La Difesa delle Lavoratrici - anno V - n. 15 - 27 agosto 191
·El·Maternità -a Il mio p~imo bimbo è nat-0 a B0rlin o. In u na clinica., rpoichè la man canza di una ca– sa , di una mamma vicina, mi fecero ricor– twe a l'assislenza sicura , ohe si può t.ro – vare solo in ll.fla ca.sa di salut.e. Fidente e serena , mi aµp~esta i a godere q uella felicità , così agognata da ogni don – na. Nacque il mio bimbo , bello, rohu stis– sim o, ta.ntochè il pirofessore che mi aveva .tSSistila, mi ,µresentò affett uosamente il neonato, dicen domi: Brava, è il .più bel bamb ino della clini ca t Com e l'h o qui , soolpita al cuore, la gioia grand e che prova i, quando st rin si fra le inie hr accia que l batuffolo roseo, qu el mio prim o figlio! Mat ernità ! Sia pur essa abn& gazione , s.acrificio, dok, rp è semp.re bello dar vi ta ad un p,<,::::"r~ ' R ;1 -! '. su blim e fat– to della nat .ura , che strappa una lacrima , un ipal1pito a qua lunqu e donna , sia essa la più volgare o delinqu enbe ! La nas cita d'un bimb o, anche non desi– d erato , a.pl ])(lrta sem pre una gioia profon da , l:ntiIJia a.na ,m adTe, che sa trovar e, ip,ur fra · le soff.e,renze., nella più cruda. mise.rin , con le .più dure pireoccrnpaz.ioni nell'a nimo, un so r,riso, un cairo vezzeg ,giat ivo , un a dol ce canzorne, rn1 bacio amorosi ssimo , per la •Creatura sua. La camera ch'io occupavo, era divisa in mezzo da un gran 1))8.raven to. ;poichè v'era IX>Sto per -due. Mi vi bravavo da du e giorn i, -quand o vi fu tr.s.spartala un 'altra pu erp era col suo picc ino. Non ci vedevamo , ma un tegame si stabili fra noi : Non eravamo du e n1amm e, per la .prima volta? Seguivamo i pri mi pass i nella vita rfoi nos tri bimbi "-morosam en oo. lo avevo tant o latt e, che mi pro cura va noia, e dietro consiglio !del me– -dico, davo qu-alè he poppata al piccolo tede– sco b ion do e rosa, la oui mamma ne dif et– tava. Lo accogli evo e lo lioonziavo con un baci o, quel piccolo <>SSer sconosciuto , al quale davo, con sinc era espansio ne, il mio latte che lo satollava. Sua ma mma lo acco– glieYa con un a furia di bac i, e mi diceva sempre un- ,< grazie tant.e n commosso e ri– ro noscente . Trasco rr emmo 12 giorni in ouella cam e– ra ; du e mamme che si intend evano appena ., mia che la commo zion e intima d·el cuo– re . unirn. La tedesca se ne andò prima di me, io abbisognavo anrn r~ rii cure : ci ab– bracciammo, baciammo i nostri bimbi e "C-Oi migliori auguri, ci sepai rammo .. di s- ____ ..,perden doci. Il matt ino segU<ln te il letto fu sub ito occu:pato da nn'alt ra ldonna. Era il terzo figlio che arnva, ma dopo poohe ore di \·ita le erano morii i primi due, e ora si temeva per quello . Pe r togliersi alla vista d<>lla disg ,raziata madre. vennero da lla mia ,parte, medico e infermiere, a compie re tutti i ten tativi per tenere in vita quel piccol-0 morente. Quanto so ffrii ! Il mio dorm iva nella sua culla ; il respi ro regola re soll eva,·:a. 11 corsetti na, t,e– oendo Je manin e paffute chi use sug li oc– chi; era lì sano. forte, ma ciò aoc resoeva l'a n.goscia ch e mi da va la \'ista dell'altro se>fferente, e attaccato alla vita , dal tenue filo che slav a per spe zzar si. La pove ra mam– ma piangeva sommessamente non O"'.::.ando inte rr oga re. Dopo immers ioni nel bagno freddo. nel caldo , >do:po massaggio, doccie e mille altre cure. il bimbo non riu scì a l'espirar e... era finita! Lo porta ron via, si– lenzi osi, e al1ora scoppia ron o i sing hiozzi più lace rant i, che io mi abbia udito. Er o alzata e senza che me ne accorg essi mi sent ii spinta verso qu el letto di dolor e e mi tr ovai accanto a quella disgra ziata. Le sollevai dolcem ente la testa , la baciai in fronte come mia sorella. mula, poic hé la emozione mi impediva di balbettare le po– <:he parole ·che av;rei saputo dir e nella su a lurgua. Ella mi gua rdò , le sue lacrime sce– oero pitl copiose, mi strinse forle la mano, fissandomi con uno sgu arrlo lacerante , e si o.bl >andonò tutta al suo dolore, con più fo– ga , perché aveva vicina una sorella che la compren <leva e so ffriva con lei. Chi em lei? Chi ero io, ;per lei? P ure attraverso la no- 3lra maternità fummo unite da un vincolo sacro e sincero. lo sento che se un tragi co !domani ci fa– ces.se ritrovar e su un campa di ba ttaglia. doloranti , sul corpo esanime dei nostri fi– gl i, con.fonderemmo il nostro wemendo do– lore, nello stesso abb raccio d i sorelle stra - 1:iate. Questa dovr à essere la nostra for za: le mamm e di tutto il mondo , fatte su perbe . in tangib ili dall 'au reola dell'amor e e del -dolorE}, dov ranno st.ringersi la mano, al d i– sopra di tutto e di tutti , al di là di ogni frontiera , forti, eroine. su blimi . fino al sa– cri ficio! Lo spasimo di quest'ora le colpisce al cuo– re : io mi auguro sappiano lanciare una – n imi , frementi, al mondo intero , il grido umano: i nostri figli , i nostri figli , son nostri! .JOLI PAVIRANT GJ0~61. LA DIFESA DELLE LAVORATRICI ]3e5tie ehe parla11G. Un bisticcio nel pollaio. C'è stato un gran bisticcio stamattina. nel pollai o. - Qua. qua. - starnazzavano le anitre ri– volgen,dosi alle oche - voi siete sc iocche e non capil e mai nulla,, noi siamo molt o più int,elligent i di voi. I ga lletti diedero dellB chiacchierone all e galline. - E co e co e coocodè, per un misero uovo che fat e non la finite più per tutto il giorno. I tacchini , allora. si misero a. far la ruota e, senza tanti complim enti disse ro rivol gen– dosi a tutti i loro compa.gni del pollai o . - I re del cort ile saremo sempre noi: guard ate che vezzi viva ci rii cora llo pe,rtiamo al collo, che splendida. ruota fa la nostra coda! La brezza pettegola , che , propri o, in quel momento soffiava leggera. leggera riferì quel litigio alle candide margherite del prato e perfino ai profuma ti ciclamini del monte. Fina lmente passò una rondinella. che ve– niva <la lontano lontan o, da un bel paese al di là del mare dovr aveva passato l'inv er– no , udì le pa.roile spr ezza nti delle anitre, le SOLIDARIE T À Il malcont ento serpeggi,ava nell 'officina : le do.nne parlavaoo concitate e quando s 'avvicina– va un capo con aria minacciosa perchè le ve– deva inoperose , esse resta ,vano impassibili , con la fronte aHa e le braccia conserte: era una sfida . Il padrone aveva notato che da qualche tempo le cose non proced,eva no come il solito e dava la colpa ad una m1Jledelta conferenza tenuta alle laivoratrici del paese da ·un uomo ve– nuto dalla città; in quella riunione era stato discusso un memoriale che, approvato, dovev a essere portato da una commi ssione operaia, alla direzione. Quella stessa sera, fra I 'entusiasmo generale, si costituì la .lega di resistenza e si approvò il memoriale. Il giorno dopo l'officina ferveva ci'entusiasmo. L'e donne erano animate da una fede nuova che le faceva più buon e e più sincere : si stringe – vano le mani ed affermavan o eh-e erano disposte a tutto , anche allo sciopero , pur di veder il trionfo dei loro diritti. La .commi ssione operaia aveva discusso con la direzione, ma non si era concluso nulla: così lo sciopero era stato dichiarato. E proruppe co- • I . - \1· :1:·,:J~ L\ ,.;-,/ ' ' UN NUOVO SANTO. prepotenze dei gall etti , i vanti pr esuntuo s-i dei tacc hini e disse loro: - Avete tori-O. ness uno vaie più di un al– tro che fa ccia il suo dovere. ltill essioni !li un passero. - Cip , cip, pigola. un pa sserotto sul da– vanzale della finestra, brutte giornat e ha l'in verno e nulla si trova da beccare! Dentr o, in cas a , i bimbisbocconcellano di ma la voglia. un pezzo di pane sbricciolan– dolo tutto su l pavi mento. - Semp re così, pigola l'uccellino . là si sciupa e qui si pat isce . No, giova ni buoni. voi che siete l'avve– nire fa te che non sia sempre oosi! Battaglie d'uccelli oi. - Teck, teck du e ca pinere si beccano a sangue per cojltcnderni un granellino·. Intanto nei campi le sp ighe d'o ro si pie– gano sotto il peso rli mille chicch i, ;iei pra ti milioni e milioni di 5-emi marciscono invano. - Cattivi uccellini perch è becca rvi ? farvi tanto mal e? Non vedete che la terra buona r,uò nutrire tuiti a sazietà? L'11gnellino. Un agnellino nato in apr ile quando ad autunnu vede ingiallir ·e l'e rba del prato, e le foglie rl<YJlia lber·i cade re ad una ad un a a vvizzite hela. lamen tosamente perchè teme che tutto muoia per ,.empr e. L'anti ca. quc;rcia. che ha già vissuto cento r più anni gli suss ur·ra: - :'in. povero piccolo, niente muore: .oon la prima.vera torneranno le gemme, le Coglie , i fiori e poi i frutti sa poi·iti, perchè la vita è eterna, e la morte non è che una tra sfor- mazione. Giuseppina Mora Larulcmi. me un urlo di minaccia e di sfida : le op,eraie altere ed orgogli ose lasciarono l 'officina e si adunarono nella piazza maggiore ciel paese, e al grido di: (( Viva lo sciopero, abbasso i pa– droni! n E le scioperanti composte in lungo cor– teo sfilarono per il pa,ese cantando :· (< Su fra– tell i, su compagne ... n. Lo sc iopero durava compatto da due settima– ne. Or.a però il curato s'era messo in testa di poterlo sedare con le buone, e dall'alto del pul– pito incita,va alla .rassegnazione. Fu durante una sua predica che ,a,vvenne uno scandalo. Men tre il prete difiendeva i padroni ohe davano lav oro alle operai e, una voce , dal fondo della chi esa, gridò: I padroni però ci lasciano miseric or(li'o– samenle morir d'i fiame ! n Le donne si voltaro no e videro una giovane , la Negra, la quale, alzando le mani e protestand o disse: " Fuori donne, questo non è il vostro posto. E ' sulla piazza che dobbiamo intenderci , non qui 11. Uscì e 1 molte la seguiro no, men tre il curato dal pulpito, con le mani nei cap elli, gridava alla pro fanat rice. E diceva : u E' una megera, una str ega : non seg uitela. Io, in nome di Dio, la scomunico 1>. La Neg ra ch e aveva sent ito, ri– tornò indietro, e disse: Non ne ho bisog no per– chè non Jui nè comun icata, nè battezzata H. Ed allora il .prete esaspe rato gridò : t< Signore 1 d– dio perdonal e, è ere tica ... Non tutte le donne usc irono; quelle convinte dal curato restarono. Le altre invece, le fana– tiche le cc socia liste-ere tiche) > erano in piazza e facevano il comizio. Ma to sciopero volgeva alla peggio. Molte crum ire, istigate dal prete erano entrat •e nel– ! 'officina ed il padrone credeva che pre sto tutto le pecorelle smarrite .sarebbero ritornate ~1 co– y)Je, << al traYa2:lio usat o ». Una ser a alla Gasa del Popolo, le scioperant i 8iscussero il da farsi. O 'un tratto la Negra ebbe un 'idea : si sarebbe fatta crumira, sarebOe en– trata con le altre, le avrebbe raccolte , le avreb– be persuase. Il giorno dopo si sparse per il paese la voce che la Negra , stanca di combat – tere, s'era .fatta crumira. La Negra parlò. E disse: H Non la sentite compagne di lavoro e di sventura la solidiarie tà umana ? Mentre noi cii ,fuori siamo soggette alle persecuzioni della pol izia, mentre in casa i no– stri figli piangono, voi qui l.a 1 vorate per nulla , o per poco . E rovinate noi, e rovinate voi. Ve– dete : qui sare,te ,ben viste dal :padrone pe rchè rate i suo i intere ssi, ma dalle vostre compagne sarete seg nate col marchio deH 'infamia, Per la strada vi diranno: crumire! Non la se ntite ,que– sta parola? Non comprendete come sia ribut– tante? Non ,pensate che rovinate .altre vostre compagne? P•enSiate a quello che un poeta dice dei crumiri ed avrete vergogna di voi stesse. E il poeta ,dice : Son ignudi , e sul volto d'idiota portan scritta l 'impronta del tristo; come Giuda tradì Gesù Cristo il crumiro tradisce il fratel! Su siate solidali con rnoi. Se domandia mo qu1alc'osa di più al padrone che ci sfrutta e ci dissangua, è p:-oprio perchè non se ne può fare a meno. Ciò lo vedete anche voi; perchè vi rifiutate di migliorare le vostre condizioni? Vo– lete p:-oprio cantare : Levan gli altri orgogliosi la fronte noi pi eghiam rassegnate il groppone ·sferzi. sfrutti. ci umilii il padrone chi ci paga fedeli ci avrà? No, compagne venite con noi. Dovete ricono– scerlo. Se c'è dà soffrire lo far~mo insieme; ma uscite da questi antri in.fernali dai quali esca la ricchezza che mai godrete; lasciate l'offic ina sonante venite con noi che andiamo a combat– tere an;ora, fino alla vi,ttoria. Se siamo insieme "inceremo di sicuro. E ritorneremo qui, ma a fronte a1lta ed a migliori condizioni. Veni te in piazza, dove le vostre sorelle vi attendono tre– pidanti, ven ite a .portare la parola della solida– rietà fra le valorose che combattono anche per voi, ingrossate le nostre file, noi siamo la fa– lange dei disered .ati che combattono per eman– eiparsi, per raggiungere la felicità nel trionfo della pace e del lavoro. Non temete, donne, per i vostri bimbi; quando non avremo più pane per sfamarli li manderemo in città dai nostri com– pagni che ora guardano trepid ,anti a noi, spe– rando una viHoria, temendo una sconfitta perchè ci son le crumire. Non teme te pe i figli: avranno 8·el pane e ne avremo anche per noi. Ci verrà tla tutte le parti d' Jta.Jia, da com pagn i ignoti ed oscuri che lavorano neile officine tetre , nei cam– pi fecondi. Sarà la solidarietà che ci giunge dai paesi dispersi nell,a nostra bella penisola. E noi, commosse, ringrazieremo.. Donne lasciate l 'of– ftcina del padrone che ingrassa sul nostro su– dore e sulle nostre fatiche e venite con noi ,ulla piazza : quello è il campo di battag lia. Donne , venite!. . . >>. ,La Negra avev.ia commosso e pers uaso. Tutte uscirono accolte dalle acc l.amazioni della folla. li :padrone illividì dal terrore, comprese che per lui non c 'e ra più speranza e corse in casa del prete. E disse: u dunque, tutte, tutte contr • di me ~ ». Il prete non sapendo cosa dire biascicà una preghiera. Il corteo improvvisato passava sot to le An... stre: Il risca tto del lavoro dei suoi figli oprà sarà, O vivremo del lavoro O pugnando si morrà . - Le sen te, signor curato , come sono riso– lute ? Non cederanno mai! Non ne posso più ; vada lei : chiami J,a commissione a.peraia; dica che àò tutto quello che hanno domanda to, dica che hanno vinto , che ho perduto .. E che domani ritornino , quelle canaglie! Vada. .. Gaviali Ferrero. Quan_to noi siamo , dipende mollissimo dal~a educazi one. dall'esempio, dalla lettur a, • in general e <L<1llecircoslan,; e n elle quali ciascun • si tro va. M. Wf. lS!!i. f~nemione Itali nafiiov. ~o[ial\~ta aderente al P. S . I. ROMA -- Via del Seminar io N. 87 u Il Comi tn.io Centrale, in tesa la. relnzione del segre tario e qu ell a dell'amm inì st rn.. t o.re, nei rigua rdi <lclla Rivista il (( .'frm.7Jre Avan ti ))' fatta risonge re da olt re qu att ro me s~ a cura <lella Federaz..ione Giovanile Social ista. lt.a– liana, invita i compag ni tutti, giova ni ed ndul ti, a dare il loro valido contrib11to a que sta no – bile iniz iativa, abbona nd osi per sona lm ente • procu rando nuovi ab bonamenti, e le se-1.ioni tutte del partito a volerne sorvcg lì:ne e cu– rare la. il'ivend ita fra le masse p roleta rie,, . Jl "Senipre Avant i 1i esce ogn i fine me.s.e • costa I.. 0.20. L'abb oname nto costa L. 3 per un anno e L. 1.50 per sei mes"i. - Ai riv enditori la. Tiivit;ta. Yiene ceduta. a. L. 0.15 al fa.scicolo. L'Amm inis tr az ion e concederà un ,premio a. •b i w0<·uFerà. ire n uovi abbonati.
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