La Difesa delle Lavoratrici - anno V - n. 3 - 6 febbraio 191
GIUSEPPE SCARLATTI il nccbio interoazi ona1;s1a morto pochi giorni addietro in un Ospizio di Firenze. OfiO~E Hù BOIA Si era sempre vissuro in pace nel grande vil– laggio addossato ali 'immensa fore.sta dove i gi– ganreschi alberi uniti tenacemente fra dì loro dalle flessu ose liane avevano insegnato agli uo– mini l'un ione e la solidarietà. In fatti gli abitanti , vincolati da schietta ami– cizia fraterna , insieme coltivavano le pingui cam– pagne . insieme combattevano il leone dagli oc– chi fosforescenti stri sciante in aggua ro tra i canneti. vic ino alle loro capanne. Un giorno capitarono nel villaggio i figli del Norid. i guer rier i dal volto pa llido e dai capelli d 'oro; parlavano a suoni aspri e strani , ma riu– scirono a farsi capire . Se gli uom ini dalla pelle bruna acceuavano la loro amiciz ia bene , altri.menti li avrebbero uccisi am i con le loro armi che man davano lon– tan o lontano le palle di fuoc o. Non c'er a da sce – gliere , e l'alleanza. più o men o spontaneamente. fu accettata. In cam bio della loro protezi one gli stranieri voll ero l ·oro lucente , l'a vorio cand ido, le gem– me scintillanti. Passa rono gli anni e i bianchi insegnaro no molte cose ai loro protetti ; li addestrarono a com battere con meno pericolo personale le bel- _ ____ _,_,.~,-,!,d-¼a foresta e i fratelli dei vicini villaggi, insegnarono loro a bere l'acquavite , il liquore che brucia Je visc ere . ma ch e dà il pesa nte son – ao senza sogn]. Solo le mogli dei guerrieri bian– ch i, le bion-Ce donne dallo sguardo dolce e ca– rezzev ole insegnar ono alle brune loro sorelle il modo di meg lio guarir e le ferite , di pulire le case , di rasse ttare i bimbi. ln poco rempo il vilìaggb si trasfor mò in una grande cirtà divisa in due qu artieri , quello dei bianchi e quell o, un po' Qiù modes to, degli" in– Qigeni . dove peiò i capi , zd imi tazi one di quell.i su an ier i, aveva no sonruose abitaz ion i e, abban– donando comple tame n·e la primiti va semplicità , arriarcale , s i eran o circo ndati di tutti i comodi • di lusso . Nella trib ù ,dei figli del paes e era avve nuto un fatto auoc e : uno di loro , un giorno , dopo aver bev uw Junghi e mcftissim i sor si del! ·acqua di fuoco, che avevano porta to i bianchi, era di. venra!o più feroce del leone dalla fulva crinie ra , più folle del vento del deserto e in un impeto di ira felina aveva ucc iso un suo compagno che APPE'."DCE Vita ed avventure d'una riv oluzione russa Cinqua.rJt'anrd or <:,(,nrJ la n.1sc;ia giaceva an. to rd in 1rn C'Qft1r,lr::t1J !etar;:t 1 ). I c0nt:-. 1.IJ, ni :.df::rnat i , :Jvviliti iI1 una. oondi– ~k,ne ,Jj cvmpl.e·a. fiacçhez7..a si r ibella.vano in ~ rn.Jche pro·. ir1<'· a fJ"" ur·cider~ un prapriet:-i,. ri o <li ~ne~1i, r> p:;:or,hano fJf•rciò fustlg:iti op– p1JTe jJ:,-,pjr·r: :i.ti. JI J, rrJ ,,:r·v 1· -mo r ci".Jfflple– V.,: rarnm.ento r:t f? ,n uionw. :.1vevo all<,ra cli– tia nnove ann:, <.fru.j r·uanto rJe e~tassi i cat,.. ti- i f':'rr}ci flO\ ern at.ùr <·be ""'manava n o pr•T la m ·nirr:a rJ,Jpa, ~r.f1::n1~ cii morlei etJb"ne, la m ia r,utrir-P, una \P. ·d·!,1 .,,nt.a1 1 in:-1.. m, pre,. gò r1i parfarP ""~mm~s.:' J.rf 1•11t~. _ .. lfra m~dre er::i pM fon<J:iraerJ'>' reh!r<rf'L 'f. g:norando la faJ"-a }lJr~ dP.11:i"h·es::i vrer::i, n<m p ,ensa.va altrn rhP cl;'I imr,ri:nP.r•• nç;J_l':1.nim,,'. d~i , uoi fiµ,Ji j prP.reH1 mr.1-raJ1 rJel rr1cit:~n1::~1n1,.,, Il.a il r.r,r1tr:isfo ~tridente tra. quf?s' i rn9;gn:-J– ment; e il ~enPTP. ,Jj \ it:l ,·hP si <"'m,Ju<'1>v:, nr,n ta rdò a cqr ~"" r>vivi,~imo" :t t11rb:1rrni l':,nim.D l.1'a. m:-idre m: ,J:rt:-va di Nmsidt:-rr1r" i 'Sf-rvi eome fraV-JJi P '-'JrPllP. ma rrunr1do m: co71i~v:1. a parlare r- nf:d nzialm1-n 1 P ron !or-.'J, n•·lh ç ande r:11c;rw, :-d!ora mi _d'.re.. ~ rn ton<, ;.,. -,,poro rh"' io n<m dt,vPva d1m~nt1r:.ir-e a qlJ,1}~ eJa..~c:e:n, ra.rt, >nPvo, f> drn r-ro fi.1?lia d! ~r,bi_li: Lei m'ir>~f,'I'J<t.\'a 'TP i prer·ett! cr 1.shar11 1 hA DJFESA DELLE LAVORATRIC1 cento e cento volte gli era siato frat ello nel la– voro del campo , nella lotta contro le fiere della foresta. 1 capi della tribù si adunarono e disc ussero a lungo circa il modo di punire il colpevole. Neppur e i più vecch i ricordavano che nel loro villagg io fosse avv enut o un simile delitto! Uno dei capi più potenti, intimo amico degli stranie– ri, ricordò che qualche anno prima era avvenuto un fatto simile tra i bianchi : un uomo dal cuore più duro delld se lce aveva ucciso un fratell o, e allora gli altri avevan o fatto altrettanto, avevano condann ato a morte l'uccisore per insegnare , uccidend o, che non si deve ammazzar e... ; dun– que ora , per most rarsi civili, bisognava fare co– me loro. In van o alcuni , rimasti sempl.ic i e perciò buoni, fecero oss ervar e ai compagni che mai nella tri– bù si era alzato per punire il coltello omicida sul fra tello, che la migli or cosa era di mand·ire il colpev ole, non già neila buia fossa, ma ne\!a se lva a meditar e fra la solitudine. a calmare le furi e del sa ngu e nella lotta disperata, senza tre– gua, conrro la natura selvaggia. Alcuni poi os· servano che , verameni e, in fin dei conti, di quel luttuoso fatto, la colpa era , in buona par te, de!la famosa , acqua d•i fuoco che accendeva la pazzia nei cervelli , e indirettame nte perciò la respon– sab ilità era di chi aveva introdotto fra loro que l ma lefico liquore . G li osservator i inopportuni fu– rono sub ito costretti a tacere e la condanna di morte fu pronunciata. Venne promesso un lauto com pen so a chi l'avesse eseg uita . Passavano i giorni ma nessu n boia si pre sen– tava; allora si fecero ricerch e anche nelle tribù vicine ma invano. Int anto arr ivarono queste vo– ci fino al romitaggio di un bonzo, un sa piente che viveva sereno e felice nella sua pagoda cer– cando la verità nei misteri della natura e nei libri dei Veda: Venne du nque a sapere del tri– ste fatt o e del! 'orribile ricer ca e si mise in cam– mino; arr.ivò dopo lunghi giorni di viagg io alla città e si presentò ai cap i della tribù. - Sono il boia del quale voi avete bisogno - disse loro. I gran.di della cit1à gli fecero allora un lungo discors o ; lo felicitarono, prim a di tutto, per il grande cn ore che gli toccava : egli diventava l'esec utore del più solenn e atto di giustizia al qua le tutt o il popolo indigeno, tutti i capi del– J 'eserciro bianco avrebbero assisti.to ; egli, I 'ese– cut ore della giustiz ia idiventa va sacro nella sua persona , degno del più alto r,ispe uo.11 filosofo ebbe un sorriso indefinibile e s' inchinò compre – so, forse, della grandezza simbolica alla qual e assurgeva la sua persona . Venne ,iJ gr an giorno: in una grande spfanata furono dispost i intorno allo spazio dove sarebbe avvenuta l'esecuzione, i guerr ier i indjgeni con le loro lance splendenti al sole, e i sold ati stra – nieri armati dei loro fucili. Sopra un palco or– nato di pelli di tigre avevano preso posto tutti i capi de lla tribù indigena e di qu ella bianca. In torn o intorno si pigiava schiamazzando iJ po– polo. In mezzo alla spianata fu trascinato iJ con– dannato: camm inava come trasognato , con Io sguardo inebetito. S 'avanzò il bo~a, con la spada sguainata ; prima di tutti s'avv icinò al palco delle autorità e tese loro la man o in atto di cordiale saluto ... Tutt i ebb ero un movimento istintivo di re– pulsione e chi con un pretesto. ch i con un altro, evirarono di stringere qu el!SJdes tra che fra qua l– che istan te avre bbe spar so sangue uman o. li filosofo , allora, ebbe un riso amaro e disse a voce alta e sev era. - Rammen tate? solam ente ieri mi procla– m2ste l'esecutore sac ro del più solenne atto della vostr a gius tizia.. ed ora, di fronte all 'at• tuarsi di codesta vostra giustizia dispr egiate chi quaJi <'i difono di don are il super fluo ai po. \,e ri,_ ma qu;wdo un matti no uscii per po rta re il mw hcl ma nt.ello a un a p iccola. cont.acl.ina r·he gelava, allora mi sgrirfo ancora se\ era.– mente. Comind: .d a medltarr- serianient<>. _\{;o padre, IHJmo daUe idee larghe, lilJerali, rn'aiut< J a pensare. Con lui /essi nurn ero s<! upe– rr• d: "-.d ... ri1,,P, P di viag-gi; le srif'-nze !-<JtinJi fini– rr..1nr.1 per r1,~c:orb:n~ r·orn1i1'•tarn<'11te la inia meu. ~. A v•did i1nni avevo giit. letto rfHJlt.e pagi n e di Voltaire, di Housseau e di Dider ot ed avevo !>LJJ<l·ato r•ùn. er1tus·a-.mc, !.:i. Tiivolu zion e fra n– r.:.e~. s,,..pevn pooo il r u~.so pncl1i! nella Jir ima in fan zia :i.vevo sr•mpre parlatQ fr;mer·'!-C, poi avevo an,tn una goHma,11,, tedf'-.c•a chi• rn'a– \f:v:1. inf>e!!n:Lta la sua lingua. l ri quei tf'H!pi il pr-ns:em 11nivf •rs.de g'iun. geva. ntrn m1Jf1l,Lt1..1 d:dh.t. r·e1.s11rii, rus!';a. Le Jet.. t1Jre rn; rivevwH> n1tusi:1srnal:,: vedevo :ntorno a me de;d i ..,./d avi r~ sP.ntivr, vivisc;irnr, il (lo:,;i– tJ,·rio di W•(.lf•rli liberi ('. rredl}v() <·lii' lrl lo ro em:.uw·r,:air,m• p<,k.-<-.. e tJvven:re J')P,'r mezzo dPi gr,vfrnn.t1,ri; in me non era :mc-or:t soT1o w·s– "'"' sr,idt,-, rivril11zirm:1rio. Oup, tn fu Ja prima rtrat ti· "fH>r:, 11,~1 lil><•r:, I :s,n<i. L 'aholizi1m1 • drJ. 1:t. ,'Prvilù rJr•lh1. gl~l•n: r J';~ti 1 uz·r,n<> rJr•i giu– rati f rr,r10 f'.fç;sfo ,.ff,'.ltu:,tI, Sembrò a tutta r,rim:i <hP. q11r·~t.r: dforTfl•~ n.- r,;;~r,, in f11~1nelhL Hu«Ji:1 ur, Trn<J'.,'<J irnr,JJJs,, o/1 1 in.IP .; flll<'stR buon<' t:fJl.ziP rn'a\.·r• 'ino f:if.t<> trr1,;;rt!ire rJ' y'oia. Vnrn: a ":i r*re <'11<' molt.P P rn<,JIP pr•ry,ne N,Jft., Nimr rnr,di<-i, m:-v•';trP. N'<'., :,nda•.·nnfl vo. Ir,nbri:,J(lnJtr· :l viw•tf' in m.,,zzo :ii cont.:vJini; dir r,r:J.r,o ,trii,-, :11,r•rt,f s<-w1I" d'ai:,.rr·;rolt11ra e dv·.. <;] ~ndi:1v:1no rt,,j omYPtti <Ji falt<)r·,.. mo. <J,.1Jr1; d1P t11tto <'ii> -.;i fa<"l'•va per inseg-n; m ai crm-t:1,1]iTJi :-,1. viv,r,.rr, IH~ri. Fort~~ d g'o, :-1riilir•ntusif'I mi ar1rii una scuo- l'ese guirà? ave te orr ore del fatto concreto delle vostre teor ie? Oh no, non può ess ere nè santa , nè giusta , nè umana una sentenza che non solo non ,av.rem– mo ,iJ coragg io d 'attuare noi, m a che c'isp ira ribrezzo ne l suo esec utore. Così 1dlisse il so~itario pensatore poi, spezzata la spada omicida , si allontanò tra ,il silenzio , lo stupore genera, le. G1uS BPPINA MORO LANDONJ. IL GA'lTO E LA Bl~IBA In una gl'a.Liosa vill.et ia, 1·a1Jeg rata da un pi-cc.ola gfa1rdiJ10 vivo no i n un a discreta a.gia– t,ezza, d.ue coniugJ 1pensi on n.li e senza figli. No11 ne hanno m a.i av uto, e tu tt::> il loro a.mor e si è riv ersa to SOJ)ra un gatto a cui non man ca nè un bu on vitt o, nè un soffice letto, nè i g iuo• caittoJi fra. cui wna bell a pa ll a dn.i va.r.i.01)iJJLi colori. La sig nora. ha pe•r lui un a vera ado– razi one, passa le ore ad acca1ezzair lo lisciarlo ed orn a.rgJ.i il co,Uo con un n astTo che cambi a di tinta secor.òo la moda , o che or a. nattwa:1- men te, rap pr esont.a j color i na zion ali. Un giorno il gat to si tro va.va iJ1 gia,rdiJlO e dopo essers i roso la.te sotto il saJ.e, si 1ni se a. rinconrel' e l•a sua pal la va riopin la , destand o la curio sità <J,j una bim bet.ta cli qu att ro aJrn i ciroa, mezzo intiri ,zzit,a daJ k edd o, la qu ale si fe.r1nò a. guard are il gatt o fortun ato con . una liern ,punta d'in vidia nelJo sg-uai.rdo che, for. se , non si era ma,i po!::ato sopra un gio ca tto• lo suo. .In qruel m omento lo. sig;nora usci-va jn giar• drno 1)er so:rvegLiare il suo tesoro. e, vista la bimb a, !,e domandò as pramente: - Che cof:a vuoi ? Che cosa gua rd.i ? - Gua.:rdo cruelJ.a paiUa , signora sa.rei tanto CO!l,tenta di p'qsse,cJ.e,rJn 'J)er !)Ote.r gioc are col mao f1 1 a.telLino !,... si-a IYUona, la clia a me ! - Non tj vergogni a -cerca re, accattona. ? - gridò la &ignofla adir ata. Va a casa dall a mamma e djlle che ti tnsegn i l'.e<lucazione. La. p.i,ccina s.:i aliOJ1tanò con du e lagrime agli ~eh i, e chi'SSà qu a nte cose sa ranno pass ate Jn que lla testolina. Ma la signora non vide quelle 1agn im,e e se a,nche le avess e visi.e ne \'lvnebbe riso oor!am ent.e, non intuendo la. temrpesta susdtata in quella piccola anima. EIJa1. che non è mai sta1.a madre . non p·uò co,rnprend iere quosti piccoli cru ccj i ·nfanti.li , ed ignor,a. lo st1ru ggimento tonn e11fo50 di chi non può esaudi re 'l'innocente desiderio d'un pie– colo essere adorrut.o. GIUUA FERRITI"! FEHRARJ. Turati a sua madre Quanta part e abbia avuto la ma du di Fi. li~po Tu rati, JUlla forrnazione del suo 3pirito dt _combattente per le più alle ideali t<i, lo si P~ anche desumere da que3to fin e ed appas – s~onato sonetto che 1'urati poeta - cioè gio– ~ n - dell at,Yt pi.ù di. tr,mt'ann.i atldi.e l 1:"t>. lo togliamo dal uprimo ed ult imo" volumetto di Strof e eh.e l'amico nostro stampava n el 1883 e lo pu.bblichiamo convinti di far cosa gr etta a'i nostri lettori. Mater amabilis I Ella è l a 'tace di mia vita oscura, la pace ne la mia guer ,ria nefasta: ella è il conforto de la mia s,ventura, quand o tutto è ,partito e!Ja è rimasta . Il riso de Je mie povel"tl mura, la più ascosa mja ,gioia e la ]')1ù casta : o mondo, o amici, o perfida natura tra.di1.e pur, tradite; ella mi basta. Quante volte lei guardo (e son tant'a.nni ) imparo sempre qu.alche cosa nova, colgo un po' di vjgor .pei molti affanni. E' suo ragg io ogni m io poco splendore, è sua prod ezza ogni gent il mia prova: o m adre, o pri mo e mio suprem o amor e! La chia m ata alle arm i dir a– da le file dei com ba ttenti nel campo del socialismo. Com– pagne, spetta a noi pre nde re il lo ro posto! la pi-esso i nost,; IJ)ossed imen ti. Allora j J con– tadino m'a pp arve veramente qua.le era: ab . biett o, ignora n te, i1idifCerente anc he o c1uei po– chi d irit.t.ieh.e già J){1ssedeva, cur ante solo della sua. capa.n 11a co~i.ruita cui fango e del suo pe z. zetto cl i t.el 'l"U .. Circa. n.i go\ c>1na.1.tni il conta dino 11011 sapeva. al tro d 1e il dovere - in tempo ili pace po rta re iJ tributo in dena ro e in tempo <li guerr a offrire l'olocau sto d-el-0 giova ni vite dei Jigliol'i. Le notizie thc circolavano avevano però de– stato in fondo al loro cuore l'assopito senso d ì libert à, I venti <:ontad.ini dell :t m ia S<'uola, c01ne gli rdtri mil i,oni di c01ita<lini ruRSi, supp onevano che la lc-t,ritt.im.a,prodnm,11.ione della loro li– hert à fosse t.<'n11ta nru-{·o~ta e [111rlnv:u10 dni prop r iet a r i <U t,crren n n \ ivn.Jnf'nt.P rer.la.ma ria. F'in alm<"n t.('> il mnni fcst.o f'lflélfl,•ipator" ar– i-ivò : i ,. n':1d i1ti Pt/J110 J:Jic-ri! pd allora i pn,.. dl'0JJ! li ~"R<'<"ir11·r no. ~i dir'lf' a d;i,,c-,mn un pezzr ·tt,> rii :tritio t<-rrf"no :-.ul q1wlc f'ra J)('rfet– tam e.11,, n,r-rn <li m"11ro di farne! T conta dini no furono <IP· -oln.ti: nrm c.,i ('rnino mai im rnng i. 11:.itidtr · un µfo rno :1vr~hh"'r" pol11to f•<:s,prr pr i. vati <lr•lla J, ro \(•N·hia !('r ra. ~ulla. qu:de :Lve– vano t:uito ·,11<la l.o! Per t;wli ~N,li q wtl1111q11P domi nio f>rn vn.– lut,,-it.<J :-t ~('N.111<J:1. , er1r a11i11H' e-tip ront"11eva " \enrl11f.1, :1 <1•rr111la rli qnp,c;,f,,nnrn-<•ro fl'n.r1inic. L.'ur,rtto <i Ja t,f'r,•;1 <·rnno H·mprP pn...c;,c:n,t i in. c.,iPmfl <h J1r1~pr'14:Lrio n f,rùp1·iettll"iO, qu:ndi il N111f:1dino JH ns;1v:1 d1P la <ma p<'1·~on:i.r la trrra ~:in•lih1 ro '-lttti 1::m:111,•inat.iconf.<>mpor a– ne,a11i"11tr•, (' frr·rrv•n t.-. <..Li <·ollera riflutù d'a b. t,a.n<Jnr1rtrP n111•ItNTf"Tl() rh<' rer anni P anni avrv a fN·,>rul,11/., r-on il <-11n la.varo. 0h. Jind/'CJne, 1tri< lt1.va eg1i 1 C'Ome pot.ro UNA CURIOSA NOTA Pr ima della dichiarazione della gu erra, lungo uno dei cors i principali di Milano, si leggevar su di un albergo la scri tta: H Albergo Monaco •·. Monaco, se ben r icordo, è città tedesc a. Quan• do si scopersero le spie aleman ne una banda di teppisti colp ì ditt e, uffici e case col pre testo che odorassero di tedesco , ma servendo anche a scopi inco nfessabili, In quei giorni, ripas sando davanti ali 'a lbergo citato, vidi un segno imperce ttibile al mio c:,c. ch io nudo - rn no miope - ma che mi fu de– cifra bilissimo quando inforcai gli occhial i. Il se– gno era un del - e la scri tta risultava quindi così: Albergo de! M onaco. La città tedesca si era fatta.. J.rate. Io però vorre i sapere perchè da alcuni giorni il fra te è scomparso ed è tor· nata la città bavarese. L 'albe rgo è tornato u Al– bergo Monaco n. Pen so: la guer ra , pur troppo, non è cessata - le spie tedesche, pur troppo , lavorano .forse ancora al! ·ombra del la Madonnina del Duomo. Quind i una delle due , o l'Albergatore è un uomo che ha un coraggio da leone, o i frequ en– tatori del ristorante sono liberi pensa tori che non si adauavano a prend ere i loro pasti sotto l'egida di un frate.. e minacciarono la diser– zione in massa. E allora: guerra al frate! e, per amor - non di patria - ma di casse tta, si rorna all 'ant ico. Il mondo è bello anche perchè tanta gente è buffa. L. M. Il Genio cli Garibaldi ha vis'suto nei secoli e n ei secoli vivrà; e passato a traverso tutte le ri vo luzioni e ne sarà lo spirito eccitato r e; ha inseguito il tri onfo e non l'h a an cora raggiun – to. L o raggiungerà quand o.. non so quando, m.a nel giorno in cui splenderà sovra tutti gli ttomini , a riscaldar li egualmente. il grand .~· sole della uguaglian;a sociale . G. BOVIO . Siprena dinan tirare troppo larnrda Chi edfamo ancora un po di spazio alla cor– tese u Difesa, delle Lavoratr ici 1> e spe riamo di cavarce la con pcche ma chiare par ole . Vi è a Milano un Dirett ore Compartime ntale dei telefoni che conosce così poco il servizio al quale sopra intende da poter supporre che le telefoniste possa no per mesi, ormai sarebbe qua . si giusto dire per ::anni tietct u,•c...t.,"-""""""''-_, ______ _, milla benchè zoppicante <fall 'in izio deHa guerre, sobbarcars •i alla grave fati~a ,d'i un sup plem ento d'orario nel reparto Croce Rossa. Se la prosa direttoriale non fosse soverchia– mente proli ssa non ci parr ebbe inuti,le il ripro– durla pe rchè ven isser o infornl!lti gli uomini di scienza e di medic ina, i quali in passato opi– narono che il se rvizio di oomrnu~azione è gra – voso e de bilitante al punto da richiedere dei lunghi per iodi di riposo tra l'uno e l 'altro turno , che · il nuovo verbo ass icura che tutte possono senza nocume nto chinarsi sulla macch ina da cu– cire o da maglierie negli interv .alli liberi dal servizio. Sarebbe inoltre interessante conoscere che il servizio notturno non è quella cosa iniqua ed immorale che lo stato abolì anch e per i panet– tier i ma che invece è pos sibile , dopo essere state alla commutazione idla!Je ve ntidue alle otto. - Se i conti tornano sono dieci ore filate - pres tate nella giornata. Al meno quattro ore alla Croce Rossa: che quando si è d'orario dalle quindici alle ventidue si può in rP.19.ttina far pre – stare le ore· idem; che nel pomeriggio come sopra ; che nelle domenich e libere - una 1I io sfa mare i miei figlio li du ran te r iJwern o r UB– w così lw1go e rigido ! Con un terr eno cos ì ar :<10 e ipiccolo a n oi non re~ta elle mori r dJ fame! Questo grido strn.zja.nte s'e leva.va dalla Rus– sia. iJ1tora . Jn cia ~cun dist retto il gove rna tone nomi nò un arbit1·0, il qu a le avevn l'in ca rico di pe, ,sua de re i conta d ini ad abba nd onare le terre padro nali, Le tr uppe rurono aqnarlierale i r i.beJli fu ron o affamai.i nelle lor o cM'.e; i vec. ehi batt uti da.i soldati ub briac h i; le fan ciulle rapite . Lo sdogno ,la fln ~ia dei contad ini aiumenta.. vano ed allo ra inco min ciaron o le fust iga zion i. In un vi li agg io vicino aJ nost ro i lavo ratori av-e\':u10 rifruta. to d'n hba.nd on are le lor o terre, :ù l<>nL furn ,10 r1·sro-.ti in file nelle stra,cle del )):':f'"'- ·llo, eh ogni li11en. furo no fatti usc;re d ie- 1·i ucmini, i r111:ili ven nero fr usta.ti crudelmente C'osi <"11e t1lr u11i n-e 1no riro no. Tuttavia i con ta – cli11i Iesistette ro, e rlu.~ sett imane dGpo orrni uomo su dnque fu battuto. Eipp ur e quei pov'èri <lisgra z.iat.i I e~ic.t.iwano disr,er ntnm Pn te: allor a ciaS,<'l lfl i!J!fividu o ft1 crud el ment e fru stato. QuP~t-0 met.r,do feroce fu applicn to per cinque an n i i11teri i11 tutta ln. n ussia, fìnchè sangui– nr,nti, spos~a.t.i, i pove, i ronto.cli11i cedettero. Ne lla mia s<""uola. scn lii desc riv rr e seene f'. 'l.ll• f."O'-.{'irxc;e {'(} a!tre mc n e raccontò mi o padre di.e <•ra.l'arhilro <lel dist retto. J pove ri lavor a. t.ori \Cn iva.no da noi g iorno e nott e in folla. e molti d,,ve,vano ven ir tr a~oo r1titi, p errh ~ iJ knPut li aveva storpiati! Delle vedove ra.cco11- t.av :mo tr a le lagri rne come il loro m ari to tose.e filato ucc.iY> da vanti a loro. (Cont inua\ .
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