La Difesa delle Lavoratrici - anno III - n. 18 - 20 settembr

DI SERTORE Senza volergli propriamente m.ale, come si suol dir e, non erano però troppo affet– tuosi con lui nè i parenti, nè i maestri. Perché? Chi lo sa? Ecco : non era cat.tiYo quel ragazzon e biondo biondo e grosso, non era riottoso ma era, strano e non lo capivano! Nato in un villaggio della Prussia Orien– lale1 di tedesco non aYeva che il fisico: oc– chi ,azzurri, capelli biondis&imi e una per– sona alta e robusta. ((Diventerai uno dei più begli ulani del nostro Imperator e ii - gli diceva spesso il maestro battendogli colle mani sulle spal– le· ma Fri t.z s'entusiasmaYa proprio poco ailì inni patriottici che si cantavano in i– scuola. mentre ascolta\·a invece assorto le parabole del Vang elo che spiegava il Pa– store del \illaggio. E così nella sua anima mistica sognava di diYentare an che Lui pasto re del cullo e parlare al popolo non di una gloria a– stratta. che egli non comprendeYa, ma di un grande amore umano, d'una immensa pietà per tutto e per tutti, che sentiva sem – pre più YiYa nell'animo. Anche questo sogno si di leguò al contatto della re.aJta : troppo presto s'acco rse che quei ministri della Chiesa si facevano fred– da eco di una parola che non vibrav ,a nel loro cuore . che la r eligione non consisteva per la gran maggioranza che in un insieme di pratiche con Yenzionali che riassumeva– no tutti i bisogni dello spirito. :-Siente di cris tiano nella vita : null'altro che un freddo calcolo egoista del proprio interesse. An che i migliori non sapevano spingere l'altruismo, la generosità olt re la stretta cerchia dei parenti più intimi. Che a\·e\·ano fatto venti secoli di cristianesimo? );"ulla: aYeY.aino lasciato gli animi spen – sierati o grettamente egoisti . E così anche quel sogno tramontò. Frilz lasciò allora la Patria sperando di trornre lontano quella pace alla quale ane– larn la sua anima inquieta . Andò lonta no, lontano. oltre i confini del suo paese, lag– giù nella Francia meridionale. Tro\"Ò laYoro in un paesello per.i ,1to tra le praterie di smeraldo, sotto un cielo az– zurro e dolce; troYò ospitalità presso m. 1 a buona famiglia che gli don ò la sua amici– zia , benchè egli venisse da terr a stranierai. a Ghe importa a me che sia te ted esco? >> - gli aYeva detto un giorno il padrone di ca.sa - siete un uomo, u n irat ello. La lin– roa. la razza sono cose molto secon darie di fronte al gran Yincolo di solidarietà ~– mana». A poco a poco Fri tz uscì da ila sua vi bi di sogno; visse tra quei nuovi compa~ ni come una nuova vita; essi non gli parl1va.110 del– la gran patria vittoriosa, gli parlavano , in • vece con entusiasmo di un grande ideale di uguaglianza e di pace. Erano passati vari anni da che si trovava li in auel ridente paesello; non aveva di– ~entic~to la sua patria tedesca dall e se– vere pinete , dai larghi fiumi di un grigio argenteo. :-Seserb ava un dolce ricordo che non gl i imJ)édiva di amare anché quella terra che ora lo nutri va. Un fatto poi aveva stretto ancor cli più i vinco li che lo univano ai suoi ospit i : un figlio del padrone di casa, suo intimo amico, era stato colpito da una terr ibile malattia infettiva pro prio in un periodo nel quale la madre ammalata non APPENDI CE Pagine d i vita ---- Le nostre condizioni non erano fJiù agiate come prima; iù a.vévu ritin,J.o d~ balia il pic– cino, che aveva allor a un anno; ero fisica– mente e moraL.r1';!ntecosì fiaccata, che non \ i– vevo più che pa5sivament.e, l~vorando moltù per la casa, curando il mio. f~H:colo,.andando a trovare la mia bimba e \'Jg-11-i.ndo 11 suo al– latta.rnento. Dupo un paio di mesi. la balia me l'r_i\'e\·a riportata, dicendosi incinta; ave– vo drJvuto trovarne un'altra in un fJ:1P,-;r:llù vicino, che toglieva prer:ùcerne.-r1te il h1t¼ al suo pir:colo per darlo rdJa mia.per IJWJ.. tenue rata mensile_ Cfo mi stringeva il r::uore; te– meYo ella divjde~se il latte fra i due piccir11 e non ù'ir.t\·o rimr,rùverarnela: orrnai dispo– nendo di podii m~zzi. non potevo compens& re la ba.Lia come avrei voluto. Essa era ma,e.rra, e~ile, affaticata drJI lavo• ro Pensai d'indurre Beppi a prender'! un;t ca[Ìra: e,l una bella capra che façeva latte ottimo ed abbondante fu rnandafa. ~ 0:1 balia perchè completas::,e cosi rallattwrH~ntr., (Jt!r i bimbi : ella ne fu as-;ai contenta. Er o più tranquilla per la bambina, rru r,rr: occupata per Beppi, che ormai fJ~J..so;av:.: l'in– tero pomeriggio a giocare alle ~a~-t.e,:iJle ho~– cie a ber della birra con Uùmm1 -;capestrati, e Ù mattino dedicava iutero <Jlla caccia. Co– m'è possibile tirar innanzi cosi? - mi rhie• devo. - Che cosa mi prepara ancora l'avve– nire? - Egli diceva che avendo abtonati tut-: ti gli esercenti al principio del qui_nquennìo LA DIFESA DELLl,; LAVORATRICI poteva assisterlo. Egli allo ra si era posto al letto del malato, curan dolo con pau,ienza affettuosa di fratello, contrastan dolo alla morte: Il gio v,ane era guarito, e il suo primo sor– riso di convalescente era stato per il suo bio ndo , generoso amico. Terribile, fulm inea scoppiò la notizia : <( La. guerra)); la guerra del suo paese na– tale alla sua Lerra osµitale, dei suoi fraLelli di sangue agli altri suoi fratelli di affetto. Una lotta terribile scoppi ò anche nel suo povero cuore. Un'ec o lontana gli ripet eva la frase che .aveva udito mitle volte , laggiù, nel suo paese : ((La Germania sopratu tto! » . Siamo tutti fratelli, fratelli nel dolore, nelle lotte che la n,a,tura prepara per tuLti gli rip eteva la su a ragione d'u omo , il suo cu ore maturato ad a.ffetU più ampi. Doveva dunq ue ri sponde re all'appello della sua Patri a? - (< Part ite? n - Vi aiuto a fare le '( va- ligie? ii - gli ch iese la pa dr ona di casa. cc No; resto! )) - ri spose lui con voce strozzata. H Ti farai dunque disertor e? )) - gli chie– se l'amico guardandolo fisso fisso c6me per l1?ggergli un in timo pens ier o. cc No, gli rispo se allora calmo , sere no Friz . non deserLo, mi ribello solo a una J.eg• ge di sangue, non voglio irufrangere il .gl'\a.n patto di solidariet à um,i,na facendomi as– ··1ssino. GIUSEPPINA MORO LANOONI. Dalla cima dei mon li al l ondo delle valli , nei bur roni, in orribile m.iscuglio, sì accumulano i cadaveri : i corvi e i lupi non hanno pi ù fame. - O 1donne, fate dei figli! Rumoreggia raucante il cannone; dall ci terr(l incendia ta sale una nube di fumo ad oscurare il sole ,lutto fugg e... il vian dant e inciampa, passan do, in un mort o. - O donne fat e dei figli! L a casa bru cia, il cane urla, la culla è vuota. Lì in aUo, appeso ad un. albero, rigido e li– vido, sta il cadavere del padr e... - O donn e fate dei fìr,li! L a faccia contro terra, le braccia in croce, davanti alla porfa, una giovìnetta , sca7Jigiiata, è mor ta. Bella come gU angeli, ella raggiun• get'a fors e app ena i quindici anni. - O ,do11ne fate dei figli! VI CTOR H UGO. ~~ "1Qcc 'offe. Dialogo fra la GJULJA, socialis ta, moglie del 1nedico corulotto e le operaie : TERESA, ADELE , V JRGIN1A. Operaie. Buon giorno, sor.a Giulia. Giul. Buorr giorno, care : che fate di bel– lo? ,!d. Si sta qui a godere il sole con le ma.– ni in mano; come lei vede. Giul. Un po' di riposo di tanto in tan to, non fa male . Ter. Eh sì! siamo state licenziate dalla fabbrica. Giul . E perchè? Ter . Perché il padrone dice che non c'è abbas tanza la.var o per il momento; m.a, ci ripr en deranno p.oi? e qu and o? Virg_ E per l'appunto ci ha.n manda to via noi, povere di sgraziat e, che abbiamo dei mariti braccianti, avv en tizi , e che un giorno I1aNorano , e l'al tro no. Così adesso quando loro non lavo ran o, sarem o disoccu– pati in 1due nella f.amiglia, e i nostr i bam– bin i che domand era nno il pane senza po– terli sfa mar e. Giul. Ecco quel che succe de a no n esser e organizzate! Se foste nella lega di res isten– za,, sareste pro tette dalla Crunrnra del lavo– ro ) la. quale, in simili casi interviene subito pÙ far valere le ragioni degl i operai; e fin– ché -il di ssidio non sia composto, paga un tanto al giorno ai lavor atori disoccupati. Questo è già un gra nde vantaggio, sen za covta.re ·che, verso i lavorat ori organizzati , i quali posson o servir si delrar -ma dello sciopero, pe r difende re i propri diritLi , i signori padroni hanno un conteg no mollo diverso e ci pensano due volte, prima di far loro delle p repotenze. Ad. La sora Giulia dice ben e. Vi ricor– date cosa fecero un mese fa gli operai del– lo zucoher jfie,io? Perchè il direttore aveva mandato via due donn e, col pre testo ch e ma01cava il la– voro, tutti gli altri operai non stettero zit– ti ; fur ono soli dali con esse e in segno di protesta, sciopera rono. decisi di non ri– _pren dere il lavoro , fi-nchè restavano fuor i le Arrivare primaal mercato mondiale:ecco la guerra! nei vari comuni, non aveva che cli rado, l'obbligo della sorveglianza. Io sugge rivo che, cic, dato, non avendo io più i l posto in r,aese, sarebbe stato opportuno trasferirci al– trove, a Yli°lano per esempio, cbe si trovav a al centro dei comun i ov'egb avea la gest ione d:1zin.ria, ed ove c'er:-J..maggiore prob abilità di trovare qualche lavoro supp lementare on– de togliersi a quell'c,zio, disastroso per l'eco– nomia. pel suo temperamento, per la pace do– mestica. Intanto i debiti cresf'evano. lo mi domanda– vo come avrei potuto stornare la nuov:J tern– pest;i che pres:i.givo. Avrei vnluto 1nettei· in r1tto il miù prùgétto; strapparlo ngli amici di gioco e di str-:tvizio, ai buontr:mponi, all'ozio; stabilirei a :Milano, ove il rnio fratello, brn– chl~ di oltre dieci rJOni piu g-iovarie <li J11i, a.– vrebbe potuto esserli d'esempio, Cùllft. sua se• Metà e col suo iJ.lto senso di respons:ùJilità; e8srre di r:rJnfùrto e di prot..ezic,ne a me e ;ii bimbi. Ma Beppe non c;i decidPva: continuava in– <:<.>s<'.i,:nte la su;.1 vitfJ.. spensierata. ed oziùtm ed i rn.iPi ~1.vvr1iirn<~nti, le mie raccc,mandazioni e;;.i.devano ,ud vuoto. Oi:,rni tanto mi con.d.uce– V[J. delle prn;r.,ne a pr:Jnzo; ffi<J.. spesso andava :J,. cena in un ristor:int.e r,oeo Jont:mo, ove fa– ceva la corte alla proprietaria. l o procuravo <Jj non dargli alcun motivo di lr1g,.no '. mi do– le\'O ch'egli tH1dasse :J.. sprrcr1r den:iro mentre a casa potev;.i. avere tutto qu.:into de.'iiderasse. Cn dì si aspettava un conoscente :l desina– re, P questi si scusò ~i non poter interveni re. Ei:rli, con un fJretesto st:).va per avviarsi :tl c;olito ristornnte. Gli ossenai che tutti i cibi che rn·.:..t\'eva fatto preparare si sarebbero gua• stati se nessurw li mangiava. ~i rispose in malo modo ed usci. lo ero esasperata e dissi parole grav i. Da tanto tempo soffrivo in silenzio! Preoc cupato forse della disperazion e ch'era nella mia vo– ce, ritornò sui suoi passi. Io ero scossa da un singhiozzo che non sapevo trattene re .. \v evo con me una buona donna che veniva a farmi dei piccoli servi zi per due o tre lir~ mensÙi. Essa aveva in braccio il mio Artu ro, che ve– dendomi così addolorata mi accarezzava col– le sue manine. Bcppi rientrò, si sedette a tavo la; mi man. dò a ch.iamar(j: io volevo dom inarmi, ma non riuscivo; orm ai que/Ja dispel'azione che da tanti mesi tenevo compressa, pro rompeva ir – refrerwbilc. Ricaccia i le lagrime in gola, ma erano così ama re ! Dissi : V'è una legge di c-ompcnsazione , Beppi, ol mondo. Chi fa tanto soffrire, dovrà pur soffrire. Tu ste.r.;sorni dicesti sovente, che anche tua mr1dre aveva espiato COJl lung lii pa– tirnr,1ti, l' afiJiJ'(•ZZft. sua verso il rnarito, verso i figli. Non vorrpi che tu aves~i r, 1icordarti un giorno tutto il mio pianto. ft'11 il timore che il r11io pres.:1g-io & UV"f/l l!as– s<:?O f°l1P fil'! Ln. sua ira divampò tremenda; mi gdtO 1mr1sedia addosso. lo accorsi a tran 4 q11illarc il bambino e a pregar la donna. di cond111·Jo fuori rierchè non si spaventasse ol– tre; ma ben decisa di affrontare <111estavolta la sua. collera, non di subirlft }1assiva.rnente, Cùlfle avevo fatto pr1· tanto tempo. Chiusi la porta e g-li dis."i: A noi due. Sono str1nca di (1uest'ag-011ialenta; io non !)(1S80più vivere cosl e 1,oi<',hP tu mi uccidi giorno per giorrw, finiscimi in una volta sola ed affron– tane la respon~abilità: sa.ppi almeno esser asstL<;sinoa fronte scoperta. Io ti provocherò in modo c:!1e dovrai hen uceiderrni stavolta ; basta, basta! ~on ne posso più, più! Tu non I donn e Infatti le r1accetta1 ono, e come I .-\ 1101, vedete? nessuno c1 pens ar Ter Sara purtr oppo cosi, ma qu ello di en trar nel le leghe è un affaie di coscieiiza I Non avete sentit..o cosa di ce 11 cu ra,to? Dice che le leghe e le organizz az1orn sono state inv entate dai socia listi per far nascere l'o– dio di classe . Giul. No, no n è vero. I sociali sti non o– diano ne ss uno, e non sono stati essi che hanno inventata la lotta di classe, per ec– clta,m ento all 'odio fra gli abbi,enti e i senza pane. Una tal lotta esisLe na turalm en te ed è sernpre esis tita , clacchè esistono al mo n– do sfruttator i e sfruttati . E i1n questo stato di cose, l'org ani zzazio– ne ne è una consegue nza logica. L'isti!lto assoc iativo è prop r io della nia:tura umana, che sente il bisogno e la necessità di una forza col1ett iva, pe r con seguire lo scopo prefisso. Voi vedrete inrfatti che anche i ceti bor– g hesi sono, in certo qu a.I modo, assoc iat i in classe : L'i-ndust rial ismo, il cap ital ismo fondiario, il militarjsmo, il cLericalis mo, ecc. non formano hrunte categorie unite e solidal i tra loro contro l'emancipaz ione del proleta ria to? Ben più farli ragio ni hanno dunque i lavoratori ,e le larvoraLrici di esse – r e uniti e compatt i, per non lasciars i so– praffare dall'egoismo della bor ghesia . Ecco perchè i socialisti, i sol i e veri di• f,ensori delle rjvendicazioni proletarie, spin– gono le masse lavoratrici ad organizzarsi. Virg . Comincio proprio a persua derm i che sarebb e bene ci organizzassimo anche noialt re donne. Giul. Per voi la:voratrici , non è soltanto un ben.e, m a un 'i,mp erio sa necessità. Voi , oltre ad avere le stesse ra gioni e i medesim i int eress i che obbligano gli uomini ope rai ad orga nizzarsi , ne avete molti altri d.ella ma ssima imp o,rtanza, che vi riguardano di– rettamente , esclus iv1aimente. Voi , fra tutLe le donn e, siete le maggior– mente colpite dal1e ingiu stiz ie social i, poi– chè, non solo avet,e in oomune col vostro sesso tu tt i gl i svantagg i e i danni di cui siaimo vittime nell'attuale società; ma voi siete inv ero in fi:nitame nte più m isere e dop– piamente schiave e dell' uomo e della cu– pidi gia bcrghese. Veri paTia della civiltà moderna , tra scorr ete una vita monotona, oscura , sen za un raggi o di luoe intell ettua • le che snebbi la mente dai pregiudizi e dalla superstìizione religio sa e rechi una stilla di conforto iaill'aridità dello spir-ito. Virg. È v,ero purtroppo! Noi doillile stia – mo in questo mondo, perchè c'è del posto. Contiamo zero; •e non v'è altro per noi che lavorar sem pre e ubbi dire; proprio come le bestie da soma . Ma non crumbierà mai que– sta vitaccia? Giul. Sta in voi lavoratri ci a farla ca:m– biare , e voi riusciret.e certamente per mez– zo delle organ izzazwni, materiate d'idealità socialiste. Finché resterete isolate , cred ete pure che non arriv 1erete mai a.di emanc iparvi econo– m-icirumente e cjv-ilme nte . Sarete sempre og• getto d'ina udito sfruttamento per parte del capi talismo , il quale, oltre a da,n ri una re– tr ibuzione inferiore sempre a quella del– l'uomo, anc he a pa rit à di merito, vi dimi– nuisce la, paga e vi aumenba 1le ore di lavo– ro a suo tal ento, come se si trattasse non di una giusta m erce de, bensì di un 'elemo– si.na . Mentre associan dovi tutte voi operaie, al– le vostre comuni asp iraz ioni e unen do in– sieme tutte le vostre energie fattive, aivr ete la .forza morale ne cessa .ria , a far sentire al– ta la protesta cont ro le innumerevoli i111giu– stiziie che si per pet ran o a vostro danno, ed ottene re il p ieno riconoscimento dei vostri d ir itti. vuoi ch'io vada via, lontan o coi mi ei bimbi e Jni minac ci di per seguitarmi dovunque an. dassi; qui non posso più vivere: il disgusto mi soffoca. Le parole m i uscivano cljmezzate.. non sa· pevo più che clice~si, che face ssi. Non deside– ravo che una cosa: finire quel tormento, aver tregua, aver pace, dornìire per sempre. Egli rid eva beffardo: lo sch:iaffegciai : sa– pevo cli risv egliare così la sua viofenza sel– vaggfri..e vi contavo. Era la lunga tortura del pensiero che min ava la rnia ragione, che mi clava. la pazzia. Mi fu sopra, mi calpestò sotto i piedi . :\1i rialzai con un riso convulso. Non ero morta ancora e quella scr >na.mi pareva buffa. Egli usci più sorpl'eso che irato: capiva elle la bilanria. era colma. e traboccava. La inia l'ibellione lo a\'eva stor dito: abitu ato a far la. vore grossa, gli riusc iva inesplicabile ch'io 11ve1is osato sfidarlo e non temessi nè Itri, ni• la. sua cieca bruta lità: ch' io avess i o– sato rinfocria rgli tutte le snc prepote nze, tut– te le sue \·igli[lcthe rie. Dopo mezz'o ra io fui colta da spasim i at ro– ei r da febbre: nii sovve1ini allora che avevo unito qualche c;intmno di nuova gravidanza. \li si Jiortò a letto; anc he H gio rno dopo con– tinuo la fe}Jbri,.ciattola; lo pregai ad aver cu– ra del bimbo, pPrchè, nonostante mi fossi al– zata, ero C'ostretta a l'itornarc a letto: ma c·g-liu5,ci. Ogni tollera. però era sbollita in lui. Attesi che venic;;se la donna che avevo ma!D– data a chiamare; ella preparò il latte pel pic– rino e tenev~t in mano la scodella col liqui– do bollente. Il bimbo allungo le manine per vrenderla e.. se la l'Ì\'ersò sulle bra ccia. (Continua).

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