Fiera Letteraria - Anno X - n. 6 - 6 febbraio 1955

Domenica 6 febbraio 1955 LA FIERA LETTERARIA .. Pag. 3 1 UN ROMANZO SULLA VITA D1 UN MAESTRO DELLA PITTURA * Leultime stagioni di Tiziano P;ibblzchlamo un breve e- 3tra.t.to dalla biografta su Tl– z.J11.no di Darlo Cecchl ~ u.sci– rd tT'O pochi giorni prc.sso fEdi– tore Longone.'?. ,li DARIO CJE()()DI va quel piccolo florello colto dal vaso. A lui sembrò la sua anima che se ne andasse fra gli onori. . Arrivavano a Birri Grande tn comi• t1va e prendevano posto nello stuello co– me a teatro. Dopo l'aue~to esame di ciascuna pittu. ra, e, fra le più recenti, l'Apollo e Mc1r.1i<, visione cosl lnqulctantc e profonda, appa– riva ora una Corona-tionc di spine con la inventiva di una lumiera fiammeggiante a la!o e gran potenza di composizione che i plu !inl Intendevano abilmente conge– gnata su quella classica del Laocontc. Fa– cevano anche richiesta dl poter vedere anche un celebrato Tarquinio e Lucrezia Wit1;~. già stato spedito In Spagna al Re Orazio, Il Boldrìnl e Il Cort mostravano 1'; cartelle con le copie dei quadri in !nel• s1onc: ne vendevano come pane. Persino il curioso capriccio cavato da uno schluo del Maestro, le bertucce avvolte da ser– penti, nella posa del gruppo del Laoconte. Capx,lcclo con cui Tiziano aveva voluto di• legglare ~rtl stentati piuorl, arraplnall a non capire nulla delle opere classiche. Ant.onlo Perez, segretarlo di Stato a Madrid, venne a scegliere roba nel suo stu– dio; Veronica Franco, a guardare tra le stampe che l'ultimo suo ganzo si onorava offrirle in buon numero. E tutti si rivol– gevano al Maestro con l'osservanza che solo la sua autorità carica di tempo po– teva Intimare. Gli chiedevano di Gentile Bellini, di Giorgione, personaggi che sem– bravano già appartenere al libri della sto– ria remota. Egli faceva tuttavia apparizioni assai brevi. Riposava per curaTSi gli occhi e per mo– strarsi più !resco di energie al suol conti– nui visitatori. Ma venne 11 tempo In cui pensò losse Je<:ito occuparsi della propria sepoltura. Déelse di provvedere da sè con l'Ideazione di una grande composlzlone in cui avreb– be esaltato 11 dolore umano di lronte a Cristo disceso dalla croce. Ne parlò al Priore dei Frarl e propose la sua scelta per la Cappella del Crocefisso. Da buon prete, prima di stipular contratto, questi sollecltò l'inizio dell'opera. Ne avrebbero comunque· riparlato. Gt,iardava spesso la laguna dal giardino o Il ciclo da dietro i vetri un poco opale• scentl. Come tutte le persone flacc.:lte da– gli anni, e quindi impossibilitate al moto. sognava di ,•lagglare, di tornarsene a Pieve a rivedere le stagioni di una volta; a Palazzo Ducale a vedere I recenti lavori. Tintoretto taceva questo, Tintoretto fa. ccva quest'altro, veniva a sapere. Non gli Interessava gran che quella pittura, bor– bottava: glt aveva sempre preferito quel ~~~~~sr~~n1~7if~rr~h~m"!i~t~a si~~i il Correggio, Il quale, seppure d'Ispirazio– ne un po' troppo femminea. aveva dipinto Soffiando gli Impasti sulle carni, sul volti, con magia. Ma questi problemi non lo appassiona– vano più. Avrebbe tanto voluto tornare a Pieve, davvero. Lassù almeno gli si sprofondavano tutti in ginocchio e In chiesa dicevano le avem– marie dinanzi alla sua barba veneranda guardandolo. orante pur lui In autor1trat• to, al pledl della Madonna. Lassù non gli facevano Il muso duro come questi cani In tonaca della chiesa del Frarl con I quali aveva pattuito di ricever sepoltura nella cappella del Crocefisso e ora, adducendo pretesti su pretesti. manco poco Incomin– ciavano a negargli tale concessione. Cl mise parola anche Giovan Maria e descriveva loro la bellezza della grande Pietci. cosi come una volta Il Maestro ave– va dovuto spiegare quanto bella fosse la A88ltnta. Lui continuava a lavorare. Ma vi erano rotoli e quadri In un canto dello studlo. mai rimossi da tempo, gli foce osservare una volta Giovan Maria; e si o!frl di fargliene elenco preciso. Già preparava carta e penna. si rimboccava le maniche. Dovevano essere quasi tutte cose lncom• plete. idee abbandonate, diceva Tiziano: non rammentava neppur bene. Guardasse, guardasse, sl, gli facesse vedere. Ad una ad una, gliele portava avanti, Glowm Maria; e principiava a scrivere. <Ritratto di Pomponio in età giovane.> Poi cavava !uorl una tela mezza sfon– data: ·e Studio rli Nostra Donna che va Jn cielo.> I TIZIANO: Autoritratto in veste d1 San Rocco (dettaglio) alla testa, quel gran turbante misto <11 seta e di capelli messo in voga da Isabella d'Este. Dinanzi le stava, In autqrltratto, ]a figura di Tiziano, protesa la mano sul ventre opimo di lei. Un teschio a lato, a significare che quella beltà arricchita di peso ma1erno veniva trafugata alla morte. Meravigliato, Giovan Maria, la penna In mano, aspettava l'lmbeccatà per saper cosa scrivere sull'elem:o. :Ma Il Maestro parve fermar.? su quel quadro Il tempo di ogni sua riflessione. Posò la tavolozza, I pennelli: ristette a guardare. Giovan Maria, dinanzi a lui a tenergli quel quadro come uno specchio, acrron• dava la fronte quasi In lui riconoscesse la figura muliebre che non assomigliava nè alle Madonne per cui serenamente Ce– cJl\a aveva sempre posato, nè ad una delle tante Veneri. la Ven·ere cioè, Il dellnttlvo capostipite di bellezza femminile decan• tata da tutti nella sua pittura. Orazio si occupò delle misure, sturllò 11 progetto con Il padre. ln!ine, quando !ra tante belle tele spinate fu scelta quella appropriata per resistenza e dim,ensionl. un nuovo telaio, una nuova tela arricchi– rono di buon vento la nave dello studio. TIZIANO: Autoritratto in veste dl San Giovanni decollato (dett.agllo) e Da buttarsc ~. diceva li Maestro. Venne Infine alla luce una composizio– ne rifinita, ma che non era mal stata espo– sta fra le tele dl una certa Importanza, sul cavalletti. Forse per la particolarità del soggetto Il Maestro l'aveva tenuta na• scosta, In discrezione. Rappresenta un bu• sto di donna fiorente, con cappa di pel• llccla alla romana e e capigllara > Intorno Vi è sempre un volto speciale nelle emo– zioni, quello che cerca di Illudere compo– stezza. Il suo viso pareva quello di un decrepito bambino inquieto. imbara7..Zato. Fece cenno di avere li quadro ravvicinato, ma la mano annasplJ ansiosa nell'aria. E gli occhi gli si gonfiarono di lagrlme nem– meno fosse un agonizzante cui dessero a rivedere gli anni più belli della vltà sua. Forse erano proprio quelli. Chiazze rosse gli macchiavano la !ronte sotto l'orlo della berretta. Non llnlva più dl guardare e aveva un moto leggero al• sentendo a tutti I ricordi che venivano a prenderlo d'assaJto. Era come se losse solo con quel quadro. Ma chi doveva arrivare? Chi arrivava ancora all'approdo di Birri Grande? Prl• ma della morte, chi doveva ancora arri• vare? J:;gll dipingeva la mattina. Con la aria di nulla, poi chiedeva con puntualità se vi fossero visite per il pomeriggio o per l'indomani: chi arrivava? Nessuno'! Giovan Maria Verde7.Zoltl veniva a tro– varlo con !requenza di sorprese: un libro da psservarvici stampe curiose. un suo amico che suonasse l'organo di casa. E teneva sempre informato il vecchio Mae– stro sulle abltudinl del tal palazzo o del tal altro. Sempre di chi valeva la pena di par]are, naturalmente, chè troppo spesso si veniva a sapere In qual modo vanesio e provinciale tante famiglie dabbene spen– devano le loro serate: con I dadi per la ri– chiesta del futuro o a giuocare agli Indo– vinelli, al tarocchi o alla caccia. Gluoco quest'ultimo che consisteva in due partiti: donne e uo,mlni con nomi di animali !ug. glvano per una sala o un giardino e al– trettanti, I cacciatori, li Inseguivano. Era pietoso veder pa'nciutl imbecilli ballonzo• lare dietro agili cerbiatte o colombe che si schernivano sollevando le variopinte sopragonne di damasco. Più sofisticato, raccontava, era un gluo- capitata, la veroneslana mensa. lmbandl• ta, mandò In cocci !lori di piatti, piattelli e bocce di cristallo. La costanza della compagnia, cosl civile e Informata di Giovan Maria soddisfaceva Quotidianamente quella certa sospensione che poteva prendere Il Maestro qualora non fosse In vena di la\loro. E quando, come a volte av,·eniva, Il giovane amico si doveva assentare.per un mese da Vene– zia e andare a. badare ai suol possedimenti In campagna, Il ,,éechlo pittore ne doman– dava spesso In giro la data di ritorno. Avevi' dnto Inizio ad un Adamo eà Eva. Più dl!!lcoltosn.mentc ooteva lavorare alla vasta tela della Pietà per la sua sepoltura. • Passarono mesi, stagioni. Venne Emilia a trovarlo con il marito e I loro due marmocchi. Alcide e Vecellla. Mentre aspettavano che Il nonno si al- 7.asse dal suo riposo oomcridiano, · zittl– vano I bambini con sussiego, ricompone– vano loro 1 2onnelU. Lui si affacciava In– fine. I nipotini si chetavan di colpo, in• timidltl. e Questa xé Cellla? Lassela un poco ve– der.> Ma non aveva nulla da darle per attirare Ja sua benevolente attenzione. Nulla, se non ll suo fazzolettone da la• TIZIA~O: Carlo V, Isabella, FIiippo II, Aretino e, ultimo a de,tra, di profilo, 1'1:dano co di Indovinelli pittorici Inventalo, una sera. in casa Cornaro. Improvvisavano quadri di celebri pittori moderni e un di– vertitissimo pubblico do,•eva Indovinarne gli autori. Un giovane di casa Contarlnl, avvolto In una tela rosa e adagiato su d1 un tappeto. aveva simulato una venere ti· zianesca. Altri, presso una til,Vola straca• rlca di vasellami, parodiavano una cena del Veronese; In quella, per Imitare la !oga tlntorettlana, irruppero giovani e fanciulle correndo come angioll <robu• stl >.ma talmente robusto era stato il loro Ingresso che non solo gli spettatori Indo• vlnarono subito per cosl tipica confusione il nome del pittore. ma urtando, una mal- grime; e lo muoveva In aria come a far cennl di lontano. Mantlava Orazio a pren– dere da uno stipo qualche balocco. e I due bambini serravano le monete nella mano come se avessero ln pugno la speranza della vita futura. Regolate alla perfezione, le sue giorna– te subivano Il vaglio alfettuoso delle cure di Orazio. Lo apprestava a buone notizie, gli taceva le cattive. Gli annunciò con gran festa la visita Imminente di Enrico 11I dt Francla. Reduce dalla Polonia e In soggiorno a Venezia, Il monarca non avrebbe !orse di• sdegnati di posargli per un ritratto. Lo Ccsc:-lvevano come simpaticissima perso- Biblioteca Gino Bianc~o na. E Venezia gli offriva in quel glornt l'omaggio e le distrazioni più raffinate. Fra l'altro. un ballo a Palazzo Ducale, pre– senti duecento patrizie blancovestlte e in– gioiellate come madonne da altare. Il Re ebbe a dire di aver raramente veduto di simili splendori. Non si comprese bene se alludesse con precisione alle dame. al pa– ramenti, alle pitture della sala o a tutto l'Insieme: si seppe però che, seducente com'era, non aveva intessuto alcun intri• go amoroso con un'altolocata. Andò a trovare Veronica Franco, il Sire. Lei si era inginocchiata nel riceverlo sull'entrata e commedlava Impaccio per dovergli dare accesso in una cosl umile abitazione. Era una casa con tanto di ser– vitori Impettiti e rinfreschi da sfamare un esercito. e con stupendi strument: musi• c:tli. pappagalli. fiori e delizie tutt'lnglro. Un suo ritrattino gli regalò, la bella. ll giorno che il corteo regale delle gon– dole venne a sostare dinanzi a Birri Gran– de, Tiziano Indossò la catena Imperlale. Gli arredi di casa erano stati lustrati di tutto punto. preparata la scelta del quadri da mostrare. Il vecchio conte pittore sorprese gli ospiti con la sua vivacità. tiguardosa. Se– duto presso Il seggio dove stava li monar– ca, egli !éee mettere In vista quel dipinti che aveva deciso di offrire alla di lui ge– nerosità. Piacquero. E piacque quel vec– chio cosl nobile che Iagrlmava gratitudine come un'austera, 'rugosa tartaruga sena– toriale. Il Re si aggirò Inoltre per la casa come un ospite dl genuini rapporti, disinvolta– mente atteggiato a discorrere su tutto, a chiedere persino che pianta fosse quella iuor cli finestra e ad annusarne Il piccolo. Insipido !!ore. Tiziano si trattenne sull'Imbarcadero Insieme a Orazio a vedere le gondole al– lontanarsi. Enrico III si volse ancora a salutare: gli sorrideva con un sorriso al– legro, ammiccante, da straniero. E alzò la mano In un cenno· mentre ancora tene- Ode • ai Flrma di Tl:dano, al :Museo di An<:ona Cdct..tagllo) SI stropicciò gli occhi lagrlmosl, si sber• tucciò lentamente un'orecchia. l.rnbarazza• to. Imbarazzato con se stesso, mosse la mano a togliersi Il copricapo e, con un tu di voce, come se per la tirlma volta no– minasse quel nome In vita sua: <Amore>, disse. DARIO CECCRI morti con/ edera ti di ALJ...,EN TATE Fila dovo fila con stretta impunita le pietre tomba.li cedo,10 il nome all'elemento, il vento sol/ia senza 111emoria; ttei trogoli spaccati lo foglie appiattite s'ammucchiano, sacramento fortuito della natiira all'eternitd stagionale della morte; poi tratti dal violento esame del ciclo alla loro elezione nel grande respiro, suss1irrano la voce della mortalUll. L'ai,tttnno tl desola.:io11011ello spa.zio di mille acri dove germogliano i ricordi dai corpi inesauribili che 110nso110 morti, ma fila dopo ricca fila n,,.trorto l'erba. Pensa agli mlt1inni che sono veimti e andati! ... Novembre ambizioso con gli ionori delrmrno C01' particolare c1ira per ogni lavide, macchia gli A11geli scomodi elio 0011110 in rovi11a sulle la71idi, qui 1m'ola là itn braccio scheggiato: lCJcitriositci. elementare dello sguardo fisso di 1m lanaelo t.i 1111aa, come loro, in vietra, trosforma L'aria ansante finchlJ tuffato in un mondo pi1ì pcsc111te t11, sposti in un cieco atisaro il t1«> spazio marino, o ti, fai come il granchio cieco. Stordite dal ve11to, solo il vento fiiggcndo si tuffano le fo91io Conoscete, voi che avete atteso presso il muro la cortc.!Za crevuscolare dell'animale, quelle restiwiioni 11ott11r11e dol sangue co11oscetc ... i pini i11ivlacabUi, la coltre fumosa, del cielo, la chiamata improvvisa: conoscete l'ira, la pona fredda lasciata dall'o,ula che sale, di Zcnoni e Parmc11idi resi muti. Voi che avete atteso la decisione rabbiosa di quei desideri che dovrebberb esser vostri domani, cono4cete la pa.1Ma insignificante prima della morte e lodate la visione e lodate l'occasione arrogante di quelli che ccrdono fila su fila, spinti oltre la volontà, q1Li prosso la porta vacillante, fermati dal muro. Vedendo, t1ede11do :;olo le fo9li'1 a, volo, tuffarsi e spirare. Volgete gli occl1i all'immoderato pa.,ssoto verso l'inscrutabile fanteria che siiscita demoni dal.la terra ... non dureranno. Sto11ewalii Stonewall, o i ca11tpi sommersi di canapa, Shi!oh, Antietam, M<1lt:ern Hill, B1ùl R1m. Persi in qllell'oricnte dei duri a morire bestemmierete U sole cito tramo1tta. Bostommicmclo soltcrnto le foglio in pianto come 1m vecclt io nelln tem·,~sta Udite le grid·1, le folli cicute i11dica110 co,i dita turbate il sife11.:io che H soffoca, nw111111i<t, nel tempo. La. ca911a sdentata o morente, ilt una ca11tina amnw,ffita, non altro ode che il i;ento. Ora che U salo del loro sangue Indurisce l'oblio pii, salato del mare, siyilla la 11wligna purezza dcll1onda, che cosa noi, clic co11tiamo i nostri giomi. o pic9hiamo le testa col dolo,-o che commemora negli abiti ornati con i nastri di una felicitèt sbti&tra, che cosa diromo delle ossa, immonde, il cui anonimo oorde va crescendo1 Dello braccia strappate, delle teate e degli occhi versi in q1testì acri di verde demente 1 I ragni grigi, magri, ven9ono, vanno e vengono; in mi folto intrico di salici senza. luce della civetta il canto singolare invisibile e teso semina nel.la mente il bmsio f1irioso della cavalleria. Diremo solta11to le foglie in fuoa, si t11.ffa110 o spirano. Noi diremo soltanto le foglie mormoran.U nella briuna. improbabile deUa sera a volo s'1m'ala midtipla,· la sera è il principio e la fine o là fra le estremità della follia aspetta, mttta suec1tlazio110,la m.aledi.:ione pa..:t.ente cito impietra gli occhi, o come il giaguaro balM sulla propria immagi,te in una pozza di giungla, r sua vittima. Che diremo noi, che abbiamo 14 conoscen;a portata. fi110 al cuore? Condurremo l'atto a.Ua tomba? Alleremo, con sper,crnza maggiore, la [tomba dentro la casa? La tomba rapace1 Ora la.sciate la J)Orta chiusa o U muro 1mtrcscento: la serpe ge,ttile, verde nel cespuglio di moro, tripudia con la lingua nel silen.:io: so11tinclln della tomba che ci mime1·a, tutti! (Versione di Alfredo Rizzardi) ALLENTATE f ·t

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