la Fiera Letteraria - XI - n. 5 - 29 gennaio 1956

• l)0mcni::a 2CJ gennaio 1956 LA FIERA LETTERARIA Gli anni ~iovanili di Svevo * "Perchè la carta stampata racconta la vita, ma ne crea una e del tutto diversa ed è per essa in primo luogo che, accanto alla vita di tutti,. comune, grigia, c·è la vita del più importante uomo dell'universo: se stesso,, I. SVEVO « Mariano o» * DI G!IACINTO SPAGNOLE'Jl"'TI Le pagine che p1tbblichiamo sono le prime d1 1t11amo11ografia di Giacinto S))a• gnoletti s1< Svevo, che ))resto ve<frà la l1tee. Del grande scritto,·e triestino è im– •~ine"t!I, r,resso Mondadori, la pubblica– z,one o-ell 0))era teat>-ale, a cura di U »t· bro Apollonia. Con essa, e con la stampa pure annunciata di ,ma parte deU'Episto– lario, si concluderà il ciclo degli inediti svevi.ani. C'è qualcosa di vero nell'accostamento a Stendhal, già proposto da chi ha stu– diato la vita e l'arte di Italo Svevo? La vicinanza sarebbe data da questo fatto: come Stendhal, Svevo è un malato di nervi che si cura raccontandosi. Che lo scrittore triestino sapesse di as– somigliare in quakhe modo all'autore del Ro1tge et Noir, non ci risulta. Certo non io ha mai detto a nessuno. Ben pochi, mentre Svevo viveva, potevaino fare at• tenzione ai singolari espedi,;,nti, cui am– bedue gli scrittori Si erano adattati vo– lentieri per salvare, sui filo delle proprie narrazioni, la loro autentica uma,nità. Ciò che li divide è senza dubbio il modo di questi espedienti; attraverso cui si ve– dono in trasparenza i caratteri non solo dei due scrittori, ma delle rispettive parti del secolo a cui appartennero. Stendhal gonfiò sino all'inverosimile la sua ma– schera patetica di falso cinico, da,ndone tratti abbastanza in rilievo perchè i cie– chi potessero vederla e riconoscerla a di– stanza di moI,ti anni; Svevo nascose la sua espressione dietro ii volto sereno del borghese riuscito, e fin per adattarsi a un silenzio di rassegnazione, e quasi di compiacimento, quando fu strappato, alle soglie della vecchiaia. dall'oscuTità com– pleta, per entrare sulla scena del mondo letterario. Di fronte a,lla letteratura egli si era comportato. per molti anni, pressappoco come un discepolo di Stendha-1: creden– doci soltanto quel poco da trasferirvi la sua persona viva e parlante, e immede– simandosi poi in alcuni personaggi tipici fino a congiungerli, libro dopo libro, in un continuo autoritratto. Ma abbandoniamo il paragone con Stendhal. Troppi e diversi stalli d'animo, figure e caratteri riflessi nell'opera di Svevo ci inducono a riscontrare in lui un tipo di umanità assolutamente originale. Se ablliamo indugiato un momento ulla figura àel Grenoblese, è perché avevamo bisogno di inserirci subito nel vivo di un problema complesso e pur di necessaria soluzione: i rapporti fra la vita e I'a,l'te di questo nostro scrittore. Si badi ora a un fatto. Mentre per ricostruire la com– plicata. psicologia stendhaliana, noi ab– bi-amo oggi a disposizione un 1 infinità di documenti di richiami storici e di note autobiografiche, la vita intima di Svevo, la sottile malattia spirituale che l'attra– versò da capo a fondo, non ci sono del tutto chiare nei loro sviluppi, nonostante la relativa vicinanza del tempo. · Di quella che abbiamo chiamato la sua « malattia spirituale > mo! to si é seri tto. Lo ste~o scrittore, che se ne impadronl tanto bene da tarla agire alla fine come protagonista dehla sua opera, sul piaa,o della corufessione diretta l'ha lasciata a beila posta in ombta, curaJlldOSi solo di circoscriverla, di analizzarla, e infine di aureolarla, da vecchio, col flusso incan– tevole della memoria creatrice. Per ri· condurua suJ quadTo obbiettivo della vita, cro studioso deve compiere u,n certo sfor– zo sottraendosi sia ahle testimonianze in• a,i:-eue, quando esse vogliono trarre par– ticolari conclusioni, sia al fascino impres– so, come s'è detto, nella maturità tarda, da•llo stesso scrittore ai fatti anteriori e lontani della sua esistenza. Svevo, è bene chiarirlo subito, non ha soltaJllto analizzato, ma miticizzalo se stesso; meglio, ha ingrandito, interpre– tandole a suo modo, le curve della sua psicologia. Per ritrovarle intatte, dobbia– mo risalire a quando esse erano alla sua misura d'uomo, prima che di scrittore_; !ricostruendole sui documenti b1ograf1c1, senza lasciarci dominare dalla curiosità di sapere quello che J)iù tardi ci s'!rebbe stato detto in proposito. Questa c1 pare una strada abbastanza propizia ai fini del nostro studio. L'altra, che consiste nel tenersi vicini al suo. autoritratto let– terario, Io stupendo autoritratto _che va da Una 'Vita ai capitoli del Veccluone, se è criticamente più suggestiva, gmoca, più di quar.to si possa immaginare, a confon: dere se non a dissolvere, i da ti che a noi pre~ono maggiormente. Per ora ii nostro compito è quello di colmare il vuoto tra la vita esterna dello scrittore e le cose da cui si senti attratto - e che egli, nar– randole, doveva sublimare. LA GIOVINEZZA E LA FORMAZIONE LEITERARIA I C'è una data alla quale far risalire il primo forte sogno che ebbe Svevo de:dil: sua vocazione artistica? li foglietto et cade sott'occhio con l'eloquenza malinco– nica dei puntJi fermi della vita di un uo– mo. 19 dicembre 1889. Leggiamolo Cl): < Oggi compivo 28 anni. li malcontento mio di me e degli altri non potre_bbe es– sere maggiore. Noto questa mia impres– sione pcrchè forse da qui a qualche anno potrò darmi una volta di più deli'imbE:· cille trovandomi anche peggio, o potrp consolarmi ritrovandomi migliorato. La questione finanziaria va divenendo sem– pre più acuta, non sono contento dell.i: mia salute, non del mio lavoro, non d1 tutta la gente che mi circonda. Sta bene che non essendo io stesso soddisfatto _dei mio lavoro non posso esigere _c~e ~ltn lo sia. Ma con le smisurate amb1z10m che a suo tempo si nutrirono non aver trovato, nessuno ma nessuno che pigli interess1; a quanto pensi e a quanto fai; tro~ar~• sempre costretto di faTe come_ se s1 _p1_– gliasse interesse alle cose. altrui pei::he e l'unica via di guadagnarsi un po di co~– siderazione cui volere o vo!~rn s1 am!>1: sce. Due anni or sono prec1s1 com1_nc1a1 quel romanw che doveva essere D1_0 _sa cosa. E' invece una porcheria eh~ fintrà col restarmi sullo stomaco. La mia fo'..l'! era sempre la speranza e li m«le s1 e che anche quella va affievolendosi>. Senza dramma, senza, colore quasi, ma punto per punto, avvem~ento dopo _a~ve– nimento. la storia della gwvinezza d1 :sv1;– vo vie·,e qui riassunta. D1 là dagli an111, di là dal tempo In cui sbiaddsce il fogliet- to malinconico appaiono vicende e circo– stanze che sono essenziali a.hla compre.,– sione ùcJ!a vita e del carattere del r,ostrc· autore. Intanto. la moglie ce ne dà per disteso un commento e una giustllic...zio– ne. Ella scrive: e Vi sono accennali tuui i pesi che opprimevano la sua giovinezza, le angustie economiche della numerosa famiglia abituata in passato ad un tono di vit.,. ben diverso. Lot:tavano tutti per mantenere il decoro, oppressi datila ma– linconia inguaribile del padre, incapace di adattarsi alle ristrettezze. E s'ei,a già insinuato nei giovane iQ tarlo della sfi– ducia ,erso le proprie forze intel•lettuali e fi iche. Le preoccupazioni della malat– tia, cresciuta con gli anni 1 già lo turba va. Temeva for e eccessi vamen te per i suoi polmon! e non riusciva ad abbandonare il vizio del forno. Intanto il senso deHa solitudine aumentava sempre piu dopo la morte del fratello. E aveva tanto oi– sogno invece di essere riconosciuto e compre.o. Nel profondo, celati a J,4tti, lo trafiggevano il desiderio arden re di gJo– ria e 11 dubbio suJia propria opera, alla qua,Je poteva dedicare solament.e I ritagli aeJ suo tempo> (2). J:'er comprendere appieno il senso di ques,ta atmosfera intima e famihare, e i latti che la giustilica vano, doooiamo ri• farci mollo inctdetro. Gioverà inquadrare l'infanzia di Etto– re &hmìtz, il futuro Italo Svevo, sulla scona aelle notizie che possediamo. La– sceremo parlare anche i.I nostro autore. Di lui c'è rimasta un'autobiogr3'1ia tsedi– ci pagine fitte di stampa), v~rgata nella prima vera 0eJ 1!-.128. Egl'i la scrisse su un appunto deh'amico Giulio Césan, per sod– d1s.fare la richiesta di un edi-tore mila– nese (3). A queste notizie agg,ungercmo Je altre forniteci da,! lioro di Livia Vene– ziani. • Nato il 19 dicembre 1861, Italo Svevo trovò nella casa paterna una in1a111zia fe– licissima. Tuttavia esendo la madre di un carattere dolce e nuJJ'a11atto autoritaria, al padre parve necessaiia di sollevaa,la dal peso di dòver dirigere tanta figMo- . Janza (quattro maschi e quattro femmi– ne: Paola, rutalia, oemi, Adolfo, l!:t– tore, Elio, Ortensia e Otta vioJ; a doaici a,nni lla,lo, insieme a due fratelli, fu in· viato in un collegio presso Wlir-.iburgo ove doveva prepararsi rulila carriera cne ai padre pareva la più felice, quella del commerciante>: si legge nell'autollto· grafia. Francesco Schmitz. il padre di Ettore, conviene presentarlo con quakhe tratto evidente, prima che Svevo aggiun/l'a al– tri dettagli sulla propria a1sce11aenza. Era eg1: ltglio di un funzionario imperia– le, Aaolfo Schmitz, oriundo della \{ena– nia; che soggiornando a lungo a Treviso aveva conosciuto e sposato una italiana: Rosa Macerata. <Figlio di un'itaiiana, egli si sen•tiva italiano. li suo nome appa– riva spesso accanto a quello dei piu ar– denti patrioti. Bravo commerc1an,te, so– gnava di fare dei suoi figU degli esperii uomini d'affari• (4). Dopo essersi tra– sferito a Trieste, vi <intraprese un attivo e lucroso commercio di vetrami > (5). A Tries-te non ci risulta C'sistesse alcuna fa. miglia a portare il nome Schmitz. Era dunque, Francesco, il tipico immigralo ebreo. Creatosi una casa, vi istitul una aria patriarcale, dentro la quale regna– rono a lungo l'agiatezza economica, il ri– spetto reciproco e il senso di sicurezza sull'avvenire dei figli. <Li mandava in Germani-a urncamente per preparanti se– riamente alla carriera che egli conside– ra va !a migliore. In tale senso aveva scelto anche una scuola a indirizzo pre– valentemente commerciale. E poi: "I fi· gli non diventa,no bravi uomini sotto gli o-.chi àei genitori" era la massima di questo padre rigoroso> (6). Questa scelta l'aterna, del luogo di edu– cazione e dell'indirizzo degli studi, inilui– rà enormemente sulla vita di Svevo. Se Trieste era allora una delle principali città dell'Impero· asburgico, non si deve dimenticare che, per storia, costumi e tra– dizioni, es,a appartoneva a•l~'ltaLia. Ita– liano si sentiva chi allora veniva ad abi– tarvi, pur avendo i più in,tenSi contattl con l'ambiente slavo e balcanico. Ma è proprio la vicinanza, taJvoita, ad acuire i contrasti e a creare un'aria di singolare autonomia, di italianità (o latinità se sl vuole) da pi;eservare in mezzo alla confu– sione delle razze e deile lingue. L'anima -di questa città è poi. naturalmente, il commercio che si creò un singolare 1ni– lie1, più di ogni altra attività; ed è il Jegame che ha unito, fin dai 1719, quan– do fu lnstaurato il porto franco, pur sen– za sopprimerne i caratteri etnici, gli ele– menti venuti a stabilirsi dai paesi vicini: dall' Austra, dall'Italia, dai Balcani, atti– rati dai miraggio di ra,pide fortune, che difatti per molti si avverarono. Mandare i figli a shldiare in Germania, fu per Francesco Schmitz solo un'accorta determinazione pratica. Se era necessario conoscere il tedesco a Trieste, la menta– Ji>tà tedesca diventava poi importantis– sima per un commerciante. Tra quei tre ragazzi però la sorte aveva cacciato il futuro scrittore di lingua italiana, quel– l'Italo Svevo che tutta la vita doveva por– tare come un peso la sua educazione sba– gliata (malgrado la buona volontà pa– terna), l'uomo che fu tormentato, oltre– ché e presto, come vedremo, da,! richia– mo della letteratura, in netto contrasto con la carriera commerciale a cui era a v– viato, clai propri intimi squilibri, avverti– ti in modo confuso da giovinetto, e via via fatlisi più evidenti. Di essi torneremo ad occupaTci; sarrunno la piaga nascosta non solo dello scrittore. ma dell'uomo che ad un cetto momento comincerà ad ana– lizzarsi per ,;ncerne l'assillo. Nato in una città di lingua italiana, ma sottoposta all'Austria, da padre ebreo di discendenza germanica, egli trovò più tar– di l'amabile soiMevo di uno pseudonL-no, col quale desiderò signllicare tutte que– ste coc;e, creando, per cosi dire, un per– sonaggio-autore, distinto da quell'Ettore Schmitz dei cui destino privato egli poco sapeva prevedere. Per semplificare tutto egli asserisce nell'autobiografia: < Ai suo p3eudonimo ... fu indotto non dal suo lon– tano antenato tedesco. ma dal suo pro– lungato soggiorno in Germania nell'ado– lescenza>. Quei soggiorno si protrasse, con brevi Intervalli di vacanze In famiglia, sino al diciassette anni ccmpiuti. Ed è bene tra– Sì)ortarci ora a Wtirzburg nella regione deJ Meno, e precisamente ne,ila località dl Segnitz, dove 1 ragani Schmitz furono accompagnati dai genitore, una mattina d'inverno, dopo un lungo viaggio in fer– rovia, via lnns1Jn1ck. Come poteva di– men ticaTe questo fa vdloso viagg:o e i tanti particolari del•la nuova vita in ter– ra straniera l'uomo che, in età avanzata, avrebbe fatto della sua esistenza un uni– co, lento fuoco di memoria? La prosa de– dicata all'arrivo in coiilegio si intitola L'av-ven.ire dei rico1·di, ed ha un'unica ste• sura, datata sul primo foglio l maggio 1925. <Su questo posto, dieci-o dodici aJll· ni prlma il vecchio s'era recato in com– pagnia della moglie e della figlia per rin– novare i ricordi. Vi aveva trovato delle ruiterazioni tanto grandi che adesso lo sfor-.<odi ricorélare era reso più difficile. Intanto tutto il villaggio gli apparve più piccolo, più misero, più sudicio. Ll collegio ne era spanito ed ii 1etame l'aveva in– vaso>. E' ·molto probab:•ie che Svevo abbia rivisto davvero questi auoghi della Jontana adolescenza (7), ritornato per provare a sé quanto fossero cambiati lui stesso e i luoghi, e subire l'emozione di un conifronto. BeiNssime, di commo– zione proustiana, sono dunque le pagine ispirategli. La memoria interseca tre momenti vivi e precisi: quello del fan– ciullo che viaggia ed arriva a•i collegio, il ritorno dell'uomo mat,uro che rifà an– sioso gH stessi passi dei fanciullo, e la impazien!lla dei vecchio che sospira, sui poggiolo di Opicina, per a.m.))edue i tem7Ji e gli incontri del passa.to . crea111do un nuovo tempo più fei-ice: l'avvenire dei ricordL e 1 aturalmente l'avvenire dei ri– cm"Cii.Egli doveva apprenderi: che '1 ia– vorio della memoria può muoversi nel tempo come gli avvenimenti stessi>. Così il signor Beer, ii direttore dei col– legio descritto nella prosa del '25, qual– che tratto fo conserva certamente del– l'auter>tico pedagogo Soler degli anni Oontani. < uomo austero e severo ma giu– sto>. · Eccolo, comunque, rivisto da lui vecchio: < Ii signor Beer un uomo forse quarantenne era vestito sempre dii un lungo palamidone nero. Una barbina biondiccia che partiva dei mento mette– va un margine alla sua faccia alquanto legnosa da,J naso sottile, •le guancie nude più perfetti, ma, appresa In pochi mesi Ja iiingua tedesca, iJ giovinetw aiutato da qualche insegnante ... si dedicò appas– sionatamente allo studio della letteratu– ra. Conobbe i maggiori classici ted~schi e in primo luogo amò 1 romanzi di Fric– drich Richter (Jean Paui) che certamen– te ebbero una grande influenza nella formazione dei suo gusto. O1,tre ai clas– sici terleschi poté conoscere in traduzio– ni perfette lo Shakespeare e qualche scrittore russo, Ln primo luogo il Tur– gheniew >. Si trattò certamente di un pe– riodo ài grandi entusiasmi formativi. < Si svilupparono presto discussioini Hlo– sofiche tra lui e i compagni. Di questo primo fervore intel1lettuale giovanile è ri– masta traccia in una breve tesi filosofica scritta in tedesco, in oppos,izione a quella di un conàiscepolo, certo Bratte > (9J. Ma accanto a queste predilezioni, su cui tra breve torneremo, non tarderà a collocarsi, nel giovinetto che veni-va spes– so in festosa vacanza a Trieste, quaiohe tratto .spontaneo deif età e del cuore. < Abile nuotatore>, scrive la signora Sve– vo, e goàeva molNsBimo dei bagni di ma– re>. E oade, pare, in quegli anni il suo primo idillio sentimentale; fra i libri più cari che egli si portò a casa, finitJi gll stud•i collegiarli, uno Shakespeare com– pleto donatogli daila nipote del direttore, Anna Herz, attesta, nehla dedica perlo– meno una dolce protezione sentimentai!e. Ma Anna, non è la stessa figurina senza nome che balza dalle ultime pagine de L'avven1re dei ricordi, e con un sorriso Jieto sulle labbra, i grandi occhi neri ansiosi nel saluto, ii passo celere, tutta la bella figura equilibrata in uno slancio che ricordava un movimento di danza>? E' indubbiamente lei. Il fratello maggio– re Adolfo, egli pure collegiale a Segnitz, se ne era innamorato, ci inionna Livia Svevo: <ombra dolorosa fra i due fra– teni fu questa>. Ma da vecchio Svevo, riguardando tutto con gli occhi del ri– cordo, dimentica ii particolare dei fra– tello, proteso com'è alla ricerca dei suo sepolto sentimento: e Allorché a diciot– t'anni egli l'aveva abbandonata per sem– pre, essa alquanto ingrassata era stata tuttavia bella. Eppure egli non l'aveva mai veduta behla. I suoi sensi giovanili, DALL'ALBUM DI CASA S\7E\7O fresche, tutta una faccia regolaTissima e povera che pareva fatta con ordign,i di falegname. Aveva una capigliatura ricciuta abbondante più bruna del bar– bino e dei mustacchi >. Ed ecco ancora qualche particolare della scena. < Ii si– gnor Beer dimostrò quel giorno la sua abilità politica. Dopo il pranzo padre e madre si divisero dai due fanciulli, la madre in dirotto pianto così che ii padre era più occupato a incu.orarla che a con– gedarsi drui figHoli. I due fanciuhli die– dero anche segno di una emozione gra,n– cie e allora interven111e ii signor Beer che parlò col padre. Questi annui forte– mente come a proposta che confaccia subito e spiegò ai fanciwili che se si fos– sero moss! subito avrebbero potuto arri– vare In luogo donde avrebbero avuto la opportunità di rivedere per l'ultima vol– ta i genitori>. Di !onbano, ahimé! ve– dendo scorrere ii treno lungo le rive dei Meno. Ettore e i! fratello ne rimasero Meno. Ettore e H fratello ne rimasero, come é da immaginarsi, sconsolati e in– teneri,ti. Dunque era venuto, per i nostri ra– gazzi, il momento di Jniziare una nuova vita. Essi conoscevano poco il tedesco, lo avrebbero imparato in collegio. So– p:·attatto Ettore che vi rimase per cin– que anni. Ii fratello minore Elio non re– sistette, gradle di salute, ai olima di– verso e alla lontananZa da1 suoi e un ·giorno vi fu richiamato. Questo giovi- netto ~ esile come un giunco, altissimo per la sua età, sensibilissimo, innamora– to de!l'l. sua musica>, non era certo fat– to per la disciplina deHa camerata. <Et– tore, :nvece, resistette benissimo, e ap– presa in pochi mesi la lingua, formò un circolo inteNettuale fra i compagni, ol• tenendo, anche per la sua vivace intel– ligenza, l'incoraggiamento benevolo di qualch~ insegnante> (8). Pare certo che fu proprio in quell'am– biente che si sviluppò la prima educa– zione letteraria del ostro. Altro che lo indirizzo, la mentalità commerciale che il padre si atte,ndeva da lui! Un passo de!l'a1tlobiografia ci rivela ii grado di entusiasmo dei primi contatti con la let– teratura e la filosofia: • L'insegnamento in qu~! collegio non era certamente dei eccitabili, aveva,no cercato tutt'altra via. Perché? li vecchio cercava indarno tale ragione e concluse: Gli uomini non san– no vedere tutto; per certe cose hanno gli occhi chiusi>. Il Quando Ettore Schimtz ritornò a Trie– ste aveva. come abbiamo detto. poco più di dic'iassette anni. Era un ragazzo che non faceva mistero in famiglia della fer– ma intenzione di dedicarsi alla lettera– tura. Trascorreva le notti sui libri, ab– borracçiava i primi tentativi, e continua– va a vivere, quasi all'ombra del destino assegnatogli dal. padre, con i va,ghi e strani sogni concepiti in collegio. Uno di questi sogni, che doveva tormentarlo per tutta la giovinezza e rimanere il cruccio della sua vita, J\u ii teatro. Accanto a lui, tormentato da altri sogni, troviamo Elio, li fratello più caro, violinista romantico e appassionato, segnato già dall'adole• scenza ad una morte precoce. In casa s'era formata ormai un'atmo– sfera precisa. Ed Ettore dovette render– sene conto a malincuore. II padre non solo no.n guadagnava più come una vol– ta, ma guardava con crescente preoccu– pazione al!'avvenire della famiglia. E se il giovinetto chiedeva di approfondire gli studi letterari, di apprendere un po' me– glio l'italiano, facendo un via 6 gio a Fi– renze, di ben altro, per il momento, do– veva accontentarai. Fu Iscritto all'Isti– tuto Superiore Commerciale e Pa quale Revoltella >. Cosi era stato deciso dal padre, ed egli vi Si adattò. < Furono due anni dì lavoro intenso che intanto ser– virono a chiarire aci Italo il suo proprio animo e a fargli intendere ch'egli per il commercio non era nato> (10). Possia– mo aggiungere enza tema d'ingannarci che si riteneva nato per il teatro, che sognava di diventare attore e certamen– te autore dra,mmatlco. Ma come contra– stare la volontà paterna? « La lettera– tura era una cosa lontanis ima dalia mentalità del vecchio Schmitz ed Ettore, nonostante la sua ardente vocazione di scrittore, non aveva in sé la forza di opporsi> (11). Ora, seguendo le note di diario del fra- tello Elio, non ci sarà difficile cogliere mano a mano le fasi di questo dissidio e i propositi e i tentativi del giovane. E' una fortuna che ci sia stato conservato questo quaderno: vi è raccolto tutto il senso di un'età scomparsa, che non avremmo mai potuto ricostruire. Nel suo insieme rappresenta la sensibile testi– monianza di un'anima che aveva sùbi.to irrtuito quale vero valore avessero i mo– ti e le disordinate effervescenze di un cuore che si preparava ai primi sopras– salti del genio. Elio, ci vien detto, fu li primo a S<.-rutare il vero volto del futuro Italo Svevo; sen7,a alcun dubbio fu il pri– mo a stimolarne la volontà, cosi incerta nell'attuazione; fu poi Il primo confiden– te e giudice di ogni tentativo uscito dalla penna dJ Svevo. E Svevo, per il quale la morte del frateilo segnò più ta-rd,i un lutto irreparabile, non desiderò mai stac– carsi da quelle pagine, conservandole e come una reliquia preziosa>. La prima nota reca, con la data 1880, questo apprezzamento: e Ettore - mio secondo frate),lo - ha ora 18 anni. E' un po' poeta. E pare ab– bia molto ingegno. Fa versi. Frequenta J'I.stit'lto di Fondazione Revoltella >. Lo stile di Elio, come si vedrà, rivela assieme a qualche indecisione le~icaie un tono discorsivo e corrente; ma e chia– ro che con e poeta> ora egli voglia allu– dere piuttosto aJ carattere, alle tenden– ze sentimentali del fratello; mentre quanrto aggiunge: < fa versi>, indica una operazione precisa. f?i quei ":E:ra1 1 nulla possiamo dire, perche nulla ce nmasto. ·un altro brano deilo stesso anno fa ampi riferimenti agli studi e alle ten– denze di Ettore: . e ... ed aveva già letto tuttl i romallZI frances: che si potevano trovare. Fu lui anzi che mi insegnò questa b<i!l· l'arte mettendomi in mano ai momento deila sua partenza / Tre Mosche!t,er;• (11). Schiller e Goethe furono i 1ruo1piu grandi amici nel tempo che. fu lJ1 ~olle– gio. Quando io fui in colleg10 notai con meraviglia che esso dedicava ~u~te le sue ore libere allo studio del class101. Appena potè comprendere un po' di tedes:co esso mi prendeva in una stanza con _se e non mi lasciava andar via se non m1 leggeva un brano o l'al!lro di un classico. Esso è apatico in apparenza, giacchè la sua mai:• gior vita la trova nella sua mente ed m -se stesso. A poco a poco gli venne l'ide'.' di divenire uno scrittore. Oh! Poter di– ventare un uomo famo o per lui era la maggior speran1.a: A poco a poco si abi– tuò pure a questa idea in_ tal modo che essa lo dominò e Io domina totalmente ancora oggi. I classici tedeschi furono d~ lui tutti studiati e cercò di approfondirsi ii più possibile in essi. Mi ricordo che con i suoi risparmi si fece una biblioteca. E ancora adesso veggo in quello scaffale in beil'ordine - l'unica cosa che sia in bell'ordine in stanza nostra - il Schiller, ii Hauff. il Koerner, il Heine ed altri. Manca però il Goethe. Lo aveva compe· rato. Lo lesse, Io commentò e poi ne Ieee una lotteria fra gli scolari e col ricavo di questa si comperò il Shakespeare tra• dotto in tedesco. Quando ebbe questo li– bro in mano rimase alzato tutta la notte e sempre curvato sull'Amleto passò_ mo!· te notti insonni. Lo studiò a memoria, dt· venne pallido, e la sua ciera divenne cat· tlva. Finito l'Amleto che sapeva a me• moria voleva contir>uare coi Re Lear, ma ahimè!, venne al'orecchio del signor Spier questo fallo ed egli senza apporvi i sigilli sequestrò i volumi. Ettore. non lesse il Re Lear ma pensò tanto ali Am· leto che non dormi per molte notti con– secutive, sempre pensando all'Essere o non essere. Io vedeva con dispiacere che esse si affezionava tanto alla letteratura terte– sca tralasciando affatto la letteratura ita· liana ed una sera gli dissi che avrebbe dovuto leggere un po' di Dante e Petrarca che sono molto migliori dello Schiller e del Goethe. Mi rise in faccia: e Schiller è il più gran genio del mondo>, mi ri· spose>. · E' questo il primo ritratto a tutto ton– do che abbiamo di Svevo giovane: vi si ritrovano i tratti generici di ogni giovi– ne,.za entusiasta (il romantico amore dei personaggi shakespiriani, in particolare Amleto, il culto eroico di Schmer, la pre– sa fugace e intensa di Goethe, anch'essa tipica dell'età delle voraci letture I, ma qualcosa che appartiene solo a Svevo lo si illtravvede pure. Era evidentemente già iniz;iata nell'adolescente inquieto e taciturno (< E' apatico in apparenza, giacchè la sua maggior vita la trova nel– la sua mente e in se stesso>) quella pas– sione esclusiva per i grandi drammi in– teriori (Essere o non essere), e insomma la vocazione al teatro. Da Elio apprendiamo che egli già con– cepiva e scriveva. drammi. Ecco quest'al• tro appunto del febbraio 1880: « Dal 10 di questo mese Ettore sta sem– pre scrivendo una commedia in versi martelliani: Ariosto govel'n.atore. Finora ne ha scritto venti rime. Ma è assai tar– do in tutto e non so quando. arriverà a portare alla fine la sua prima opera. Finora non ne ha alcuna che sia com– piuta. Questa volta però gli feci firmare un'obbligazione nella quale promette che entro il 14 marzo finirà l'Ariosto got'er- 1,atore, altrimenti mi pagherà per il cor– so di tre mesi per ogni sigaretta che fu– ma 10 soldi>. Basterebbe questa scommessa. conce– pita con la premura affettuosa che met– terebbe una fidan1.ata - si badi, per ogni evenienza. Elio vuole ottenere o la ste- . sura completa del dramma oppure la ri– nuncia al vizio del fumo, che, se conti– nuato. costerebbe troppo caro - a cjar la misura dell'amore che univa i due rra– telli. Il più piccolo dei quali ebbe a seri• vere pure: < Napoleone non ebbe uno sto– rico che lo ammirasse tanto, come io am• miravo Ettore>. Dell'Ariosto governatore, Svevo pote– va dire l'anno successivo in una < Storia dei miei lavori> su cui più avanti ci sof– fermeremo ampiamente: <Più che scrit• to ci ho pensato e tutte le tinte neces;a– rie mi parevano trovate cosi bene ~he preconizzavo a questo primo tentativo una sorte felicissima. Ma come m'ingan– nò ii mio desiderio! Non finii la prima scena perché fu li che riconoùbi l'astru– sità dell'idea e la bruttezza dei versi>. L'astrusità dell'idea e la bruttezza dei Pag. 3 versi: due buone ragioni, criticamente salde, per abbandonare il lavoro. ;\,la forse Elio non poteva accon,tentarsi di queste spiegazioni. Fedele all'appunta· mento. eg]] attende la data della sua< ob• bligazione >. E quando essa è dichiarata a vuoto, non può trattenere la sua delu– sione: < 13 mar-.lo 1880. Oggi Ettore venne da me e mi disse: "Quell'obbligazione che ti feci n. 3 io non la posso mantenere_ Lo Ariosto govern.atore per ora non lo con– tinuo, ma incomincerò. un'altra comme– dia di cui ho già il soggetto: Il pruno amore. Però non voglio essere costretto a seri vere cosi in fretta. Accordami una dilazione". E infatti io gli feci sottoscri– vere cinque cambiali a venti giorni di distanza ricominciando dal 14 marzo, cioè da domani. Per scrivere ogni atto ha venti giorni di tempo>. Questa storia cli <obbligazioni a sca• denza >, di <cambiali a venti giorni di distanza>, tolto ii sapere bancario e com– merciale che !ronicame:,te l'accompagna (non dimentichiamoci che i nostri giova– ni appartenevano ad una famiglia di com– mercianti, ed uno di essi studiava com· mercio) rassomiglia e prefigura davvero nell'immaginazione lo strano avvicendar– si di propositi a cui, nella vita e nell'ar– te, Svevo soleva ricorrere, anche prima di pensare a Zeno, e alla famosa storia della sigaretta. Propositi non mantenu– ti, nuovi impegni e giuramenti, ridda di Illusioni e di trucchi psicologici. Ma forse andiamo troppo lontano. E se Elio, quat– tro mesi dopo, vedf'ndo inutilmente scor– rere a vuoto le sue cambiali, deluso rico– mincerà il ritornello: < Ettore ha inco– minciato una nuova commedia. La prece– dente non la finirà. Le Roi est mort; vive le Roil Ma credo che non finirà nep– pure questa>; noi non siamo sveviana– mente autorizzati (ancora) a farci pren– dere da tale curioso rneccal!ismo. Chi a diciott'anni non ha fatto come Svevo, an– zi come Ettore Schmitz: progetti e pro– getti, abbozzi e trame, che via via si per– dono e si accavallano? Ecco. intanto, però, il primo tentativo artistico del Nostro: l'Ariosto governato– re. La curiosità di conoscerlo e di pre– sentarlo vince il naturale preconcetto che non possa trattarsi che di un eserci– zio letterario. Che altro poteva essere? Dopo essersi infagottato di tanta lette– ratura drammatica, letto e· riletto gli au– tori romantiCi e quelli del suo tempo !da Giacosa a Ferrari ), lo sile della versifica– zione e il dialogato ricalcano modelli pre– cisi, inevitabili. Quell'aria di sostenuta gravezza nel colloquio - l'unico rimasto– ci - tra Ariosto ed Equicolo, rasenta l'af. tettalo. però non ci cade. Ed è questo un carattere che rimarrà sempre aila scrit– tura di Svevo:' la semplicità. C'è poi un accento di schietta malinconia nel ricor· dare che fa Ariosto, da vecchio, la rua poetica illusione e i tanti concreti fanta– smi della vita, del dolore quotidiani; in quel parlare a~orato del destino del poe– ta. Mi si legga (13): ARIOSTO GOVERNATORE Pel'Sonaggi: Lodovico Ariosto, governatore Matteo Benucci Alessandra Strozzi Mario Eq1ticolo La scena è in Garfagnana in casa del governatore, in una stanza riccamente ammobigliata. ATTO PRIMO Lodovico Ariosto e Mario Equicolo entra– no a bracretto. Ariosto Passato è ormai quel tempo; per me ti credea perduto, - E tanto più con gioia amico ti safato - Quantu1'que tempo ad– dietro non m'eri giusto amico. Mario E' ver io non t'amava assai b1t0n Lo– dovico - Ma natura, quel vostro caratte– re focoso - Che prima pazzo, ))Oi deU'Or– lando furioso - Padre vi fè, non volle accordar col mio giammai. - Però se non. vi ho amato, pur se,npre vi stimai; - Se poi col mio venire non vi cailSai piacere - Abbiate com))<1,Ssione ... non fa– telo vedere. Ariosto Sei sempre allegro e giovane come cin– q11'a1'ni or sono. - Meco fu ingiusto il te»i))o; con quel che a te fe' dono - Le mie povere spalle caricò. Non è vero, - Vecchio mi trovi1 Mario Ciò "°" cale; se il t1t0 pensiero - Giova– ne restò, e t1ltto dalla vivida forza - Di gioventù è ispirato, se q1tasi il corpo sforza - A mai languir, allor giovane il corpo chiama: - Che il poeta non incec– chia ed è come la sita fama - Che o mai no" nasce od al s1t0 nascer muore - Ma che ?tata mantiene il giovanil ardore. Ariosto No11 invecchia il poeta ma esso pati– sce e lang1te - Sotto 11n.alarga piaga e contimta a sparger sangue. Mario A voi, che tante apriste piaghe nomar no,i lice - Poeta, governatore in amore felice - Ammirato da tutti, per fama cer– to eterno: - La vostra piaga è ben na– scosta ed io non la discerno - Fra tutti questi beni ohe la vostra vita adorna ... - E se anche a voi i bei primieri ardor non ritornan - Pure poetica illusion fa ... Ariosto (interr.) Poetica illtlSi~ne - Se il poeta l'avea, il vecchio nella to~ba la pone - Che dopo aver vissuto tanti an11i colla gloria - Sia PI"; che do po aver passato la lunga sto– ria - _Che noi chiamiamo vita, sol per vi– ver v1ss11to. - E trovarsi la mente quasi 1norta, e m1tto - Il core, per l'influenza d1 tempo materiale - A cer viss11to, viss•1to GlACINTO SPAGNOLETTI (C01ttinua a pag. l)

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