Fiera Letteraria - Anno VII - n. 48 - 30 novembre 1952

DOMENICA 30 NOVEMBRE 1952 ltATHE KOLLWITZ e l\lani in aiuto• Quella notte stessa cl fu la veglia fune– bre; e al Fondaco nessuno dormi: e nessu– no era stupito di vegliare un morto scono– sciuto, senza ph\ntl. Al posto del cadavere. aJ centro dello spiazzale, accanto al pozzo, c·erano flori e candele nccese. rnmi interi d.i mandorli horlli; sul muricciolo del poz– zo, rasciugnmnno di cui Simone si servi– ,·a ogni giorno sembrava ancora umido detracqua detersa su qÙel viso mnocente. La spn1..z.inn ogui~·nnto cncicvn in estnsi. e monnornva indistinte parole: che cosa vedeva trn st.eha e stella? Dal vicoli e dalle gradln•te del quar– tiere gente accorreva a uumnne, e sostava accanto al pozzo. ad aggiungere un fiore e una prece: In notlzin sl era sparsa di quella morte, e dei mlrncoli nccndut.ì in mezzo al– la gente del Fondaco. Si mostravnno n di– to MA.tilde, che ft\ievn pnrlato d'amore con Cristo, e si ripetevano le risposte che ne aYe,a ricevute. e del figlio di Bebè, e dello sciancato guarito - 11 Indro Fofò - che piangeva in un sottosuolo, Hscinndos1 la gamba come una crestura. Ma tutt.i aspet– tavano l'nltro mirncolo, che sarebbe ncca– duto il terzo giorn'): quello della resurre• zione. Invece quella stesso notte, proprio sul !h.r dell'alba. 11 Commissario in persona si n{– facoiò a gridnre che il corpo di Simone era stato tralugato da Ignoti dal tavolo dello Obitorio: le gunrdie si erano nddonnentnte, e. il marmo del tavolo oclornvn d'incenso. ISOioquel rettangolo di marmo, come un altare. La spar.t:ina continuò a f\$8.Te il cie– lo; allo spunlnre del sole la gente del Fon– daco rientro in cnsn. non tanto per riposn– re. quanto per s{uggire alla curiosità degli altri: dal pazzo veniva un pro!wno oosl for– te che turbava i 1.morie le menti: nessuno avrebbe potuto dubitare di quel celestia– le profumo. Poi, improvvisamente si mise a piovere un ·ncqua torrenzlnle, per ore e ore piovve. quasi l'acqua volesse sconcellare c?nl– la terra ogni trnccin di quel rapido passng– gio e di quel persistente profumo: rnsclu– gamano scivolò nel pozzo, i fiori stessi, trn– dormati in poltiglia, furono inghiottiti dal fango. Rimase. tuttavia, un odore di cera fred– da. da sacrestia. per più di un giorno; pof il ,·ento dissipò l'odore delle candele. anche perché la primavera portava altri odori dal porto~e dalle colline, dagli orti e dal mnre. La spazzina fu allora certa che il figlio Cl• ro non snrebbe mni più tornato, e cbe Si– mone avevn sostato nel Fondaco per ac– cendere nel cuore degli umili il lume della speranza: Peppinelln accettò in casn come figlia Matilde. e t.utt·e due presero a dialo– gare con le stelle. n quarto gtorn".>, sempre alla prim'nlba. Peppinella al solito ritornava a casa, con la scopa appoggiata all'omero come nn fu– cile. e da un cumulo d'im.mondizie sbucò Gennarlello. Il figlio discolo d! Taddea, tre– mante. col volto strizzito di chi sin scnm– pato a un recente pericolo. «Che hai fat– to?» disse la vecchia: e Gennariello l'ab– bracciò di slancio, nascondendole il ,,olto 1n petto. come per sparire alla vista di qual- cuno che insegutss~. · «L'ho visto» soffiò con voce incrinata da una pianto convut.w; «ti giuro che l'ho vi– sto. e che ha voluto mangiare insieme a noi: solo in ultimo l'ho riconosciuto. Si· mone ... Ho i testimoni. Carlo e Giacomo, ha mangiato con noi, nveva la barbt\ lunga, w1 pallore da morto. l'abbiamo scRmblato per un mendicante inseguito dalla polizia, Al– trimenti Il ragazzo di guardia avrebbe dato l'allarme. o gli avrebbe addirittura sparato)). «Qesù1> disse la spazzina. «Ma tu lo sai chi era Simone. lo sai? E gli avreste di nuovo sparato!». «Mammetta. non l'abbiamo fatto, ha mangiRto con noi. e solo quando si acco– mi.1:1.tnvn, nel momento dell'addio. una luce colpl il suo volto che s1 mise a risplendere. Noi cademmo tramortiti: e, appena dl nuo– vo in pledi. ci demmo n correre. ed eccomi qua, non mi lasciare. fammi venire da te, nel letto di Ciro. Anch'Io sono figlio tuo. Proteggimi,. «Proteggerti da Simone? Ma se Simone è..... «Appunto. Abbiamo parlato del colpa di questa sera. dinnanzi n lui. e Simone non ha profferito un solo rimprovero: sorrideva anzi. come se volesse proteggerci...». «Vi proteggerà, vi ha sempre protetti. Cosl avesse f0,tto per 11 mio Ciro diletto. Me. u lo ha chiamato acranto a sè. lo ha pro. tetto megl!odi ogni nitro. Ed io, sciocca, a lamentarmi. Ciro dove sei? D!mmi che è c.oE-l. che non mi sono ingannata». «Sembrava resuscitato da poco...». «Ha parlato con noi. ha mangiato con noi, ed ha ascoltato le nostre parole. Cl ha detto che non sarebbe tornato nel nostro rifugio, ma che non ci avrebbe mni abban– donati. Quando l'ho riconosciuto. compresi il significato del suo bizznrro discorso. Non mi ricordo com·ern vestito: sembrava avvol• to in un lenzuolo, e quelle macchie che tra– sparivano sulla tela dovevano certo essere cU sangue». «Il suo prezio;lsslmo snngue. Ce ne sin– mo ba,gnah la front.e con In puntn. delle di– ta: e in quell'attimo a.ncll'io Jo vidi, non e– ra più un segreto. circonfuso di luce. tra lt nm·ole. e mi impediva di parlare. col dito sulle labbra. Invece ora tutti ne pnr– lano, e raccontano, e ognuno ha fatto del bene, o ha mormorato una promessa. o ha lasciato in pegno '.llla speranza. Figllo ntio, non tremare: ti ho. scelto fra tanti altri. ti ha segnato con la sua misericordin inft• nlta». «Era cosl pallido e magro. sfinito: pareva che non avesse mangiato da almeno tre giorni>. «Tanti. in!attl. ne pnssò morto. sul mnr– mo dell'Obitorio o chissà dove. Ed ora do– ve sarà? Perchè ~1011vJene n bussare nlla mia porta? E perchè non prende le sem– bianze di Ciro. per consolare questo cuore d1 madre che in lui ha sempre creduto?». Giunsero al Fondaco. che Lutti ancora dorm.h·ano. mento Matilde che non si stan– ca\·a di rjpetersì a inente le parole. le Crasi. 1 sottintesi. con guell'inC'lTnbile accento che cambiava tono e slg?Ufìcnto alle parole più eemplicl. Gennariello si accucciò nccnnto n l fuoco acceso. e anche H dovette ripetere il mira– colo di quell'incontro. di quella cenn nottur– na al lume delle :rnccole. nel rifugio sot– terraneo. «E dov·e questo rifugio? chiese rovrap– pen!iero Matilde. do ~no il capo, ma sono obbligato lo !tesso al segreto». «E in\·ece mi ci accompagnernl stanotte. !orse ha lasciato una lettera per me. nel posto in cui si è seduto. o un messaggi('!. o un s~o che ml aiuti a ritrovarne le trac– ct ... Lo devi tare. Geunariello. per l'anima dei tuoi morti>. «Lo farà» promise la !òipa1,.zinn.depasi– tand('I la scopa in un 1:.ngolo: e si cur\'ò a niet.tere accanto al fuoco la cuccuma. del coffe. Entrò Fofò. e tuttavia mnl era stato cast triste e lento m vitR sua: mise in eviden– za la gambn guarita ron lR scusa di 6cal– darla al fuoco. tirò dalla ta.scR del panta– loni una bottlgllettn piatta di llquore a– spro. e presero il caffè in,;ieme. bevendo, ave\nno tut.ti bisogno dl riscaldarsi 11 cuo– re che bntte\ln In rnricn o faceva lunghe pause per amplHìcnre U battito misterioso del silenzio. «Ci nutriremo di fuoco» disse Fofò. «Ma non ci potremo consolare. Sono guarito. guardatemi. ho R\luto In sua croce di legno, mi e bastato toccarln per ritornare dritto. mondo. e ora non so che farmi della ,1ta. perohè l'ho ricevuta in ce_mbio di quella. di Simone, e Simone sapeva df andar incon~ t:-o a!la morte; e lo non gllel'ho lmpedito. Anzi l'ho scongiurato di alutorml...>. «Cosi è. cosi 5arebbe stato In ogni modo• disse la ,po.zzlna.. «Ognuno ha recitato la LA FIERA LETTERARIA NARRATORI DELLA "FIERA LETTERARIA" * UNA FAVOLA N POLl·TANA ... Racconto di R. ~- DE ANGELIS sua parte: vuol dire che non eravamo de– gni di .stargli acc.1:1.nto. Ladri, ruffiani. pro– stitute. pohziotti e carogne: l'umanità. é fat.la anche di gente come noi. Ma Lui da noi è venuto. da noi ha ricevuto. e non ha sdegnato il nostro pnne. il nostro con{orto». «Dammela questa croce: tocca n me» in– sorse Matilde, dopo uno pnusn. «Io sono In sun fedele e indegnn sorelle, che tanto l'hn. nmuto tn \lita. e che di più i!1fn 8 s~~ ~~:: ~ft' n~nm~l~~:tree ~ut/i~ grazia: tu. In gra1.la . l'hni giA ricevuta». «Oh. comare Mnt.llde. come volentieri te In dnrel, se ravcs.,1 nncorn. A te tocche– rebbe di diritto. M:1. subito dopo In \'e5;lia, io ebbi un rapido sogno. e mi fu comanda– to di bruciare In croce dl legno: e ora non sono tnnto sicuro rll nverln a\'uta dnvvero in mnno. o se in\lece è stato tutto un sogno. di cui non avremo mnl risveglio. I miracoll Lui. li facevn anche senza ln. croce di le– gno: con ln pnroln». «E Bebè)) s'intromise la spazzina. «E' senzn latte ormai. il figlJo cresce: tra qualche giorno ritornernnno». «E la medicinn?». «F 1 n mirncoll. Bebè sembra guarita. Alla ten.a iniezione». «C'è 11 Suo snn~ue in quelle amPolle ...». «E' proprio quello che pensavo io. E per ognuno di noi ce :-ie snrA almeno una gtJC1 cin». «Come fnrete per nllattnre il bimbo?». «A lui ci penso io» promise Gennariello. «Nel rifugio ci nbbinmo ogni specialità di latte in polvere per neonato. A qualche co– sa dovrà pure servire». cE ni tuoi frntelli non ne porterai?> sugge– ri Mat!lde. «Anche per loro ce ne sarà: ora è tutto cnmbiato. e non ho più. idea di scapparme– no in America». «E' bastato un incontro, a ognuno di noi è bastato nverlo conoscmto di persona. per credere in Lui. nelle Sue parole. nel suo sguardo chP non si stnncnva mai di pro– mettere pnce e felieitA». «E Giovanni?» d;sse Mn.tilde. «Perchè non vai dn Giovnnni e gli racconti quanto hai veduto? Egli molto se ne rallegrerà. paichè molto l'amava. e gli è morto, si può dire. n flnnco: Giovanni è stato Il primo a bagnarsi di quel sangue~. cVadp> accondiscese il rngazzo. «Avvertite mia madre di ogni cosa. e ch'io ritornerò tra qualche ora col necessario per la zuppa>. «Glielo dirò to stessa; vni tranquillo» ras– sicuro In spazzina. «Questo è davvero un gran giorno; e chlMà quanti altri ne ver– ranno come questo». Gennnriello prese 11 tram per arrivare alla collina di Posillipo. sperando d1 trova– re ancora in casa il calafato: e infatti !u cosi, essei1do da poco spuntato 11 primo so– le. Anzi. ·11 rags1.zo dovette a lungo bussa• re: e gli venne Aperto dalla madre di Gio– ,,aru1i. che non lo aveva mai visto, ma lo riconobbe per uno del Fondaco. nppenn lo udi pnrlnre. Il rngazzo, per ingraziarsi la donna, le of• frl una scatola di carne americana: e quel• la gliene fu grntn. paichè la carne, in quei tempi. scarseggiavo. Intnnto che Giovanni si vestfra. nell'an– golo della cucina ch'era l'unica stanza. i due presero U caffè, ohe saP4tva di fondi, e il ragazzo promise alla donna un PO' di vero caffè per In sera tte.ssa. cDove prendi ln. roba.?,. cDove l..C\ trovo>. «E' peccato». «Lo so ma che rlebbo fare?». «Non puoi lavorare?». «Tenterò». «Forse patral prendere Il posto di Simo, ne. paichè sei cosl caritatevole: e. rotto la guida di Giovanni, ben presto imparerai il mestiere». «Vedremo» non si compro111ise 11 raga~ 4 1..0 E aggiunse: «Proprio di Simone vi sono venuto a parlare». «E' morto» affermò la madre. Il rngnzzo. che vide Giovanni con la chic– chera in mano, già pronto, rispose: «Si. è morto. mn e resuscitato». I due si guardarono. scuotendo la te.sta con triste1..zn. «Chi~sA chi hai visto» disse– ro a unn voce; e Giovanni aggiunse, &eott&n– do.sl IB llngun: «I morti riposano in pace». <(Mn Simone non erR ~mo d! :ioL..1. «E chi era?» di.s:.e Giovanni con l'occhlo trlsle. • Ora ~ perch~ l'odiava. Perchè non u·eva fede in me\). «T~ ha dimostrato il contrario ...» conlin– ciò la madre. «Vuoi st.ar zittR, una volta?» la interrup– pe il figlio. Lo madre si mise a piangere. il &uo volto si imperlò di lacrime rame la corolla di un flore di rugindR: e Giovanni le domando subito perdono. pentito di essersi lasciato ·andare sino a quel punto. «Andinmo» fece al raga1...w, appena la madre. consolnta. gli porse il fagotto col mangiare. E si avviarono per fa discesa. Gionmnl \lerso IR rada delle bnrche, Gennariello pri– ma verso il rifugio. a rifornirsi. poi verso il Fondaco dov'era atteso non soltanto dal• le due rlonne e dalln madre già informata di ogni cosa «Non ci ha c:-eduto» disse il TAgRzzo. Qua– si in IRcrime. e<Nonci ha voluto credere.· E' andato n lavorare. L'ha dimenticn.to. Come ha patuto dimenticarlo. se hanno la\'Orato in.c;ieme. se gli ubbidivn. come un agnello. F.e lo ha VL'it0 mori.re . fC ... ?». Il ra~RZ.Z0 ruppe in lncrìme, e trovo rifugio nelle braccia di Taddea. «Figlio mio» mormorò la mRd.re. E i! fl. gUo cominciò a cavar scatole e bottiglie dal petto. dalle la.;~he. dalla pAncia. sotto la camicia. «MRn~inte» diceva tra le lacri– me. «Ora non soffrirete più la !ame. Ru– bero per ,•ai. e nemmeno A\lrò più bisosmo dJ rubare». «Sembrn sbarcalo da una nRve di ritor• no dall'America» ,cherro la spazzina. «Prendi mRmmetta, è cAffé» disse Oen– narieJlo. gettando in • grembo alla vecchia l'ult.imo pacchetto. «Dunque non tl ha rreduto. Qualche cosa è accaduto. SE' Otm~anni non ti ha voluto credere» si mise, a biascicare trR t denti. «Ora cJ prendiamo un poco di catrl'. alla salu~; e riprenderemo il discorso. Vatti a : 1-~ l'! l, i; \ ·~ .. "i,\ ' . :,,. ,.,,_- l ' ::- ;,.,.~-~ '_.,, ~ .. ·t,. ........ ~'i • re spenta e di ossa marmoree. Queote pa– role io lessi una volta in un almanacco, e me ne ricordai per seppellirvi quel prez10- sisslmo corpon. «Ed é ancora là?i>. «Stanotte potro constatarlo: di notte lo abbiamo catau.i nella cella, avvolto in un lenzuolo spalmato d1 unguenti balsamici: gli unguenti li preparò mia madre stessa. facendo bollire le erbe. Dovrebbero pre.str– \'are dalla corruzione». cQuantt cose, quante cose tua madre ti insegna. Per questo, Simone ti ha predilet– to. Nessun altro avrebbe pensato a seppel– lirlo come tu hai l5aput-o». «Se fosse risorto. non sarebbe apparso a me?». «Certo. Forse ...». ,cPerchè ti contraddici. dubiti. .. ». «Figliolo, rel tu che dubiti Poìchè io credo che sia veramente resu1-citato. E co– me potrtbbe esse:e altrimenti? Aspettalo. Giovanni: vedrai che da te si farà \ledere: e ne udrai ancora la \I0ce. Tu solo potrai udirla~>. Ripresero il lavoro: e all'ora rlella zuppa. Carolina si mostrò con la scusa di partare al fldR.nzato un piatto caldo: ma in reàlta per con~olare Giovanni. avendo sapulo dal• la madre la \'ISitn ùel ragazzo del FondRco. «Hai fatto bene a venire» disse 6Ubito Gionmni: ma 1I suo sguRrdo diceva il con– trario, poichè egli non riusciva a nasconde– re IA.più lie\le men1.0ina. «TI ringrai..io Giovanni. per quello che dici. ma nndro via !-Ubito: giusto il tempo di salutarti. e dire buonJ;riomo a Pietro». Pietr~ salutò la raga?Za, e si mise in di• sparte, per lasciare i due giovani Eoli. alla ombra della barca che Giovanni incatra• mava. « Tua m~dre mi ha raccontato del ra• gazzo. Anch'io credo a quella ,isione. Sono venuto solo per jfrti questo». «Allora, non sei in collera con mt?». «Tu. meglio di ogni altro, dovresti saper– lo: è resuscitato. e. stnnotte, ha mangiato con noi al rifugio. Perchè non mi credi? Pepplnella e Matilde non hanno dubitato». KATHE KOLLWITZ - • Disegno. (Galleria dell'Obelisco - Roma) «Nenm1eno io vorrei; ma ro tante cose che non ti posso confidare. Se fosse rrsu 4 !òicitnto,come tu affermi. perchè non mi sa– rebbe apparso ancorn? Tu sai che molto mt amava: e sa oonl'io sono straziato dal rimorso di averlo aiutato a morire in Quel barbaro modo,. <<E'vero, questo è ,·ero: e io non ro per– chè abbia scelto proprio me e la mia ban– da. Forse perchè siH.,no ancorR ragazzi. e non ci creèìernnno se racconteremo quanto è accaduto. E tuttavia l'ho vUito come ve– do te. e l'ho riconosciuto, nonostante Il suo pallore di nffnmntolt. «E com· ern \'estito?» osò la madre di Gf0VRtulL «Di un lenzuolo. mi pRre: · ma di questo non sono certo. Certo sono che sulla tela c·ernno trncce di snngue)). «Chissà chi hai visto» negò Giovanni an~ cora unn voltn. «Un mendicante. Un discr• tore. Un fugginsco. Nnµoll è di\·entnto ri– fugio per ogni birbnnte della terra». cMI ha fatto unn promes$8., Giovannb. «Qunle promes..c:n?)) «Di non più ubbandonRrmi. E lo gl1 ho creduto». . «Anchr n me hn fatto una simile oro– messn. E invece :ni ha proprio abbRndona• to. E del rcS1.o.In colpa è nostra. lo abbia– mo spinto alla morte. io stesso l'ho accom– pagnato alla rh·a. inerme. rolo. men!r'!o ero nl ~icuro nella barca)). cNon ti tormentare: sareste morti In due> c0n$oJo IR madre. <<Ecco. l'hai drtta finalmente la parola ~iu.!=-ta. E non s.arebbe stato me2lio? Forse lA morte a,•rebbe eccito: ln ogni modo lo lo aHei protetto cnn tuttn ln mia personn». «E Carolina. quell'mnocente?». «Già, quell'innocente che odiava Simone. riposare, creatura mia.. Si, nel letto di Ci– ro: altrìmenti i tuoi fratelli non ti fareb– bero dormire». Intanto Giovanni. rnrulUvotato per t di– scorsi del ra~azzo. giunto alla rada. si era messo a incatramare: ma il pennellane gli pesava in mano. per e\·er egli la men~e rivolta Ad altre -dsloni. Pietro AragoslK tr:1t.è. di consolarlo. come faceva ogni mat– tine. dalla nt)t~e della disgrazia. poiché lo ave\'A in conto di fig-ho!o e a lui ::i ripro– metteva di lasciare In eredilà l'impresa. «Non posro peneare ch'egli era ancora Il. al posto che tu occupi. Pietro. e che ora nemmeno l'orma dei suoi p!ed! la sabbia conserva». «Cosi e. figliolo. L'acqua del mare scan– celln. i segni della giornata e l'orma dei no– stri piedi che importanza può a\·ere sulla rena?». «Non pos.co dimenticare n suo sguardo, nè IR sua voce ... ». «Nessuno potrà scordarli: erano lo sguar• do e la voce dell'Uomo che abbiamo aspet– tato sin dalla nascita. Siamo stati per qual– che giorno {elici. t,roppo vicini a 1 cielo. sen– za saperlo. Non U basla, Gio\·anni? EgU ti precHhgeva...-.. «Appunto. Conosci il figho di Tadd~a. quello che nbitR al Fondaco. insieme a Pep– pinella? Il ragazro ha una banda. anzi ne è Il capa. Ed è \·enuto all'alba F-lnoa cai,a miR. dal Fonda"'o. per raccontarmi una sua \'isicne. Avre;>be visto Simone risorto. e lo avrebbe persino i::famato. Ora io sc:lo - mia madre e ìa m:a ndanz:ata - so dov'è sepolto il corpo di Simone)). «Sei tu che l'hai trafu~ato? HAI fatto bene. E R"li avrai dato de,ma Eepoltura)). «In una cella di un colombario. sulla \'ia di Pozzuoli. in quell'antica polvere di cene• ... ,,,., ,,.,,. ,. ;,,ì è l11tt,, ,li 9e11te c,,,,,e n,,i ••• KATHE KOLLWITZ - « Figure• (G11ler.a d:ll'Obel'.sco • Roma) «Al contrario. Gim 1 anni. avevi. come um– pre. ragione. Ed e per questo che l'amavi n quel modo. aYendo presentito chi egli f06se. Dovrai perdonarm.1 per tante cose. Giovanni. se ci sposeremo. Perdonami so– prattutto il mio .sospetto di un tempo. e 1& mia incredulità. L'amore di una donna so– migha a un fiore: ogni alito lo appanna. Ed lo non sono migliore delle altre. io non vRl– gc un'tmghia di t.UR madre. «Stasera ti \ledrò» promise Giovanni con tenerezza. «Sono stanca» diSt:e la donna. «Perchè non riposi all'ombra. d1 una bar- ca. di quella barca?». «E· quella incatramata ds. S! .m.ol "),e?». «Proprio quella». «E tu lo vuoi'h>. Gi0\·ann1 assenti con gli occhi: e la ra– gazza si addormentò qunsi subito. tenen– dogli il dito di ana mano. Fu a questo punto che il giovane intl'!:!e una ,·ace. «Riposa in pace. Gio\'6.nni. Dammi un po· de1 tuo pane e del tuo ,ino». Simone era Accoccolato dall'altro Iato della barca, e con una mano acca1ez.zu ·a la fascia asciutta della vernice azzurra. Av– \'0lto in un lenzuolo, s'intrav-vìde il suo te– nero petto. la oelurie bionda. e. sottu la mammella sinistra, il foro ras..~ della fe– rito.. «Hai dubitato di me» disse. senza rim• provero nella voce. «Ho dubitato di te» ripetè come un'eco l'lnlellce Giovanni. «Caro Giovanni» disse la. \'ace del Si– gnore Un'ondata leggera dJ nebbia. s.im11e a pul– \'isCfllo iriàato d1 ~puma marina. cancfllo. dopo qualche istante. la \':i.Sione: ma il piatto e il bicchiere erano \'U0ti. ~einO che qualcuno si ern .sfamato e cti&eta·o. <(Signore» mormoro Giovanni. e Eub!to tacque. perche Carolina aprh a gli occhi radiosi. quasi are~e. m sogno. ascoltato. o a\·esse avuta la -;tessa visione. In.fatti no– to subito appena !u in p1ed1 il piatto e il bicchiere. dall'altro lato della barca. a una certa distanza. «Hai avuto un osp!tei, di~e con voce e– saltata. «Non era quello che aspettavi?i-. Giovanni si mise li dito a croce sulle lab– bra: e disse con gli occhi di F-l. Carolina raccol.5e il piatto e 11 to\·agliolo. e si avvio ver.-:o Jn c1tte. Ma. appena fatti pochi passi. si vol~e a salutare Gio\'anni ancora una volta. Poi fece un altro g&to di s:iluto e si mise a cRntare una strofe di nmore. PersL'"l0Pietro Aragosta la segui ron gli occhi; e segui quel canto di amore: e. come Carolina fu 8$Wrhita dall'aria sola1e che riverberara sulla Eabbla in continuo miraggio, Pietro :)i nccostò di nuo,o n Gio– numi. «Stanotte. se tu vuot, verrò ,con te. al posto ài tua madre. Ma forse non anal bi– sogno di andare sin là' per rice\·ere la ri– spo1-tn che Aspettavi>). «Forse non ne 110 più bisogno. Pietro; ma ci andremo lo stesso. Aspeltemi sullo uscio cU casa ·terso le nove, sta5era. Non et sarà luna, come sai, e potremo anticipare la Tislta,i Pietro lo guardò mera.vigilato; e avrebbe voluto domandartll ragione di quella rl!;,o• sta lib1111na: po! nou ebbe bi.sogno di !&· per :liente e una strana pace lo mvue. co– me se ave..c:.se ricevuto dall'eco la ri.spogta che cercA.VA. La risposta era nél canto àella donna. in quel suo secondo 6aluto all'aria jet ma– re carico di Apparizioni come di tanti fuo– chi fatui: e non erano. quei fuochi. !oltan– to ragjli. o ri!lessi, del sole. La notte era fresct1.. senza. luna, era gla profondA noue allorchè Giovanni e Pietro si avviarono \'erso il colombario scavato nei tufi rugginosi èei vigneti puteolani. e nu• bi di polvere rossa, arida, accompagnarono il Joro cammino, in \'0rtici: a \"Olle, le nu• bi di polvere avevano l'Apparenza di fan– tasmi. o di quegli ~paventapas...c:eri di pa– glia e cenci. più cenci che paglia. messi a protezione det !rutti. Penetrarono ben presto in uno di quei frut.teti. inoltrnn:lost tra alberi e viti: le foglie profumavano come gemme appena di· schiuse, insieme ai fiori che rischiaravano di colori tenui e delicnt.i il buio della notte: pPrsino dalla terra colori riverbera.vano, di zolfo. salnitro. minerali. che ricordavano la natura Ardente di quella 1..ona. . «E' qui» disse ad un tn,tto Giovannl. di fronte a un tufo enorme. simile a un !un– go cariato dalJ'acqua e dal sole - o da altri accndimenti naturali. ben più collerici dei trap_assi di stagione -: e di..&parve in un an– frn,tto, nel quRle era sapientemente archi– tettata una scaletta. Era il colomba.no , dl cm la 1.ona abbonda: e nell'in1emo. il bu– io era più fitto. c;embra\'a di velluto. Gio– ,·anni si calò in una spccje di botola. e riemerse quMi subito: nel pugno reggeva un lenzuolo insanguinato ch'era tutto un pro!umo di unguenti Alla luce della lan– terna che P:etro Aragosta a\levn. acceso. il volto di Giovanni appan 1 e di cera. come E.I quel lenzuolo fosse il suo stes.so sudarlo; e invece era quello in cui era stato avvolto strettamente il corpo di Simone. «Lo vedi? ... >'> sillabò Giovanni. «Tu lo ~ape\·i gl:'i» disse Pietro. «Calm.stL Quanto accade. non poteva non accRdere. E' risorto. Dammi un lembo di questo len– zuolo, dove c'è una traecia del suo 68Jlglle>. l(Come ho potuto dubitare per tanto tempa?». «Dubitavi perche \'Ole\li vederlo. ecco tut– to: Egll ti è apparso; ma tu sapevi che ti sarebbe npparso. Non è cosl ?». «Sarà come tu dic!lt mormorò Giovanni. «Ora che faremo. che farò? Non c\ sarà più senso nella mia vita». «Perche mal? Sposerai, SPoserete: e il primo figlio lo chiamerete Simone. Non vi ha detto Lui stesso rli fare cosl?». «Vivrò sempre in :-t.scoltodella Sua voce». «Ubbidirai nHa Sun voce». (<Forse Egli. ora. ci ASCOita». «Questo devi credere Eempre: cosi non poLrAi più dubitare di quanto ti accadrà... Vorresti partire, lo so; ma non puoi abban• donare questa terra. Qui sei nato. qui gei ritornato. qu.i devi \ti\lere e morire. Ovlln– que andassi.· che cosa potre1-t1 tro\lare di meglio? L'eslllo 61 può sopparta,-e soltanto nella prima gioventu. L'albero non vive. ~e non affonda le radici nella. terra di ori- gine». , «Andiamo al Fondaco a rassicurare Pep– pinella e il ra~azzo, fece Giovanni. «E-ssi non hanno dubitato; e bisogna che Mppiano chi è rautore del tra{ugamento, e che il COI'J)() è davvero sparito. e che anche io l'ho visto risorto. Perchè l'ho visto q11an– do voi tutti dormivate. di pieno giorno. e di nuo\·o ha mangiato del mio pane e bevuto del mio vino. Avrei tsnto desiderato che si prendes.se U mio :-angue in cambio del suo cosi barbaramente \'ersato». Giovanni affondò il capo nel lenzuolo; e Pietro 1 lo la.sciò piangere sin che volle. Poi• chè le IaorJme liberano il cuore dal dolore e schiariscono la mente. al A~o;;;,n:~ii u~~i d~U~ c~ i~a~~~ ein~t!~ ghe. sui ballatoi, nella carnera della spa?.Zi– na che si apparecchiava alla cena e al bre- '\~~°uifr~e ~~P~r.;;~~ 0 a~~i· d.i&tin- se la figura df Giovanni che le si accucciò al piedi. In segno di 50ttomlsslone. «Tu sai perchP rono venuto ..» principiò con \IOCeardente. «L'hai visto? !>t e il cuore della 'i'"ecrhia. fu morso dal serp! della gelosia: poi ella ebbe ,ergogna di quel moto dell'animo. e accareu.o la fronte cti Oiovanni eon... la ma– no rugosa. «Ora vi racconterò tutto» promise il gio– vane. «Mettete qualcuno di guardia. pe.rche nessun estraneo deve sapere che cosa ho fatto». Mastro Raffaele monlò il pruno turno di iUardla. e tutta la J!enle del Fondaco. con l'animo in gola. fece cerchio intorno al narratore. . Matild~ si sedette anche lei per terra. ai piedi della ,er.chla, per non perdere nem– meno un accento. Gennariello. che avreb– be voluto rimpro\·erare il giovane. fece al– trettanto. per essergli vicino. sentenc!osl protagonfata della 6tefSR storia. della sio– r:la più bella che fo&e avvenuta da oecoU in quelle vecchie mura. Una stella si fermò addirittura sul pozzo. per specchiarsi In quelle ln,is!blll acque. Alla «Spezieria del Carmine» i be,itori tacevano quadro. ognuno con la sua f!Esi– tà. o il suo proprio atteggiamento. il ge– sto della mano intorno al bicchiere. lo sguardo che scoprh•o. straordinari paesag– gi nelle decoraz101ù della muffa e del sal– nitro. O sbattevano carte. rmforz.ando 11 lancio con la voce vittoriosa o sardonie~: o s!ott-endo il compagno, o allungando una pedata ad un raga;;zo troppo curioso. II profeta, musicista, aveva composto un salmo sulla mort-e di Simone. con un reci– tath'O drammatico e una musica gra\·e e dolente che finiva in un wlenne alleluja: l'attore, che somigha\'a ad Amleto. ne a,·e. va provato le parti. riuscendo a imita.re per– smo la \·oce di Giovanm. La scena rappre– sentava una riva <lesena. circondata tutta– via all'orizzonte dai frutti dei Campi Fle– grei: gli spettatori fl\'evano prete..t.0 il tia– to ardente delle zolfatare torno torno allo impass.ib1Je nfa,e; e il ptttcre a,·evn dipin– to li fondale con ~rateri che spalancavano oscene gole di mostri. Amleto .sciorinò la scena di carta. la in– chiodò contro le vecchie botti d~I !onda: il musicista tentò accordi su una fisarmo– nica e contro la palandrana violacea cli cui era :empre \'estito, lo .strumento 1sembrava un tatuaggio di madreperla e mogano). H pittore. con wta Iunglussima canna addita– \"& al pubblico gh spostamenti dei permnag– gl immaginari~ la voce dell'attore s'intro– duceva di fianco. cadeva da1l'alto a re.;gere i contrasti. nngere gli inrontri. sop~rtare gli a solo ch·e1ano \eri e propri Jamen+i per un destino incompreas1bile o addirit-' tura straz.iante. Voce di AmlP.to <per SLmone): 41!0 wno chi sonO. e ora guardate che mi tocca !are per salvare questa turba di ladri e mendi– canti: rubarP. Contr'\cldire a un comanda– mento di Dio. padre di tutt1. e Ep ~cialm.en – te mio. Questa e Napc,li pagana. con le sue membra corrotte dal fuoco dell'infer– no; questo il suo mare in cui ancora abita– no le sirene - ed ora e popolato di ne~i che si nffnccrn,no dai ponti delle navi a spa– \·entnre In lunn». Voce di Amleto <per Gio,•annf: « Voga Giovnnni. f)R.!=-SR il oennello Gioranni. spo– sRti Giovanni. Questo f' il destino dell'uo– mo. che ora. per lR prima ,·alta. rorne nel caro mio. Aiuta R rubare a fin di bene per ,!:alvare una madre innocente. Bebè è mar– cia. il figlio e uno splendore. Simone co– inanda e ubbidisce a Fofo. E io ,ago. io nll sottometto. io partecipo. Chi più felice e sventurato di me che rubo per fede e Pc– compogno Cri.sto ol luogo della sua morte e della gua agonia?». iblioteca CBinoBianco Pag. 5 KATHE KOLLWITZ - « Due vecchi• Voce di Amleto (per Angelo): "-Do\ 1 e an- , date. maestro e discepolo, non vedete che la notte è bma? Vi p0trei tare da Iu.n&. se me lo comandate: ma la notte vi serve per un·av,•entura troppo umana. Scartate il miracolo, per dimostrare che anche l'uo– mo puo compiere muncolì, con le sue me~ d1cine, oer l'intervento e raiuto cti Dio: e questa In spera07...adeila carità. che voi non volete distruggere. Intanto 11 diavolo ha preso possesso del corpo del negro. che ha 10 stesso colore della notte. Se facessi "\'en– to con le mie ali, nessuno vi potrebbe rag– giungere. Ah.ime, elle le ali mi serviranno per nascondenni il \'Olto dalla vista di quello che accadrà ... ». Voce: di Amleto (per Giovanni..): «Che fresco sento intorno al mio capo. come &e un uccello volas.se sulla mia fronte». Voce di Amleto (per Simone): a:GU uc– celli a volte si fingono angeU - o vice,·er– sa. Di che tE>.mi,Giovanni? Anche se tosse un angelo, non potresti udirne la. ,oce». Voce di Amleto (per Giovanni): «Quella è la nave, ora. accostiamo, tieniti pronto con la. rete: alcun lwne non splende, la luna è coperta sino ai capelli. stendi la rete. Si– mone. Ma chi ride. io vedo il suo nso. Ah. è quel negro, è il diavolo in persona. Come fa. ad lllumlnare la tenebra con 1 suoi den• ti? Siamo qui. negro. Butta il pacco, ecco la rete pronta. il rlenaro l'hat avuto». Voc~ di Amleto (per il negro): «Io servo padroni bianchi. io bevo denaro padroni bianchi. Medicwa buona. \ \his.ky buono. notte buona; e voi siete buoni bianchi per il povero nefZl'O.(tra se) Poi darò io ste.s– ~ l'allarme per catturarvi con medicina. Era buono il denaro, ma bisogna salvare la pelle». Voce di Amleto (per Simone: «Voga Gio– vanni forza Gio'1anni. Ma chi è che soma contro la barca e ne rallenta la ,·elocità? DiRvolo tentatore. sparisci. demoni dell'in– ferno che la vostra bocca sia sigillata dal terrore di quanto Rccadrà. Tenebra e si– lenzio, io vi coman1o di imperare». (Si ode la fisarmonica miagolare e reg– gere il suono in gola, come un'eco sottoma.– rina. un interminabile accordo di maree.. tuoni. e cerchi di un si.lenzio che incide el– li&si sull'acqua incatramata di oscurità). Approfittando della ~enerale di.satteDP.Jo.. ne per i latti della vita. 11 figlio di Amleto, sgusciando dalle goane e dalle braccia del– la madre, aveva scolato un'intera bottiglia., proprio sotto 1 baffi del legittimo padrone del \'inO; e ora. Michelino. felice per la pri– ma volta j.n vila :;ua. a sei anni di età u– briaco come un uomo grande. si Illlie a ri– dere improvvisamente e ad imitare la VuC6 naturale del padre. cbe aveva. se ricordate, \'oce di donna. «E' il diavolo» insorse la madre. «Figlio Ingrato. e cosi cbe rispetti chi ti ha d•to la vita?». «Alla porta. vattene \'ia: e tu accompa– gnalo. se non sai oor.egllar1o!». «Piuttosto lo strangolo. Io rono QUI per lo spettacolc. Se non mi \·olete anche Amle– to mi accompagna: e allora chi recita? n fantasma d1 Simone?». «Io. recito io» riee il figlio. «Es.sere o non essere. Questo e il guaio. Se manca 11 vino la vita ctell'Ho:no i1a termine ... ». «Mettigli un bavagllo. legatelo a una bot,. te. o Introducetegli due dita In bocca per farlo ,'Omitare. Grsù. Persino in r.t:.orte u– no non trova pace. ne puo direi le· sue san– te ragioni. Abbiamo pagato per lo spet– tacolo». Michelino fu imbavagliato e legato con– tm In bott~ più pesante. avvoltolato den•rc WlB rete: sembra\'a un pesce da infsrinare, seminudo com'era e con tutti quei ricci in• torno al capo che riiuce\lano come scaglie.. E la recita riprese. Voce dt A.mle:to (per GlO\'Bnni): ccMni i remi ml hanno fatlo dolere le wani: e ora è il cuore che mi duole. Quali terrori si annidano nel mantello della notte! n ri&o del negro era un al1a1me. Perchè lo sento nel mio cuore come ululo dt sirena?». (La fisarmonica fece udire un s!bi!o pro• Iungato, il silenzio della notte s1 frantumò, e il suono fu luce nella tenebre. tracciò u– na scia nella tenebra). Ci mEeguono: ecco l'Allarme. Guardate le navi che ,alano co– me grosse lucC"lolesu questo mare di tene• bre. Potenze della luce. Potenza d1 Dio. Perche non intenieni a 1.rnlare questa bar– ca in un buio inaccessibile?». Voce di Amleto Cper Simone): c:Tutto è scritto; quanto deve accadere accadrà. Non temere. Gio\·anni. Sarai sal\'O. Oli uomini non hanpo sete del tuo Eangue. Eono pron– to. Ma tu voga lo stesso. Aiutami. G:o,an– ni Allontana da me l'amaro calice». Uno del pubblic~: «Ma l:i hma c·era. Era una notte di luna. Poi. fu na.scosta dalle nu\?ole. anzi da un'!. misterlosis.sima nebbia. Quella nebbia che sempre cala ad amman– tare i !atti doloroFi del Sivnore. quasi che anche la natura mtenda partecipare a ciuei luttuosi av1.·eni.mcnti». Amleto: «D·acoordO. ma questo è teatro. Teatro è fantasia. Mi occorre\'a la \0ce dell'angelo. O i::enEate che gli angeli non abbiano accompagnato Simone. Luna o non luna. la morte non ha bi!ogno di luce nè rlella tenebra: tro\·a Eempre la via, la fatale \'le». Un altro del pubbltco: e.Rispettate l'arte. Vediamo come ondra a finire». Il primo: <COh. lo snppiamo come andrà a finire. Ma le cose bisogna raccontarle con fedeltà. Questa rli Amleto non è vera te• stimoniauza». Amleto: <'E im·ece El. Io ho inteEo la ...-o– ce dell'angelo ~he \'0le\·a sostituirsi alla lu– na. E' colpa m13. se siete rnrdi e ciecbi. e ntJn ascoaate le \'OClche cadono dal cle!o?». ll Pro/e~a · «Questi attori. Il testo e mio, mie sonc h.• parole e la mu. .c-ica.io ho udi– to la voce dell angelo: e ora lui te ne fa ,,anto. perche sa mutare le voci. e ne~uno Ea re sia uomo o donna. e fon:e nasconde da-rvero una putenza malefica nella go!a o nel Yentre. E' ·,,ero che F-ei anche \·entri1o– quo?». \ Amleto: «Che c'entra. questo? Le tue r&· rote vi\ ono con la mia ,·oce. E dove Eiareb– bero altnmenh i tuoi perrnnaggi? Io sono l'amzelo. e GiO\·annl e Simone; io sono A· mleto che si macera nel dubbio e nella ta– piente follia ... ». Un'altra L'OCe: «Avanti con la recita. E date un'occhiata al bimbo. Levategli li bi– \·ae:Iio. Potrebbe soffocare». La madre: «:r~igliomio. eccomi. Zitto. per carità. Altrimenti ti lmba\'agllano di 0\10\I0». Fiçlio: 1<Fatemi (are l'angelo. Io rono lo angeio Papà è troppo \·ecchio per essere un angelo». Una voce: «Bavaglio! E Amleto cont!nul la reci! a, Musica, Intanto. finché li rag,.zzo R. M. DE ANGELIS ------- (Continua a pag. 6) \..

RkJQdWJsaXNoZXIy