La Difesa delle Lavoratrici - anno III - n. 15 - 2 agosto 19
GL I ORFf\NI Pie rino senti che il babb o lo baciava pia – no pia.no sui cap elli e proYò un a gi oia e un a dolcezza num·a dopo tan ti giorni di sof– ferenze passati sen za la mamma, coi pic – coli che piangeYano e la chiamav ano , e il babbo che torna, ·a taciturno , con la faacja scu ra, sempr e pr onto al ri mprov ero imme– ritato , mentr e prima era così buono. Dalla finestra entraYa la prima luce in– certa d'un 'alba r igtida di gennaio. Pi erino \"ide il babbo china.rsi sui niccolini che dorminavano tut t.i nel grand ~ letto della mamm a , e baciarli uno, ad uno , poi lo sen– tì apri re l'uscio , ca utam ent e, ed us cire. {{Do\·e and rà il babbo a ques t'ora ? 11 si doma.n,dò il bam bin o e la picc ola gioia scom– parrn dal suo cuore. Il babb o, che era un'o– per aia aY\·en t.izio alla staz ione cen tral e, a– n ebbe dorn to veni re a lett o avendo fatto sen·iz io nella no tte. P ier ino sape\·a_ che egli cont in uava a ra c– comandarsi perch è gli facesse ro r itira re i figli-uoli, non sap endo . dopo la morte della rn-amma , com e ma ntenerli, e non av endo nè il tempo , nè la possibilità di cur arli . Pensò : - Certam ente il babbo ha otte nuto e non va a letto perchè ci ,·engo no a pren dere oggi. LA DIFESA DELLE LAVORATRI CI dola con le vociine disp erate, pr ese dal ti– more della soli tu din e, della fam e e del fr ed -10. Urlar ono tan to c.he accorse ro i vicini. Ce~carono invano di calmarli , pr omeLte.ndo loro qualche cosa, invitandoli nelle loro ca.se. Una vicina vide una busta coperta sulla creden za, gua rdò incruri ooita , vi trdvò un biglietto . Era del pa dr e. Scriv eva con la sua grossa calligrafiia che avendo invano ce.reato di far ritirar e le sue creat ure, fug– giva, abbandona,ndol e, perchè non gli reg– geva il cuor e di vederli soffri re così. Se li abbandonava l'aut orità avr ebb e dov uto prov – veder e 1>. Allora si alzar ono voc,i d i prot esta , di pie– tà, di dolore : u Povere creature! E suo padre le abban– dona ! E un 'in famia! iVIa che doveva far e, povero uomo ? Perdeva la testa ! Guadagna– ,·a poco, nessuno pensava alla casa! Si sarà detto: « Meglio obbligar e l'autor j tà a pro v– vede re che ridur m i a morire coi mei figli! ~via in tanto? Bisogna avv erti re la qu estu- e< Dirò alla m am1na che il latte lo vogl io dolce>>. Pie rino invece non piang eva, ma aveva nel viso cru cciato e pensoso del ba1nbino a cui la mise ria e il dolor e avevano dato una se1,ietà pr ecoce. Pe nsava : « Il papà è scappato perchè qualcuno pensasse a far ci ritira re? P erc hè? 11. Gli parve di sentir e il bacio lieve del bab– bo e lo vide uscire curvo , senza volLarsi , risoluto . Dove er a il ba bb o? La mamm a l' avevano portat a via una matt ina d'aut unno ed era bianc a, riposata, qui eta. Ma il bab bo? Do– v'era il babbo col dolore ingu ar ibile della mam ma mo rLa, senz a i suoi figli? M. P. B. La logicadeisemplici. ra ,,. I bimbi stava no a sentire, att oniti , Il prezzo del pane . non riusce ndo a cap,ire. Ma la par ola " Questur a ,, fece tre mare Stamat tina ho fatto s Lar all egri-i miei P i-erino cfhe l'asso ciò, nella sua mente in- 11 ag azzi: ho r ispa1,m iat.o 15 cent es imi sul pa - la Giunta dei s igno ri sono sta ti inctisturb ati, m entr e le fari ne eran o basse di pr ezzo. Ma del resto un r im edi o c'è : in vece di lavorar e per lor o, lav orjno pèl Com un e, oosì com e fan no i lor o garzo ni. Da vivere guad8Jgne– ranno sem pre .. - Oh , ma che guaio volete far su cced ere? - Tocca i fornai ad evitarlo! Sa 'J)'Ìeghi- no alle ,rich ieste della Giun ta chE> ha gi à fat– w j conti e sa di non sao1·ificarli poi trop– po ! Ess i faran no qualch e ,centinaio di li– re in m eno di guada gno all' anno, ma alla fine non monran no di fam e l - Già : p ernhè non è giusto che ques ti s i arri cClhiscano, m entTe 1a pove ra gen te dev e lim itare pers ino il primo a,lim enLo quoti- 1d•ian o! Un p o' di rag ione c'e l'hann o an che ~ soc ialisti l - Appena un p o'? Pe,r conto mio n e han– no cento , an z;i tu tte ,le ragi oni del mondo! Oh se que ste rag ion i entra sse ro rin tutti i cerve Ili di chi lavo,ra ! Piccole e grnndi verìtà. fanti le, all'idea del carc ere. ne. Sape te 1che ho fatto? Ho comp e11atocon E disse imp allid endo di spaven to! quel iisparmi·o tr e buo ne pesch e e.. ora Ho , vist o rin u,n 1ga binetlo scientifico, una « No, in quest ura ! No, in qu estura ! )). i mi ei pi.ccJrni ,fanno fe 5 La !Evviva I sooia- colomba all a qual e era stato asportato il u F igliolo mio , gli diss e una vecc hietta. Listi 1 cervello dal ten ero cranio. Non vi consiglio Allora lo pre se, col ricord o della mam - Siete nati sotto una catt iva ste lla. Vi faran- - Ma che cosa c'e ntrano essi? la di sLLmana op eraz.ione 1 ma là in qu el luo- ma. che pure face\·a il miracolo di ma nt.e- no riti rare nell'ist itut o dei dere lit ti 11_ - Sono essi che andan do al comu ne àn- go di studio anche la soffer enza del mite nerli, una tris tezza grand e, un bisogno di t, Chi sono i derelitt i? u _ no fissato il µr ezzo del pane a 5 cent esimi vol atile è messa a buon frutto. piange re e di chiam arl a come i pi ccoli , pa - cr Sono i figlioli ni sfort una ti come te u . di meno al chiilogram 1mo ! Ebb en e il pi ociion e, senza il cerv ello , non rendogli imp ossib ile che ella non lo sent iss e. ,r Non piangete e stat e bu on i! di sse una - Pur che Ja duri I m uor e. S,i muove , ma non vede; inghiotti- Dalla coperta sdruscita del lett o sporgern donna con gli occhi la.,,"l'imosi. Ai derelitti - E perchè no? In altri comun i poco sce il cibo, ma fa duopo imbeccarlo. La la p-ic-eola sp alla nu da di Carlu ccio . Pove ri- avre te un ves tJtino nuovo, e una cas a calda , lont ani dal nostro il pan e costa quaranta sua vita fwnz.iona mercè la sostanza del no! Xon a\-e\·a tr ovato nè una camicia , nè e il latte, e il pane, e la min estra ! .l.\nch e cent esim•i, e perohè i fornai milan esi non mi dollo spinale e dei nervi che vi fanno una magli€ lta da mette rgli . E le ma n ine !a carn e qua lch e volta ». I bimbi si quieta- p otrebbero darlo a quarantatré? ~apo. di Lenuccia com-erano paonazz e e gonfie ron o come bestiole avid e e affamat e e il - Oh, hanno molte spese e dicono che A poco, a poco però il cervello si forma pei geloni ! P ierino Yedeva sul cuscino i loro viso si ra...i;::serenò. non possono far la vita , chh1der.ainno le bot- nuovam ·ent e e la povera vittima riacquis"ta r icciolini bi ond i e scomposti d i Anna . La Lenu ccia non chiamò più la mamma. Se teghe e il paine chi lo farà? le sue attitudini. mamma, pensò. le me tte\·a un nast rino ro- ai << der elitti 1, davano il oan e e il latte e - Il pan e lo farà il Comune. Cioè a di- f\.nche nell 'uomo og,ni manifestazione di sa alla matt ina. Ora il nast rino non c'e ra non si rabbrividiva pel ·freddo , certo la re il Comune 1farà costruire dei forni e farà vita ri si,ed e nella moll e sostanza gri ,g,ia e più e il viso tanto bello di Anna imbru ttì- ma mma era là. fabbricare il pan€, nè più nè meno come fa bianc a che è nella colonna vert ebrale e nel Ya. cos ì sciupato e pa ll ido .. -.\.nche lui s'e ra Sorrid eva e il viso s'illumina va tutto. Era ,il fornaio! cna,nio. destato pel fred do. Come facern la mamm a certo la mamma che li mandava a pren- - Ma ,il Comune può fare una cosa si- Mercè il midollo spi,nale si compiono le che troYaYa sempr e il mo do di copri rli e li dere. mile? Elci è giusto rovinare tanta ipovera funvioni inf eriovi, gli atti incoscienti, abi- metteY a alla sera in un bel letto cal do e (< Lenu coia , sei contenta? >> domand ò una gente? tuali; mercè il cervello B.vveng.ono le sen - -soffice? \·icina . - Povera gente? in verità tanto poveri i sazioni sup eriori: vista, udito 1 ecc., e si Forse er a meg lio che li facesse ro ri tirar e. << Sì, ri spos e la piccina. E pensava: fornai ,non lo sono ; ~n questi ultimi anni con compiono gli atti volontari 1 riflessi, co- ); on aneb bero sofferto più alm eno la fam e, scienti. e il freddo. Un tempo &i insegnava che l'uomo era ~la il papà non torn ava! P erchè? formato di anima e dn corpo. Si cr,edeva che Il cie lo si facev a sem pr e più ch iaro, ave- l'anima fosse inf.usa nel cor o che moren - ____ .!Y;d..iLlli.ci"-W.!:":!ln-1.Jfr:t!J,drl!!" -'ewnii;nli:"-"~ n_c]h!:!Je~!'llr:ea !J..!lnu,ll=-- + ---------------------------- -~ - 1;~\'::":;-;;-- -- -i "<iobéss a Si spr1g1onava per vag re ne l'uni- zia la ne\ ·e. P ierino pensa va: [ verso fino al giorno de l giudizio in cui i l 1 ' Se neYica non p,otrem o usci re perchè corpo vi si sarebb e ricongiunto per subire la abbiamo le scarpe e i vest itini troppo cortin. -I pena od ottenere il premio. Questa la spie– Come sono lung he le ore pei bimbi soli in casa' Quan d o si destaro no tutti, ir poco pane scomparve in un attimo dalla cred en– za . E la fam e rima se : la fame terribi le del– le cr eatu re gim ·ani e sane e non mai nut ri– te a sufficien za. E il papà non tornavc1 . E la neve comi n– ciava a scend ere e dava a tu tte le cose es\€– riori un aspetto di pace e d i quiete_ Dal loro abbain o i bimbi non sentivano che il volo d i qualc he passero sper duto_ Allora qu el si– lenz io1 la neve cosi bian ca , ugu ale , silen– ziosa diedero ai pove rin i un 'impr essi one in – definibile di sgo mento, il senso d'u na soli– tudin e sini st ra . Lenuccia cominciò a chiamar e la mam– ma con la sua voci na dolente. Pierino C€r– cava di quieta rla: " ~ on c'è la mamma ! :\"on c'è più ! Zitta , cara ! ~ on lo sa i che è morta? ~ on può ve– nire la rnamma ! "· .\la pa rve che i bamb ini piccoli capisse– ro, pe r la prima volt.a, che la mamma se ne era andata, ir revoca bHmente perc hè si mi– sero a piangere tutti, gridando, chiaman- APPE~DICE Pagine di v ita Er a una cana glia matricolata. ~1a non sem– pre mi r iserbava una tenere zza a_rdente il s~o rit orno! Spesso E:Tan coHere suh1tanee e vio– lente r1er un nonnulla; si accendeva .-;ome un fiammifero, &i esaltava al suono delle sue stes– se parole fino a.ll" inverosir.nile, per inerzie ri– dicole; Lestemmiava come un turco, sbatteva cassetti, finestre, usci con un chjasso d'inte,_-– no, parlava con un cinismo. con una brutah– tà, che mi lasciava trasecolata, che mi face– '-"·afremente di ~degno, che mi riducev:--.1 tome una povera pianta sbattuta dalla tJ11fora. E la mia salute risentiva di quelle altt:rn:.1Hve di trbtez za solitaria, di assenze lunghe, di at~ tese vane e preoccupanti, risentiva di quegli ardori improvvi,;i e acri, di queJle ternpr~str di col1era. Qualche Yolta, dopo quelle scene, scappaYo a Tradat~. a tro\·:-.1r il mir1 birnbr~ per attirnrer coragg10: quando tornavr,, e.zii che ritene\"a una ribellic.,ne la miu, d1 sot trarmi alla sua ira, mi minacciava coi r,uvni al \"iso, mi stringeva la gola. Qualche \"olta, durante le sue lunghe assenze, alla nc.,tte. in quello stato in cui ero, mi senti\·0 molto ma– le, <::pasimaro; ma &\"rei auche potuto mori- <.'.?be unghie lunghe I Ma ad una ad una le tag lie rem o tutte. re, niuno mi udiva; ero sola nella trist.e cas a deserta ed egli non se ne curava. Torna va a casa dopo molti giorni, fresco, sereno, e ve– dendomi pallida, febbricita nte, anc he per la fatica della scuola, ml diceva: Trent a chilo– metr i di corsa, a zaino in ispalla, ti ci vor– rebbero! Perch~ non prendi tre o quattro dozzine d'uova, e mezzo kilo di bistecca, al gio rno? :-.;on poteva car,ire come io non potessi di– ger ire, a':Jsimilrlrc il <·ibo: d iceva <"he non T(Jangia.vo per faTgli dispetto, cl1e s.e ca<-– ciassi giù :rnche per forza u11a gra'Il <ruantità di alimenti, mi s~rei fortifìeata, irrobustita. Cna v<Jlta,d,'egli rn'avea trattata malis.,;1mo, andai a .\1i1:.1no coll'intenzione di proseguire il vi:igg-io ·e ~1ndar in famiglia: non ne potevo r,i,J. Poi, il pensiero del birntJo, del rnio Ar– turo, il ,-onsiglio di una famiglia di eono– scenti, mi tnittcnne ancora uria volta e tor– nai indietro e ri1,resi il duro carninino. Cn 7irJr-no gli Lrovai in tasca, spazzolando i sur1i \'E:~titi, la 11rJtadi due co,;tosi capp~lli da signvr:J., di veli e fiori. Hirnasi un po· sùr– presa '. lo r,unhi f1er quak.he d1, colla mia iro– nia: egli rni trc.,va.vamisteriosa e piccante; vo– leva -;apere. Vùl,~\"omùstrar-rni donria di 5pi1ito e gli dis- 81: " Sniti, B<!fiIJi;non bo volulo che tu spre– cassi del dEmarn per prendermi un cappello quesfanrio; fa.nto, io non esco quasi mai, e quello \eCd1io, rni ~er-viva; Jt1a penso, clie r1on val la pena di farmi deridere pel mio poco buon gusto da queste signore alle quali tu hai regalato di r;appelli nuovi e di l11sso. Così me ne farai aver uno, bello, sai, fine ! scegli bene, tu che sei ormai competent e ! n - Sarà bellissimo, a nima mia, - egli mi rispose, ridendo come un matto e abbr accian– domi. Egli era sempr e allegro e spensiera to: ri– deva di tutto; non poteva ferm are il suo pen– siero su cose serie e gravi; non si preoccupava di nulla; non era possibile fargli pensa re il doina 11i, far-gli sentire la responsa bilità d'un a fam iglia., dei figli. Anche le sue collere ave– vfino la durata. d'un acq uazzone d'esta te. Vio– lentiss ime, rna poi, non se ne ricord ava più. Come? Jo soffrh·o? Per qtie l che m 'aveva det– to? Co1n'ero sciocca ! l - Perdonassi a Beppe rnio! E, rni far<·va il solletico e giocava e pa– reva un rnro rngazzo. A me cadevano i lagii– rnoni grossi, grossi. ma era coslretta a sorri– dere alle sue pag liacciate. Qllalc/Je vc.,lta sapevo di creditori che esi– gevan o un pr,gamento suhito, di sind aci che <!Sigevano lfripel'iosrunente il versamento all e– s,1ttore di quote daziarie ch'eg li I iscuoteva e, con 111ille rig1rnrdi JH'Ov1no a pa rlargliene .. col viso SllJJ!ir-hrvole, colla preghie ra nella vo– te; egli <·anihiava disco rso, o diceva: - GlHLrda die helle garnbe ha que l cava llo! che i11cc<lere rn11rstoso! - o all re corbelle rie simili rlte 1i:1rr•valo i11tcressassero rnolto. I n– tanto l'.-\11torilà Cf1rnuna.ledel paese ove inse– gnavo si lame11b.va !"-!tt-JJendomi incinta; un as– sessore aveva brontolalo f'he le maestre avre b. bero dovuto far in modo, da partorire nelle va.caHze autunnali, r1er non carica re il Cornu~ ne colla svesa delle sup11lenze: poi, all'esatne gazione puerile del dogma cattolico. Il qual e dogma si trova in uno stato dt inferiorità d-i fronte ad altre religioni a,n– che più antiche ma più spirituali. Il probl ema dell'aruima e del corpo affa– ticò filosofi e scie.nz ;iati di tanti seooli an– che al di fuori delle religioni. Ora la psicologi.a scientifica, cioè lo stu– dio della vita umana su-i dati dell'esperien– za, c'insegna che ,non v'è idisgiun~ione tra fatti fi&ici e psi-chici (intellettuali e morali ), c'insegna -cioè che tutte le manifestazioni della vita hanno la loro mima ba,se nelle sen saziorui e queste hanno· una base anato– mica: ,i ne.IWi e la materia cerebrale. Quan – do la ma cchina umaina si disfa, o per ma– lattia , o per rottura violenta di qual che organo o per vecchia,i.a (augurio alle let– tri oi) non si ha più cOSC1ienza e quindi non più sofferenza. E che avviene di noi , del nostro pensiero? Il corpo ognuno lo sa come finisce . Quelli che furono i nostri istinti , i nostri sentimen– ti, il nostro pens iero è trapas sato nei fi'gli se ne abb iamo avuto , e ciò che è irradiato da lla nostra coscienza res ta nella vita cir- della class e di retta dall e monac he, io ave \·o fatt o vive rim ostr anze, urtendo quelle bambine rispo ndere alle inie domande sulle gu erre del– l'indip end enza : u Gari ba ldi fu acerrim o ne– mico della religione e della pat ria.... » e con– tinuar così, impertPJ'rite, come -degli orga nini ben mon ta ti. Anche ciò pare aves se ur lato quella aut or ità. li hiennio di prova era scaduto ed io teme– vo che la conf<'rma non sa rebbe venuta, ta nto pi ù anche, che, quando i l prete del luogo el'n venu to per farci firmare contro il divorz io, noi ci erava mo opposti ed egli, strin gendo si nella tua tonaca, Pra sca ppato, come alla vista ciel cliavo lo in ca rne ed ossa . Recatami a bacia re il mi o bimbo , bello e paf– futo, an dai a casa per rim ett ermi un po' du– rànte le vacan ze. I miei mi trovar ono disfatta , Datila in mo,do in1pressionante. ~'lio padre, che U\"evaavuto sentore della vita infelice che con– ducevo, da mio frate llo Alcide, aveva parole dure all'in dirizzo d i mio mar ito. Io cercavo di difen derlo. Un giorno mio pa– dre rni disse aspramente: - Che razza d'a mo– re è il tuo se resiste anc he alla disistima, al disprezzo? - Le di lui paro le mi offesero viva – mente: io avevo sempr e credulo mio dovere so1iportare, res islere, procur ar di giust,ificar lo danwt i a me, <lavanti agli alt ri, di moderar e almeuo un po' i suoi istinti perch'egli non si ro, i nasse del tutto: Oh no! non era l'a mor e sens uale che mi tenesse a lui legata!.. Mi ri– bellai a tale sospetto. Non ero un a creatur a ,·olgarP. (Continua ).
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