La Difesa delle Lavoratrici - anno IV - n. 12 - 27 giugno 19

IL PUPAZZO Roberto s' avvinghiò al collo del babbo e gH diss e : - Torna prest o, Dom ani o stas era, E portami un regalo. - Ch e regalo ti devo portare? - Non so , :\follo bello , Il regalo più bel- lo del mondo, - Allora , rispose il babbo sorr idendo , per nascondere la sua com mozione, dovrò farmi fare un paio di scarp e ferrate e gi– rare 1 gira re, girare il mondo intiero flnchè l'anò trovato , - Ya bene, disse Roberto, gira tul lo il mondo e torna doman i. Ecc-0 il treno, Il babbo cede il bambino all a mamn-.ia, con la quale scambia ancora qu alc he par ola d'a ccorata. tenerezza , un sa– luto ultimo, un cons iglio. Le ultim e parole dell a donna sono: - Ri corda ti. la guerra è gJà cosa terri – bile, qu and o lo puoi sii gene roso . E il soldato risponde : - Sta sic ura , sta sicura. '.\ella notte il paese llo è stato preso dopo un iuribon do assalto , li soldato ha la sen – sazione d'essere Yivo per un mira colo ed ha bisogno di un'ora di qu iete, dopo la mor– tal e stanchezza della notte , 11 rom bo del– ra rti-glieria tace . La montagna riacqu ista q uella sua pr ofonda ed auste ra calma , in cui il silenzio sembra accog liere e far Ja • cere ogni ,·oce ed ogni dolor e della vita. Yi è una casa tran quilla , con un' ortagli a daYanti, fior ita di malvar ose e di violacioc- J cbe, En trerà e chiederà ospita lità , :via ce,to la casa è deser ta, I In,·ece una donna . che lo vede enLrar e congiunge le 1r ani, in atto di pietà . E vi è nel suo sguardo qualc he cosa di più pr o- I fondo e di più tr agico delle terribili paur e , de1la gue rra. Il solda to e la donna parlano in una lin– gua diversa e non si compren dono, Ella chiede pietà ed egli vuo l dirle di star e tran – quilla, Gli occ hi disperati dell'un a inten– dono lo sguardo rass icura nte dell'altro, Ma qua lcuno si muove in un piccolo letto ; un b ambino ! Oh pove ra creatura ! Certo de,-e a,-ere le ore contane, Il soldato gli fa un ceilno, poi guarda la mamma che gli rispon de con un gest o mest o e scons o– lato, La ,·oce di Roberto , risuo na, nella su a gaiezza, nel cuo re del soldato - Pap a, por tami il regalo più bello del mondo! Ecco, forse in una trincea lontana un al– tro pa dre pensa alla sua creaturina abban– donata e non sa che la mo rte sta per por– targli ela \·ia. La mort e, il solda to l'ha pur visla, tutt a la notte, e faccia a faccia, l'ha sentita vi– cina ed inesorabile nel fischio delle pall e, nel lucci chio dell e baionette, nel rombo del cannon e, L'ha sentita, rantolante vicino a lui, e pa reva che la pietà e la paura fossero esulate dal suo cuore, Gli fa più pena, un a pie tà più dolorosa veden dola, in agguato , die tro quella cr eatu rina inconsc ia, leggen– done il te:rr ore neg li occhi della madr e. n bambino la guarda, senza Jlaura, _Via ha un 'inq uietit udine strana, la febb re a!Lissi– ma, qu alch e rn lta pare che il respiro gl i manchi. , An che Roberto una volta è stato malato , E lui solo, il babbo l'ha quietato, Fors e riu scirà a qu ieta re anche que l povero bambin o che non trova requie, Aspe tta, !\'on pu ò fa– re qual che cosa• Si gu ard a atto rno, nell'an– ~olo del cam inett o vi è un pezw di legno, " li far à 11n fantoccio , Si siede vicin o al Jet- AF'PENDIC ,, 6a casa ospitaie :\les si a posto i pia tt i JJtUa credenza, riordi– nata la cucina . ~farg herHa ~i affacciò all a porta deJla saletta da pra nzo per augu rare la bur,,na notte e congedarsi. ~ella saletta, presso al fuoco, la signor a e il marito par lava no a voce ba ssa ;1e bimbe rit agliav an o figurette di cart a sedut e alla tavola, uria luce mit e e dolce si diffondeva dalla lampad a velata. La donna rim ase ferma sulla sogli a : - P o~so andar e, sign ora? L& f-.il'.-.'llOra si voltò: - :\1a1'gh er ita st:.ìxamo JJarlan do <li voi. Ve. nite avanti!. Marg her ita entri1. La ~ua ~.lta. figura Pra senz a li nee e senza grazia nell'a bito nero , sot– to il fazzoletto che le copr iva il <·a po, il_ vi,;;;r, largo. buono ertt arrossa to di pianto. ~ bim bP le corsero incontro. . . _ Siediti qui, <dediti qui! Guar da il mio ca– vallino , la mi a farfalla! :Margherita s~ sede tte do,·e volevano le pic– cine e le carezzo senza pa rlare. La sfonora si era avvi cinata 3-lla tavola: ((:\1ar;h erita , mio mar ito ~ io pa rla~amo di \·oi. Diceva mo che invece d1 \·enir qu1 due volte il giorn o ad ai uta rmi, avreste potuf:o re• sta re definiti\ ·ament e in ca.,;;-a nostra. Voi sta• LA l},iFJlli.t »lllLl& li V-... - to e com incia a lavo rare , con un coltelluc · cio, porta to da casa , li bambino guarda con occhi intenti , Quant i fantocc i ha fatto il babbo per Ro– berto! Dei pupazzoni grottes chi che lo cal– ma vano quan do piang eYa, che lo facevan o ridere e ridere quan do agita vano le lung he braccia, informi , .Forse il bamb ino ma lato, avrà un sorriso anco ra, quando il fanto ccio sarà fatto, Uno st raccetto per vestirlo lo trov erà, gli farà un cappellucc io con un pezzo di cal'La. Aspett a, deve avere una busta in tasca; in guerra tutto serve. E il bambino guarda, Gli occh i, più qui e– ti, ri posa no, Guarda il coltellucc io, nell e mani abili del solda to, il pezzo di legno che si trasforma ra pidam ent e, La mamma s'è appisolata un mom ento, vink~ da qu01la stanchezza terribile che prend e dopo una lunga veglia. Si sente nel · la strada il passo di qual che soldato, Ecco la testa del fantoccio è fatta , Il bam– bino gu ar da e gli passa nel viso l'om bra di un sorriso. Anc he gli occhi del soldato s'app esanti– scono e il colt.ellu ccio gli cade dalle mani qualc he volta e il capo si pieg a, Ma lo sguardo del bambino sup pli ca: - Ancora, anco ra ! - Yla certo, che te lo finisco, povera crea- tu ra , rispo nde con lo sgua rd o il soldato. E lavora lavora, Qua ndo la donna si desta, di soprassalto , Ha ucci so un uomo . !a ghig lio t t ina un po' vergognosa di que l breve ripos o, il bam bino dor me con il fantocce tto tra le ma – ni, e anc he il soldato ha piegato su l letto , la testa stanca e riposa tra nquillo, Soltanto quan do il bamb ino muore, po– che ore dopo , il fantoccetto gli cade dall e mani, Il sold ato piange, Ahimè! L'ala della morte ha pr ecip itato il suo batt it-0attorno a tante giova ni vite, Ma la morte è venuta in con tro a creature con• sapevoli, Ma perc hè quel bimb-0 è morto ? La guen a sarebbe finita, e ancora per lui sarebb ero fioriti ò prati e ,wrebbero cantato gli uccelli, e l'etern a speranza della vita gli avrebbe arri so in cuore. E Roberto? Ecco il regalo che gli avreb be porLato. I1 piccolo fantoccio, Gli dir à: - Ho gira to e gi rato e giralo e non ho tro valo un più bel giocattolo , , Vi era un bimbo come Le, con due occhi dolci come le, E poichè doveva andar <i lon– tano, c-0sì laotiano , che ness uno l'avrebb e mai pi ù visto, ha portato via la visione di quest'ult imo giocatt olo che l'ha fatto sorr i, dere , Roberto gli dir à : - Ma dov'è andato quel bambino? - Non so, rispon derà il babbo, più lon- tan o delle stelle, forse, E il pupazw gli è cadu t-0dalle mani, per te, perc hé tu giochi e sii bu ono. M ARTA PER OTT'I BORNAGHI' Ne ha uccisi r 5 oo : la croce ~ _ ,~· ~~ ~ f!~ _: . . ~ ' . li Kaise r ha conces s o ai coma nd an t e del 50 ttoma ri no che affondò il "Lus itania,, l' t>rdine a l merito d i guer!'a. .Si e molto discu:,;so in questi tempi intorno alla dif[eren:.a tra l'educ azione svolta nella scuola dai maestri tedeschi e da quelli france – si. 1 primi tendenti a quell'iperpatriottismo che hu fJTepatato il buon terreno della guerra del Kai ser. J secondi , invece , inspisandosi a un coucetto di patria in armonia col diritt o delle alt re patti e.. .Yoi pur dando l"im portanza do'IJUta all'edu• ca:;ione scola stica, sapp iamo però come essa sia r ela W·a di fronte a tutti gl i elernen U eh& aai sc&no sull'i nd ivi du o e nella famiglia e nella socit>là. Jfo ap1mnto a caralleri:.zare 1.(,n am – bi ente ch e agisce su tutto e su tu tt i, ci ·oiace· ricordare questo fatto: in German ia maestri socialisti che facessero pubblica propagan da della loro idea, sarebb ero senz'altro licen– Z!iati. Ah questa nostra povera It alia, coi suoi crucci, coi suoi pteli, coi suoi questurini, ha pur e r1valche vantaggio sulla arande, sulla i nrhu lrP r: Prm nnia' T·Tri ciof qn ell e trad izioni te rnale .senza compagnia , fo ho bisogno di avere tutt o il gi<J ITIO un po' di aiuto. Le mie bamb ine \'i sono affezionate e .c:e ci metti amo <l'accordo sul mens ile... ». Uno sc:oppio di pianto int ei-rupp e la signora. Le bimb e che avevano ascoltato , ass ali rono d i rfornande :\largh erita: - Hai rpaura, di dorrnire sola, perchr è morta zia P.o--a? - Vieni ad abita re in ça.sa nostra ? - Dormi nella r·arnera dov'è il letto c;enza coperta? Marg herita :J\ eva r1re~o la manu della si– gnora e la stri ngeva con ten erezza devota. - Grazie, gra zie. ~Ii darà quello che vorr à ; anche niPntf-, purc hè io non sia sola come un can e ! E fu c<Jnvr-uuto ch'el la dal gio rn o dopo, a– vrebbe assunto il sr rvizio in casa Darr eni. Quella sera, entrata ne lla sua camera e ac• ceso il lume, non ebbe il s.enso di freddo e di sgome nto della sera passat a. Tutto le parv e ugua le a due sett imane prima, quando :da Rosa viveva: bia nco della solita bian chezza il letto, scur i e luce nt i i mobili serena la vergi. netta di cera, sotto Ja campa gna di vetro e tra i fioretti bianchi, <'onfident e e buona la pol– trona su cui zia Rosa aveva ipass ato tanti giorni agucc hiando e leggendo le sue vite di santi. Il cardellino dormi va, e gli ultimi fiori rosa dei gerani ocrhieg giava no di tra le foglfo ancora ,·er<li e c.-pesse.Poi chè an ime buone le aveva no detto: u Vieni con noi!», non aveva più ragio ne di pia ngere. Zia Rosa l'aveva la,. lib erai-i di cui noi non abbiamo m Hi lo se ri– cordiamo: Qui eran grandi, e là non eran nati. .. Si volle attribuire alla bontà del governo te– desco, anzich è all e condizioni industriali la buona legisla zione operaia e il benessere della classe p1·olelaria. Noi non crediamo: ci insegnò proprio Marx che la struttura economi ca non dipende dal• le forme di governo . In Germania si camminò in un senso, ma per un fenomeno su cui mol -_ lo ci sareb be da dir e, si e:bbe un ri stagno in un altro. Perciò le buone pens ioni di Bismarlc sono pagat e a pre:.zo di sangue, e i pensionandi non aggraver anno di molto le casse , statali .. Ci fu un tempo in cui noi non fa cevam,o al – tr o che ammirare la German ia. Ricordiamo ie parole di un com pagno di moUo valore: - Ah, quei tedeschi, sono come i bamb in i! hottrmo i piN li e credono di marciare.. · sciata quan do era venuto il suo giorno , ed ella via, doveva ama re la nuova casa che le si a• Priva , essere de,·ota a chi aveva sentito pietà della sua solitudine e rLngrazia re Dio che non l'aveva abbandona ta. Co5i Margherita entrò come ctomestirnin rasa Darr eni e fil per la famiglia un a ene rgia prezio sa. Poi chè non aveva una sua vita 1n~ tima, uno (;C'Opo da persegt1ire per sè , Lutto il suo affetto, tutte le sue forze fllrono per i pa– droni. Robusta, sa na, alacre, il la voro non le ~em– hra.va mai tro ppo, la fatica non le era. mai dura. Che cos'era dormir .poco, priva rsi dell e mezze giorn ate di rip oso, se ciò costituh' a un risparmio per la fami gha? Ella che, in tutta la sua vita, non aveva m ai portato abiti all a moda. che non conosceva l'a rte d1 acconciar si i capelli , di voler essere bella, era lieta se la sua signora aveva un bell'abito che la facess e appar ire 1)iù elegante, più fine; sapeva quali colori, quali foggie si addicevano meglio alle bimb e e<1 era tutt a felice ed orgogl iosa quando le vedeva rresr he , rosee , nei vestitini eh 'elln aveva pensato o sugg erito , Le due bimbe era• no il .suo gr and e amore . Le loro piccole ti· r annie divent avano una dolcezza per lei. e se la carezz avan o per ringraziarla o per indurl a ad una nuova condis cend enza, si sentiv a in– tenerire fino alle lagrime. Le sue mani, abi· tuate aJ]c roz7,e fati che , divent avano anche leg– gere per cucir e, rammen dare, stirare ciò che app artene va alle due per soncin e belle. E che gioia vederle rrec;:cere, fiorire! L'omnibus deirachitici Non posso vederlo senza provare un'im pressione di speciale tristezz a, Mi pare una grande stia am bulanl e entro l a quale vi SO· no te vittime di tante miserie, di tante in• giustizie sociali, di tant i infrenabili e bruta– li egoismi 1-tmani. Son lì ,affacciati ai vetri quei visi larghi, dai grandi occhi pensosi , dalle tinte slava– te : e guardano in giro con un'aria così do– lorosamente interrogativa che davv ero strin• gc il cuore. Che cosa domandano alla vila che ferve loro intorno, quegli sven turati? Forse l'in– giusta ragione della loro sven tura ? Anch e ieri l'omnibus dei rachitici mi pas. sò davanti allo sguardo, Una piccina spe– cial1nente allrasse la mia attenzione : tene– va la gu ancia appoggiat.rt ad un a manina scarna e gua'l'dava giù , nella strada, con un' aria troppo seria, troppo iriste per la sua elà, L'omni bus si allontanò rapido, si perdette nel dedalo delle vie che si incroci ano e si tagliano, ma la visione di quel volto di don– nina precoce l'ho ancora viva dinanzi a m e. Ci fu un tempo in cui invocai pei rachi– tici - brutalm ente pensando alla società che ha bisogno di figli sani e forti - la leg– ge greca che condannava ai gorghi nel ma– re i deformi di corpo; ma oggi che i defor– mi d'anima fanno tan to male alla società moderna, io mi chiedo : M a in qu ei corpi,– cini stenti e malconci non ci può essere un' anirna eletta, un germe di martire, una tem,. pra di riformatore, un atleta del pensiero ? E se sovporliamo, con una tolleranza che non sernpre ci fa onore, i rachitici dell'ani– ma e della coscienza, perchè non dobbiamo essere indulge nti, pietosi, fiden ti per gli es– seri a cui la natura fu, matrigna ? Oh, viv ano tra essi tùlli qu,elli a cu,i il rachitismo non .deturpa che le memb ra, e venga da loro tutta la luce e tutt a la bontà che un'intelligenza sana e un 'anim a fort e possono dare. La società, sedfrenle civile, ha bisogno d?°m,enti rette, di coscienze one– ste per ristabilire l'ordine che mi lle e più mila bellimbusti dal corpo snello e dall'ani– mr, g11asta, ,quaslano e scompongono. LIND A M ALNATL La medicazione d lle ferite Nel mentr e sfogl io il bellissimo libro del dot– tor Bajla, I prùni soccorsi, mi viien fatto di chiedermi se nel nost ro giornale non ne sia utile un •riassunto - e comincio da ll 'a rgomen– to di triste attualità : le ferite. Corne si medica una ferita? La l.avatura delle mani. Prima di tutto occorre la lavatu ra delle ma– ni. Non basta imm erge re le mani in una solu– z.ione disinfe tta nte, è rìecessario anzitutto l'ac– qua e il sapone . La lavatura deve e.ssere p,ro– lungata ed accomp agn ata dall 'uso dello spazzo. lino per togliere il sudiciume che si raccog lie inevitabilmente sotto le unghie . Finita la lava• tura si imme rgono le mani in una soluzione disinfetta nte e vi si mantengono da 3 a 5 mi– nut i. DeYesi notare che non giovere bbe usare il sa– pone col disinfettante perchè• l'uno potrebbe neu tralizza,re l'azione dell'altro. Le mani levate dalla soluz ione disinfettan • te nòn de; ono essere asciu gate perchè l'asciu– gamani potrebbe infettarle nuovamente anche se puli to; ma Sii deve subit o pr oceder e alla me– dicazi one. rn caso non vi fossero a dispo sizione soluzio• ne disin fettante potr ebbe ba stare acqua e sa– pone purchè la lavatura sia bene. accurata. Lavat ur a e di.sinfezione della ferita. La ferita deYe essere lavata abbondante men• te con soluzione disinfettante. Si imbeve rip e– tutam ent e un grosso batuffolo cLi cotone nella soluzione disinfetta nte (preparata entro un a bacinella ) e rip etutamente la si spreme al di Dopo ,due anni eh 'ella era in casa nacque un masch_ietto. ::.\1acol nuovo venuto, atteso, accolto o-ioiosamente cominciarono gior ni bi. – sti. La sfo-nora amma lata gravemente dov'è es• sere rico;erata in una casa di salute , n biro• bo dato a balia.. Mar ghe rita fu la mas saia che ri&'Parm iò il cent esimo, perchè lo sbilancio della fam igliola non fosse trop po forte, fu la madre che man• tenn e bella lieta la casa alle due bimbe, e sep– pe trova r e le carez ze, le cure dell'asse nte, fare che non ne sentisse ro la lontan anza e non ne avessero tristezze. Ma tutte le sere, quando il s,ignor Darrenì tor nava dall'ufficio e aveva qualche ora libera da pas sare con le sue bam– bine, ella correva da l bambin o. Era una visita doveTosa quella. L'aveva promessa alla signo– r a, quand o era stata trasportata quasi moren te alla casa di salute e non avrebbe saputo man• ca·rvi; ma non poteva mnn carv i anc he perchè il suo cuore non voleva. Quel bimbo le pareva un po' suo. Il babbo era troppo afflitto e occupato per cur a(',sene molto, la m:tmma sospes a tra la vi· ta e la morte , poteva solo chi edere di lui; la bal ia aveva i bimbi suoi che amava certame nte di un. amore diverso; ella sola doveva occupar– sene per Lutti. La coscienza di essere necessaria a quel pie• colo essere le dava un senso di orgoglio, met· tend o una dolcezza nuova nella sua vita e fa– ceva si ch'ella, vissuta senz'a rnor i e senza sogni , conoscesse le ansie , i timor i, i brivid i della mat ernità. (Con tinua ).

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