la Fiera Letteraria - XI - n. 9 - 26 febbraio 1956

Domenica 26 febbraio 1956 LA FIERA LETTERARIA Pag. 5 ·PAGINE DELLA .NVOV A BIOGRAFIA DI AIAIJROIS SIJ JUAHCEL PROUST Gli ultimi legami Proust a,e\'a, per la signora Catusse, un attaccamento nHhale» ma intermittente. Sta– va a volte un anno mtcro senza scri\'erle, ma qual ias, dlfflcoltà dipendente dai SUOI mobil! gli si presentasse questo affette do.– mlente si ravviva,·a. Basta,·a che un prob!e– wa di questo genere si affacciasse. pe:che la signora Catus.se \'edesse abbattersl su di lei un diluvio di lettere. Ogni vo:ta che Proust. desiderava vendere delle sedie del– l'epoca Maleshcrbcs-COurcelics o qualche tap– peto di famiglia. mette\'a « In rivalità» la s:gnora Straus e la signora Catusse. eh..: gareggia,·ano in-premure. Proust alla signora Catusse: « Ricevo una lettera dalla signora Straus. che mt dice ~~~ ~1i.rr ;r~~1id~c1°~~~~~i~ :i:,f/! 0 ~1~~~ ne ... a: che ~embra non volen1C sapere delle tappezzerie e nemmeno del divano ,·erde. La signora Straus manderà le tappezzerie al– l'asta all'Hòtel des Ventes. a qualche inten– dlrore che consiglia di non far salire li prezzo d'asta di là dai quattro o cinquemila franchi... dato che la migliore é fatla di due pezzi differenti. cosa che le :ogllc ,·alare. Le diro di asgiungervi il dh·ano verde... ». Proust alla signora Catusse: « (22 dicemb:·e 1917>... I risultati sono. a mio parere. d!sa strosi. per quello che riguarda le t.appezzcrfe ... e molto buoni per I mobili. i rostri mobili. tpoiche. insomma. il soprapprezzo deve cs– sere a \'Ostro fa\'ore) Essi (gli SL.raus)hanno \'enduto al medesimo acquirente due t.appez– zene per quattromila franchi complesslvl ! Ora. m.i pare che gil antiquari le a\·evano valutate molto di più, pur avendo fatto un'offerta ancora interiore... di quella di Berry e della vostra. Essi hanno venduto 11 dh·ano e le quattro poltrone per diecimila franchi Cin totale. ccn le tappezzerie. quat– tordlcimlla franthl ). Ora "sperano" di ven– dere !l piccolo divano verde per cinque o seicento franchi...». Proust alla signora Catu.sse: « (maggio 1919) ... Ho provato un vero e profondo di– Epiacere quando ho saputo che il bello e magnifico dl\·ano di papà, Ruc de Courcclles. è stato \'enduto. quasi nuovo com'era.. alla Sa11e des Vent>!S. per quaranta !1anchi! La lussuosa sala da pranzo (a cui tene\'o meno. perchè non credo che sia legata al ricordo di voi come quel di\'nno!) è arrivata a tren– totto franchi! ... Ma. date che ti diritto d'asta a profitto dell'Hòtc1 des Ventes é tante au– mentato. non sarebbe stato meglio \·enderle a mercanti pri\'at.1? Le piante. gli ornamenti, la poltrona. il \'ecthio di\'ano da voi ritro– ,·ato sotto i! materiale da sgombero, e an,he li piccolo divano ,·erde (che è senza dubb.o inierlore alla poltrona. ma molro bello lo stesso). sono oggetti che debbono avere un \'alore ben dcli.nito... ». Egli aveva perduto. nel 1919. il suo appar– tamento d::!l Boulcvard I-laUSS1nann.ultimo e fragile legame col passate familiare. Sua zia. « senza prevenirlo». aveva venduto lo stablle. e il nuo\'o proprietario. un banchiere. a,·eva deciso di dargli lo s !rat.to . Ogni spo– stamento diYent.ava per Marcel uno spaven– te,·ole incubo. Per qualche setmnana egli temette, inoltre. di dover pagitre parecchie annate di affitto arretrate che In zia non a,·e,·a incassato. « almeno una ventina di migliaia di lire in un co:po soio ». Ora. egli continua\'& a dire. e forse a credere. di essere rovinato. Ma il van tagglo di co:o:-o che non sanno aiutarsi da soli é quello che i loro amici provvedono per essi. Proust alla signora de Noailles: « Guiche. che è stato sublime per me in que3ta incresciosa !ac– cenda del trasloco. è andato dal gerente e gli ha fatto tirar fuon del danaro per me tmentre io credevo di dovergliene dare). ha incaricato il suo Ingegnere di cercar di mu– tare li mio fragile riparo di sughero In un rifugio st.abile (ma subt!rine en bouchon.s) ... ». Lo stabUe del Boule\'ard Hnussmanp. tra– sformato. era dJvcnt.ato la Banca Varin-Ber– nier e Marcel ave\·a dovuto lasciare il suo appartamento. « Ah~é! io non saprei in ques~ momento darvi iI mio recapito. p~l– chè non ho domicilio. Sono ridotte a ripe– termi i versetti biblici: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del ciclo il loro nido. oolo !I F:gllo dell'Uomo non anà una piet: a su cui p03arc li proprio capo?"». Réjanc. avendo sentito per caso le sue lamentele. gli ave\'a offerto. in wi immobile di sua proprietà In Rue Laurent-Plchat, « un me– schino appartamento ammobiliato» che Mar– cel Proust non aveva abitato che per QURl– che mese; Infine egli si era installa ro io « un laido appartamento ammobiliate» al quinto piano di Rue Hamelm 44. Queste appartamento. « tante mcdcsro e senza comcx:11tà quanto esorbitante come prezzo». la cui vicinanza col Bois rincrud.va la sua asma da fieno. non doveva essere che una sistemazione provv1:,oria; ma egll vi rimase fino alla morte. lasciando « tutti l ~uoi mobili ». ossia quello che gli r.maneva dJ tappezzerie. dei soprammobUJ. del mobili e anche del libri. In un deposito. « Nulla di più squallido. di più povero• disse Edmond Jaloux « di quel:a camera. il cui unico orna– mento e1a il mucchio di quaderni che cost!– tuh·ano il mano~critto della sua operu. e che stavano allineati sul caminetto ... » Dalle pa– reti pendevano grandi lembi di tappezzer:e stracciate. Ascetica celletta di un ml tlco dell'ar~... « Quando ti senti un po· solo» scrisse egli a Rollort Dre;-fus « di' a te stes o che da lontano un benedettino (stavo per àire u.. n cannelitano) dell'amicizia pensa a te e prega !)~r te». Dopo li 1913 Cé:este A!baret governava la rasa di Proust. Era una giovane donna bel.a e ben fatta, che parla,·a un gradevole fran– ce.se rd era riposant.e con la sua calma auto– r:tà Era entrata nella \lit.a di Proust diven– tando mcgi:e dcl,autista Odilon Albarct. li cui taxi era n comp:ctu èl!:posizlone di Proust. Il quale se ne serviva tanto per uscire egli stesso quanto per far recapitare a mano le sue lettere. e anrh 0 p ·r andare a prendere e po:tare da lui. a quaJslasi ora òe!la notte. toloro che per quaich'! suo improv\'iEo de:.f– derlo vole\•a \'edere. Cl si poteva chiedere se l\1arcel avrebbe sopportato .nella sua camera. la presenza d! una dorma. ma. a poco a poco. eg1i prese rab~tudine di !arsi sen·irt! da oostel. e perfino di dettarle certi pas:I del suo libro. Marce/ Proust alla signora Gaston de Ca1'• /atei: « La graziosa e perfetta donna che. da qualche mese. è nello stesso tempo came– riera. infermiera (non dico cuoca. csclu:,,o per quanto occorre a se stessa. perché lo non mangio nulla). è e::itrata nella m!a ca– mera urlando di do!ore! La po\'ere t9. aveva appena ric,-·uto la nor.:zla della morte di sua madre. E' partita immediatamente pu la vJZere ed è s ata sostituita dalla cognata. che non conosco e. quello che è p,it gi.·ar':". che non conosce l'appartamento. cosi che non sa trovare la mia camera se lo suono. e non patrebbe !are Il mio lette se lo m! &lzassi. Spero di riuscire a venire. Il ca--o contrario (che ,·eniate ,·oi da me) è moto d fficlle. La mia camera è quasi costaot~– mente piena di un denso fumo. che sarebbe tanto mtollerahlie al vostri polmoni quantn è necessario ai miel. Se la n1la camerie-a tosse qui e se. un giorno. l'atmosfera lo 0 se stata re!=J)lrabile nrl!a m!a camera. l'avrei in,·iata da voi (poiché non ho p:ù Il telefono e percto non posso P.\ vertln·f con que,to m~zzo). Con la cameriera attua1e è più dif– ficile. Tuttavia questll potrebbe accadere .. sempre che fra qualche gio:-no lo non m trol'I nella necessità di lare delle fumi.Ila• zioni... Mn quale ora vi sarebbe comcda? Ln sei. andrebbe bene? Ma. In questo caso. a che ora occorrerebbe che v! facessi avvertire (s'a lm·iando,·i li mio texl. sia facendovi telefonare - com che offre più difficoltà da qualche negozio di vino che abb!a il tele– fono>? Ml promettete di non euardare nè 1! disordine della mia cam•ra né quello della mia persona? Vi confpi;;cn rhe preferirPI vP– nire io da voi. Ma. finchè la mia camerie·•Jl non sarà tornata sacà molto difficile ... ». (La !et era é inedita). Céleste a,·cva ricevuto l'ordine di non c:1- t=are mal in camera sua prima che eg!: s1.ionasse. cosa chf' accadeva. la maggior par te delle rolte. vcr.so le due o le tre del pome– r'ggio. Al ris\'egi!o egli voie,·a trO\·are p onta ;1 suo caffè forte. tanto forte quanto quelle che be\·eva Balzac; se Marcel tardava a sve giiarsi Célest.c lo doreva preparare plu ,olte, '« perche » eg'.t_d~ceva « perdeya rare– ma ». i\1arcel si nutn\'a quasi escJus1vamen· e di cafle e latte. Qualche ,·alta (molto rara– mente) ave,·a vog-ha di una so~llola fritta o di un pol!as rello arros o. che m•ndava a prendere da Larue. o da L'.1cas-Carton (e rerso gll ultimi giorni di vita. al Rltz). E,a Rue La Fonlaine (a sinistra) e Boule\·ard Hausmann (a destra):« ... Egli aveva perduto, nel 1919, il suo oppartamento del BouJe\'ard llausmann. ultimo e fragile lcrame col passato familiare. Sua zia « senza pre\'cnirlo » ave\'a venduto lo stabile, e il nuo\'O propriitario, un banchiere, ave\'a deciso di dargli lo sfratto. Ogni spostamento dh•entava per Marcel uno spaventoso incubo ... La morte aspettata • arrivo nella stanza rivestita di sughero proibito cucinare neffappartamento .perché anche i! p!ù leggero odore gli avrebbe fatto ven,re unn crisi di asma. I pasti dei dome– stici vein\·ano Inviati dal ristorante Edouard VII. di Rue d'AnJou. e questo costituiva una spesa quasi incredibile e spiegava !a relat,\'a povertà di quest'uomo ricco. Proust. non per– metteva neancht! eh':"ci si servisse in ca.e.a sua del gas. nè per rmumlnazionl! nè per il riscaldamento. e l'a\·eva !atto togliere. per causa àcl suo odore. In ogni sua iettern si lamentd di un calorifero che scalda t:-oppo. fatto che gli provocava crisi di so1focaz1011e. Accanto al letto a\•cva una piccola tavola di bnmbù. la sua « clrnloupP ». sulla quale era sempre un vasoio con unn bottiglia di acqua di Evian, dell'mfuso di tl~lio e unn <'ancieis. Pece.sa.giorno e notte nfflnchè gli fos~e p')S– sibile accendervi le sue po.veri per ie !um.– gaz1oni. I fiammiferi erano pro1bitt, per il lo– ro odore di zoUo. Céleste comprava le cande– le· a casse di cmque chili. Dall'altra parte del letto, su un'altra tavola, egli teneva 1 suoi Cahiers, qualche libro, una bottigha d'inchiostro e numerose penne. <e Era» d1s~e celeste « un uomo che non tace\'a nulla da sè. Se la penna cadeva a terra. non la rac– coglieva. Quando tutte !e penne erano per terra. suonava ... Bisognava r.fare tutti 1 giorni il suo Ielto e cambiarne le lenzuola, perché diceva che Il sudore le rendeva um'.– de. Per lavarsi u'8va qualche rolta da ,.. enti a ventidue asciugatoi perché. non app-:ma uno era um do o bagnato. non vo~cva piL nemmeno toccarlo » Era proibito .se Pro·1st dorml\·a o IR\'0· rava. disturba.r:o per qualslvcglla reg!ont. Ogni giorno leggeva la s·1a oorrlspondeaza in arrh-o ad alta \'Oce a Cèleslc. e dai suol commenti questa doveva indovinare. p:?r in– tuizione. quali persone eg!f avesse placer-:– di ricevere e quali no. se fissava un appun– tamenro. se arrebbe cenato in città o fatto colazione al ristorante. Céleste era la sua Intermediaria col mondo esterno. per m'"ZZO di telefonate rhe andava a fare 1n un vicino caffè, « di gente di Puy-de Dòme ». Cé'este A\'eva finito prr prendere molte delle ab tu– dlnl di Marce!. per imitare I suol modi di dire e perfino In sua voce. Come Mercel. !Rceva delle imitazioni del suoi amici. « Quando ml aprì la porta l'altra sera» dlSS<'Gide « dop, aver espresso il rammarico di Prou ·t di non potennl ricrv"-'re.ngglun.~e: "Il s!gn::>rcprera ii signore G'de dJ convincersi rhe Pgl! prnra continuamente a tur· (ho annotato subito la frase)». Dopo qualche tempo Céleste aveva (atto ,·cnire sua sorella. Marte Glneste. e suR nipote Y\'onne A'baret (quest'ultima datti– lografa) per aiutarla nel suo lavoro. Spe.:s"', la sera. Proust COn\'ocava nella sua cemcrR queste giovani donne .Insieme con l'autisia Odllon .e tenern !orn un corso di srorla di Franc!a. Come Mrt-bbe .:.tat.o bf"llo <:.ent 1 re una lezione su Saint-André-des;:-Champs. te– r..uta dal creatore òi que:.ta chiesa immagi– naria alle n~ure stcs....,;:,c deJ suo portale• Jl rocabolarlo d! Célcste e del suol parenti estasiava Marcel: ,< Con una familiarità rhe io non correg~o. nooos:ante gli e!o,i (che non r'porro qui per autoincensa nnl ma per lode re il singo– lare talrnto di Céleste) e le critiche. ugual– mente ingiuste ma molt.ù sincere. che Q lPSte frasi paiono avere nei miei riguardi. mentre io ammollst\'O dei « croissants » nel mio Jet.te. Céleste ml diceva: • Oh. dlaroletto dai ca– p0111di ambra nera .eh profonda mallz'a 1 Non so a rhe cosn pc.'n'iassc vostra madr quando vi ha fatto. dato che \'Ol somigliate tanto a un uccello! Guardn. Mn.rit?. non sembra che si stin Usclando le piume e giri li collo con agihtà. sembra truiro leggero. si ò.irebbe che st!a imparando a volare! Ah. p,·ete avuto fortuila che qucill che vi hanno messo al mondo vi abbiano !atto nascere fra 1 ricchi' Do\•e snrc-ste andato a tinire. pro• diga come siete? Ecco che butta via li s•10 "croissant" perché ha sliorato il lettol An– diamo. vin! Ed reco che sta versando il fiUO ,alte. Aspettate. che ,·1 metro un tovaglio'o. :-1ltrimenti non saprete cavar\'ela: non hc mai visto nessuno tanto sciocco e maldestro quanto voi». Dopo di che si sentiva IJ ru– more nella parlata più regolare. da torrent". di Marie GinP'-te che. furiosa, rirrmroverava la sore!Ja: <e Ma vuoi tacere. Céleste? Sci pazza a par:nre in questa maniera_ col si– gnore? ». C~ieste si limitava a sorridere e. polchè io detestavo che mi mettessero un 'O\'agliolo: a Ma no. Marie. ma ~ardR:o! bing' ecco eh"' s1 è rnd.drizzato come un ser– pente. Un veTO serpente. te lo dico lo... •· Ciò che importa è che egli era veramente 1chcc. Ja Qllel trmv:i. dl vivere con la !ami~ glia Albarct. Come ai tempi di Illtcrs, d1 Féllcie e del glarclino della signora Amiot. rgli si accont~ntavu. in Rue. Ha~elfn. di avere come campo d! osservazione 1! p.ccolo gruppo umano che lo clrconda\'a. Sembra. d1 dusctre ad afferrare. 1n tutto Questo, « l ul– timo lo di Proust»: una bontà che non ove\ H :1ulla di morale. ma che era !atta di sempli– cità fondamentale. di integrita intellettuale. del dono dl arr.cchlre la gente. le ro~e. e !e \'lcende quotidiane. a! fme di rom unica ce loro un interesse vitale e duraturo. Celes e Albaret e Marle Glneste gli pare,•ano • tanto dotate quanto un poeta. con p~u mod"st·a di quanto I poeti no:, pos.slcdono in gene, 'Rie». Cé1estc non andnva mai a letto prlmò ielle S<'tte d•! ma tino po!ch · Proust. che avornva tutt.a :n. nottt-. es!gcva che ~i ri• ~pendesse immediatam"nte al suo co'.po di campanello. All'alba cg!I prende•·• ti veronal poi dormlve dall• ••tt.e del matti110 alle tre del pcmerigl( o. Ta'volta aumenta,·a la dc,~ e donnl\'a due o tre giorni di s 0 g·1lt.-'l.A1 r1s,·egllo gli occorreva un poco d1 :empo p•r r!trovare. a forza di cafle forti, la sua luci- . ~!tà. Verso sera era di nuovo brillante. Qual– che ro!ta Vaudcy~r. Morand. CJcteau anda– \'&nO a casa sun. Maurlac. eh~ aYevn scntto lln bell'articolo su P:-oust..fu invitato a cena in Rue Hame!ln. La v gilia ricevette una te1e!onata: « IJ signor Marccl Prnust desi– dera sapere se. durante il pasto. 11 sl{!.nor Françoise Maurie.c dcsiderereb'::>esentire il "Quator Capet" o se preferirebbe tenare col conte e In contessa de X ... ». L'umilta ~opravvlvcva affoscurità e. benchè 11Just:-r, Proust. non riu5ctva n credere che la run sola persona fosse F.uftìcicntc a cs~rcltare ua·nttrattiva lncompnrr.bt :e. Maurinc ha de– scritto questa camera telrn. « q~1ell'antro ne– ro, quel letto in cui i soprabiti serviva.no da coperte. quella mn..~hern cerea attraverso la quale si :>Brcbbedel.lo che i! nostrv oJpite ci guarda\'a mangiare. e 1n cui soit.anto i ca– pcll! parevano v:vt. Egli, oh. egli non par ..e– cipava più ai pasti d1 queHo mondo ... n. A poco a poco. « tagliava g·1 ulthm anco– raggi n. A\•cvn capito ormai che w10 scri:.– tore ha, per pr~mo dovere. quello di vive· e> per la s~a op('ra; che !"amicizia. col teml)\, che richiede. diventa unn evasioni:- dn ql!v 1l visto per la slampa definitiva. poiché cc– correva arginare quel torrente che mlnac– c:nya di distruggere 1 suoi argini. Ma Proust. al contrario. era sicuro che questi rlmaneg– giamenll mlgllora.:;scro lo stile della sua opera: Marcel Proust a Gaston Galllmard. « Pol– che avete la b:mtà d.! vedere nel:a mla opera qualcosa di ricco, che Vi soddisfa, potete es.s,er~sicuro che ciò è dO\'Uto a questa so– \'ralimentazione che le tra:-.!ondo nel vivo, ossia proprio a tutte le mie aggiunte ... ». E. nel scltcmbre 1921: « Rlas.iumi:ndo. per So– dome Il, a,·evo detto a uno di vot (credo proprlv & \"Ol. mu non p.::i&:;0 giurarlo) che. date le ,·aste aggiunte da npportan·I. ag– giunte eh~ ne hanno lnfan_,ltsmPnteaumen– tato 11 valore letternr!o (e ~oprnttutto esscn– zJnle). lo contavo di c&>erc pronto per li mese di maggio. In effetti credo che lo saro molto prima. ma 1(à cosi ,·i è molto ia\'0I'O da fare. e io vI ho aggiunto nuove parli. Tutte quello che posso din-1 è che lo lavoro ccntinuamente per questo. e so:o per que– stn ... ». Solo per questo... Dlce\'a 13 ,·eri tà. li suo Unn nota Immagine di l\larccl l'rous: .r-.todovere. uu·nbdicaz!one di se stessi: che la conversazione è una « d1ragazioue super- 11c1ale che non ci !a acqubtarc nul~a ». La lsp:rezlone. il pensiero profondo. r« illumlna– z:one spirituale» non sono po.;s,bili che nella sohtudme. Lo stesso amore é meno dannoso dell'am1rizia, perché, essendo soggettivo, non et distoghe da not stessi... Magnum opus f acio Dia 1920 al 1922 questo malato gra,·e com– pi una mole di lavoro prodigiosa. Da tempo :1on era più un dllett.ant.c. oss!a un uom > per ti qua.e • la ricerca del bello non e un mestiere». stato pericoloso. cd era dh·en~nto quello che uno scrittore de\'e essere: un ar~ t.glano. Egli a,e,·a pubbllc,,to nel 1920 Le cote des Guermantes ( 1); pubblicò 11el 1921 Le cotè des Guermante., <li) e Sodarne et Gcm,rrhe !Il; nel 1922 Scdo11ie et Go– ~torrhe (II) o almeno la prima parti! di quest'ult'.mo. polche. per le aggiunte. li i:bro numenta\'a talmente che Proust cercava. p r 11 seguito nuovi titoil: La Prfaonnil'rc. La f'"git1re <che divenne poi A 'b•rtinc dt,pa- 1ue1. Mentre arrkchiva i va.umi che sareb– bero usciti. correggeva le b?l?e del rniuml g.à stampati e. pe:- lui, corrrgg ·,e slgnlhcava raddopp.arc. tnpilcare. tanto < he il suo cdi– ,ore, spa\'entaro, fini per mettere egli s~sso larnro era: al suol occhi. u:1a gara con la morte: « Vedrete che ml manderete le bozze quando lo non potro più correggerle ... 1>. Avrebbe desiderato che Gallimard desse da stampore Il libro a quattro upograue diverse, perchè egli poteSSC'arri\'are a riìcggere tutta l'opera stampata prima di morire. Ero. dun– que. molto mnlnto? Gli aitri ne dubitavano: 1 suoi amici s1 erano a01tuat1 alle sue la– mentele. a!le sue sofferenze. e r,ensa,·ano C'hc fosse uno di quel tipi che. pur essendo sem– pre malati. fmlscono per morire centenari; ma Prou&.t.1lg'io d1 medico. osservava in se stesso camb.amenti tnquietantì. Aveva. come sua madre negli ultimi giorni di vttn. crisi di ara ..la; ti senso delle parole gll sfuggiva. le vertigini gli imp:divano di alzarsi. Un giorno del 1921 scr.s.se a Jean Loul; Vaudc-yer: <( Non sono andato a ìcao per 2.Udare a rivedere. questa mattina. Vcrme"r e_ Ingre.;. Vo~ete, per piacere. accompagnare quest.c>cadavere ,•ivente che sono divcntnto. r mnche po~a a'ppcgg;nrsi a! v tro brac• c;o? ». Durante questa visita a'J'E:;poc;izione del Maestri Oinndesl. n! Jcu-dePncme. ebbe en mn:ess.ere che egli attrll>m a µatnt.e mal d'gcrit 0 e rhc gli ispirò rcpi-..odio. tanto bc,lo. della morte di Beri:ottc Io tal modo. tra la sua oprra e la \'ita. il cordone onib.,– ltcale non era ancora stato tagliato. Una parola, un'espressione, un gesro colti per una strada. da quest·uomo c1'1e sta va compiendo con tanta fatica. trascinandosi e soffocando. li suo pellegrinaggio terrestre. servivano an– cora a nutrire l1 mostro. Proust a Gaston Galllmarà; « vorrei. 6\l le avete a pana;a dt mano, aggiungere qualche parola alle pa– gine di quaderni scolnstlcl da me scritte. là dove due "portalettere" ml r>nrlano un poco ella maniera delle giovnnl indiane di Ch•· teaubrinnd (verso pkgina 2~5. credo) ... • Scn• za dubbio Célest<' nvcvn d<'tto. quella sera, qualche fra.se che gli era piaciuta. Qualche volta egll ste.s."Oprovocava le Im– pressioni che gli servivano. Uon sera egli fece \'Cnlrc in Rue Hnmclln, perchè suonasse durante la notte, il « Quator Caoet ». Vo– leva ascoltare lln qunrt.etto dl D... b~issy che lo avrebbe aiutato. In modo Indiretto. a completare 11 « Scptuor de Vinicull •- Aveva esitato a invitare qualcuno, perché aveva detto a Céleste: « In.somma. é meglio di no. se vi sono altri udltcri sarò obllligaro a es– s.<.>reducato e nou potrò ascoltare ben"... Ho bisogno di avere sensazioni molto pure. per Il mio libro... •· Mentre i musicisti suona– n:.no. Pgli rimase disteso sul divano. a occh! rhiu~I. cercando. per mezzo della muo;ica. qualche mistica comunione. come lanto tem– po pnmn con le rose del giardino dJ Rey– naldo ... I rapporti di Proust con la signora Straus. anch'essa operata. consumata dalla « morte cronica•· somigliano a quelli di Chateau– br!and vecchio con la signora Récamier: La signora Straus a Marcel Proust (1920); « Vorrei parlarvi di tante cose contraddltt.:>– rie. Anzltutro della mia tristezza per saper\'! Ammalato. e poi del mio rammarico dl es.o;ere morta. cosa che ml Impaccia parecchio per slverc. ed anche della gioia che avrò nel ritrovare i mlel runici di casa Swn.nn. Questa gioia sarà calda come quella di una viva e la mia tenera amicizia per \'OÌ non é cerro quella dJ una defunta ... Ml scnro molto "zia Léonlc". Pot,ete quindi capire e perdo– narmi le cancellature ... ». La signora Straus a Marce/ Proust (1921): « Sono desolata di aver finito il mio bel libro e vorrei conoscerne 11 seguito. Ml avete :~;~~~r:'~;,n':;/~~~a\;It~C:· Jt~ro n~~ so. Poiché conUnueremo a e.~re ··separa ti di persona", date che voi di giorno non uscite. mandatemi la bella Célcste. Ella ml dirà come state. cos\ non dovrete nemmeno Care lo sforz.o di scrivermi... ». Fra i suol antichi e più aliczlonati amici. molti. senza cessare d! ,·olerlfll bene. si allontrurnvano a poco a poco. silenziosamen– te. Così accadde di R.cynnldo Hahn. di Lu– cien Dnudct.. di Rollcrt Drcyfus. Essi erano secca tl nel vedere che nuovi vcnu ti. che lo frequentavano per la sua !ama e per ne• cessltà pro!essionnll. scmbrnvano avere, lR preferenza su di essi. vecchi compagni di Lutta una vtta. Accadeva. dis.~ Lucien. come nella parabola del Vignaiolo: « Come. !lii ultimi venuti. che non hanno lavorato eh':! un'ora. sono tratlati come noi?». F...ssiavreb– bero voluto che i] loro Marce] rimanesse un dilettante geniale, lndlflerente a quello che si diceva di lui. agli onori. alle tirature, alla pubblicltll. ln\'cce egli si Interessava In modo sin~o– lare a « queste miserie » e se ne occupa va ccn l'intelligenza estenuante e dlIDdente che metteva In ogni cosa. La nipote e la sorella di Cèieste andavano. su ordine suo. dal librai, per vedPre se Le c6té des Guermantes era convenlent<'mentc esposte in ogni ,e. trina. Scrive.•n a Galllmard quotidianamente, per lamentarsi dell'esiguo numero delle edi– zioni. Per swann. si era dimenticate di aggiungere alle slgle della N.R.F. quella di Grassct. Proust a Gasi on Galiimard: «Per ie Jeunes (llles en /ieurs. avrei l'aria di copiare me stesso al tempo del premio Goncourt. se vi dicessi che si trovano su tutte 1, tavole della Cina e de! Giappone. E tuttavia è In parte , ero. Per quanto rigunrdn la Francia e i Paesi vicini. non /> vero soltanro in parte. è vero del tutto. Non conosco nessun ban– chiere che non abbia trovato li mio libro sulla scrivania del suo cnsslerc, cosi come non ho nessuua amica che viaggi che non l'abbia trovato in casn delle sue amiche, dal Pirenei rmo al Nord, tanto in NonnRn• dia quante In Alvernia. li contlltto diretto col lettore .che non a,·C"vonvuto dopo Swann, è quotidiano: le domande di artico!: st:i ~iornall Incessanti. Tutto questo non ml r 1 diventa.re vnno. p('rchlJ so rhp la notoriel~l e spesso monopolio delle opere peggiori. '.\ia ·pcravo trarne del guadagno... Il nume:-o delle copie che si tirano non P il solo ><'l!TlO della lamn. mn ne è uno. come sono scg,11 I corsi delle azioni In borsn. r<lme lo sono I gradi di lebllre di tm ammniat.o. Ebbcnr. a mano a mano che le Jeunes fillcs ,n fleur.1 st vendono, le edizioni d1minui~rono ... ». Egli paragona le sue lamentele: « Aprendo oggi la "'Nourc:·e Ret·1u Fran– ~aìse", vedo In copertina: PÉROCHON: Né– ne. sessantactnquc:;lmo mlglia!o. Ora. Nen: esci più di un nono dopo le Jrtl11es filles e-i fleurs. Inoltre. qualsiasi sentimento cordiale ml Ispiri ti signor Pèrochoo. non Posso no:1 pensare, che Nc11e é uuo di quel casi rari del premio Ooncourt In cui un'opera. a rorro o a ragione, è giudicata "onesta". ma senza grande eco. La sproporzione del nu– mero di copie con le Jeu nes fil/es en fleurs ml pare quindi enorme ... •· Si occupava attivamente di tar scrivere articoli sulla sua opera. e, se ue era il caso, li scrivern egli tesso. citando orgogliosa– mente una frase di Lemaltre: • Questo Proust: quando non e buono. è almeno buo– no quanto Dtckens, e quando è buono è molto meglio ancora», e si professava prooro \ a pagare trafiletti d! richiamo che prodl– gas.sero. su altri giornali. I più dltlramb.~ de~!! elogi. Desiderava anzi una pubbllclta più rumorosa e st rammaricava che il 6UC iibro non fo.;.sestato annunciato. come quel• lo di Paul Mornnd. con un·avvertenza: « D1 non ln$Ciar leggere a11e ragazze». Non con· tento de! prern1o Goncourt. «sondava,. l'Ac endemia Franoc·se per il Gran Prlx d< Llttérature. Egli teneva molte all'arrivo quo tidlano di lettere di elogio rhe Alphons, oauCet avcYa tempo prima chiamato « 1J mazzo di papaveri». per il colore troppo Vi• rnce del petali e la loro fragilità. Ern !elle• di pensare che I Cahiers accumulati sullt e chaloupe • accanro nl suo lette fossero dJ, ,·entat1. per ll loro valore di manoscrtttl de,h\;'.'J 0 ~~:~~roera molte biasimevole? Fr • piuttosto umano, quando uno scrittore ha: atteso per tante tempo li pubblico cbe me, rltava. e dopo tanti anni di dubbi e di spe, rn.nze. che provi tanta gioia nel vedere li &uaopera elogiata e ricercata. « Dopo tutto J scriveva Proust. « non è più assurdo timplan• gcre che una morla Ignori di non esser, riuscita a Ingannarci. di quanro possa sem· brare as.surdo desiderare che ti nostro nome sia conosciute dopo dueccnro annL •· Luclen Daudct. che sulle prime aveva rimpianto !amico modeste dJ un tempo. « l'inspiegabll• e affascinante Mnrccl Proust». l\nt per rico– noscere d"aver avuto torto. e poiché duranti queste breve periodo Marce! Proust. sapendc che stava pC'rmorire. e accettando la mortf (e credo che non desiderasse nitro) voleva che la sun opera gli sopravvivesse; e percht questo potesse avvenire occorreva che egH prendesse parte nl gioco che dà alle opero la !~ma o le oonfrna nell'oblio. e che sl impegnasse fino alla fine... >. Insomma. Mar~ cel si evolveva come uno del suoi personaggL e. in una specie di epilogo al Temps Tetrouré. sptroponendosl alla luce del rifletter! della gloria. ne assumeva t colori vivaci. U;;clva sempre meno di casa. ma la sua rcclus!onc. esclusi i periodi di crisi, non tu mai tot.a.le. Lo si vedeva ancora al Ritz., solo. cenare In un salone dalle luci abbas– sate. attornlnto dn camerieri al quali eJCII tnsegnava a manovrare tutti gli interruttori. di cui conosceva ti posto. Boylesve. che lo incontrò alla riunJone delle borse Blumen· thal. credette dt vedere un fnntasma. una m~rnuz1one umana del Corro d1 Edgar Poe: « Un uomo piutto~to alto, quasi grosso, le spalle alte. inlagottato in un lungo sopra– biro. Non si toglie Il soprnblro. come la UD malato che teme una temperatura troppo bassa. Mn. soprattutto. un vLc;ostraordina– rio: come di carne di selvaggina frolllta. llvldn, grru,di occhi dn danzatrice Indiana, fondi. risaltanti da due dense mezzelune di ombra: capelli abbondanti. llscl. neri. mal tagliati o addirittura non tagliati. per lo meno da due mesi; baffi negletti. neri. Ha l'aspetto e I! sorriso di una chiromante. Mentre gli stringo la mano sono affascinate dal suo collet o. s\·asato. liro. che. senza esa– gerazione. non deve essere stato cambiato da almeno otto giorni. Abito po,·ero. oon piccole scarpe fini. ca!,,nntl UD piede da don– na. Uno cravatta logora. un paio di panta– loni lall!hl. alla moda di dieci anni la. Penso a tutte quello che !arà epoca nella &ua opera uscita da poco. Egli é sedu:o accanto a mc. Lo guardo. Somiglia. nonostante I baffi. a una signora ebrea di sessant'anni, uu tempo bella. I suol occhi. visti di profilo. sono dn orientale. Cerco di osservare le sue mani. ma F.Ono ooJ)<'rtt'dl guanti bianchi, piutrosto sudici In oompen.so riesco a ,e– dere un poL"Ofine. bianco e rotcndo. La sua persona sembra es..i;.ere sta a !tL,;:,a, poi rirro:i• finta. ma Incompletamente e ln modo ridi– colo: gli spc.'SSOri sembrano dls ribuiti a c8"". non dm•c uno si aspetter('bbe che fossero. Giovane. vecch!o. malato e donna; strano personagt?io... ». Verso In fine della. primavera nel 1922 Proust assistette ancore a una serata in casa della contessa Margueritc de Mun. della qua– le egli ammirava lo spirito e la innata gen• tllezza. Là egli incontrò. per l'ultima ,·alta. ramicn della sua infanzia e della sua adole– scenza: Jennnc Pouquet (,·edova di Gaston de Calllavet.. sua cugina per le sue seconde nozze con un cugino di Proust). Dopo aver salutato qualcuno. sparso qua e là qualche protesta di tenerezza o cli ammiraztone (« egli era una fonte meravigliosa di madri– gali e di frizzi•· cliceva Barres). Marce! ando a sedersi accanto a Jeanne e. non a,endo più alcuna ragione di fingere o dJ adulare. si abbandonò, per tutro li tempo, a giudizi comici. a osservazioni acute. a conclusioni profonde, alle più alt.e considerazioni fi!o– soficbe. Quella sera era molto allegro e pareva stesse meglio In salute. Tuttavia. quando tutti gli invitati se ne furono andati. egli prego la signora Pouquet di restare ancora un poco con lui. di non lasclarlo tante pre– sto. Ma era tardi ed ella ritìuto. sentendosi stanca. Allora il viso di Ma.rcel prese una mdcfmlbtle espressione di dolcezza. d'lronla e di tristezza: - Non importa. signora. addio. - Ma no. mlo caro Marcel. arri\ledercl - No. signora. addio! Non <i vedro mal più.- Trovate che stia meglio? Ma io sto per morire. Meglio? Ah! ah! ah 1 e davvero troppo comico ... (!a sua risata suona'9a fai.sa e faceva. male). Per l'ultima volta \'engo in società. Questa serata m! ha spossato. Addio. signora. - Ma. caro Marce!. pos..,:,o venlre io da rnl uno di questi g!ornl. oppure qualche sera. .. - No. no. signora. non venlt.e! Non slatti offesa per ti mio rllluro. Voi sie e gentlle. Io ne sono com.mo ..'50. ma non vogUo più rice,ere i miei amici. Ho un lavoro urgente da finire. Oh. sì. mollo urgente ... Tanto assillato dal tempo si sentiva. da dedlcare ogni minuto alla sua opera. Quan– do Jncqucs Riviere gli domandò un artico!o ~u Dostoievskii. per la e Nouu,lle Rei:ue Française ». egli rlllutò: « Ammiro profon– damente il grande rus...c.o. ma lo conosco t.roP– po poco. Mi occorrerebbe leggerlo e rileg– gerlo e Il mio lavoro sarebbe interrotro = mesi. on posso rispondervi che come il pro– !eta Neern1a. credo. che era salite su una scala. a qualcuno che lo chiamava: Non possum descendere. magnum opu..s /acio ... •· • Non posso scendere. Sto compiendo una grande opera ... •- Era assillate in quei giorni da un·angoscla che non gll dava pace. Da più di vent'anni !ottava con le immagini e le parole per esprimere certi pensieri che dovevano liberarlo e hberare. nello stesso tempo. dr!lh runici fraterni. Era quas, arri– vRto alla meta. ma occorreva che tutto ,·e– olsse espres.."O prima della morte. « Ero de– ciso a conSAcrare le mie !orze che se ne RD.davano come con rimpianto. e come per lasciarmi :! tempo di potere. a cerimonie finite. cWudere la porta funeraria_,•· Ultima lotta col tempo Nel giugno del 1922. Lucien Daudet che, pnma cli lasciare Parigi_ lo ando a salutare. lo trovo più pallido del solito; un profondo alone nero circondava i suoi occhi. Luc1en Daudet era unpncciato dal sapere d1 tre, varsl da\'antl a un grande artista e dl non osare dir1<llelo. Marce! cercò di ritro\'are il modo nffe-ttuoso di parlare e !a sua um1lta d'un ·.,mpo. Parlarono dei suo, nuorl amici e dell'1ncompntlbi!ltà profonda che esisteva fra coswro e i suol amici antichi. « Le sim– patie e :e antipatie non si po.s.;ono tra.smet• tere » disse mnllncooicamente Proust -< td è qut.•~ta ln profonda tristezza che c·e in fond<>alle relazioni... o. Da lungo tempo egli R\'e\'ll g::\ scritto che l'amicizia dà ptù delu– sioni drll"nmore. « Mentre me ne andavo» scrisc-c Daudet « Il ricordo del passato mi string;ern In gola... Volli abbracclar;o, Egli si tiro un poco Indietro. nel suo letto. e mi disse: "No. non baciarm1. Non mi sono ra– sato ..:. Allora gli presi d'impero la slnlstra e gliela baciai. Ri\'edo. ncll'lnquadrarura del– " porta. Il suo sguardo lisso su di me ... ». Durante l'estate il suo stato dl salute i;! ai;gravò. P,oust a Gaston Gallimard: • Non so se vi ho scritto da che ho ricominciato a cadere n terra a ogni passo che tento cli fare e a non riuscire plù n pronunciare le parole. Cosa tremenda ... ». Martire del me– stiere. egli si ammazzava alla lettera. ogni notte. per correggere le bozze de La Pnson– mère e dettando alla nipote di Céleste altre «aggiunte». A Gaston Galllmard: « Non appena metto i piedi a terra giro su me stesso e cado. La spiegazione che me ne sono data (e che ANDRE' MA ROIS (Continua a pag. 6)

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