Fiera Letteraria - Anno X - n. 28 - 10 luglio 1955

Domenica IOluglin 1955 LA FIERA LETTERARIA Pag. 3 " ...Ero certo che tu sorridevi, quando in ogni mio gesto io riconoscevo il tuo suggerimento ...,, ·i . . * GIOBBE IJ01HO SOLO (Terza parte - inizio) Per tutto il giorno Giobbe è rimasto privo di forze sul suo giociglio, Nel calore sempre più qvvampante e nella luce rifles– sa in Immensi veli di fiamma ::'alen:irgc{o ~ b!!to'!:!e~~r::r':~ peso che la mano non può so. stenere. A brevi pause di son– nolenza si alternano risveglt dolorosi, caU3ati dalle piaghe sanguinanti, dalle punture de– gli insetti, dal \fiato dei cani che gli girano attorno ane– lando. La gente della campagna è tornata al lavoro ma lo igno– ra. Ognuno cerca di passare lontano da lui per evitare an- · che di vederlo, e se qualche ragazzo si sOUerma,subito lo richiamano voci concitate. Una volta uno sconosciuto gli ha lanciato una pietra, colpendolo :'n i~:nc~~ i::SiJitt11Ji~a~~ drtani, gli è passato sul corpo dùpestandolo al galoppo con glt zoccoli. Quando viene la sera, Giob– be ode il tramestio degli uo– mini e delle donne che rien– trano nella città, ma non vede nessuno. La prima frescura gli dei un leggero sollievo, ma egli lo sa illusorio: presto il fred– do della notte lo tormenterà. Ha sete, ·e l'anfora accanto a lut è vuota. Tiene gli occhi ri– volti al cielo che sempre piii st o.1cura, e l suot pensieri tor– nano a rianimar!Q. ma in una. malinconia senza rimedio. Fin che scor'Je brillare la prima stella. Glt sembra che lo guar– di e, in uno struggimento più forte, sommessamente la in– voca. GIOBBE - Come al finire d'ogni mia giornata. anche in questa sera ti vedo · ~~~a~~~: s~~~a,piiui;:~ce~er~g~~ie~o mi1 tuo socrorso, e tu mi incanti. io muoio nel dolore, e tu trascorri ridente nel cielo. Nei giorni remoti non mi apparivi più grande di una lucciola tra le ,iepi. o ti figuravo come una chiocciola di fuoco che seguiva lenta il suo cammi– no. Poi mi dissero che eri un globo di fiamme, che eri la messaggera dell'eser– cito di stelle schierato in battaglia per la gloria di Jahve ... Ti trascinava il sordo vento dello spazio. eri trapunta nella cupola celeste mirabilmente ro– tante sopra la terra ... Eri l'occhio d'oro del leone astrale al suo risveglio. eri la palpebra del Leviatano socchiusa a spiare la sua preda d'uomini, eri lo ~~:~=_g~~u:a~ot1~a!i a~~oo~~:!i~. se la Ma chi tu fossi non l'ho mai saputo. E ora sono qui, fragile, stremato. e rìm- ~~~~~ r!!it~e~r~dt~n~~a.t~fr~e~ia;~i r~~ sù? Per quale volontà? E perché sem– pre ritorni? ... Cosl lo stanco pellegri– no, quando ti vede apparire sopra il de– serto. preso di amore e d'angoscia ti chiede: « Perché sorndi alla mia fati– ca? Perché tu sorgi, e io mi sento mo– rire? Perché non mi aiuti?». Cosl noi moriamo, e tu sei immortale. ~nr~l~~~~~l\;~ ct~~e~~a~ieid\e~~t;•~r~illg:1 vibranti, e portarci chissà dove, per sempre. Tu tornerai per altre innumerevoli notti a bnllare, come hai brillato per tutti gli uomini che ti invocarono, e come bnUerai per altri uomini quanto noi disperati. che ti invocheranno, e mai sapranno perché tu. tutte le sere. trascorri muta nel silen1.io del cielo. Improvviso giunge il vento dalla parte delle dune. Ma è un vento molle, spos.,ante, e Giobbe quCl!i rimpiange il frcd_ pemiero di altre ore di &o(Je– do deUa notte già pQ..fsata. Il renze e dt orrori smetta in lui una smania aD"annosa. Sa che neuuno lo soccorrerà perchè è. malecùtto; sa che neppure glft altri im'fJllri oseranno veniroli accanto, perchè sulle torri · 1e sentinelle vigilano con le loro ftonde. Ogni cosa intorno i immer– ga in un'immobilità angoscio– sa. non appare un'ombra. Sol. tanto le jene si lamentano con ~~~~~t~1u"/!~:gue s~;rc~:io!a~;~ agitandosi inquieti, i rami tùl tamarisco sul quale d sono po- 1ati. Il vento contrario impedisce di udtre la voce del vigilante. E deve mancare ancora molto al sorgere della luna. . Senza più speranza di ,al– ve.c:zasulla terra, Giobbe ,t ri– volge, per la prima volta, al Signore. GIOBBE - Rimarrò dunque indifeso? Non otterrò misericordia? Non appari– r& per me l'arcobaleno? Non verrA la colomba? ... E tu? Signore, tardi ti chiedo di soccorrer– mi. Prima che tutti ml condannassero, mi sarebbe parsa viltA, o forse impu– denza: perché questo dolore che mi op– prime tu l'hai voluto... Ma. ora il sa– cerdote mi ha maledetto in tuo nome e io debbo chiederti: « Tu che leggi den~ tro ll mio cuore, puoi dunque abban– donarmi? Tu che scruti l'uomo nel ton– do dell'anima, sposeresti· la causa del mentitore? ». Agli antichi facesti una promessa: « Se a Sodoma ~rovo cinquanta giusti, a tutti perdonero ... Se a Gerusalemme trovo un solo giusto. a tutta la cittA tarò grazia» ... Ma se in Uz trovi un giu– sto. r. tuto il paese ingiusto. tu faresti grazia al paese e lasceresti condannare ~hegi~=~~e :~()~~!!e~ 0 t~. 3 f:a~1!~tP:~i~ O forse. perché mi sia resa giustizia, debbo ;J.)rima morire? A.ffinche la mia morte li faccia stravolgere nella vergo– gna?... Se questo tu vuoi, dammi la morte, Signore! Non tardare! Non reg– go più, su que~ta terra di maledizione, non sopJ?Orto più l'accanimento bestia– le dei mtci simili... Se tu non ti affretti a smentirli, essi commetteranno altre infamie, e S\nC"ora ti glorificheranno can– ~fi:tY! le tue lodi: perché tu punisca i lo ti chiamo. Sono qui, davanti a te, la mia voce e fioca e tu solo mi ascolti. E' il tuo servo Giobbe. che ti chiama! La stella de1la sera può rimanere mu– ta, ma tu risponderai. Tl chiedo la morte, e mi farai morire. Ti supplico di metter fine alla mia agonia. e mi esaudirai... Non é una pietra che a te ~i rivolge, non e una f0;glia, non é un rospo ... E' il tuo servo fedele, che ti ha sempre venerato! Non ti ho mai tradito, e tu Io sai. Per la mia devozione di tutta la vita. ti chiedo in premio la morte. Ti supplico, ti scongiuro! Se non vuoi farmi morire. esci da questo tremendo silenzio. rispondi alla mia implorazione r Mormora, gri– da. ruggisci, ma che io ti senta, che i('I esulti: « Dio mi ha parlato!. .. Che m1 importa di tutti i dolori della terra. che mi importa di tutte le vostre mldi– zioni, Dio mi ha parlato!». TU solo sei il buon testimone, r con– futabile, colui che giunge fulmineo a termR-re la mano gi8. alzata a scagliare la pietra contro l'innocente. Ecco, col battere del ciglio tu puoi fare della ter– ra un toro impazzito. puoi fare del cielo un branco di lupi ululanti: e lasceresti gli aguzzini riJ>0sare tranquilli nelle lo– rn case, mentre la loro vittima spasima come un cane rognoso nell'agonia? Nor. illudetevi. iente di Uz, egli viene, egli mi ascol:.::i, egli sta per parlarmi! ... Ec– c-o, ha già. fatto attorno a se il silenzio che precede i suoi passi, gia copre di tenebre la terra e na§COnde le stelle dietro le nubi, perché nessun altro lo veda ... Non sono in preda al delirio. questa notte. Non ho visioni. non sogm. e i pensieri mi nascono nel cuore limpidi * di G. B. ANGIOLETTI cendole .sparire a una a una Ancora una volta depresso dallo .squallore della notte. Giobbe sente venir meno la sua speranza. Ma si sforza, non vuol cedere, cerca ansiosamente in sè la causa del prolungarsi di quell'attesa. GIOBBE - Tu ,non rispondi. Ma ascolti. .. ~ Forse sono io che debbo an– cora parlare. Tu conosci i miei giorni. non un solo attimo é sfuggito al tuo sguardo. ma vuoi che sia io stesso a giudicarli: « Io voglio vedere, Giobbe, se il tuo intendimento é sicuro, -voglio vedere -,e sai darmi conto con equità della tua devozione»... Poi. tu dirai la parola che varrà più di tutta una vita. n/~~~ ~h~~~afe;~ cr~~f:~~railu:tt zia! Se non lo fossi. allora dq,.vi:ei in– vocare gli spiriti del deserVJ, quelli dal- non mi lasciai mai vincere dalla pigri– zia, ma nel mio cuore dlce,•o: « Coman~ dami. Signore. tutto quel che mi chiedi io daro! ... Perché io dono quel che e tuo!». M:e~J'r~oi:'~o c:;;idcehle!e'i~i g~~rur~i~li chiedesti in una sola sera tutto ciò che mi avevi donato in tutta la vita ... Mi chiedesti più che la mia anima, pH.1 che il mio cuore. Io dissi: « Quel che e di Dio, torni a Dio». Scomparve in mc la gioia, mi sen– tii 1 straziare nelle viscere, ma in silen– zio mi avviai verso la solitudine e la povertà Credevo di aver pagato quasi tutto il mio debito: non mi rimaneva se non da -ridarti la vita, e tu avresti potuto riprenderla in 9ualsiasi istante. ne mi avresti detto: «TI ho dato un·ani– ma pulita e me la restituisci sporca». Cosi finirono t miei giorni felici, e di essi che altro potrei dirti? Peccato non i\lARINO l\-lARINI: li cuallo (lltograrta) . le orecchie di volpe e dalle gambe di capro, dovrei chiamare •i maghi di Ba– bilonia, i medici d'Egitto, perché ml facciano riR-cquistare. e sia pure per una sola ora, la forza di sollevarmi da questo fetido giaciglio, e di correre co– me un mentecatto a uccidere, a ster– minare i malvagi, gli ipocriti che mi hanno maledetto e che tu non puni– sci!... Uccidere i reprobi, e poi soppri– mere me stesso ... M~ tu mi ascolti, mi Mcolti, e tu parlerai! La voce di Giobtre, che si era alterata nelle ultime paro~. ri– diventa 1·aima, come se la .11,a persua&ione tornasse invincih!– le. Parla SO<'!!h:ude!uiO gli I):• chi, per meç:io ri-:-ordare. GIOBBE - I miei giorni! Tu li vole– sti felici per lunghi anni, e io sapevo che ogni tuo dono mi era affidato per– ché ne facessi parte al mio prossimo. Sapevo che l'uomo fortunato è come l'oasi del de!ierto, alla qua!P. il viandan– te può chiedere ombra e riposo. commisi, e non fui ingrato verso il mio Creatore. Tu m1 chiedi d'essere il giu– dice di me stesso, ma tutta la scorsa notte mi sono martoriato a trugR.re nel– la memoria. pér scopnre una debolez– za, una cecità, un gesto d'orgoglio, o di furore, di follia ... Non ho trovato se non qualche futile insofferenza. qualche ten– tazione subito repressa, qualche impe– to d'ira subito frenato. Forse fui trop– po indulgente verso i miei figli. forse troppo severo verso chi, per levità di spinto, voleva travolgermi nel suo amo– re o nella sua lussuria ... E le accuse che mi hanno rivolto, erano disoneste o dissennate: accuse di donne. accuse di repròbi, accuse di rcjelti. Nessuno ha potuto dire: « Quest'uomo era avaro, ~~ ot~~~ 0 i ~~e~e~~~~~u~~~\~ 0 ;!~ dre e la madre. ha ucciso, ha rubato, ha fornicato ... ». Soltanto I calunniatori e gli stolti, che tu conosci, hanno po– tuto accusarmi di empietà. Ma J?er quanto è possibile a un uomo esser giu– sto sulla terra, io fui giusto. Ora debbo darti conto dei miei gior– ni infelici. Divenni povero, più povero degli ac– cattoni che accorrevano ogni mattina ;u~!~i~~: iche~~~ d~t:iop~~~~o~ ~~; :~c~~~ 1 sÌ~s~~ri:,':rJr~ 1 ten1!1i::~eN:; morte, io nvedo quei primi tempi della povertà «luasl come un prodigio: perche m,•ece d1 allontanarmi da te, come fa il supplicante se il ricce, gli nega soc– corso. io ti ful più vicino, e ti sentU con una trepidazione, con una tenerez- 7,a che oerfino mi induceva a scordare quel disumano dolore. Io giunsi a rin– graziarti di avermi ferito! La gente non poteva credere che tossi proprio io, quando mi vedeva passare calmo pet le strade della città, con la sola tunica e una bisaccia, e rispondere sorridendo al saluto di quei pochi che, esitando, ancora mi salutavano. Ricchi o poveri, non potevano capire come mai u:-, uomo. do~ aver tutto perduto, non si sentisse disfatto, prostrato, quasi in– capace di fiatare... Perché ln Idumea cosl e fatta la gente, tutti sono persuasi che un uomo non possa trovare la fe– licità fuori della ricchezza; e anche chi nulla possiede, si delizia allo spettacolo della ricchezza altrui: come fanno i cani quando fiutano la selvaggina che non pos.'iono toccare. Mi spiavano, e se qualcuno riusciva a scoprire sul mio volto un'ombra di tristezza, subito cor– reva a bisbigliare all'orecchio della mo– glie. del fratello, del vicino: « Che ti dkevo, io? Giobbe patisce per il suo canaro perduto. ore s·e scopert:-,, i? sv.!s– so ht• vmto i suoi occhi 1·ossi di lagn– me! ». Ed era per tutti un somevo. tutti sl r;.'i s.:·::-a\':lJl.J, perc!le le cose della terra andavanC'I sempre per il gius'.o verso. Ma tu sai perché ero triste: io aentivo rinfrangersi dentro di me l'onda amara del dolore per i figli perduti, l'ondA. che a volte sembra placarsi, ma a un tratto si alza spaventosa nela sua furia. e fin che l'uomo viva sempre rinnoveni. quel furore. E solo frenavo il pianto pensan– do che tua era la causa. e che non po– tevo ripudiare il tributo d'umiltà da me deposto ai tuoi piedi quando udii 1 primi terribili annunci della mia sven– tura. Ma t-e pure una Iagrima, a tradi– mento. mi scorreva sulle guance, io ti dicevo: « Mio Dio, non ti adirare, non vedere in qu~to un'offesa al tuo vo– lere!». Sempre a 9.uei tumltlti seguivano lun– ghe pause d1 rassegnazione. Non ebbi più casa, e cercai rifugio per me e per mia moglie nella capanna di uno dei miei 1rent Era la capanna più squalli– da del paese di Uz. Eppure, nella vene– razione costante del tuo nome, i miel giorni vi trascorsero quieti; e se pure per qualçhe ora me ne allontanavo, era– no !iempre ore serene. Nelle belle mattine appena gli uccelli prendevano a cantare. uscivo dalla por– ta orientale della C'ittA e mi ·incamni.;,– navo per i sentieri fra i campi. Quante CO'-e nuove Cl)nobbl ! Quanto amore si scoprl in me, che prima rimaneva na– ,:costo! Quante meravif!:lie si svelarono ai miei occhi!... L'olivo e il mandorlo sulle colline, le palme virso la pianura, le acace e i cipressi oltre le rocce. il pa– piro nessucso dellA pRlude, u ftn le fo– glie che cadevano sulla strada, i fiori impigliati nelle siepi, e sopra gli orti le nuvole nelle loro strane torme di-mo– stri... Vidi, come se fosse la prima vol– ta. la talpa e il ghiro, la lenta testug– gine e la tortora, seguii stupefatto U volo della cicogna. i passi ondeggianti del pellicano, il correre barcollante del– lo struzzo, e scoprii il tepore degli ovili, mentre nell'erba profumata scattavano davanti ai miei piedi le locuste come piccole frecce, e dal pascoll •s·a1z~vano 1 belati, i muggiti, pieni d'innocenza e pazienza. Conobbi, come non l'avevo mai co– no~ciuto, il lavoro dell'uomo. Accompa- f~~v~ J';:f 0 voft~~h!·~ya~;~~~o d!f ~i~: 1 j J ficcava nella terra e la dirompeva. sen- f~~ie:!m~eJ1·ogi~j~~:e~t-ir0d~~~isàf vi~ no. Vidi la fatica grave del seminatore, la fatica allegra del vendemmiatore, la fatica coraggiosa del falciatore. Vidi la pena del torchio e del frantoio, del poZ• ~ io~!~omg~t:Jrie cf:J:i e~b~~s~:nror~~~ la menta, il cumino, l'aglio. l'aneto ... E l'odo·re della frutta. cosi diverso sulla pianta di quel che non sia sulla mensa, un od.ore diffuso, delicato, di mele, di fichi, di pistacchi, cui si accompagnava ~efi! 01 r'::!1e~~e~ie::o~~l· ~~irogir~~io~ caldo profumo del fieno in primavera e del mosto in autunno; e seppi i venti che li portavano, le piogge che li spe– gnevano. la siccità che li rendeva sp0s- santi. .. Magro era il mio cibo: una manciata di ceci. un po' di fave cosparse di salf", ~~rf:~ae~te~~ !~~~d:~a~~:ur~~~ aYer venduto l'ultimo gioiello, pote prc- ~~r:~\ a~~~~e ~~1:to ~c~~~- 3'; ~~~= no mi provai a, farmi da solo un paio di sandali, ritagliando un pezzo di cuoio che mi avevano regalato, e mi diverti– vo, mi sentii piu fiero di quando doma– vo i miei cavalli o presiedevo alla co– struzione delle mie case. ra:iigvidl:ece~t~ 0 l~be~hi ;~p:::;e~~ag~ do l'aria cominciò a diventare più fred– da. il piacere di dormire sempre più a lungo sulla stuoia che di giorno in gior– no pareva ammorbidirsi sotto la mia schiena, di bere l'acqua della fontana nel cavo della mano, di contemplare nella notte le costellazioni. la Grande Orsa, le Gallinelle. i Gemelli. e i ros– seggianti pianeti, o di percorrere come in un sogno la grande strada d'argento che attraversa U cielo ... Vedevo sorgere sopra le vette la luna, e a volte rima– nevo sveglio fin quando le stelle si spe– gnevano nel chiarore dell'alba, per udi– n: le prime voci dei contadini nsuonare tranquille frl\ i campi bagnati di ru– giada. Come ti adoravo, Signore! Non esi– stevano più i palazzi, i giardini, le scu– derie. né i tappeti di Siria, i vasi deUP. Isole, le gemme, le stoffe, l'argento 6 l'oro, tutti i tesori che accendevano di cupidigia gli occhi dei miei giustizieri. f.i~~•i~~~v~~ataf!ù on~:ae; ~iòe~~ cato per illudersi di diventare più gran– de d1 te, di superare gli splendori del K~~a~\~u~?e r:~itoc\1:ieslt~,s~edic:f~::r: l~te':>:~ent!''rt?~~~~ c~;au ~~t;:: n~ll°.: tua generosità senza fine, me lo dona– \1i come una ricchezza mille volte più preziosa di 9uella che avevo _perduta. . E 9:Uora c~ furono per me 1 grandi ;~:~:1 1 d~f 1 ;~~~- !e 1t~~~i st!ìferi~im~e e questo respiro misterioso delle cose: questa st_upefazione dell'anima, questo eterno es1st~r~ e trapassare del tempo, questo prodigio dell'essere, questa S('l}i– tudine nella quale imperavi. G. B. ANGIOLETTI (dal volume di prossima pubbli– cazione « Giobbe uomo solo», edizume Bompiani) .... Quattro d mand Cosl noi piangiamo, e tu sei la semprert– dente, la semP.relieta, noi siamo in odio al nostri simili, e tu avanzi con tutte le altre stelle in un moto c·oncorde, in un'armonia senza mancamento. Qui tutto è guerra, e lassù è pace. Qui è tuto un urlare, un imprecare. un male– dire, un gemere di feriti, un rantolare di morenti. e lassù è il silenzio. Tu avanzi lieta sulla volta del cielo. Di te nulla sappiamo, nulla sapremo, e tu sempre assisterai serena alle esal• tazioni e al tedio della nostra anima. alla nostra indifferenza o passione, o capacità di sognare, o volontà di pen– sare. Tutto di noi ti è uguale, la nostra crudelt8., la nostra pietA, il nostro do– lore, e tu non rispondi se con immensa ~ri;~;c~i:~ir~· p~t 11 a~~~~àer!g~efl~!t: verso, ma non che Dio sia ingiusto. A lungo Giobbe rimane fn silenzio, come in attesa di un prodigio. Il vento continua a soffi.lare pesantemente. solle– vando nembi di .sabbia dalle dune e portando. con lo stor– mire dei sicomori, il lezzo dei covili dove dormono f rejetti. Groue nuvole nere avanzano ·sotto le stelle appena sorte, ja- Io non i.offrivo per fame o per sete, per freddo o per corruzione del corpo; ma non mi sono mai chiuso nella bea– titudine della mia fortuna. nè èo mai creduto che la felicità fosse un mio pri– vilegio. Ma non ho neppure provato ri– morso per i tuoi favon. perché sapevo che non ne avrei abusato. Sono stato ricco naturalmente, come ~i è prestanti. CO'mesi è eloquenti. cv– me s1 è coraggiosi, e non ho mai ~len– sato che il leone debba pentirsi della p1:>pria forz0. o l'aquila rammaricarsi di rauiungere a volo il C'ielo. o il del– fino affliggersi di lasciarsi indietro ogni nave sul mare. E perché provare rimor– . si, se tu dicesti al ricco puro nell'ani- j a G. B. An~iole (Continua da. pag, 1) Glorclo l\tonndl: (Compo.sizione> iblioteca G:no Bianco ma: « Hai nella 'tua casa l'abbondanza. e la tua giustizia permane in eterno? ». E perché vedere nella ricchezza una colpa, se i tuoi profeti dissero: « Dio colma di tesori l'uomo di nobile cµo– re? ». !o ero cosl certo della tua immu– tabile protezione, che con letizia ascol– tavo il più anziano del paese di Uz: « Tu vivrai sempre felice, Giobbe! Io sono ,·ecchio. e non ho mai visto un giusto abbandonMo 1 ». Come il •giovane sposo mostra con gioia agli amici la casa donatagli dal padre. cosl mostravo agli ospiti le man– drie. le greggi, roro, le pietre preziose, e tutto quanto consideravo come tuo\ doni. Era forse vanità? Era futile osten– tazione. era superbia? Tu sai che in me si espandeva un cuore colmo di gra– titudine. Cosi ero certo che tu sorridevi. quan– do in ogni mio gesto, in ogni mia pa– rola, io riconoscevo il tuo suggerimen– to... Tu. e nessun altro. guidavi la mia ~i7~d~~:vro:gJ::e i;r~~nf~Il~~r~a~~ diano della vigna. tu mi accompagnavi ~~}~a d~!faanv~o~:.ll·r~f~t fa~~~i ac;:~; dal letto nella notte più fonda. quando lo straniero bussava alla mia porta ... Non ebbi mai un attimo di e~it=-zionc, LUCIASO MINGUZZI: Il gallo (acquaforte) bero dieci ore almeno a recitarla! Se il <genere > · da me scelto è inconsueto, specie In Italia, non credo tuttavia che possa ritenersi Illegittimo. D. - Per quale movente Interiore ha scritto <Giobbe»? R. - E' un'idea che maturo in me da moltissimi anni. fin dalla 'J)rima lettura giovanile de-l <Giobbe» biblico. Mi pare che la tragedia dell'uomo solo di fronte -. a Dio abbia il punto più alto in questa figura cosi nobile e umana. Ma mi pare che anche il problema della giustizia sia da mettere in luce rispetto alla nostra cosclen7.a moderna, insieme c-olproblema della libertà spirituale sciolta da interes– sate Intimidazioni. Una frase del mio li· bro potrebbe forse sintetlz:zare questa ne• eessltà: <Scrivete sulle vostTe tavolet1.e ciò che vi sembra giusto scrtvere, anche se non ~bra giusto al re e ai sacer– doti>. Perché Dio, aggiungo. non può sentirsi offeso dal coraggio dell'uomo giu• sto. D. - Che cosa pensa di lare per l'av– venire? R. - Non molte cose. Raccoglierò in volume alcuni scritti sparsi In giornali e riviste. Forse finirò un lavoro teatrale. E penso sempre, come dissi altra volta, a un libro di ricordi. Ma sarà piuttosto una giustificazione di alcuni miei atteg– giamenti, anche di quelli che non vannp a genio ai miei giovani amici. Ji. coloro che ml dicono: e Basta con la memo1ia! Ba• sta con la < bella scrittura>! e cosl via. cercherò di dimogtrare che dir e basta> è tacile, e di.Uicile è continuare.

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