia stato impiegato per la creazione di questi monumenti, di cui ogni particolare è comple'tamente senza scopo. Si, senza scopo; poiché le scale non conducono in nessun luogo; le vol(e non sostengono al– tro che il pròprio peso e racchiudono vaste aree che non sono mai vere stanze. ma solo anticamere, ripostigli, vestiboli. E questa magnificenza di mura ciclopiche è resa dovunque squallida da scale a pioli, eia ponticelli e da passerelle sottili. Lo squallore è fine a se stesso, perché è chia– ro che tutti questi esili passaggi altra ver– so lo spazio non hanno destinazio'ne alcu– na. Sptto di essi, sul pavimento, stanno grandi macchine incapaci di fare alcunché di .particolare, e dagli archi pendono [uni che non sono legate ad altro che a un'idea disgustosa di tortura. '.Alcune delle carce– ri sono illuminate soltanto da anguste fi. nesti-e. Altre sono aperte verso il cielo solo per metà, con visioni di altre volte anco1 1 a e altre- mura in lontananza. Ma anche dove il recinto è più o meno com– pleto, Piranesi si.studia sempre di dare la impressione che questa colossale insigni– ficanza si estenda a.!l'infinito nell'univer– so. Non impegnali in alcuna attività ap· parente, senza curarsi l'una dell'altra. al– cune piccole figure senza volto popolano le ombre. La loro insignificante presen;ca fa solo risaltare il fatto che il luogo è di– sabitato. Fisicamente, ogni essere umano è sem• pre solo. so(fre in solitudine, gode in soli– tudine, incapaçe di ps1rtecipare ai proces– si• vitali dei suoi simili. Mai sebbene chlu 4 so in se -stesso, questo organismo-isola non è mai .indipendente. Ogni· solitudine vivente dipende dalle altre solitudini vi– venti e, ancora più· completamente. da!• l'oceano di esseri dal quale sorge il uo minuscolo scoglio di individualità. La realizzazione di questo paradosso di solì– tudi11e nel·l'interdipendenza, di isolamen– to unito all'insufficienza è una delle prin– cipali cause di cònfusione, di tedio e di ansietà. E- a loro volta, naturalmente, la confusione, il tedio e l'ansietà intensifica– no il se.nsò di solitudine e fanno sembrare ancora più tragico il paradosso umano. Gli occupanti di queste metafisiche car– ceri sono .gli spettatori senza speranza delle pompe di questo mondo, della pena d'esser nati. di una magnificenza senza · senso. di un'inf,elicità senza fine e troppo grande perché un uomo possa compren– derla o sopportarla con le sue forze, Si dice che la prima idea delle Carceri venisse a P-iranesi nel delirio della feb– bre. E' certo, tuttavia. che la prima idea. non fu l'ultima; poiché alcune delle ac– queforti esi tono in ai,Jbozzi 'in cui man– cano molti dei :pìù caratteristici e più sconcertanti particolari delle lastre defi– nitive. Da ciò si deduce che lo stato d'ani– mo espresso in queste,acqueforti era, per Piranesi, çronko e, in un certo senso. nor– male. La febbre può aver suggerito in ori– gitie le ca,rceri; ma negli anni che trascor· sero fra i primi· tentativi e la pubblicazio– ne finale delle tavole, periodici stati d'ani– mo di confusione. di tedio e di metafisico rancore devono essere stati responsabili di quegli oscuri ma indispensabili simbqli, che vediamo: le corde.' le macchine inutili, le sca·le e le passerelle. I,e lastre delle Cco-cel'i furono pubbli– cate mentre l'autore era ancora giovane, e durante il resto della sua vita. abba– stanza lunga, Piranesi non tòrnò più sul tema che in esse aveva trattato con tan– ta constimata maestria. La maggior par– te cle!Ja ua opera successiva fu topogra– fica e archeologica. Il tema fu sempre Rpma. anche qua11do egli abbandonò i fatti delle rovine e delle chiese barocche per opere di fantasia. Poiché ciò che egli amava immaginare era ancora Roma. Ro– n1a c0me avr~bbe dovuto essere, con1e avrebbe potuto essere se Augusto e i suoi successori avessero posseduto un te oro inesauribHe e una ine aur!bile ri erva di mano d'opera. Fortunatamente le loro ri– sor e furono J.imilate; poiché la Roma ipo– teticn deL!a fantasia di Piranesi e dei so– gni imperiali è un incubo di fasto e di volgarità. Santa Caterina sosteneva che i demoni della confusione debbono essere vinti sol– tanto con il santo desiderio e con la fede nella rivelazione cristiana. Ma in realtà qc:all)nque forte de iderio e qualunque fede intensa possono vincere la battaglia. Piranesi sembra essere stato privo di qualsiasi profonda convinzione- religiosa o profonda aspiraz•'lne mistica. La sua fe- de fu quella di un umanista, 11 suo dio fu l'antichità romana e il suo desiderio mo– tore un misto tra la volontà di bellezza dell'artista, la volontà di verità storica dell'archeologo e la volontà del povero uomo di guadagnar la ,·ita per sé e per la famiglia. Questi, in apparenza, erano an– tidoti sufficienti all'accidia e alla confu– sione spirituale. fn ogni modo egli non dette mai una seconda espressione allo stato d'animo che ispirò le Carceri. Considerate da un punto di vista pura– mente formale, le Carceri sono notevoli come il massimo avvicinamento del di• cioltesimo secolo a un'arte puramente astratta. La materia prima delle incisio– ni cli Piranesi consiste di forme archi– tetto:1iche; ma, poiché le Carceri sono im– magini di confusione giacché la loro es– senza è priva di significato, le combina• zioni di forme architettoniche non rag– giungono mai un disegno architettonico, ma rimangono disegni liberi. non impac– ciali da considerazioni di utilità o anche di possibilità, e limitati sollanto dalla necessità di evocare l'idea generale di un fabbricato. In altri termini, Piranesi usa le forme architettoniche per pro– durre una serie di bellissimi e intricati disegni, che somigliano alle astrazioni dei cubisti in quanto sono composti di elementi geometrici, ma hanno il van– taggio di combinare la geometria p:.ira con sufficiente contenuto, sufficiente let– teratura, si da esprimere più efficace– mente di quanto possa farlo un semp!;ce modello gli stati oscuri e terribili della confusione spirituale e deLI'accidia. Delle forme naturali, in contrasto a quelle geometriche, Piranesi fa appena uso nelle Carceri. Non vi è una foglia, né un filo d'erba in tutta la serie, né un uccello. né un animale. Qua e là. trascu– rabilmente viva, al centro delle dure astrazioni si vede qualche figura umsna vestita di scuro. dai. lineamenti insign1fi– canti, impassibile. Nelle acqueforti topografiche le cos~ stanno molto diversamente. Qui Piran€si usa le forme naturali come romanuco ·amalgama decorativo alla pura geome– tria dei monumenti. Gli alberi hanno una incolta selvatichezza; i personaggi sullo sfondo o ono mendicanti inconcepibil· mente cenciosi, oppure dame e genti!uo– mini distinti, non meno inconcepibil– mente infioccati e imparruccati, qualche volta in piedL qualche volta in carrozze rococò, scolpiti come in una torta nu– ziale o in una giostra da fiera. Dovun– que lo scopo è di adornare la levigatez– za della pietra tagliata, sovrapponendo– la alle forme incerte e vacillanti di pian• te e di esseri umani. Contemporanea– me9te le figure servono a un altro sco– po, queJlo di far apparire i monumenti più grandi d! quantp siano in realtà. Uo• mini e donne sono ridotti al!a statura di bambini; i cavalli diventano piccoli come mastini. Nelle basiliche i devoti si sforzano di raggiungere le pile deli'ac– qua santa, e anche in i:,unta di piedi pos– sono a stento bagnarsi le dita. Popolato di nani, il più modesto edilicio barocco assume proporzioni eroiche; un pezzetto di classicismo di Pietro da Cortona sem– bra austeramente grandioso, e le delizio– se cianfrusaglie del •Borromini prendono l'aspetto di qualcosa di ciclopico. Questo trucco di aumentare le prpporz1oni appa– renti degli edilici diminuendo la misura conosciute. delle figure umàne era in vo– ga tra gli artisti del diciottesimo secolo. E .so raggiunse la massima assurdità in quadri come Il festi,io di BaJdassarre di ' John Martin, clcwe un re piccolo come una formica e i suoi cortigiani siedono a tavola in una sala lunga circa tre chi- lometri e alta cinquecento metri. · Nelie Carceri non vi è cenno cli ques-ta ingenua e semplice teatralità. I prigio– nieri che ci vengono mostrati sono li per dar risalto, non alla sovrumana gran• diosità degli edifici, ma al loro vuoto di– sumano, alla loro subumana insigniti• canza. Essi sono letteralmente anime per– dute. erranti, o neppure erranti, ma im• mobili in un vuoto labirinto. E' interes, sante paragonarli ai personaggi delle il· lustrazioni cli Blake per l'Inferno di Dan– te. Qui le anime dannate sono cosi lungi dall'essere perdute, da sembrare perfet– tamente a proprio agio tra le fiamme, le rocce e le paludi. In tutti i cerchi del– l'inferno. ognuno è vagamente eroico nella degenerata maniera classica del– l'ultimo Settecento. e ognuno sembra in– teressarsi vivamente dei suoi simili. Nel– le Carceri non vi sono muscoli michelan– gioleschi n.é esibizionismo di atletici estroversi. né tracce di vita sociale né accenno alla possibilità di essa. Ogni uo– mo è imbacuccato. furtivo e, anche se in compagnia. completamente solo. I dise– gni di Blake sono curiosi e qualche vol– ta sono belli; ma neppure per un mo– mento si possono prendere sul serio co– me simboli cli estrema sofferenza. I prJ. gionieri di Piranc i, al contrario, sono gli abitanti cli un inferno che, sebbene sia solo uno ciel tanti peggiori mondi pos• sibili. è ciel tutto plausibile e reca 1l marchio di un'autenticità intrinseca ed evidente, ALDOUS HUXLEY Il volume te Temi e varta.zwni n di Aldous Huxley sarà pubblicato prossimamente nelle Ed<2101uMondacion.
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