la Fiera Letteraria - XI - n. 14 - 1 aprile 1956
Domenica 1° aprile 1956 Sostituendo al pennello e al colore dei pittori il ,·erso e l'Immagine dei poeti, si ottengono pae aggi altrettanto vivi che rispecchiano. pur nel di\·er•o linguaggio. la belleua e la profondità del luoghi cui re ta ancorato il ricordo. L'immagine al• ]ora realizzata e interpretata dal verso. riflette il sc11timc11to del paesaggio, che ad ogni letturà richiama l'Interpretazione lirica del poeta. Il quadro nasce davanti a noi (perché In noi rivive) nuovamente creato dalla fantasia. e riaccende la nostra memoria che ne rloggettlva I confini richiamando· ne aspetti e riflessi dimenticati. Si potrà ottenre cosi una galleria del paesaggio racchiusa nella cornice di un verso, illuminata dalla virtù creatrice del– la parola che diventa segno, chiaroscuro, llnea assorta e colore, tono, tinta, rlca· vati dalla tavolòzza variatis ima del poe• ta-pittore che alterna e unifica le due espressioni d'arte. Dietro la guida segreta dei poeti che nei loro versi han tracciato Immagini del• la terra toscana, è possibile seguire gll itinerari ideali del loro più intimo cam· mino. Attraver eremo città e campagna, colli– ne e fiumi, paesi, borghi, lidi; apparir;rnno dinnanzi a noi località note e condsciu• te, cantate nella luce alterna del tempo, delle stagioni; scorgeremo ponti e pianu• re, tetti e !ossi, monumenti, opere d'arte, cupole, campaniH; s'apriranno al nostro sguardo ca e, finestre, balconi; ca mmi· neremo per le vie e le piazze di una re– gione che richiama alla nostra memoria nomi rimasti sepolti. A rievocarli sarà il verso dei poeti che più tennero Il cuore in ascolto. Poeti che meglio seppero uniformare il proprio lln– guagglo, la propria parola, al suggestivo e variato confine della regione che essi interpretarono nel ritmo del sentimento. Come gli artisti del pennello, quindi, mae• stri nel colore che vibra dentro la parola evocatrice: come per incanto. Tra quanti poeti lasciarono una propria Interpretazione lirica della terra toscana, sia pure localizzando il proprio Interesse su parziali aspetti e luoghi della regione, limitiamo la nostra scelta a quelli Italia, ni del Novecento, siano essi toscani per nascita o di elezione, o soltanto di passag– gio. li primo a introdurci in questa re– gione, attraverso il richiamo all'origine etrusca della sua terra, è Vincenzo Car– darelli: • Nel vasto agro che si dtste1tde fra Ctv,ta– vecchia e fL Chiarone, sorge inatteso> con le su.e molte torrr e f suol campan.ill, come una San Gemignano tn Maremma. E' l'unico pae– se di aspetto propriamente toscano che s'ht– contrt su questa linea e dista da Roma ap– pena un centinaio di chilometrl. I paesi tur– rttt e murati sono /r-equenttssfmt nell'interno della Toscana., verso Firenze e nel Senese. Ma qui, su queste lande sospette e cosi po– co abitate, l'appartztone dt una ctttadlna co– me Tarquinia, situata sopra un colle non troppo alto e a poca distanza dalla stazione, dà luogo a una vera sorpresa, è una curio-– s,td, una stranezza, che tl viaggiatore non di– mentica facilmente. n Slamo entrati in Toscana da questa via. In un sarcofago etrusco rimasto a racco– gliere acqua In un casc-inale. vanno ad abbeverarsi I buoi. In una poesia di Cor• rado Govoni. pervasa di Idillica pace, ri• troviamo questa scena tipica d'una zona ancora chiamata Maremma: do«r:/e,s~r~~?~f~ee;r~:;~n1a~vgo~a~~~n~~r~~ dente segno di una crespa, I vengono lentt a bere t buot. Al triste sufolare del boaro I pen– de un Jtlo di sazia luce dal tumtdt labbro– nl: I calme 11et cieli biondi dei grandi occhi Infantili I le bianche nubt della primavera viaggiano.» Addentrandoci in terra toscana, conser– viamo negli occhi il quadro che D'Annun– zio ha dipinto di Volterra, citt<i <lei silc11- zio fondata sulla rupe di etrusca memoria. Anche noi vediamo allontanarsi la Ma• remma < e 1 plumbei monti, e il mar bian– castro, e l'Elba e l'Arcipelago selvaggio>. Raggiungiamo una rn!le e un col-le cinto di cipressi. che fanno da sfondo a un qua– dro del Rinascimento. I contorni nitidi. nel colore mutevole delle stagioni, il paesag– gio è dipinto da Cardarelli. che dalla fine– stra di una casa di Settignano s'affaccia per ammirare lo spettacolo di un cielo e di una natura estremamC'nte toscani: « Ho abitato da un Inverno a un'estate, mol– tt anni /a, a Sctttgnano, in una casa cne rt• marra famosa per auer accolto prima di me, nella stessa camera, Il più gran pittore della nostra epoca: Armando Spadini. Dalla finestra della mta stanza si vedevano la valle dell'A/rlco, Il colle dell'Incisa, proprio davantt agli occhi, l'altu~a dt Crociflssalto a sinistra, cosi scura e tetra di notte. coi suoi cipressettl sbattuti e spelacchiati dal vento, come un Golgota famigliare; e a destra l'Ar– no, San Miniato, Poggio Imperlale; insomma tl più bel paesaggio toscano. Era una casa /atta apposta per ricevere luce e aria. Situata in alto, quasi in ctma al paese, dovunque cl si affacciasse st offriva allo ,guar– do, vicino e lontano, lo spettacolo sempre va. rio dl Firenze e det suoi dintorni; e l'Intonaco del muri interni pareoa indorato e cotto da quel sole toscano che penetrava dovunque per le finestre sempre aperte.» Dallo stesso luogo ammiriamo il tra– monto che profila colli all'orizzonte. An• che qui, ad opera di Alfonso Gatto, assi• stiamo al sorgere di un quadro che ha il colore dominante nel tenero ,·erde. La campagna ascolta il canto di ragazze che scompaiono. L'ombra del BotticeHI è a un passo. ariooa nell'incantato respiro di questa< Primavera a Settignano >: « Il giorno stupirà del suo calante lume che tenne all'orizzonte i colh e nel tenero verde la campagna fiorita degli ulwt avrà la sera rosea dt peschi e di fanciulle al canto che lasciano sparen .. do. A onde vane e del suo dolce porgere la notte è così mite che a sfiorarla li cielo passa. velando tl novilunio. E con l'amore eterno che al passato ebbe voce mortale e dal suo canto sparendo rifioriva, a lungo andremo, nel sollievo dei colli, all'incantato sùenzzo dove l'anima respira. In questa piwa di speranie i! cuore trema di gici presago dt mancare all'estrema dolcezza del suo bene.» LA FIERA LETTERARIA DIETRO LA GUIDA SEGRETA DEI POE~ 1 I * Il pa_esa(!,iio della Toseana nella poesia eo1•temporanea vivi il A 1•levoeu1•e ali,, nosh•11 n1e111orla i 110111i s,11·1111110 i ve1•Ni dei 1u,eti cJ1,e più tenne1•0 di questn euo,•e in 1•e9iot1e nNeolfo: C111•1l111•elli, Govo11i 9 GHtto, Lu::i, p,.f,.::::eselii, Betoeehi, P,11·1·01u•l1i, Bl9on9ia1•i, :l 1 obl110, 1,e,., e C11111pu1u1, Paseoli, D'.,t1111un:ìo DJC ELJCO * FJlI....,llPPO ACCROCCà. OTTONE ROSAI: Paese !ra gli ulivi La sera avanza con altri richiami. L'in– cantato silenzio dei colli dà sollievo al re– spiro di chi guarda. Approssimarsi alla lontana cornice dei dintorni Ilorentini è come assistere al lieve pasaggio della me– raviglia. Da Fiesole la luna pare disten– dere un velo sulla campagna. Appena ap• pena si odono le parole aeree provenire dal labbro di D'Annunzio, nella sua nota < Sera fiesolana >: « Fresche le mie parole ne la sera tt slen come il fruscio che fan le foglie del gelso Ile la man di cht le coolle sflenzicso e ancor s'attarda a l'opra lenta su l'alta scala che s'annera contro 1l /usto che s'inargenta con le sue rame spoglie mentre la Luna è prossima a le soglte cerulee pare che l1tnonzf a sé di.stenda un velo oue Il nostro .,ogno si giace e par eh.e la campagna già si senta da lei sommersa nel n.otturno gelo e da lei beva la sperata pace senza vederla. Laudata sit pel tuo viso dt perln, o Sera, e pe' tuoi orandt umtd1 occht ove st ftace l'acqua del cielo!" A questa, altra voce di poeta più gio– vane. e toscano, s'innesta. Sono I \'ersi di Mario Luzi, che delJa ste sa Fiesole ci mo tra un ritratto d'altra natura. Se !'i· spirazione in D'Annunzio è da ricercare tutta nell'innesto tra fantasia e desicle• rio, tra parole e suoni. e la campagna s'immerge nel gelo della Scl'a per onlfi– cata e lodata per il viso di perla; nella poesia di Luzi la sera fiesolana ha accenti di più umana amicizia, e la campagna ri– porta il ricordo di un felice tempo. Ancora la sera ammanta l'alta fronte di Fiesole. Ascoltiamo i delicati < Passi» non privi di premurosa apprensione: « Rifioriranno I ttglt e le rose serali sopra t muri per le vte pensierose lungo i portali calmi e le fontane? L'alta fronte di Fiesole e le balze d1 fiori temerarie ove at tempo di maggio selvaoge aprono ti Jtume e le alberete? Ma ormai dove sono - oltre il Lete bisbigliano - olt ansie! per le strade segrete con le mani serene e vagabonde? Ora il sole ricurvo parla di loro al vento e alle ginestre; passano giovanette sull'atavico ponte sconosciute r 9ualcu1to le chiama piu avvolgente dell'aria e delle rose da un se rido verone ove l'altura ha senso di morire.,, Le nuovole in fuga rendono chiara la notte. Appaiono le vecchie case suJ Mu• gnone. e i ver i di Carlo Betocchi battono col cuore adolescente della collina: « Non sollo stanchi gli alberi alla luna, 1to,1 è la luna stanca in seno agli anni, non è la strada stanca fiorentina, più belli i marciapiedi di Jantasmt; il cielo che scompare nella prima solennità, ridendo de' miei parrnl, perché non ho le ali della luna mt tien sotto i muretti, negli Inganni piovuti al biancheggiar della fortuna ... O adolescente cuor della collina dal quattro lumi, in cui non si consuma lo sguardo allo sperar delle mattina I La notte, o vecchie case sul Mugnone, la /uoa delle nuvole v'illumina." Stiamo aggirando la città. Con l'occhio fisso al mutevole colore dei tetti fiorenti• ni, saliamo con Aldo Palazzeschl l'arido Monte Cecerl. Pure tra fossi buche e gole si fa leggero sopra le spalle Il peso del vivere. Col suo, anche Il nostro pensiero si fa p:ù lungo e profondo. come il respi• ro. La leopardiana ginestra sbuca tra i sassi In rovina e la criniera dei piccoli ci• pressi. Stendersi sulla cima ciel monte è come sospendere un attimo della propria vita. Dinnanzi a noi la città di torri e cu, pote fuma nel rosa del tramonto. Firen• ze, su cui ,•anno spuntando le prime gem– me della notte. è contornata dal viola del colli. Nei suoi lineamenti chiari ci appare il quadro di « Monte Cecerl > di Palazze, schl: • Fra le tue fosse, fra le tue buche, fra le tue gole incalza la salita e leooero st fa sopra le spalle il pe,o del vivere: agile 11piede, lungo il respiro e più lungo Il pensiero. Arido monte .~u cut tutti vennero a cavar pietra per ccstruire una cittd, e nessuno pensò ma! sopra di te costruirsi la ca.sa . Sbucano dappertutto le gt11e,t re, le scope e le morte/le che albergano tenaci fra I sassi In rovina. E cipressi a criniera. Quale riposo se vengo a stendermi sulla tua ctmll, quale ristoro, ~o~~::in:t:ni~z~t tra/Jtco Non avuerto sotto il corpo la terrrt e mi sento sospeso nell'azzurro che acceca. Dalla conca leggiadra la ctttd fuma. Torri e cupole emergono nei vapori densi dt un tramonto dt rosa. Tremule spuntano le prime gemme notturne, e u" giro dt montagne otd vtola vi formano intorno Il rito della bellezza: Firenze. , Riprendo la gravltd del cor)>o levandomi, e scendendo l'impervfa. chtna con,cto e attratto, tutto tL peso risento sopra di me: vita, arrenda cosa che mt piact tanto.• ;Ifa chi voglia conoscere la natura se– greta di Firenze deve ascoltare il suono delle ,·ecchie campane rimaste comunali, faziose e turbolente. fieraio!e e rimbom· bantl, come le chiama ancora Cardare Ili: « Fu cosi ch'io le riudii qualche anno /a, in una domenica mattina di maogfo. Ero g!unlo a Ftre11ze nella nottata. La mattina dopo ml desto in una bella camera d'alberoo, che le campane della vicina chiesa df San Lorenzo suonavano per l'Etevazicne. Di ~otto m, ri– cordai del campanone del mio paese. Era quella stessa uoce, bassa, cupa, imperiosa che un tempo suonava l'ora di andare a scuola e a due ore di nùtte ci mandava cheti cheti a. dormire; voce materna, irresistibile, che pare non abbia mai tempo da pe,rdere e per qua• lunque motivo si faccia sentire, et chiami al lavoro o a festa, dice sempre: spicctatevt. M1 levai e apersi la finestra. Incontro a me si ergeva una gran cupola rivestita di mal• toni rossi e rlsple1tdentt, sopra un monte dt tettt e dt tegoli del medestmo colcre, cotto e arso. Laggiù, lo1ttano, Monte Morello, affo– cato e velato da una nebbia rossastra c/t,e pa– reva fumo che uscisse da una fornace. Non si vedeva una /renda, né spirava un alito di vento. Tutto ardeva tn quel caldo mezzogior– no. A guardarla dall'alto Fire11ze dava un se11sodt mattonaia tn combustione e le cam– pane stesse, col loro ma,chio e furibonde fra– gore, stmili ad enormi campanacci, richiama• J11110 l'Idea del fuoco. n Mattoni rossi e ri plendenti opra un monte di tetti. Colore cotto e arso dei vec– chi tetti toscani. Su; comignoli, l'incanto celeste fa sollevare i desideri di altro poeta. Carlo Betocchi vagola con lo sguar• do in aria: la sua anima ,·iaggia dai tetti alla campagna Innalzando nella pianura un ponte di •~•3ranza: Toscana certa, chiara e scura, e la schiera mutevole det tettt con la bandiera che non ha paura del vizi /al,i o schietti; maort soon, perfetti, una foglia, una pianura, l'arco d'un ponte e l'arido del grett nell'estlua calura arsa d'azzurrf stecchi, d, vlbe1tt1 segreti...» La mutevole schiera del tetti torna In un'a,Jtra poe ia di Betocchl, che ne coglie il colore ar o e secco tanto simile all'esti– vo sogno della nostra vita. Ecco la pen– nellata arguta del poetea: « Tetti toscani scccht fulvi di vecchi tegoli, 111 cui al tempo che oblia scatta sempre più mta l'ar3ura forte d'estatt morte; sui colm1gnolt smagra il di più, /lagra l'mcanto celeste. sdoppia Il mtraoolo che allopp,a, e seccan vivt I sognt estivi Non so che solitaria ~~:or.~f:r~~ r vada e rìtornt da campestri soggiorni; mi punge il pruno del suo profumo. Ma t tettt 1ton hall vizt, a' bei 3olst121 d'estate; e l'anima vtaggia, che dat tettt s'trragola, pet cieli asciutti, chiari per tutti. Dal tetti caliamo col vento che spezza l'ombra ~ui muri di Firenze. Ai balconi re• stano appese le voci delle donne. La cit– tà, nell'aria del vespro, accoglie l'ombra che raggiunge i marmi freschi del Duo– mo. Alfonso Gatto è autore del quadro < Vento su Firenze>: "Questo vento e/te spezza al sole l'ombra alle nuvole il cielo, la marina luce dei cotlt libera sut marmi freschi del Duomo: e sulle strade aperte tese all'Insegna che straripa il vespro dorato di settembre, Il cimitero rotondo e pieno nella terra. Autunno, nell'ano aperta a donna det colart con la tua gioia che disparve tt cielo lasciò fra i rami, e nudo a poco a poco sulle facciate del tramonto il fuoco estinse d'ogni vetro. Andrai lontatto, dove tn un grtdo la ctttà sospesa accoghe l'ombra e le minute voci deUe donne che lasciano at balconi un ultimo ricordo del sereno.,, Su! lungarn.i, le beHe fiorentine son fer– me nel ricordo. Corrado Govoni s'adden– tra per le vie che conducono al centro, o nei sobborghi; e il suo camminare è sen– za scopo; lo avvolge la luce di Firel]ze: • Un vento freddo sui Lungarni ferma net ricordo le belle Jwrenttne tra un vibrar d'acque calme e un 1tuvoloso saettare di ragot nel crepusco lo. Sbarrati ponti tnquadran l'u ,ttver.rn nelle profonde arcate ove t fa nali piangeranno tra poco carne lumi in fila di pazienti pescatori, E dat tettt in declivio grigie cupole fiorendo fanno tl cielo cittadino tra le frane d'odore delle piazze a cui vanno a lai 1 ars1 le correntt delle tortuose strade ptene à'echi. Come e do!ce l'andare senza scopo verso Il gorgo del centro o dei sobborghi pur di arrivar leggeri e trasparenti, spogliatt alle vetrine ed alle donne d'ognt primaverile fuoco e voglia, Si resta tncertt sull'ignota soglia, 11tl bagno della Lucedì Toscana ch'è architettura muStca e foreste, tra aurora e notte, cosa strana e ace.rba. Cosi le ombre si specchiano sull'erba. 11 All'angolo di un palazzo sorprendiamo l'amorosa incertezza di Alessandro Par– ronchi. Ii gio\'ane poeta fiorentino, prodi– go di confessato amore. è in affettuoso colloquio: ascoltiamo le sue parole rivolte dolcemente a un'ombra che aspetta: « A te che aspetti (e aspettami, •e pure l'impazle1tza d1 brucia ... io dico: tu non credi eh e chi deve aspettare scn 10! Cosi. la terra aspetta il tentpo della fioritura, e cht aspetta ohe nascano , colori ama la primavera ehe a Ftrenze scoppia nel bianco effimero dei mandorli che qua e Id punteggiano la valle rèctnta dal cipresst e da!la pietra." « Col bruscio det tuoi so1tnt, dove ta,;,c,ono le magnolie e I cortili, cedi alto spazio dove ti vento tiene agitati t tuot /tori: tvt passarono coi ginocchi infantili le donne con gli ugual! occhi. E che fanno aglt sbocchi delle vie tortuose? Col cereo lume delle mani additano le grnestre sui colli, e intanto ròse da Ull segreto st sfa11no.Ultima premi la tua infanzia sui colli, rosea luna. e t campanili indietro indietro guardano.» Di giomo, le Yie di Firenze hanno l'In– tima aria del salotto. n passeggio fa liete le donne. Seguiamo anche noi, con Dino Campana, i cappelloni di paglia ultima moda sul capo delle armoniose ragaae, leggère nel passo e con un'ala di fierezza negli occhi. Sul loro calmo clcalègglo si libra molle il volo d'una colomba dinan• zi al Duomo: i< Scampa,iaua la Pasqua per la via Calzalo/I, le dorine cra110 liete Quel otorno ed l11nocent1le fa11ctulle DLsotto at cappelloni ultima moda, E tnglouamto mi sembrava il duomo ... Ed i piedini andava110 armoniost Portando ì cappello11t battaglieri Che armavano dt un'ala glt occht ftert Del lor languore solo, nel bel giorno. Il cannone tuonò ma non riscosse Le stgnortnc che andavano a messa E contwuava 11 calmo ctcaleooto. Una colomba si librava molle. La vecchia Firenze palpita nella calda sera. La folla riempie la grande piazza, e s'odono le voci su Palazzo Vecchio. Ma noi ci allontaniamo dalle strade e rag– glungia mo il giardino di Boboli cosparso di lauro. Qui. Campana rievoca in solitu• dine il pas ato. Giungono i rumori rauchi della vita lontana, ma noi ascoltiamo le sue parole che si perdono nei profumo delle piante: u Nel giardino spettrale Dove il lauro reciso Spande spoglie ghirlande sul passato, Nella sera autunnale, lo lento vinto e solo Ho tl profumo tuo biondo rievocato. Dalle aride pendici Aspre, arrossate ne l'ultimo sole Giungevano t rumort Rauchi gld dt una lontana vita. Io su l'!'spoglie aiuole lo t'tnvocavo. o quali le tue voci Ultime Juron, quale Il tuo profumo Piu. caro quale il sogno ptu tnquieto Quale U 'vertigtncso appassionato Ribelle sguardo d'oro? SI udiva una fanfara Straziante salire; U ftume t11piena Portava silenzioso I riflessi det fasti d'altri tempi. lo ml aJ1acc10 a un balcone E m'Investe suadente Pag. '.I Tenero e grandioso Fondo e amaro il pro/umo dell'alloro.» Firenze s'allontana. scompare. Dall'al– to giardino di Bòboll le luci infiammano la città ancora per poco. La luna resta a dominare sui letti con riflessi che van– no lietamente a scorrere sulle acque si· len.dose dell'Armo. Cl allontaniamo a ma– lincuore da Firenze, cui resteremo legati nel ricordo di cari nomi. A largo giro sorvoliamo suJ toscano Appennino, su cu; da poco ha cessato di piovere. Cardare!!! dipinge questa solen• ne e Sera d1 Gavinana >: « Ecco la sera e spiove sul toscano Appennino. Con lo scender che fan le nubt a valle, prese a /embt qua e là come ragno fra glt alberi tntrtcate, ,t colorano t montt di vtola, Dolce uagare allora per chi s'affanna tt o I orno ed fn se 3teuo, incredulo, d torce. Viene dat borghi, qui sotto, tn faccende, un vociar lieto e folto tn cu.l si .sente tl giorno che decllna e il riposo imminente. Vt ,i mischia ti pulsare, ti batter ,ecco ed alto del camion sullo ,tradone bianco che varca l monti. E tutto quanto a sera, grt!lt, campane, /ontt, fa concerto e preghiera, trema nell'aria sgcmbra. Ma come ptù rifulge, nell'ora che non. ha un'altra luce, il manto dei tuot Jtanchl ampi, Appenntn.o. Sul tuof prati che salgono a gironi, questo ltqutdo verde, che rispunta Jra glt ingannt del sole ad ogni acquata, al ve1tto trascolora, e mt rapi.!ce, per l'inquieto cammina, si che teneramente fa star muta l'anima vaoabonda. La Toscana sul mare dà nuovi elementi alla e galleria di paesaggi>. Altri colori s'aggiungono alla natura del quadro che i poeti s'accingono a dipingere. Al verde tenero della campagna, stemperato nel ciglio dei colli profilati nel chiarore del cielo, s'aggiunge il riverbero chiaro della marina; e la pineta accoglie Il largo odore del vento. L'occhio si posa do\'e l'Arno accoglie silenzioso la rada onda del mare. I marinai di Versll!a sono entra– ti nella poesia di Enrico Pea. Marinai con anima di pastori: girovaghi di mare. E sul mare trasportano la loro vita e la ~loro nostalgia: « I marlnat dt Verstlia hanno l'anima pastora: andare: andare andare ... andare: dove. non conta: nostalgia di espatriare. Non son mutrie rivlerasche tinte dal sote riflesso, morse dal 3ale e dal vento. Arrivano al mare daL campo, dall'oliveto, dal prato, dalla collina vignatn, al barco legato al po11tlle che d'è tutt'uno con l'ombra. nera. fonda paurosa tremolante rovesciata dentro l'unta acqua bonaccia: ... » Sulla terra, !'e.state porta l'oro In boe• ca. A gara le allodole sul prati di San Ros– sore mischiano il loro canto a quello del– le cicale sul platani dell'Arno. E chi non ha pre ente la voce di D'Annunzio a rie• chegglare la lieta tenzone? Abbandonata all'amoroso viaggio la vo– ce del poeta, risaliamo Il litorale fino a Viareggio. Mario Toblno ce la descrive più bella dell'Oriente: u O v,areggto ptù bella dell'Oriente che 11ell'immacolato celeste delle tue sere esali l'acuto profumo dell'oleandro ..• Ammiriamo, tra Il lucido verde degli aranci e specchio del mare, <Massa>, dielro cui spicca come zaffiro la Tambu– ra; Il Belvedere appare nel declivio. Un canto di capinere sveglla Giovanni Pa– scoli: « Siede Massa tra lucida verzura d'aranci, a specchio del Tirreno mare; vedt tagliente dietro let spiccare come un zaffiro immenso la Tambura: verdegotante e declive tn una pura chlarità d'alba tl Be/veder t'appare; sola, tn disparte sembra mlnaccrare nubi passa11ttla Bruogtana oscura ... • La To cana, da questa parte, si lega al primi cieli della Liguria. L'ultimo pae– saggio poetico è quello de! ligure Mon– tale. Sulle dune sabbiose di Bocca di Ma– gra appare la figura d'un barcaiolo in lotta sul suoi remi. Tra pioppi e salici si diradano i pini toscani. Altra è la natu– ra della nuova regione, che da qui ha ini– zio e richlama alla memoria versi d'al– tri poeti. ELIO FILIPPO ACCROCCA (Trasmesso alla RAI, programma nazionale, nel ciclo « Geogra.ria poetica. del paesaggio ita– liano >1). O'ITOJ\iE ROSAI: Piazza del Carmine e< Là, da Brozzf, un ponte nella planura, e l'antma Stcura testimoniare lu1tghi, arcall! fossi; Còlta nel sonno, la città è assorta fin dentro i cortili. Soltanto il vento tiene agitati i fiori ui balconi. L'infanzia di Piero Bigongiàrl è rischiarata dalJa luna sul colli: OTTONE ROSAI: L'oll,•o ::.
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